@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

martedì 31 marzo 2009

Anima, Poesia e Riparazione

@Nina
su "Ha una Solitudine lo spazio, Solitudine il mare......"

"Che strano, bello, triste ritrovarsi nei versi di una poesia e specchiandoci dentro rivedere la propria anima. Parlano di me. Parlano di te. Ed è proprio lì in quei versi che si uniscono i destini di tanti sconosciuti. Non so dare altro di me se non l'immenso spazio che li occupa."

Incredibile quel lungo filo rosso che ci unisce... La bellissima poesia di Emily Dickinson io l'ho cantata, e ancora mi accompagna nella sua straordinaria bellezza.
"Un'anima ammessa alla propria presenza/finita infinità". Sono questi due versi il mio sostegno nei momenti d'affanno e solitudine. Poesia ripatrice?
Per me, assolutamente sì.

Ha una Solitudine lo spazio, Solitudine il mare..." E. Dickinson


@ Elea

...So che chi non è mai stato amato fa fatica ad amare e chi non sa amare fa fatica a VIVERE. Così mi ritrovo a pensare a quei moti dell'anima che si fermano in gola soffocandomi.
Non ho mai compreso quei miei gesti pensati e trattenuti ma dentro di me osservati e amati. A quelle parole cercate e mai dette, ma dentro di me le ho ascoltate. Mi sento come uno spazio vuoto, tra emozioni lasciate in sospeso. Come un cerchio colorato pronto ad avvolgere ogni carezza, ogni pensiero ogni amore.

Come lo spazio che avvolge lo spazio. ''Ha una sua Solitudine lo spazio, Solitudine il mare e Solitudine la morte. Eppure tutte queste son folla inconfrondo a quel punto piu profondo''...''Forse sarei più Sola senza la mia Solitudine sono così abituata al mio destino.Forse l'altra- la Pace-potrebbe interrompere il buio e popolare la mia stanza. Troppo stretta -temo- per contenere il suo sacramento'' [E.Dickinson].

Che strano, bello, triste ritrovarsi nei versi di una poesia e specchiandoci dentro rivedere la propria anima. Parlano di me. Parlano di te. Ed è proprio lì in quei versi che si uniscono i destini di tanti sconosciuti. Non so dare altro di me se non l'immenso spazio che li occupa.

@Director

There is a Solitude of space (1914)
E. Dickinson
There is a solitude of space
A solitude of sea
A solitude of death, but these
Society shall be
Compared with that profounder site
That polar privacy
A soul admitted to itself
Finite infinity.

Che fatica amare, senza lasciare che sia un mestiere "naturale"; che fatica riprendere quel mestiere, volendolo "naturale. Che fatica amare senza saperlo, carezzare oggetti e volti e registrarne solo la memoria crudele di cose lasciate indietro. Orme senza presenza ed odore. Che fatica amare senza dirlo, senza stringerlo, senza volerlo. Lo spazio allora diventa immenso e si popola di versi, paesaggi ad olio e passaggi a china, ti avvolge, cara Ellea, come una coperta-seconda-pelle e si sostituisce alla tua, propria. Diventa un diario che ti raggiunge dal futuro nel passato, impietoso, senza uscita, ti fa rinascere mille volte nel grido incompiuto di "Io Ci Sono!". Vorresti un eco, uno scandalo, anche piccolo, un inciampo del discorso, un arrossimento, un tremore, un dubbio, una piccola cosa che distraesse questo mondo, per parlare con te...
Tempi scivolati via, mentre guardi l'orologio e spazi occupati clandestinamente per paura del "disturbo".

Ora siediti o resta alzata, riappropriati, ma lentamente, del tuo respiro...
Non è quello, ma la tua anima a salvarti in tanto affanno.

Foto: "Emily Dickinson"

sabato 28 marzo 2009

Panico e Guerra: Lettura per iniziati?, Roma 3 aprile, Conferenza Dibattito


E. Gioacchini, P. Perilli

Se si ha un poco di tempo in più per scorrere le varie rubriche, si trova lo stupro quotidiano, la violenza sul minore, la violenza dei minori, l'ennesimo attacco informatico al mondo della finanza, non può mancare la previsione catastrofica di quello che sarà l'economia nei prossimi anni, mentre nel Congo continua silenzioso il terribile esodo dei dannati del Kivu. A salvare da questa lettura a poco serve la pur incoraggiante battuta di un celebre fisico del secolo scorso, Niels Bohr: "La predizione è molto difficile, specie se riguarda il futuro!".
Il mondo ha terrore e produce terrore. E' una spirale che dura da sempre, tanto massiccia è la proiezione del nostro istinto di vita e di morte -forse commenterebbe Freud- senza tuttavia riuscire a risolvere il problema...Qualcuno dei giovani che incontro nel mio studio, viene chiedendo soccorso per un panico del quale non sa trovare una ragione; ma, nello stesso tempo, in un differente posto, un altro giovane si sta preparando al tuffo oltre quello, per farsi esplodere. Sono contraddizioni che stridono alla nostra intelligenza e coscienza, ma il suono di questo attrito è così poco "rumoroso" e non riesce -anche quello- a cambiare le cose... Eppure sono avvenimenti, planetari e privati che dovrebbero far riflettere; ma poi, anche lì, dove vi sono le stanze dei comandi e bottoni, ancora una volta quegli istinti, travestiti da "potere", "ragion politica", interesse nazionale" ecc. ecc..., impediscono di cambiare le cose.Tutto questo incide non solo pragmaticamente sulla nostra vita, ma vi è una subdola azione negativa, difficile da misurare, i cui effetti però sono persino riscontrabili nei nostri pazienti.

L'Atelier di Drammaterapia LiberaMente e il Creative Drama & In-Out Theatre è lieta di invitare le persone interessate al Seminario ed alla Performance di Hypnodrama, " il Kamikaze" che seguirà
(posti limitati, richiesta prenotazione).

lunedì 23 marzo 2009

Hypnodrama: Il Ritorno del Padre

L'hypnodrama del 15 febbraio
Il canovaccio che segue costituisce la semplice traccia su cui si svolge la rappresentazione della tematica. Quest'ultima può coinvolgere dimensioni cliniche e subcliniche dei soggetti, che vanno, nel contesto appropriato, dall'ansia ed i suoi parossismi, sino alle condizioni depressive o problemi di affermazione personale, all'interno di sistemi rigidi e comunque ad alta conflittualità sistemica. In questo caso il tema è stato scelto dal director, in quanto appropriato alle le tematiche conflittuali del gruppo in questione -non esattamente alle loro storie-, costituendo uno stimolo interlocutorio alla espressione libera di queste, nel gioco di parti che vengono assegnate rigidamente e rispetto alle quali si esplora l'evoluzione del personaggio. Ogni partecipante è in costante formale conflitto e confusione tra quanto vorrebbe poter esprimere del proprio naturale ruolo-ruoli e quanto suggerito dal copione, questo permette alle parti celate di sè di trapelare e rendersi manifeste sulla scena dell 'Io recitante. Il destino dello psicodramma in questo caso spesso è un capovolgimento dei ruoli preformati, quali suggeriti dal direttore, che cerca di agevolarne la spontanea espressione. Il cinico, il sadico, il penitente, il passivo, l'attivo, l'insicuro, l'espansivo ed estroverso, il contratto, come concepiti dal linguaggio comune tradiscono man mano la loro forma originaria e l'analisi di quel passaggio mette in luce le autentiche risorse e prigionie del soggetto, i percorsi della strutturazione dei propri ruoli, la contemporaneità di quelli acquisibili.


1° scena: Gianni è in palestra e viene raggiunto da una sua carissima amica, Gaia, che gli annuncia che si è laureata in medicina tre ore prima e che il giorno dopo vuole incontrare i suoi amici per festeggiare alle ore 18.00. Gli dà i confetti.

2° scena: Gianni sta sempre in palestra, compreso nei suoi esercizi di body-
building. Teresa lo raggiunge, non attesa, annunciandogli che improvvisamente è
tornato suo padre; lei vuole incontrare Gianni più tardi per discutere la cosa con lui prima di rivedere il padre. Il giorno dopo incontrerà il quest'ultimo con il resto della famiglia e vorrebbe che anche Gianni ci fosse.

3° scena: L’istruttore gli comunica che è un po’ indietro con la tabella di marcia…che forse sarà necessario frequentare più assiduamente la palestra. Gianni rimane male.

4° scena: Gianni telefona a Gaia.

5° scena: Casa di Teresa, c’è la madre, la sorella Francesca con il fidanzato Fulvio, prossimo alla laurea in ingegneria. Più tardi interverrà anche la zia Martina e Gianni insieme, in notevole ritardo rispetto a quanto promesso. Stanno per incontrare il padre che ritorna. La madre da lettura della lettera alle figlie.


