Un kamikaze si fa esplodere e semina intorno a sè dolore, rovina, morte Egli lancia, con il suo gesto, domande dolorose a migliaia di chilometri di distanza in chi assiste, partecipe, alla cronaca televisive, ormai abituale , di esplosioni suicide in terre lontane. Perchè? Come possono un ideale, una religione, una forma di esaltazione essere più vive della stessa vita umana?
Se leggo o ascolto eventi simili, non mi chiedo mai "CHI ha compiuto questo gesto", ma mi domando "Perchè lo ha fatto? Come ? Dove? Con chi?".
Ho assistito l'altra sera, dietro una metaforica tenda di una casa del medio oriente (?), alla preparazione de "il Kamikaze", poi l'ho guardato mentre esplodeva in pezzi e ho partecipato al dolore della sua vedova e di sua figlia. Assurdo solo pensare che si possa rappresentare una cosa del genere. Ancora più assurdo è immaginare che un attore possa interpretare la parte di una gamba tranciata, di un piede maciullata.
Assurdo? No, possibile, verosimile, vero, verissimo!Come mi è sembrato facile sentirmi partecipe, commossa di fronte a quei resti: erano persone, era la vita quella che restava stesa a terra. La vedova piangeva il dolore vero, quello che non urla, quello che non lacrima, quello si interroga, quello che si esprime con mugolii interiori, perchè il vocabolario umano non conosce le parole e le grida per l'assurdo.
Su tutto la carezza di Gianni a svegliare l'attrice in trance. Consolazione, vita che continua , dolorosa, ma pur sempre vita
P.S Una volta ho letto una didascalia in un fumetto in cui un personaggio assisteva per la prima volta alla rappresentazione teatrale del "Sogno di una notte di mezza estate" e diceva: "E' finzione , eppure è reale ! Che magia è mai questa?". Teatro, è teatro...
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