Il teatro lavora dentro, questo in drammaterapia avviene in tempi che si prolungano oltre la performance, il laboratorio, tu diresti...il workshop. It works hard and quietly. Esso lacera e scopre; costringe al risveglio, toglie semantica al senso di colpa...destituendolo da atto salvifico a luogo da ri-occupare...in modo nuovo... Cronopiesco, famesco? Avvicinati....ecco così!
C'era una volta un sentiero ripido, a volte scelto dall'acqua in inverno e meno spesso da qualche solitario viandante. Mai di notte...vale a dire il sentiero era sempre lì, ma sembrava che anche la luna lo scansasse, così nascosto da rovi ed arbusti.
Viveva stagione dopo stagione l'esilio dalle cose impraticabili perchè di terzo grado o da quelle più dolci come le salite dei tratturi di montagna. Era un destino che proprio non tollerava, quindi decise di scivolare. Aspettò una piena d'inverno, di quelle dove l'acqua è capace, selvaggia, di trascinare nel suo corso cose ed altre cose... e si gettò nella discesa verso valle al primo temporale grosso.
Arrivato giù, provo l'infinto piacere della schiena che si distende completamente sulla pianura, del sole che ti scalda senza angoli proibiti, dei rumori di un posto non più solitario...ma... Ma poco dopo entrò in lui la noia, il desiderio dei ripidi pensieri che faceva da solo, lì sul lato Ovest della grande montagna. Non poteva più risalire. Allora stanco ed avvilito lascio che la corrente lo portasse ancora più a valle.. finito nel corso di un fiumiciattolo si trovo a bagnare i piedi di un bambino... Un pò pavido ed insieme curioso risalì, lui così abituato ai precipizi, sulle sue gambe ...entro nei suoi pensieri...e lo convinse silenziosamente a farsi portare ancora lassù sulla montagna, ora arrotolato nella sua mente fresca e curiosa.
3 commenti:
@A ERMANNO, NEKO, AGLI AMICI TUTTI.
Vi racconto una storia vera. Non so cosa c'entri coi Famas e i Cronopios. Ma questo è il potere evocativo dell'Hypnodrama!
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Sentimento di colpa: il nemico guerrafondaio.
Sentirlo nominare gli attribuisce un'importanza espansionistica, ed io mi sono proposta di annullarlo dalla geografia delle parole, dal mio vocabolario esistenziale.
Decreto definitivamente l'avvenuto decesso... Ermanno, lo spero!
Era un Natale fiorentino di molti anni fa. Nel tardo pomeriggio mi recai alla Messa tenuta dai frati domenicani nella cripta della Basilica di San Miniato.
Ero agitata, presa da una frenesia urticante, da un movimento interiore indomabile.
Volevo l'ostia. La volevo subito.
Cercai di contenermi; tra l'altro non mi confessavo da tantissimo tempo.
Quel turbinio aumentò. L'Atto di Dolore non mi pareva sufficiente.
Ed ecco che lo vidi, come d'incanto.
Era appartato in un angolo, volto sereno, veste chiara, corda a cingergli la vita.
Mi precipitai immediatamente:
"Devo confessarmi, Padre. Mi confessi, la prego, altrimenti non posso prendere l'ostia!".
Don Giuseppe rispose:
"Cosa avrai commesso di grave, figlia mia, per essere così in pena?".
"Io... Io ho peccato," gli risposi.
"I tuoi peccati sono frutto di qualche colpa?" mi chiese il frate.
"Io non lo so, Padre. Non ricordo... Non ricordo niente di preciso," e intanto pensavo a quali peccati potevo aver commesso in quei lunghi anni di astensione chiesastica.
"Vai a prendere il corpo di Gesù. E' appena nato, ecco perché lo desideri. Vuoi nascere anche tu. Vuoi questo sacro bambinello dentro di te perché ti restituisca l'infanzia.
Dovrei assolverti per questo?"
Non so come, Ermanno. Aveva capito tutto: le violenze, i soprusi, le sofferenze di secoli, la solitudine.
Don Giuseppe, prima di congedarsi, scorgendomi delusa e avvilita, alla fine mi accontentò:
"Se è proprio ciò che desideri, nel nome di Dio nostro misericordioso, io ti perdono e ti assolvo da ogni peccato.
Ora va' a prenderti l'ostia, Gesù, e la bambina".
Per qualche giorno, passato il Natale, tornai a San Miniato a cercarlo. In convento, mi dissero, non c'era mai stato un Don Giuseppe.
Ero diventata pazza, pensai.
M'imbottirono ulteriormente di psicofarmaci.
Qui mi fermo.
Potete non credere a tutto questo.
So che quando entro in una chiesa, la prima cosa che faccio è toccare i piedi di Cristo sulla Croce. Vorrei strappargli quei maledetti chiodi, avere la forza di rubarli alla vista. Riuscire a schiodarlo interamente perché torni delicata, innocente creatura.
... Dimenticare tra ruscelli e ripidi sentieri; risalire mano nella mano dalla valle verso alture montagnose. E lassù, in mare aperto, conquistare nuovi spazi.
Io, bambina - lui, bambino.
Noi, arresi ai passi capillari, mettendo i piedi a riposo.
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Nina
Ancora a propostito di Paura e Meraviglia
... e così rimontai lungo il pendio, nei passi incerti e affaticati di quella bambina e nei suoi occhi ansiosi di scoperta e con lei divenni pura ansia di scoperta... poi, nella sua meraviglia, divenni pura meraviglia, nella sua gioia pura gioia, nella sua paura pura paura e nel suo dolore puro dolore... ma poi, di nuovo, pura ansia di scoperta di tutto ciò che quegli occhi innocenti potranno vedere che i miei non sanno più...
Aderisce parola e pendio
il tuo passo al mio
Pura è la tua voce
Finché ci sarai
saprò di essere
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a Neko da Nina
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