Personaggi

Gianni (33 anni), tu sei fidanzato con Teresa, suo padre non lo hai mai conosciuto. Hai un buonissimo rapporto con la madre. Meno con la sorella di Teresa, Francesca. Tuo padre ti è venuto a mancare quando avevi cinque anni e vivi con tua madre. Sei iscritto al 9° anno di università di una facoltà che solo tu sai e non riesci ad uscire da questo impasse. Lavori part-time. Sei piuttosto timido, riservato, terribilmente appassionato di palestra e bodybuilding
Gaia è una tua amica carissima, per la quale hai avuto sempre un certo debole. Dirai si a tutto quello che lei ti proporrà quando ti raggiunge… E nella scena con lei lo si comprende chiaramente Le prometti che il giorno dopo sarai da lei.
Ti raggiunge Francesca con la quale nasce una discussione…Ti interpella il tuo istruttore che tu, dopo molte esitazioni, mandi educatamente a quel paese, anzi questa volta poco educatamente, anche se sai che la ragione è dalla parte sua...
Più tardi telefonerai a Gaia per un motivo che ti sarà presto chiaro…


Gaia (26 anni), tu sei un’amica di Gianni, lo raggiungi in palestra per dirgli che ti sei laureata tre ore prima che sei felicissima. Mostri una felicità sin troppo ingenua ed infantile, quasi scoppiettante. Dai i confetti al tuo amico e lo inviti - come farai con altri- per un ricevimento il giorno dopo alle 18,00; Gianni ti dà l’assicurazione di esserci, alle 18.00 puntuali!
Quando più tardi ti telefonerà Gianni, avrai modo di rimanere molto offesa e delusa e lo tratterai piuttosto male.

Teresa (30 anni), ti precipiti da Gianni mentre sta facendo body building per dirgli qualcosa. Tu lo consideri un po’” fissato” per la cosa, ma del resto a te il maschio efficiente e muscoloso piace (al contrario di tua sorella che è l’intellettuale della situazioni). Hai da dargli la incredibile notizia che tuo padre è tornato dopo 20 anni, che ha scritto una lettera a tua madre e che probabilmente lo incontrerai con il resto della famiglia domani alle 18.00 e che vorresti che anche lui ci fosse. Al suo disagio, cominci a criticarlo per la sua mancata comprensione. Per te è importante avere lui vicino. Tu sei ostile a tuo padre, al contrario di tua sorella, che ora scopri più capace di perdonare ed accogliere. Sei dalla parte di tua madre e del suo dolore presente e passato. Hai un profondo disprezzo per il modo in cui tua sorella sembra gestire le cose della famiglia e la reputi egoista

Francesca (25 anni), ti è sempre mancato tuo padre, ora hai la possibilità di capire le tue radici, oltre quello che racconta tua madre, molto arrabbiata, che si ripara dietro la sofferenza delle figlie o di tua sorella che sembra amare solo muscoli e discoteca e la scrivania del suo ufficio dove fa la segretaria efficiente al primo dirigente della società per Pneumatici per auto. Comprendi profondamente tua madre e le sue rinunce, ma sai anche che ognuno ha un destino differente ed ad un certo punto, forse, prima di sbottare lo dirai anche, e che il tuo non è scritto ancora da nessuna parte. Sei sempre in lotta con il tuo uomo, un giovane intelligente che però mostra un idealismo troppo esasperato e non ti dice quando finalmente ti sposerà. E non perché tu ci tenga al matrimonio, ma egli è terribilmente indeciso, da non crederci! Scopri ora la sublime leggerezza delle tue contraddizioni e ci piangi sopra. Sei ora arrabbiata con tutti. Ma non riesci ad esserlo con tuo padre.

Carla, tu sei la madre.

Luca, tu sei il padre.Vi sono stati sempre problemi con tua moglie, più di quanto lei fosse disposta ad ammettere all'epoca ed anche oggi in questo particolare incontro di famiglia. Ti reputi un uomo capace di dare spazio ai sentimenti, contrariamente a tua moglie che invece è sempre guidata dalla ragione e dalla necessità di apparecchiare il futuro, scampare alle disgrazie, evitare i pericoli. ecc ecc. Il profondo dissenso verso questo suo modo di concepire la vita ti portò a lasciarla e con lei le tue due figlie. Non hai mai cessato di amarle, ma ne sopporti la terribile contraddizione di esserne stato lontano. Hai mantenuto con loro una rarefatta comunicazione epistolare nei primi anni della separazione di fatto. Sei consapevole che una crisi personale all'epoca, insieme al contrasto con tua moglie, congiurò per la necessaria decisione di lasciare la famiglia ed andartene all'estero.

Martina, tu sei la sorella di Luca, la zia dei ragazzi ed hai sempre mantenuto una corrispondenza con tuo fratello successivamente al suo allontanamento dai propri famigliari. Contatti non frequenti, ma ora il fatto di doverlo confessare ti mette in grave disagio, rispetto a questa famiglia tuttavia hai aiutato in tutti i modi in questi anni. E loro lo sanno…

Istruttore, sei il trainer della palestra che frequenta Gianni. Sei molto rigoroso e pretendi molto da Gianni che sospetti stia battendo un poco la fiacca negli ultimi tempi. Poi, in particolare oggi,Gianni è molto distratto.
Foto: "Hypnodrama, Father's Return", taken from Hypnodrama Workshop, February 2009

sabato 21 marzo 2009

"...Perchè veniamo dall'acqua nelle ore più liete": River Woman





@ da Nina
a proposito di "Step Trail"

La storia del sentiero è un po’ la mia storia.
Apparentemente il viaggio sembra delinearsi in uno straordinario momento di stasi: il senso dell’esplorazione – svanito. Lascio trionfi e vittorie alla tristezza, ad un corpo che stenta a rispondere – anch’esso millenario.
Questo sentiero-Io è ostruito, inaccessibile, circondato da rovi spinati e arbusti: neanche quel candido pallore lunare si fa sollievo. Il meraviglioso satellite è coperto da uno strato pesante di garza. Come affetto da cecità il suo dappoco non illumina.
Il viaggio si ferma alla partenza?
No. Il viaggio iniziò ch’ero Tigre nella cortàzariana casa Humboldt; poi Gabbiano in Nina di Cechov: ora, definitivamente sola, decido d’essere corpo e anima di una Montagna Sacra.

Risposta: L’esplorazione non finisce se decido di fermarmi.
Domanda: Stop obbligato?
Domanda: Segnaletiche scomparse?
Risposta: Attendo, e nell’attendere imparo.
Non sappiamo nulla. Possiamo annusare come i cani, eleggere l’intuito, accogliere il pre-esistente, potenziare la mente, assecondare l’inconscio, rifondare la repubblica dell’Io con il drama e Ypnos.
Non proprio consapevole d’avere un’insospettabile fretta, scopro che la tristezza è stanca e vorrebbe spogliarsi della sua triste condizione.
Ed è così che m’impongo di deprimere la depressione, incanalando una volontà più grande, un’energia creduta finita e “sparpagliata tra cervello e corpo” con la furia devastatrice di una tempesta in alta Montagna: che ero io – o l’Io – o l’Inconscio – o il SubInconscio.
Importa?
Importa sapere che ho vissuto questa sorta di paralisi costringendo il mio sé a lapidarmi come in un principio di autolesionismo.
Stavolta frano perché io soltanto ordino di farlo. Quasi un’AutoTerapia d’Urto.
Ed ecco che un temporale, somigliante ad un attacco frontale di cacciabombardieri, mi giunge come una benedizione: inizio a rotolare, porto via tutto ciò che incontro – arbusti e rovi spinati compresi; è un tafferuglio, una rissaiola tra sassi, rocce, acqua, bastoni e bastonate, randelli e randellate…
“Non ci sono più,” penso, quando arrivo a valle.
Il sole è tiepido, il suo calore diminuisce i dolori. Finalmente la luce!
Tuttavia…

… Questa valle è statica. Non succede nulla d’interessante.
So che il viaggio non termina qui: devo scivolare ancora più in basso.
Giù, sempre più giù, sino a depositare i miei resti sul letto di un ruscello:
“… Perché veniamo dall’acqua nelle ore più liete” egli disse.

Se venivo dall’acqua per tornare nell’acqua, allora ero ancora ferma alla partenza.
No. Prima di essere Montagna ero stata un Gabbiano, e prima una Tigre, una donna, una bambina, un feto. L’origine, il segno, il linguaggio.
Universo: tutto insieme al Tutto.

Foto: -la didascalia in foto suggerita da Nina è bellissima, di Jerry Uelsmann, "Woman River". Per motivi di copyright, non ci è possibile riprodurla qui -non siamo un privato, ma sponsorizzati da una associazione scientifica, la SIISCA. E' possibile comunque individuarla in questi due siti:
http://www.uelsmann.com/
http://pdngallery.com/legends/uelsmann/-
"River1/2/3/4", 2006

