Il 20 aprile scorso, a proposito della vostra esperienza di Hypnodrama con il Kamikaze, così scrivevo nel post dei giorno dopo...
Dietro le idee che deflagrano sono i pensieri calpestati, i colori cancellati.
Drammatico restituirli alle possibilità di un alba diversa. Deve passare il ricordo delle sirene e quello silenzioso delle bombe al fosforo; un'umanità non compresa, la falsa ragione dei torti e delle ragioni, dei meriti e dell'ignoranza. Devi morire anche tu. Un poco, e far affiorare le radici della tua paura; farla diventare assenza, perdita, sino all'orrore nella fuga ed all'illusorio eroismo di un uomo che scoppia. Il prezzo della distanza, delle longitudini, degli spicchi di terra.
Il vociare allegro dei bambini è sempre eguale, può essere strozzato sul nascere e ricreato mille volte, non ha bisogno di dignità, di orgoglio, di credere. Esso non perde mai, ma può essere perso.
Voi avevate scritto su fogli bianchi la vostra esperienza attraverso un disegno, deflagarazione meno rumorosa perchè affidata al gesto simbolico ed al segno di colori "insperati". Venerdì scorso, invece, il rumore dello scoppio di un uomo, padre, figlio, marito e combattente è stato più forte; ha avuto bisogno del "sonno" che addormentasse l'Io cosciente, chiedendo collaborazione alla parte profonda di voi e delgi ospiti spettatori. Così la trance, profonda di Marina, più superficiale di Carmen, il rapimento di noi tutti al loro condensare il dolore nell'esperienza del privato raccoglimento, a terra, dove vi erano "pezzi di uomo" a cercare di ricomporsi dentro. Il Kamikaze era scoppiato ed i colori hanno cominciato a girare forte, a mischiarsi, a spegnere la troppa luce, a cercare nell'ombra di noi il nostro "kamikaze", mentre l'hypnodrama aveva luogo.
Foto: Dramatherapy, Hypnodrama & Creative Drama, Laboratorio Atelier LiberaMente, ottobre 2009
Nessun commento:
Posta un commento