A circa 500mt. dall’entrata ci troviamo incolonnati a causa del gran numero di veicoli che si recano nello stesso luogo. Dieci minuti di fila, altri quindici per comprare dei fiori e comincio a riflettere su tutto questo.
Manca una settimana esatta alla commemorazione dei defunti e molte, moltissime persone -scoprirò in seguito tornando verso Roma, incontrando una coda lunga chilometri- hanno pensato di anticipare un’incombenza che avrebbero dovuto svolgere dalla settimana prossima a tutto il mese di novembre.
Ma come, mi chiedo, un gesto che dovrebbe nascere dalla spontaneità di un sentimento, e dalla voglia di vivere un momento di “comunione” con chi non c’è più, si trasforma in una sorta di impegno lavorativo, da incastrare tra gli altri impegni infrasettimanali? “Vado prima, così non ci dovrò andare poi?” Ma trasformare un gesto di affetto in un impegno non toglie spontaneità al gesto stesso?
Quante volte facciamo o diciamo cose solo per rispetto di usi e convenzioni, sentirsi quindi parte della società?
E’ possibile che viviamo con l’unico scopo di rispettare ruoli e incombenze, regole e gestione del tempo, incastrati tra immagini riflesse e stereotipi confezionati, bisogni reali o indotti, impegni e sistemi lavorativi con stacchi programmati per scaricare gli stress? –week-end, vacanze mordi e fuggi, cure termali, oasi relax, ecc..
Cara Maria Pina, non solo in te alberga il “rinoceronte”, pronto ad esplodere e spandere tanta di quella polvere “da non sapere neanche chi siamo”. Comincio a pensare che siamo tutti rinoceronti, chi in maniera più evidente, chi meno, chi con la pelle più dura di una corteccia di quercia, chi con delle striature appena accennate, abbiamo già la predisposizione genetica per essere rinoceronti. Ecco perché -come dice il director- i guru, i santoni gli pseudo-leader, hanno gioco facile ad entrare nelle nostre menti e governare il nostro animo. E non credo sia indispensabile una strategia del terrore -che certo è il sistema più semplice e più a buon mercato per tiranni carenti di buon senso ma schifosamente ricchi di armi e violenza-, ma sia sufficiente trovare e toccare le corde giuste, per far muovere “la mandria” nella direzione che vogliono. Viene da pensare ad un certa storia sulle “religioni”, all’inizio mai imposte,che lavorano sul convincimento e sul plagio e hanno come base una lettura distorta di fatti reali o manipolati all’uopo. In seguito viene usata la violenza per il rispetto dei principi religiosi e il mantenimento di un regime politico basato sul fanatismo religioso. Se provassimo a scrivere un elenco di atteggiamenti “animaleschi” della nostra società “civile”, credo rimarremmo seriamente colpiti dalla sua lunghezza e dalla varietà di storture comportamentali atte a mascherare le difficoltà degli esseri umani presi in analisi.
Foto: Dramatherapy, The Change. L'intensa espressione dell'attore che traduce il drama. Esso esce come maschera interna a "rapire" fuori, "usare" la mimica. E' contestuale la consapevolezza di essere nella "finzione" interpretazione, con la "autenticità" del processo interno. La catarsi *è lo strumento essenziale del processo di lavoro in drammaterapia. Laboratorio CDIOT, settembre 2009.
* Un ottimo articolo sull'argomento
1 commento:
Come é vero quello che dici Gianni. Ci troviamo incastrati in un sistema che non ci permette di pensare in autonomia previo pagare un dazio pesantissimo. Che apparentamente ci fa sentire fuori dal gruppo quindi fuori dal sistema. Che cosa é il sistema? E quello che vogliono gli altri...per poterci manovrare e dicidere in maniera subdola del nostro vivere quotidiano. L'unica arma che noi abbiamo: siamo noi stessi.
Per essere tali non deve esistere il compromesso con noi stessi che nasce dalla nostra non-libertá. Quindi dalla libertá di avere paura e di entrare nella scommoditá di noi stessi. Il resto sono soltanto parole dettate dalla mente manovrate dalla paura di soffrire.
Il sistema mi da il cimitero, ma non deve dettare se vado o meno. Ed io non mi devo sentire esposto al giudizio del sistema.
Un saluto affetuoso a tutti.
SPARTACO
La mia foto mi ha portato indietro a Cortazar quando invece di regalarmi l'orologio ero io regalato all'orologio. Che dramma! Quanto tempo per capirlo. Che bello capirlo! Siamo fieri di noi stessi! Stiamo Stra-or-di-nari!!!
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