venerdì 20 marzo 2009

Cosmic Hoola Hop


@ Maria

Era quasi mezzanotte quando mi sono ritrovata a camminare lungo la strada che mi avrebbe condotto alla mia macchina con un…cerchio in mano.
I miei compagni di gruppo dell’Atelier sanno di che cosa stia parlando; gli altri saranno curiosi di sapere di che si tratta. Abbiamo partecipato ad un piccolo Rito cosmogonico, una sorta di seconda nascita personale…di rinascita.
Non trovo aggettivo che possa definire l’esperienza, ma Forte è quello che le si addice meglio.
Si comincia occupando lo spazio di questo cerchio, che per intenderci ha le dimensioni di un hoola hop, e questo angusto spazio rappresenta il grembo materno, ad occhi chiusi possiamo avvertirne i limiti ma soprattutto il confortevole e sicuro abbraccio.
Istintivamente ho scelto la posizione fetale, completamente rannicchiata, ci stavo bene là dentro, proprio bene eppure ad un certo punto ho cominciato a piangere…e nel giro di quel breve tempo è come se avessi ripercorso tutta la mia vita fino ad allora, e non si trattava di flash-back mentali ma di essere in un altro posto, in un altro tempo. Dapprima mi sono vista bambina nel mio lettino,s otto le coperte fino a soffocare quasi, in posizione fetale con le braccia che stringono le ginocchia quasi a voler ritornare proprio nel grembo materno e piangevo soffocando le lacrime mentre mamma e papà litigavano violentemente. Poi sono stata catapultata più avanti nel tempo in un letto matrimoniale, sempre in posizione fetale, sempre sotto le coperte, sempre da sola, singhiozzando lacrime silenziose, cercando di tener fuori ciò che in realtà era dentro di me: la mia depressione.
Così, uscire dal cerchio è stato liberatorio, perché lì dentro, ben chiuso lasciavo il mio passato e veramente avevo la sensazione di una seconda nascita.
Certo il mondo fuori mi era sconosciuto, solo l’”olfatto” poteva guidarmi a conoscere questa terra inesplorata che era la mia nuova vita…e poi il “primo sguardo” con chi è simile a te…i primi contatti.
Quell’angusto spazio –cerchio è diventato sfera, anzi chinesfera,-cioè tutto lo spazio occupabile utilizzando l’ampiezza di braccia e gambe a mò di raggi di una ipotetica sfera-.
Poi l’incontro con l’Energia del cosmo, complice una Musica di grande impatto ci si lancia in una danza, in cui i piedi calpestano violentemente la terra, le mani cercano il cielo…e dalla terra e dal cielo si è caricati di nuovo da capo a piedi.consapevole di far parte dell’Energia del Cosmo ho sperimentato una grande gioia, un grande benessere.
La parte più difficile doveva ancora venire…rientrare nel cerchio. Come in un rito iniziatico tutti i cerchi sono stati disposti a formare a loro volta un grande cerchio e noi dentro il nostro.
Era venuto il momento che Qualcuno sfilasse il cerchio dal basso verso l’alto poggiandolo poi a terra vicino a noi. A qualcuno parrà esagerato o falso, ma io vi posso dire che quando è toccato il mio turno ho sentito dolore, si dolore fisico la sensazione di essere privata della pelle, come una banana che venga sbucciata. Forse non ho ancora coscienza di che cosa ci sia in quella “buccia”; forse non lo scoprirò mai; certo è che mentre passeggiavo tenendo per mano quel cerchio tornandomene a casa mi sono ritrovata a sorridere osservandomi portare a spasso…il mio passato e mi sono sentita come un bimbo monello che ha combinato una marachella proprio grossa.

Era il 1974, Londra, diciannovenne, con la testa piena di Freud e Jung, Anatoma Umana Normale alle spalle appena fatta, tre brani da cantautore nelle tasche del mio repertorio e tanto Guccini e De Andrè, nella metro di Westmister, al mattino presto, avevo rubato il posto ad un suonatore di strada, un violinista, alzandomi presto. In quei giorni ero incantato da Tubular Bells di Mike Olfied; avrei riportato a Roma un Lp acquistato lì...mentre qualche londinese si fermava curioso sulle note di Spoon River. Non solo la suggestione di un Mike Olfied anticipatore d una "musica elettronica" di lì a poco per esplodere, ma refrain mantrico che mi portava sin da allora a considerare ogni cerchio realmente magico.
Foto: Cosmic Hoola Hop, 2009.
Fotoelaborazione:1) scatto prospettico del nostro Hoola Hop 2) colorazione, luce/contrasto/ritaglio 3) inserimento in foto Galassia IC342 4) foto-ritaglio, fusione, ricolorazione,correzione per pixel. Tempi 40 minuti: l'hoola hop gira e comprende la galassia!
Movie:Tubular Bells, part 1a, Mike Oldfield's performance at Montreux, 1981

Dialogo Immaginario con Cortazar

(Julio Cortazar, da Rayuela, 80, Parigi 1972)

Ho trovato qualcuno che voleva parlare con me. Appena scritto in questo posto “The strident logic of enormous thinking machines, with two arms and hands, has always preferred to set them in the night sleep, or in some jester’s oddness not telling the truth…”, Cortazar –pensate Cortazar!- si è fatto avanti, sventolando -ma con il pudore che gli è proprio, a me non appartiene- il suo Rayuela. Per intenderci… Toco tu boca…ecc ecc… Cortazar…incredibile.
Gli occhi, rituffati, dopo anni al capitolo 80…


Quando ho finito di tagliarmi le unghie o di lavarmi la testa, o semplicemente adesso che, mentre scrivo, sento un gorgoglio nello stomaco,
sono ripreso dalla sensazione che il mio corpo, sia rimasto indietro rispetto a me stesso (non ricado in dualismi però distinguo tra me e le mie unghie)
e che il corpo cominci a non stare più bene che sia troppo largo o troppo stretto (dipende)


-Quale vertiginosa posizione in bilico, quando la coscienza è sospesa tra corpo e cervello e, con il disprezzo di un sincretismo che può togliere, ci rifiutiamo a ragione di chamarla mente, mente-corpo, corpo mente, la somatopsichica che ti aggredisce e tu sei volgarmente tentato di designare psicosomatica … Un cervello sparpagliato tra i nervi e la gravità del tuo peso, rimasto appunto “indietro”… e ti coglie che stai scrivendo e scrive altro, mentre le unghie ruzzolano, ingrandite a dismisura verso il punto più basso dei tuoi piedi, la terra…

Oppure si può dire: meriteremmo una macchina migliore. La psicanalisi mostra in che modo la contemplazione del corpo crea complessi precoci (E Sartre nel fatto che la donna è “bucata” vede implicazioni esistenziali che impegnano tutta la sua vita). Addolora pensare che precediamo il nostro corpo, nondimeno questo precedere è già errore e remora e probabile inutilità, perché queste unghie, questo ombelico

-Addolora, amico mio, anche a pensare che la macchina è migliore, l’errore è già dentro… ”Bucata”? Bucata quello che possiede l”accoglienza” del mondo, capace di avvolgere la vita, e tenerla dentro anziché fuori, invece che un truciolo di coscienza vagante e dolorante per la cosiddetta conoscenza?
Sarebbe a dire, che quel “ciondolo” ingombrante dell’uomo crea molti disagi nel correre e saltare e che davvero una nuova macchina va progettata e “punito” l’universo! Tutto, relegato su una stella remota, anzi... fatto inghiottire da un buco nero -che sembra lo possa-, già errore, già probabile inutilità… quell’universo che ha imparato a mangiare, senza istruzione e poi si mangia da solo.

voglio dire un’altra cosa, quasi inafferrabile: che l’ “anima” (il mio io-non-unghia) è l’anima di un corpo che non esiste. L’anima spinse l’uomo nella sua evoluzione corporale forse, ma ora è stanca di dare strattoni e continua ad andare avanti da sola. Appena fa due passi
si rompe l’anima ahi perché il suo vero corpo non esistere la lascia cadere plaf
La sventurata torna a casa, eccetera, ma non è questo che io. Insomma


Plaf, io dico che torna indietro, impigrita e pentita di tale sorpasso, e poco “vitale” si annida nel corpo, il disagio di presenza senza evoluzione, che se scomparisse, si annullerebbe quel disagio, ah felice stato naturale delle cose dice Rosseau, senza i bisticci di questa coscienza a decidere di angeli e demoni (dualismo più pigro di quanto dicevi, amico che non sei).

giovedì 19 marzo 2009

CAMBIO CASA!

@ Beatrice

Aprendo il mio armadio ho esclamato ad alta voce: vorrei buttare via tutto!Ma cosa voglio buttare via, qualcosa del mio passato che è diventato logoro, pesante nella sua sottile sofferenza; non lo so!Raccogliere nel mio sacco cosa? Tutto ciò che ingombra, che non colora, che non ha calore. Quanto è difficile. Stò lavorando un po’ sulla mia rinascita:perché tanto dolore? Ho percepito tante emozioni, la musica, il pensiero che spaziava ha lasciato dentro un pieno pieno che pian piano stà prendendo posto. Vorrei, come diceva Chiacchi, una rinascita, una nuova occasione. Ma ora non trovo me stessa a casa mia …“Cantando tristi melodie che mi fanno piangere”. Desidero una nuova scoperta e l’inizio di una nuova conoscenza dentro di me. L’immagine del mare in tempesta è bellissima e come ognuno di noi porta dentro questa forte agitazione, piena di ansia, paure, dolore, frustrazione, amore, emozioni che a volte si placa dando colore, vita, fantasia. Grazie Director!

