Il warm-up di oggi, di stasera. Si può essere stanchi di lottare, anche senza destituire d'importanza i messaggi che provengono dall'inconscio. Si può decidere, grazie al pericoloso limite in bilico tra sconfitta e paura di vincere, che la "contesa" è finita. Finita la rinocerontite -mentre noi ancora la lavoriamo-, finiti i grandi processi, finite l'illusioni e le speranze che tutto, almeno nel ricordo, sia corregibile, grazie all'immaginazione, finito il tempo delle guerre degli altri e l'eco dei cannoni, si può osservare il mare...tornare ad esso -sapete è certo che proveniamo di lì- e dare un senso proprio al viaggio verso "dove siamo".
Diverso tempo fa, il Capitano -figura mitica e caro compagno di viaggio, ora chissà battagliando e vincendo quali procelle...- scrisse un post interessantissimo, che terminava proprio con la frase che trovate virgolettata per ultima al brano che segue. Gli risposi con questo testo. Ora vi ho sostituito il suo nome e gli ho dato quel "TU" che parla di noi a noi. Un warm-up che vuole introdurre certo che nò...alla pace dei sensi, ma sicuramente alla ricerca del proprio senso nella seconda scena del Rhinoceros .Noi, caro Ionesco, non ti abbandoneremo come quegli insulsi borghesi intellettuali della tua Parigi, così insensibili agli umori orribili della guerra che veniva ed era stata! Ma si dovrà decidere di non fare la guerra alla guerra, dentroi, accettando che l'amore soffi capriccoso come il vento....
"Non ci sto! La parodia brillante e specchiata della tua vita puoi gettarla in uno stagno e saranno i ranocchi a gracidare su di essa!"
Davvero non ne poteva più, quell'inconscio smarrito, sempre in bilico tra l'essere e l'essere immaginato. Con rabbiosa violenza stava scagliando sassi in mezzo all'umidità delle lacrime ed il TUO aveva ora rivoli come fiumi a percorrere le rughe assolate. Ma lui che poteva farci? Non si dice che nei sogni è la riparazione del giorno, quel lenzuolo di pietà che tinge di luminoso ed oscuro, ma ti consola di lasciarlo sulle spalle, magari per poi tornarci. Eri TU, ora, a non starci più! Indiviso tra mari da percorrere e procelle in cui aveva davvero pericolato. Eppure l'inconscio si ribellava ed aveva ragione…
"Cosa pensi di apparecchiare sulla tavola del mio banchetto? Non sono stato io ad indorare la tua alba! E non ti conforti che sia durata solo tre secondi… Posso darteli d'inferno o paradiso, ma non confortano, essi sono!"
Non era il sogno in questione, ma il suo compiacimento, l'indennizzo perverso da messaggi che altro vogliono dire, a cercarlo.
E l'inconscio incalzava –"Credi che il sogno di un pazzo non sia anch'esso pazzo? Che i rumori della notte non siano rubati casualmente nelle mie stanze? Neanche a Freud ho permesso di accomodarsi del tutto tranquillo sul mio sofà, meno morbido del suo, nella Vienna del primo novecento. Era di latta, quel lettino, coperto di cuscini e prometteva comprensione con il budge della nuova scienza psicologica. Il budge non crea l'ufficio! Il mio luogo è il verbo ed è sempre esistito, ha fatto sempre sognare anche a tua insaputa e soprattutto ti ha permesso di dimenticare. Credi si possa andare per campi a selezionare i tuoi fiori, recintarli, farne scoperta e dimenticare che "infetta" è l'anima da sempre. L'infezione gli ha dato la vita, l'ha strappata al sonno di nessuno e fatto di essa un sogno reale…"
Tu stavi ad ascoltare, passata la rivolta; non una parola pensata, giacché altre non ve n'erano se l'inconscio strillava così forte. Poi ti decidesti, anche tu deciso ad entare nella bottega a reclamare che ti fosse ridato il dolore e quelli, schiacciati dall'insolente richiesta, aggiunsero l'interesse del "pentimento", della "rabbia", del "rimpianto".
Il volto ora era asciutto, come asciutta l'anima ed i suoi risvolti. Avesti cura che non si infangassero per la strada, sollevando la veste da un lembo. L'altro lato strusciava la terra, impunemente, tracciava il percorso fatto, ricordava silenzioso ciò che è stato.
Ti svegliasti. Un giorno normale, bagnato di pioggia leggera, soffiato dell'aria consumata del porto, che come un grande polmone respirava tra mare e terra, con la sensazione di aver sognato. Preparasti la moka,qualche istante a seguire il fumo del caffè nella tazza. Il vento era buono la distesa d'acqua poco agitata "…li, dove vive di luce propria un'emozione pulsante che mi percorre la spina dorsale e si fa linfa".
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