E di nuovo Cambio Casa, Ivano Fossati
"e di nuovo cambio casa, di nuovo cambiano le cose, di nuovo cambio luna e quartiere come cambia l'orizzonte, il tempo, il modo di vedere, cambio posto e chiedo scusama qui non c'è nessuno come mee stasera sera do a lavare il mio vestito per l'amore, cambio donna e cambio umore stasera e stasera voglio uscire che mi facciano parlare, voglio ridere e voglio bereio stasera cambio amore, è tutto qui ma sapere dove andare è come sapere cosa dire, come sapere dove mettere le manie io non so nemmeno se ho capito quando t'ho perdutaqui fioriscono le rose, ma dentro casa è inverno e fuori noe vendo casa per un motore, la soluzione è la migliore, un motore certamente può tirare la mia fantasia un po' danneggiata e da troppo parcheggiata, e poi cambiare casacome cambiano le cose così e gira, gira e gira, gira, si torna ancora in primavera e mi trova che non ho concluso niente io l'amore l'avevo in mente, ma ho conosciuto solo gente e posso solo andare avanti fintanto che nessuno è come me e gira, gira e gira, gira, si torna ancora in primavera e scopro che non ho capito niente e allora io stasera do a lavare il mio vestito per l'amore cambio donna e cambio umore, cambio numero e quartiere fintanto che nessuno è come me"

Movie: "E di nuovo cambio casa", di Ivano Fossati, tratto dall'Album Ho Sognato Una Strada , 2006

mercoledì 18 marzo 2009

IN VIAGGIO

@ Nina

Si è frantumata la montagna.
Tace il corpo - tace l’anima - tutto tace. Tacito è il tempo, fedele
al corpo.
Ignorando il pericolo - il pericolo venne a me. Ignorai avvisaglie
per suprema ignoranza.La montagna sacra, barbaramente calva nella dinamica dell’essere, tramortì all'indirizzo sbagliato. Ma forse quel suo positivo
linguaggio, espressione di capriole sdrucciolevoli, sposò l’intento
d’un granitico bastone di roccia: e furono percosse, botte, mazzate
dolenti. Ecchimosi, lividi, desideri estinti.
E ancora: imprecazioni impastate nell’alta fornace del cielo:
“Spero di averti resa migliore,” disse la montagna.
“Telegrafica sassaiola, non hai compassione verso il fallimento…”
fiatai malanima.

Mi parve di volare come un bianco Gabbiano. La Tigre che fui,
seppi ch’era libera.
Mi riconobbi in un piccione bigio stramazzato al suolo. Schiantate
pure le volatili, artigliate illusioni:
“Puoi abitare luoghi solo abbandonandoli…” disse la frantumata
mitraglia.
Mi ricomposi. Mi alzai. Rimasi immobile e dritta: terraferma,
appunto. MadreTerra di Me stessa -ripetevo come trascesa in un
mantra.
Piovvero fiori di pietrisco e fango sulla testa.
Riassumendomi: rimasi sepolta perché la volontà espressa sino a
quel momento si era manifestata con l'impostura. Si rivelò non-
volontà, da sé medesima legittimata.
Credevo di volare. Un volo bellissimo... poi- la caduta.
Mi sono presa a randellate da sola.
Iniziai un nuovo cammino rigorosamente a piedi nudi. M'imposi di
farli sanguinare. Esempio di verismo verghiano, giacché stufa d’un
misero autolesionismo o andature pseudo-francescane.
Quanto avrei resistito alle botte in testa, alle lacerazioni ai piedi?
Sommità del corpo, Nord e Sud di un panico movimento femminile.

Seme dopo seme avanzai. Non riconobbi né segni né incognite: mi
fronteggiò Paura, l’archeologa dell’interiorità. Senza umiltà sostai
nel luogo inconfessato.Ne rimasi paralizzata. Peggio della Medusa.
La Medusa mi fa piangere ancora…
*
Un cartello segnaletico, una macchina, un uomo distinto: tale Mr.
Hube.“Mi perdoni, credo d’essermi perduto. Sa dirmi precisamente dove
mi trovo?”
“Precisamente lei si trova sotto una montagna franata, in mezzo ai
miei detriti... Non è per scortesia, ma debbo andare.”
“No signorina! Attenda, la prego… Mi chiamo Alexander Hube…”
“… e deve recarsi nella contea di Mr. Godot.”
“Esatto...!”“Riferirò a Mr. Godot che lei è qui. Non si preoccupi, verrà a
prenderla.”
Da quel momento Alexander Hube conobbe l’attesa, l’Om e le stelle.

Step Trail


Una volta, scrissi il breve brano che segue per una giovane donna presa da sconforto. Un problema fisico stava consumando insieme al corpo anche l'energia che quello sorregge. Era inglese, le scrissi in inglese; non l'avevo mai vista, sapevo il suo problema, sapeva che volevo aiutarla. Nessun contratto o consenso informato, ma la condivisione di un momento tra un medico ed un paziente che non sarebbe stato mai stato suo, se non nell'affidamento/fidarsi di un momento. L'operazione le portò "fortuna"!
Non chiedetemi di ritradurlo in italiano, fu pensato per essere in lingua inglese, ma tentate di farlo ed ...arrampicatevi senza timore!

Dopo aver pensato di porlo qui come post, a significare l'uso dell'energia nel teatro della vita, ricevo un commento di Nina al precedente inserimento di Mr. Hube. Incredibile, montagna lì, montagna qui...Che esista la telepatia?! Io vi ho sempre creduto...

Step Trail

"Come close… Once there was a steep trail that was sometimes chosen as a passageway by the rains in winter and much rarer by a solitary wayfarer. Never at night, though... the trail was always there, but it seemed that even the moon avoided it, so hidden amidst the thorns and bushes. Season after season it was shunned, viewed as inaccessible because it was out of the way or because there were less steep paths in the mountains.
One day, unable to endure its fate no longer, the trail decided to slide down, tired with the life. It waited until the winter floods arrived, when the water wildly sweeps away all sorts of things in its path… and it threw itself into the downward descent during the first big thunderstorm… When it finally reached the bottom, the trail felt endless pleasure, stretching out in the plains, the sun warming every once inaccessible corner, and the sounds of a place that is no longer solitary, yet…
... soon the trail became bored and longed for the steep thoughts it used to have alone on the western side of the tall mountain… The trail could no longer return uphill … so tired and dejected, it let the current carry it further down... ending up in the bed of a stream, where it found itself bathing the feet of a little girl … Slightly fearful yet curious, the trail – yes, that precise trail, so used to precipices -- climbed up the little girl’s legs… entered her thoughts… and silently convinced her to be taken once again to the mountain top, nestled now in her fresh, curious mind".

martedì 17 marzo 2009

Mailbox and Road Sign


Una cassetta postale anonima, per significare qualcosa a tutti ed a qualcuno; un cartello segnaletico che indica solo direzioni, senza luoghi. Elementi formali di contenuti in progresso. Oggetti usati da inventare come nuovi. E se quello è il posto di partenza e di arrivo della tua posta, forse si tratta di te stesso; quello a cui mandi qualcosa è del tutto in un altro posto e se ti raggiunge tempestio nell'atto in cui hai imbucato, osserverà solo il tuo gesto, ma la misiva sarà già troppo lontana.

E circa il cartello... se fosse dove è piantato, il luogo che esattamente cerchi, il posto delle decisioni, delle scelte ? Oggetti destituiti del loro senso comune -sempre Cortazar esortava a diffidare di quella nuvola sospesa nel cielo, ..."il suo nome catalogato nella memoria...".
E Grotowsky, impietoso, denudava l'azione dell'attore, sino alla disperazione intellettuale ed affettiva di doverla ricostruire, pezzetto per pezzetto, fuori di ogni automatismo menmonico, perchè diventasse l'azione di "quell'attore" offerta al pubblico ed a se stessi.
Attraversamento dell'inconscio e dei miti collettivi, in un epurazione dalle scorie del buon senso, della morale comune -se solo vestita- dell'apparato scenico del teatro.

Tu uscirai mai scritto da quella cassetta di posta ed annuserai le direzioni, cercando puntualmente di non prendere quelle segnate, ma affidandoti all'olfatto ed alla vista, alle orme ed al volo degli uccelli. Lo avrai appreso e non potrai perderti diceva Don Juan nel deserto a Castaneda e dovrai riformulare le ragoni della tua esplorazione, mentre esplori.

Mr. Hube, compassato, lasciò scivolare la punta della lingua sul bordo della busta e la sigillò prima di imbucarla. Voleva assolutamente che questa anticipasse il suo arrivo in quella contea dovera atteso. Il viaggio sarebbe stato lungo, tre giorni; indossò il soprabito, prese il cappello e partì con l'auto ben lucidata per l'occasione. Si dà il caso che il servizio postale annunciasse uno sciopero generale al secondo giorno della sua trasferta e che quel benedetto cartello fosse stato manomesso da qualche ragazzo in vena di burle. Nessuno arrivò da nessuna parte, ma tutti puntualmente al luogo di partenza.

Foto: "Mailbox", 2008

lunedì 16 marzo 2009

L'Ansia che fa bene!


Nessuna apologia del “fraintendimento” od esortazione ad essere confusi, ma sicuramente a volte non saresti mai entrato dentro alcuni recinti, magari per educazione. Avresti declinato l’invito se troppo esplicito…insomma non avresti affidato al caso, in combutta con ciò che non conosci di te stesso, quell’effetto “sorpresa” che nella vita tanto ci coglie ed a volte rapisce e ci dà ansia!
Con il monopolio della ragione ordinatrice sembra che sia più facile –ma non è vero- il mestiere di ordinatori della realtà, dei desideri, delle opportunità. E quest’ultime appunto ti colgono e mediano l’incontro con la tua “impreparazione”: Dio, che paura! Potrebbe essere l’inzio di una conoscenza nuova dentro e…fuori di te.
Niente avviene fuori “scena”, anche senza invocare le bizzarrie di un burattinaio invisibile. Se ci pensi, a riflettere troppo sulle ragioni di quei fili che ti muovono –ed è certo che ti stai muovendo-, quelli s’impigliano tra loro, ti si serrano addosso a richiederti un movimento ed insieme vietandolo, nel paradosso di volerci liberi eppure diretti!

Nel seminario di ieri, ho invitato uno dei partecipanti, ben conosciuto, a venire “spontaneamente” avanti! Non era l’esortazione a rimanere paralizzato nell’apparente logica contraddizione, ma sicuramente a riflettere, magari fermo, che può essere ricercata una strada terza, tra l’eseguire un comando, esplicito od implicito, e desiderarlo e darvi corso in prima persona. Trovare in sè la spontaneità di un’azione, oltre l’invito dell’altro, spogliare la situazione della logica formale che imprigiona te stesso. Ingombrante per l’abitudine ad “eseguire” e non “voler eseguire” i compiti, sciacquarsi i denti, lustrare le scarpe, arrivare puntuali in ufficio…Così facendo, credo che difficilmente potremo accorgerci di quel "piccolo cuore di tarma che batte" sulla punta della nostra matita e..”palpita” ci dice Cortazar in "Storie di Cronopios e di Famas" e ti ricorda la tua libertà oltre tutto, aggiungo io!

Si, decisamente, l’invito tranquillizza ed insieme può allarmare, di qualsiasi cosa si tratti; l’incognita eccita e stupisce e solitamente disorienta. Ma chi ha affermato che tutto si consumi lì? In quel posto? Ed è quel luogo o il tuo “inside” ad essere posto dell’incontro, dove far accomodare i gentili ospiti, gli addestrati attori, le cose conosciute e, finalmente, la novità? Noi la vorremmo comoda, anche questa, senza fraintendimenti, ignorando che le domande sospese lavorano meglio di quelle abbottonate subito all’asola di una giacca troppo usata.

Narravo, ieri, di Mr. Moreno, nudo per strada e coperto solo dall’idea di un "teatro della spontaneità", in una Vienna di inizio secolo, certo non meno puritana di qualche luogo contemporaneo! Aggiungevo anche di non seguire gli esempi illustri, ognuno ha la sua storia e quella ha regole private e segrete. A qualcuno de miei pazienti ho suggerito, negli anni indietro, di trovare un posto isolato, sensibile allo scandalo solo di qualche abitante dell’aria, e in quell’aria esplodere la propria rabbia-incoscienza-reclamo-desiderio di libertà. E ditemi voi…se la prescrizione ha avuto il suo corso…chi era ad "urlare la propria esistenza" -la presenza è un'altra cosa. C’era delega, procura, atto notarile che potesse mettersi al posto di quel grido d’amore a se stessi? Il silenzio dopo, forse, per alcuni, sarà stato un tempo-spazio da ricostruire, significare, sentire proprio. Accadde poi che con uno, in particolare, ci fosse un imprevedibile eco a far tornare indietro quello “strillo” al mondo…e beh... potete immaginare, i sensi di colpa, diamine, ci accompagnano sempre! Io gli avrei risposto, ancora, a quell’eco…difficile pensare chi si sarebbe stancato prima! Credo che poi egli lavorasse su quelli, il pudore e la proibizione, e se ne liberasse definitivamente.
Incitare alla scoperta, al “novum” è parte di questa didattica verso il sogno e la poesia, quella nascosta nei nostri incontri dentro e fuori… nel teatro più grande che esista. Non ci sono "mostri" là fuori...
Vs. director

No More "I Love You's", by Annie Lennox
"In genere ero lunatica nei bei giorni/ In genere ero afflitta e irrequieta le notti/ Il mio cuore malato desiderava immensamente vederti/ Oh, ma oranon trovo me stessa a casa mia/ cantando tristi melodie che mi fanno piangere/ Non ci sono più ti amo/ Non ho più parole/ Non ci sono più ti amo/ Il mondo sta cambiando la' fuori/ (L'amante parla di mostri)/ In genere c'erano demoni nella mia camera di notte/ Desiderio, disperazione, desiderio/ Così tanti mostri/ Oh, ma ora/ non trovo me stessa a casa/ cantando tristi melodie che mi fanno piangere/ CHORUS:Non più ti amo/ Non ho piu parole/ Non più ti amo/ Non ho più parole e resto in silenzio/ Non più ti amo/ Il mondo sta cambiando la' fuori/ La gente sta diventando pazza/ Ma noi vogliamo solo tornare/ E sai una cosa mamma?/ Tutti si comportavano veramente da pazziI mostri sono pazzi/ Ci sono mostri la' fuori".

Music: No More "I Love You's", by Annie Lennox, songwriters: Hughes Joseph e Freeman David; 18 febbraio 1995

Foto: "Contatto", 2008

giovedì 12 marzo 2009

Paura: Divide Et Impera


Quasi sempre accade di subire l'apparente "follia" dei nostri meccanismi mentali, in qualche modo come "accettando", da osservatori educati, che essi imperversino tra i nostri pensieri, impadronendosi delle nostre abitudini ed umane fragilità -e chi non le ha!-; ma porvi riparo con altrettanta scaltra "follia"...non se ne parla assolutamente!

Milton Erickson, al paziente che faceva un interrotto ping-pong nella sua dieta, volendo dimagrire, ma... "non volendo dimagrire", meravigliavadosi di questa propria assurda incapacità... offriva la possibilità di scalare lo Squaw Peak! Solo se fosse giunto fino in cima, sarebbe stato pronto ad un serio regime dietetico. Un messaggio criptico, assolutamente allineato alla filosofia Zen, potremmo dire! Il paziente giudicava perfettamente insano e folle dar corso a siffatta "prescrizione" terapeutica e finiva in qualche caso con l'insana e "folle" abitudine a restar grasso, infelice e certamente a livello del mare! Questa premessa -abbastanza "folle come il contenuto che segue !-, per introdurre un tema a me caro e vi assicuro molto rispettato anche da tutti coloro che se ne sono giovati..."i paradossi che curano".
Non vuoi dimagrire, anche se lo vuoi -e già arrivare a comprendere questo ti getta nello sconforto più grande!- bene, fai la persona seria sino in fondo e, visto che non vi riesci, impegnati finalmente ad ingrassare! Un mestiere, in fondo, che stai facendo di contrabbando, visto che poi non è davvero quello che desideri ottenere...mangiando. Accadeva che lungo il percorso terapeutico, mentre il peso continuava a lievitare -come neanche il paziente era mai riuscito a raggiungere-, tra una disperazione ed una supplica egli ottenesse ...finalmente il permesso di dimagrire...e -miracolo!- seriamente e con felicità il peso calasse senza i passati ping-pong delle cresite e diminuizioni infinite.

I sintomi sono tracce prodigiose di quesiti dentro te, assoldano persino la forza dei tuoi istinti, usano la richezza della tua sensibilità, capacità di soffrire e gioire, far batter il cuore o rallentarlo, debbono essere assolutamente "rispettati". Sono l'ombra di te stesso e non serve scappare per perderla...perchè ci si ficcherebbe in un buco oscuro, dove davvero il problema "ombra" è risolto. La luce spoglia, stana le contraddizioni e poi lascia alla notte l'importante compito del riepilogo nel tuo archivio invisibile. Dunqne i sintomi vanno rispettati;questo non significa farli accomodare in salotto, in cucina e nemmeno in camera da letto! Vogliono onore, come un nemico che si rispetti e si inchineranno abbassando la testa come un cervo vinto e sottomesso; anche la natura non ha previsto la rabbia interminabile. Ed allora l'astuzia, la creatività, il paradosso diventano armi vincenti...

Carlo Magno sconfisse Dario nella partita più difficile che allora avrebbe deciso di chi fosse il comando del "mondo", come era conosciuto...Pose le sue truppe di traverso, non frontali a quelle del nemico...e sappiamo quale forza abbia un cuneo; vi assicuro che una cosa del genere non si era mai vista! Distrasse la sua cavalleria, spingendola ad una "finta" fuga laterale, invece che alla difesa della propria fanteria, così distraendo dal suo compito anche la cavalleria avversaria! Fece "accomodare" i carri falcianti di Dario tra le sue truppe...e quelli contenti e spediti all'idea di tagliuzzare le gambe dei nemici; ma...un rapido cenno e tante cellule di soldati, con movimenti precisi assumevano la forma di una U, dove il carro entrava ed era circondato e reso impotente!Alessandro si conquistò da allora il titolo di "Grande".

Tutto può essere utilizzato, quando sei disposto a vincere...o sopravvivere. Ne sa qualcosa Robinson Crosue! Pensa che il paradigma della scienza, che tanto ha determinato tutto il pensiero e lo sviluppo umano, fu stilato da Cartesio di getto, disperato dopo diverse notti trascorse in delirio per un febbre da tifo, contratta in battaglia; lo redasse a tavolino, mentre la temperatura finalmente stava scendendo -era profondamente in crisi nella sua vita...lui...e si era dedicato a combattere guerre da soldato mercenario. Ed allora posso dirti..."Divide et Impera"...Come nella foto... osserva quella del post precedente, può turbare perchè non sappiamo chi c'è dietro quella maschera, ma che la maschera serve a perpetrare una rapina o un atto di "terrore"; oppure suggerisce l'angoscia legata a coloro che a volte l'indossano, mentre combattono il crimine! Non se ne esce... Allora l'ho "moltiplicata", "dividendola": ora è spezzattata in tante piccole maschere che posso manipolare e rendere impotenti nel loro messaggio di paura.

Music: "Panic" di Giovanni Allevi, dall'Album "Joy", 2007. In questo movie, Giovanni Allevi racconta commosso e compreso del suo primo attacco di panico e della sua soluzione...creativa per l'ansia.

mercoledì 11 marzo 2009

The Robbery of the Century and Freedom Test


Hanno aperto un "cantiere" nella tua mente, e non te ne sei accorto! Nessun fondo speciale per l'edilizia a sostenerlo, nè controlli della prefettura a stabilirne la liceità. Tu non lo sapevi nemmeno...e loro hanno posato un mattone; il successivo ha fatto un solco, due palate di calce e quello si è messo saldo a legare il prossimo...e mentre tutto andava avanti, tu ti illudevi di smontare e rimontare il mondo. No, i tuoi gesti venivano rapiti dentro da quei furti invisibili di mattoni per un edificio mai richiesto. Quando poi ti sei trovato davanti una casa dentro la casa del tuo pensiero...beh farla uscire è davvero difficle...a cercare di smontarla...quelli ti rubano altre azioni che ne ricreeranno un'altra ed un'altra ancora. Va fatta ammuffire, sai! Si, ammuffire...

Bisogna arieggiare i tuoi ambienti, perchè invitati mai chiamati vi stanno facendo un oscuro presidio e ti ruberanno tutte le energie e quando finalmente...ad esempio, ti sarai trasformato in una mosca, penserai -aveva ragione Kafka- persino che questa è una cosa buona, perchè altrimenti chi saresti se non quella! Ahi...l'oblio del benessere, il timore di ritrovarlo, sentimenti negativi che sono assoldati da quei personaggi.

Ho capito...mi stai chiedendo chi siano i rapinatori della tua vita dentro. Essi erano entrati con te! Ecco...i tuoi stessi pensieri, quelli innocui, apparentemente; quelli con i quali ti sei descritto per primo "incapace" perchè non vi fosse la prova della realtà a sancirlo. Ora, puoi solo spalancare le finestre, certo che solo il sole asciuga l'umidità e toglie la misera vita alle cose morte. Imparerai a non vestire i fantasmi e non invitarli alle tue feste, se non a carnevale. A non aspettarli fuori della porta o in ascensore. Alleati ai sogni della notte ed ai desideri del giorno. Credo davvero che l'aria, pulita di una primavera incipiente, farà tutto il resto.

The Prisoner (Steve Harris and Adrian Smith)
I'm on the run, I kill to eat/ I'm starving now, feeling dead on my feet/ Going all the way, I'm natures beast/ Do what I want and do as I please/ Run - Fight - To breathe - It's tough/ Now you see me now you don't/ Break the walls I'm coming out/ Not a prisoner I'm a free man/ And my blood is my own now/ Don't care where the past was/ I know where I'm going ...out!/ If you kill me it's self defense/ And if I kill ya' then I call it vengeance/ Spit in your eye I will defy/ You'll be afraid when I call out your name/ Run - Fight - To breathe - It's gonna be tough/ Now you see me now you don't/ Break the walls I'm coming out/ Not a prisoner I'm a free man/ And my blood is my own now/ Don't care where the past wasI know where I'm going/ I'm not a number I'm a free man/ Live my life where I want to/ You'd better scratch me from your black book/ Cause' I'll run rings around you

Music: "The Prisoner", by Iron Maden, Live at Hammersmith 1982 -taken from the Album "Number of the Beast".

martedì 10 marzo 2009

Perchè la Paura?

@ Beatrice

Vorrei uscire fuori da tutto quello che è buio, cioè non colorato. Vorrei con la mia tavolozza rendere migliore tutto ciò che ci circonda e fa parte del nostro mondo. Perché la gente muore? Perchè la violenza? Perché la sofferenza ? Perché la paura? Perché la solitudine? Perché l’abbandono? Perché la povertà? Perché l’amore?...Vorrei poter dare una risposta a tutto, magari una semplice, ma esiste un riverbero…perché il calore e subito dopo il gelo? Perché la terra offre i suoi meravigliosi fiori e poi si spoglia? Perché la gioia sconfinata e poi il vuoto? Perchè l’unione e poi la solitudine? Potrei andare avanti per tanto ancora ma non posso. Vorrei iniziare ma ho in me tanta confusione. Mi sento ridicola: una bimba e i suoi perché.

@Director
Le tue domande affiorano nel paesaggio come funi senza apparente appiglio ed in queste condizioni è difficile, comprendo, poter ceder di arrampicarsi su di esse...Nè vi è alcun turbante a fare ombra ad un flauto che le sollevi come un serpente a fare il miracolo dei miracoli. Ma questo non è ridicolo. Posso dirti che, personalmente, un pesco sempre in fiore mi farebbe paura; un mare sempre calmo mi incuterebbe diffidenza; la luce arrogante del giorno ,se durasse indefinitamente, mi indurrebbe ad cercare d'inventare la notte e le stelle e le nostre eterne domande...

And I choose:...qualunque cosa era impossibile da fare...


@ Slesia
a proposito di "Paura: compagna di viaggio o sentinella al confine?"

Tesoro, che messaggio forte!
La cosa che trovo meravigliosa e' la tua consapevolezza e la chiarezza con cui hai individuato il problema. Come vanno le cose ora? Hai ripreso in mano la tua vita per re-indirizzarla?
Hai 'ascoltato' la tua paura? Il tuo post mi ha lasciata senza fiato.

Mi ha ricordato quando, per il DOC, mi bloccavo anch'io. La chiave nella toppa? Come dici tu, qualunque cosa era impossibile da fare, per me, finche' non arrivava un segnale -le cose piu' disparate potevano essere segnali- che potevo farla. Il segnale mi diceva che nessuna delle persone che amavo era in pericolo di vita se mettevo in atto l'azione -e cose piu' normali: prendere un oggetto dalla borsa, aprire l'armadio, scegliere cosa indossare- e che niente di mostruoso e distruttivo sarebbe successo. A volte, il segnale ci metteva secoli ad arrivare in altri casi, invece mi diceva che quell'azione andava ripetuta tante e tante volte, in sostanza impedendomi di vivere.

Non mi capita piu' cosi': con l’attento intervento del Director, e di qualche pillola della felicita', a un certo punto, e' stato il DOC ad avere paura ;) Ora la mia vita -e io- e' tutta diversa. Niente piu' blocchi e, a proposito di vivere la vita che veramente avresti voluto, il trasferimento in Scozia ha cambiato, rivoluzionato tutto. Per me, e' come vivere in un posto sicuro, dove sai che certe cose brutte semplicemente non possono succedere. La Scozia e' casa, e' un nido, e' appunto l'isola felice! Qui la vita e' piu' facile, le persone sono carine, il sistema funziona ed e' affidabile e so che non saro' mai sola ed esposta alla bufera. L'unico strascico di DOC e' in momenti di tensione, quando c'e' qualcosa che per me e' importante e che sta per succedere -o per essere detto-, allora l’azione che sto svolgendo -qualunque essa sia: mettermi lo smalto, girare la pagina di un libro...- assume una nuova importanza e mi blocco per alcuni secondi nell’agire, perche’ cio’ influenzi positivamente la cosa importante che sta per succedere. Ovviamente, quando parlo di questo, mi rendo conto che e’ assurdo, che i miei ‘riti magici’ non hanno niente a che fare con la realta’, che potrei benissimo eseguire dei riti druidici e che forse funzionerebbero anche meglio ;).

I Choose, the Offspring

Look at me I'm fallin'/ Off of a cliff nowI can still hear my mama yelling No No No/ But the words mean nothing/ Can't catch up to me now/ And the view is so beautiful/ All the way down/ Well I was a little boy/ Suckin' juice from a bottle/ Believing my perceptions were oh so real/ But I don't know nothing/ Still knowing nothing/Was just enough for me to know the way I feel/ This is life/ What a fucked up thing we do/ What a nightmare come true/ Or a playground if we choose/ And I choose/ Look at me I'm swollen/ Like a banana fish now/ I'm never gonna make it out of my hole/ But I keep on laughing/ Doesn't really matter/ There's dozens of reasons for explaining my soul/ Well I was a teenager/ Suckin' booze with the Vatos/ Discussing who was gonna live to be 21/ They said they wouldn't make it/ They didn't make it/ We're all naked when the day is said and done/ This is life/ What a fucked up thing we do/ What a nightmare come true/ Or a playground if we choose/ And I choose/ Don't know who made this all come true/ But now while you're here/ You just gotta do what you gotta do/ Now if I wasn't such a weenie/ Do you think you'd still love me/ Pretending I'm an airplane on the living room floor/ But like a lovely generator/ You stand right by me/ And if words were wisdom/ I'd be talking even more/ So I keep on falling/ As I'm looking back above me/ Watching as my mama just becomes a little dot/ Now I'm like De Niro/ I'm amarillo/ And I'll never know when I hit the ground/ This is life/What a fucked up thing we do/ What a nightmare come true/ Or a playground if we choose/ And I choose


Music: "I Choose", by The Offspring, Tken from the Album "All I Want", 1997, Sony BMG Music Entertainment
Foto: "Possibilità", 2007
Proviamo ad indovinare. Diamoci una possibilità mentale e poi contiamoli: la differenza tra la realtà e la immaginazione

lunedì 9 marzo 2009

La Paura: compagna di viaggio o sentinella al confine?


@ Maria

Era un pomeriggio di primavera…
Dalla finestra filtrava una bella luce calda, attraverso i rami di una quercia maestosa che si stava vestendo di foglie.
Me ne stavo seduta a studiare, cosa che mi piaceva
parecchio e all’improvviso è arrivata la “Strega”!
Il cuore ha cominciato a battere all’impazzata, il respiro a farsi irregolare e sincopato, le mani a sudare e ho provato Paura,Terrore…Bloccata su quella dannata sedia avrei voluto urlare, ma la voce era sparita. Sì, se avessi visto una Tigre avrei certamente reagito così, ma in quella stanza non c’era una tigre…o forse si?
Da quel pomeriggio è stato un crescendo in negativo: paura di tutto…persino la paura di infilare la chiave nella serratura se lì vicino passava qualcuno! Ansia generalizzata? Attacco di panico? Vattelapesca? Quante definizioni, quante etichette….chiamamola Paura.
Eppure la Paura è la nostra emozione primordiale più importante…ci avvisa che siamo in pericolo…che la nostra sopravvivenza è in pericolo...dunque è nostra “Amica”.Non dobbiamo Scappare dalla paura, ma capire perché è venuta a trovarci…che ci vuole dire questa attenta sentinella.
Si, la Tigre non la vedevo, ma c’era, eccome se c’era: certo, lo so adesso …e ne sono passati di anni, e ne ho buttata via di vita a remare controvento, a cercare di cambiarmi; eppure la mia “amica “paura“ mi veniva a trovare sempre più spesso e quasi non sapeva più in che lingua dirmelo; “questa non è la vita che avresti voluto vivere!”
Si, quella NON era la VITA che avrei voluto vivere….e di questo avevo …PAURA

Movie: "Io non ho paura" di Gabriele Salvatores, 2003

domenica 8 marzo 2009

Oltre il Panico, dietro i Sintomi


Esistono pieghe segrete, nella nostra anima, dove non esiste la distinzione tra grande e piccolo, bello o brutto o più o meno importante. Esse si distendono, a volte, lasciando scivolare fuori, scomposte, le ombre colorate dei nostri sogni o delle soffitte buie dei ricordi.
La logica stridente delle grandi macchine pensanti con due braccia e due mani ha sempre preferito imbucarle nel sonno della notte o nelle stramberie di qualche giullare che non canta verità.
Altre volte, però, possiedono l’urgenza di una scoperta eccitante, fatta disegni ed affetti, memorie ed origini, ed è sempre troppo poca l’umiltà della ragione a dargli spazio. Preferibile imprigionarle in sentimenti che percorrono il corpo fino ad annidarsi in piccole grotte, irriconoscibili, quasi perduti, tracce di vita incomprensibili, i sintomi.

Panic, The Smiths
"Panic on the streets of London/ Panic on the streets of Birmingham/ I wonder to myself/ Could life ever be sane again/ On the Leeds side-streets that you slip downI wonder to myself/ Hopes may rise on the Grasmeres/ But Honey-Pie you're not safe here/ So you run down to the safety of the town/ But there's Panic on the streets of Carlisle/ Dublin, Dundee, Humberside/ I wonder to myselfBurn down the Disco/ Hang the blessed D.J./ Because the music that they constantly play/ IT SAYS NOTHING TO ME ABOUT MY LIFE/ Hang the blessed D.J./ Beacuse the music they constantly play/ On the Leeds side-streets that you slip down/ On the provincial towns you jog 'round".

"Panico nelle strade di Londra/ Panico nelle strade di Birmingham/ Domando a me stesso/ Se la vita possa ancora avere un senso/ Nelle traverse di Leeds su cui scivolate furtivamente/ Domando a me stesso/ Se possa rinascere la speranza a Grasmeres/ Ma tu qui non sei al sicuro, zucchero dolce/ E così corri Verso la sicurezza della città/ Ma c'è Panico anche nelle strade di Carlisle/ Di Dublino, Dundee e Humberside/ Mi domando perché/ Bruciate le discoteche!Impiccate quei benedetti D.J.!/ Perché la musica che mettono in continuazione/ Non mi dice nulla della mia vitaImpiccate quei benedetti D.J.!/ Per la musica che mettono in continuazione/ Nelle traverse di Leeds su cui scivolate furtivamente/ Nelle città di provincia in cui vi aggirate".

Music: "Panic", by Morrissey Marr, The Smiths, taken by the Album The World Won't Listen, 1987

sabato 7 marzo 2009

Mozart avrebbe composto a cinque anni se...


@ Maria
a proposito di …”buono/cattivo:ma mi faccia il piacere

Questa pagina di “Libera..mente” mi ha fatto “lavorare” parecchio. Mi ha colpita il discorso sulle tre coordinate: luogo, spazio, persone incontrate…E mi ha davvero colpito come un pugno nello stomaco.
Inevitabilmente mi sono chiesta:nel piano Cartesiano della mia esistenza quale sarebbe stata la “Curva” della mia vita se qualcuna o tutte quelle coordinate fossero cambiate? Per certi aspetti mi ha creato un pò di sofferenza; era parecchio che non mi arrovellavo la mente con quelle domande trabocchetto:
”E se…?”
”E se invece…?”
Ho buttato via parecchia vita impantanata in un passato che non è più o proiettata in un futuro che ancora non è. C’è stato un tempo in cui ero ferocemente attaccata alla convinzione che ci fosse un determinismo biologico a indirizzare la nostra vita. Nella grande stanza dei bottoni -il nostro patrimonio genetico-, a seconda di quali e quanti si accendono –geni- e dalla loro interazione, dipende la nostra vita.
Così ti dicono che sei nata con quel brutto carattere o che sarà inevitabile che avrai quella malattia perché ...è tutto già scritto! Già, e allora a che serve darsi da fare?A che serve trovare in sé nuove risorse? A che serve rialzarsi? E poi –diciamocelo-, è molto più comodo credere che i giochi siano stati fatti! Meglio se il carro dell’esistenza lo traina qualcun altro, no?
Eppure siamo ancora lontani dal comprendere chi o che cosa è in grado di accendere quei “bottoni”. Milioni e milioni di informazioni inespresse; ma la Natura non segue la legge dello spreco…e allora conta di più la genetica o l’ambiente?
Mozart avrebbe composto a 5 anni se fosse vissuto in una delle tante case dell’epoca in cui di pianoforti non c’era neppure l’ombra?
Allora tutto si può riscrivere….ci si rimette al pianoforte della nostra vita e si prova e si riprova
finché la Musica è quella che abbiamo nelle orecchie; nel cervello e nel cuore.
né UNO…né…NESSUNO…
ma CENTOMILA….forse, questo siamo.

Music: "Sonata in C Major K. 330", 3rd Movement, Mozart, esecutore Horowitz, Moscow 1886
Mozart era in un tour concertistico a Parigi, durante il mese di marzo a settembre del 1778 e lì lo raggiunse la notizia della morte della madre, il 3 luglio. La Sonata Minore K. 310 venne scritta a Parigi durante l'estate dello stesso anno. Le tre sonate K. 330-332, a lungo considerate di quel periodo, probabilmente furono più tardive (nel 1781-83 a Vienna o Salisburgo). Costituiscono tra le più popolari opere per pianoforte.

venerdì 6 marzo 2009

...a proposito di "Panico: vorrei uccidere questa strega"

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Carissima ...

Eh, come ti capisco. Quando ero ancora in 'pieno' Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), il Director organizzo’ uno stage con un gruppo di pazienti. Facevamo un po’ di ginnastica, un po’ di yoga (con Flavia), e un po’ di autoipnosi con il Director. Tecniche di respirazione…sembra semplice!! Poi torni a casa, ti rimetti a fare la tua vita normale e cosi’, all’improvviso, ti cominciano a venire degli strani attachi di panico. Il Director ti dice che, per la mia sintomatologia, io non dovrei avere attacchi di panico; allora sono un bluff…ma intanto mi vengono. Quando vai in cura per il DOC, non curi, ovviamente, solo i sintomi, ma, piu’ in profondita’, il tuo modo di relazionarti con il mondo. Qualcosa di veramente profondo, di veramente tuo, di veramente TU, viene ‘smosso’ e, un pezzo alla volta, ‘rimosso’. Ma il disturbo -e i sintomi- non sono una cosa esterna, SEI TU!! Allora, rimossa tutta ‘sta roba, che resta? Quale sei tu? CHI sei tu senza le compulsioni, senza la paura, senza le cose che ti girano in testa over and over again? Confusione, paura, panico e, appunto, attacchi di panico. Io sono la bimba piccola che vuole mamma, che vuole essere amata, consolata -viziata!- e looked after. Sapete la canzone di Vasco Rossi La Favola Antica?

Parlava di una bambina bionda / che non voleva dormire da sola / e la sua mamma poverina / doveva starle sempre vicina / un giorno venne una bella signora / tutta vestita di luce viola / prese la mamma per la mano / e la portò lontano lontano

Mia mamma e io eravamo in simbiosi e quando il Director mi ha fatto sentire questa canzone, un po’ dopo che mia mamma era morta, Dio quando l’ho odiato! Mi dice: “reality check”. Alla faccia del reality check, ancora piango! Poi la canzone continua...


...la bimba pianse 100 sere / poi si stancò / e si addormentò / Quando il mattino la venne a svegliare / con un bellissimo raggio di sole / vide la mamma poverina / che sotto un albero dormiva / e la signora vestita di viola / disse "non devi più avere paura... di restare sola"

E questo, si’, funziona nella canzone, ma nella vita, eh, e’ tutta un’altra storia. Si’, Vasco finisce dicendo -C'era una volta una favola antica / […] / e per non essere dimenticata / diventò vera... / diventò! oh oh oh! ....la vita! Ma non e’ cosi’ semplice. Te lo possono dire in tutte le lingue del mondo che “non devi piu’ avere paura di restare sola”, ma e -mentre scrivo mi scorrono lacrime lungo le guance- e sono in ufficio... se non lo vuoi sentire non lo senti e passi il resto della vita a cercare sempre una ‘mamma’ (compagno/a di vita) che ti stia “sempre vicina”. Inutile dirlo, non funziona. Non funziona perche’ la mamma vera, almeno nel mio caso, era tutto quello che volevo e tutto quello che odiavo. Eravamo una cosa sola, ma litigavamo continuamente. Ne ricevevo un amore infinito e illimitato, ma ne ero anche sempre giudicata e criticata. Naturalmente, quando una mia situazione sentimentale si stabilizza, io ricreo lo stesso rapporto: amo il mio compagno/a, ma ci litigo tutto il tempo e lo/a giudico e critico; come per dare loro lo stesso amore che mi dava mamma. Evitare che succeda cosi’? E come si fa? Io mica lo faccio apposta, e’ che spontaneamente i miei rapporti prendono quella via. Poi -sempre nella mia esperienza- la mamma fa quello che vuoi tu, ti accontenta sempre, ha sempre te al centro del mondo. In un rapporto adulto l’altra persona e’, appunto, ‘altra’. Ha idee, interessi, modi di fare le cose e priorita’ nella sua vita che non sono sempre le stesse tue e che non sono 24 ore al giorno…TU! Da un’amicizia importante lo accetti, loro hanno la loro vita, ma dalla persona con cui vivi no: TU dovresti essere la loro vita. Come era per mamma. Sorpresa che i miei rapporti finora non abbiano funzionato? No, lo so, non dovrei essere sorpresa. Eppure da sola non ci voglio stare. Non me ne frega niente di quello che dice la “signora vestita di viola”, io la “paura di restare sola” ce l’ho e come! Ed e’ per reprimere questa paura che infilo un rapporto dietro l’alto. Ne escono rapporti importanti, come gli ultimi due (uno ancora in piedi…be’, no, in ginocchio, al momento), ma che alla lunga non funzionano, non durano, perche’ l’altro si sente aggredito, controllato, attaccato. Eppure uscirne o anche solo accettare che possano finire e’ un’idea che, anche solo come idea, fa troppo male. E poi chi mi vuole bene? E poi chi c’e’ la sera quando torno a casa e voglio essere ascoltata e coccolata? E poi con chi faccio le cose, sia quelle di tutti i giorni che le cose piu’ importanti. Insomma, con chi condivido la vita? Perche’, se la vivo solo per me e con me -e ora qui non sto considerando gli amici che nella mia esistenza sono fondamentali e sono l’aria che respiro-, non basta. Non e’, non sono, io, un motivo necessario e sufficiente.


@ Director

Anche tu non sei "anonima", ci conosciamo tutti e ti sei firmata, ma il nome è una cosa molto importante, così come il nickname che vi chiedo di creare al primo incontro nell'atelier... Il nome è quella cosa che ti comprende e che tu dici non bastarti...
Certamente ricordo tutto; e potrei ricordarti che a volte possiamo vedere solo come stiamo e non come saremmo potuti essere, ora, senza l'ascolto magari di un brano...ma potrebbe diventare l'indiretto appunto a te, carissima, nella terribile schiacciante ed anche falsa equazione del dividersi ragioni, torti, responsabilità, meriti, vuoti e pieni. E potresti credermi, a torto, più forte.

So che tu hai lavorato e stai lavorando e questo porta con se il problema della solitudine, se non si condivide la fatica, almeno in qualche sosta, durante il percorso...

Coraggiosa la tua denuncia, vera ed in questo senso dico bella. Può risolvere? Certamente no! Le risposte, fanciulla cresciuta e cara che conosco molto bene, sono processuali; hanno bisogno di piccole morti per differire, per il possibile, lo spettro di quella vera che dorme dentro d noi; dove ci accorgiamo che è utile a volte rinunciare, differire, mettere noi stessi al posto del peluche e teneramente -direbbe Karen Horney- diventare una "tenera madre" per noi stessi. Una funzione irrinunciabile, indifferibile, unica...hai ragione tu. Anche questo ti dissi... Grazie, firmato, Quel-Terapeuta

Music: "Favola Antica", tratto dall'Album "Canzoni per me", 1998
Foto: "Cigno", Villa Borghese, 2005

martedì 3 marzo 2009

Panico, vorrei uccidere questa Strega


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-a proposito di "E se mi blocco...per una Apologia di Senza Dolore"-

"Mi è capitato di " toccare il fondo " con le mie paure...e per toccare il fondo intendo dire non vivere liberamente nulla, neanche un caffè con amici; ma , in realtà, non ho mai vissuto liberamente e questo mi porta a non riuscire del tutto a liberarmi dalla paura. Mi vengono in mente testi di alcune canzoni per rendere l' idea: "...ho vissuto tanti anni in una gabbia d' oro, ma sempre in gabbia ero", "la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare". Ecco... è proprio questo il problema: rialzarsi da una brutta caduta non è, per me, un problema. Mantenere in alto il volo sì.
Se un uccello è stato tanto tempo in una gabbia quando arriva il giorno in cui può e deve spiccare il volo quell’ uccello tornerà nella sua gabbia, perché è lì che si sente al sicuro; è lì che è cresciuto; è lì che ha provato le sue emozioni...pur stando in una gabbia. Il cielo è troppo grande per lui, troppo bello per volarci, troppo immenso. Non ce la fa; non è abituato, anche se la sua indole dovrebb essere quella. Ormai è un uccello addomesticato, un uccello troppo " ingabbiato". La vita, totale, piena, gli fa troppa paura; dovrebbe chiudere gli occhi e buttarsi troppe volte per riuscire ad affrontarla, ma lui sa affrontare una cosa alla volta.
Sarebbe bello riuscire a volare senza guadarsi indietro, senza voltarsi verso la gabbia con la porticina aperta. Lui non è abituato a vivere tante belle emozioni tutte insieme, anche se le desidera, perché la gabbia è stata la sua casa e casa è sinonimo di protezione. La paura è una brutta bestia che succhia energia, vita e più la succhia dentro di noi e più lei diventa grande e noi...piccoli. Ieri ho fatto una cosa che non dovevo fare -ma sono nella fase di " difficoltà a mantenere il volo".

Ieri, dopo un piccolo episodio negativo che mi è capitato, invece di incanalare le mie energie per affrontare la situazione e risolverla, ho preferito far uscire la rabbia - e la sola rabbia non porta a nulla- e ho tirato un pugno fortissimo contro una parete. Inutile dire che mi sono fatta male, molto male, ma più che dolore fisico, ho sentito quello interno, quello che mi ha fatto dire: stupida, cosa fai? Non lo sai che in questo modo non risolvi nulla?Perché ti fai del male? Ed allora ho pianto. Ho pianto perché sapevo di non aver utilizzato bene i miei strumenti, pur avendoli.È veramente difficile spiegare questo rapporto di " amore e odio " nei confronti della paura.

Non credo di essermi spiegata. Forse potrei dire che... vorrei uccidere questa strega, ma è la “strega” con cui sono cresciuta e ormai la considero come una sorella.Una frase, però, mi ha aperto una porta: " quasi non fossi più tu quella che deve superare il blocco ". Ho sentito un colpo al petto. Perché mettersi sempre nella condizione di dover superera, superare, superare...stanca. Mentre...non mettercisi proprio e vestirsi di un’ altro nuovo ruolo potrebbe essere risolutivo.

@ Director
Non sei anonima, ma se apprezzo il coraggio del tuo scritto, uscito forando il diaframma del pudore, ho preferito non scrivere il tuo nome, anche se un nickname.
Qualcosa in te ha fatto eco ad una espressione lì scritta nel post; non è quell'espressione ad aver fatto eco, visto che è avvenuo in te, ma tu con quella. Vedi...bisogna ribaltare l'ottica. Non stai camminando "pericolosamente" nel mondo, ma il mondo ti sta portando come una barca; la notte ti avvolge ed abbraccia come una madre; il cielo ti fa compagnia mentre cammini...; ogni tanto uno sguardo in su e...subito rassicurata. La terra è la tua barca. Attenta, non ti sporgere! Anche se poi puoi sempre confidare in quella gravità a cui spesso mi riferisco -ed onguno ha una sua barca su questa terra che è la barca di tutti. Pensa alla tua, sali ed esci e naviga le procelle, sarà divertente. Giuro, non si cade mai; come in quei giochi virtuali che...spaventano davvero, mentre stai sballottato dentro la capsula a simulare formula tre, spazio o volo. E lo "spavento" è vero ed emozionante...chiamalo "emozione"...
Bisogna cambiare ottica, assolutamente e non girare in tondo come gatti impazziti. Tornerò a parlare di tutto questo, perchè solo affrontando le nostre fantastiche primitive paure la vita viene "recitata" con autenticità.
Chiedevi "What if i get stuff"? e ti sei fermata a riflettere su..."As if it weren’t you the person who needs to overcome the block". "Humm bene ..."- forse avrebbe commentato la voce di Milton Erickson -ci piace immaginare così!- E tu: "Ma allora, dottore, ci si può anche fermare?". E Lui: "Certamente che puoi farlo! Importante è farlo per un motivo..."

Ti omaggio dell'icona del blog sulla "cinema-dramatherapy": è un campo di papaveri, ripreso alle soglie della scorsa estate. Proietta su questo schermo i tuoi colori, anzichè le tue paure e cammina...cammina, non voltarti, ma fermati a riflettere.

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

COMUNICATI STAMPA