Il desiderio è un'opera di trivellamento imprevedibile quanto insopprimibile per fugare la pulsione di morte -in quanto io-coscienti-, ti dico, Plinio.
Lacan afferma che l’essenza di un soggetto è nelle determinazioni dell’Altro, delle storie che egli inscrive nell’Altro nella relazione unica che lì si caratterizza. Come non pensare che l’esperimento “pericolosissimo” di osservare nello specchio quello che gli altri vedono di noi, può precipitarci dentro quello ingrata lastra di luce nell’acqua. Povero Narciso… Come non credere che l’incauto viaggio di Medusa nelle profondità del Desiderio, per scoprire quanto fosse amata, restasse impuntito agli occhi di una Atena invidiosa! L’attraversamento dello specchio che indica Tapies è un viaggio insidioso che forse solo l’Arte od un grande Amore promettono. Ma nella stessa misura ci parla di Morte. Tu dici –Plinio- squartamento…ebbene sì! Suggestivamente ricordi idealità della Bellezza, che come la Verità ha imparato dolorosamente a non sentirsi più conciliabile e desiderabile – perdona la blasfema battuta ma ogni tempo ha la sua dignitosa Croce, com’è giusto- e poi alludi a Botticelli. La sua radiosa Venere, io ti urlo, è dolore! A Madrid, la stessa, in Storia di Nastagio degli Onesti, in questo meraviglioso dipinto ci svela l’intima essenza, così inseguita e ferita dai cani…, offerta ai nostri occhi, che certo non distrattamente vorrebbero ripararla. Non vi è già nella sua promettente "apertura" di Venere -dice Didi-Hubermann*- quello squrciamento, quel taglio, il superamento della bellezza ideale. Come “…non tener conto dell’inqietudine mortale che porta con sé ogni ogni nudità di carne”. Ci riparammo, un tempo lontano, ma non solo per intrappolare il calore del nostro corpo, ma perché non evaporasse e con esso la vita…Il nostro corpo, come i nostri escrementi, sottratti alla vista ed all’olfatto dell’altro, che ci avrebbero fatto facile preda e compimento di morte. E forse il pudore del corpo vietato alla vista dell’altro, come offerto senza veli in altri istanti, è la tragica proiezione della nostra paura di morire. Il tentativo di velare la nostra presenza alla morte, altrettanto come quello di farne una sacra Sorella. E Venere se ne sta lì, con le braccia aperte, scostate dal corpo, immagine di desiderio e di dolore insieme, se dietro vi leggiamo il suo “fondo di orrore”. E l’Arte può far questo. Farci oscillare, velando dal nostro inconscio, senza risoluzione e soluzione, in bilico tra reale e simbolico. L’Amore è più terribile, ci prende il corpo e ci confonde l’anima, ci prende l’anima e ci confonde il corpo, così che realtà e pulsioni non trovano di meglio che quel sublime destinarci allo sguardo amoroso dell’altro, al suo abbraccio direbbe Barthes. Importante virgola di pace nell’esistenza, che toglie l’estraneità, quel mostrum, al nostro specchio. Salve amico.
*Aprire Venere. Nudità, sogno, crudeltà. Didi- Huberman, Einaudi, 2001
Lacan afferma che l’essenza di un soggetto è nelle determinazioni dell’Altro, delle storie che egli inscrive nell’Altro nella relazione unica che lì si caratterizza. Come non pensare che l’esperimento “pericolosissimo” di osservare nello specchio quello che gli altri vedono di noi, può precipitarci dentro quello ingrata lastra di luce nell’acqua. Povero Narciso… Come non credere che l’incauto viaggio di Medusa nelle profondità del Desiderio, per scoprire quanto fosse amata, restasse impuntito agli occhi di una Atena invidiosa! L’attraversamento dello specchio che indica Tapies è un viaggio insidioso che forse solo l’Arte od un grande Amore promettono. Ma nella stessa misura ci parla di Morte. Tu dici –Plinio- squartamento…ebbene sì! Suggestivamente ricordi idealità della Bellezza, che come la Verità ha imparato dolorosamente a non sentirsi più conciliabile e desiderabile – perdona la blasfema battuta ma ogni tempo ha la sua dignitosa Croce, com’è giusto- e poi alludi a Botticelli. La sua radiosa Venere, io ti urlo, è dolore! A Madrid, la stessa, in Storia di Nastagio degli Onesti, in questo meraviglioso dipinto ci svela l’intima essenza, così inseguita e ferita dai cani…, offerta ai nostri occhi, che certo non distrattamente vorrebbero ripararla. Non vi è già nella sua promettente "apertura" di Venere -dice Didi-Hubermann*- quello squrciamento, quel taglio, il superamento della bellezza ideale. Come “…non tener conto dell’inqietudine mortale che porta con sé ogni ogni nudità di carne”. Ci riparammo, un tempo lontano, ma non solo per intrappolare il calore del nostro corpo, ma perché non evaporasse e con esso la vita…Il nostro corpo, come i nostri escrementi, sottratti alla vista ed all’olfatto dell’altro, che ci avrebbero fatto facile preda e compimento di morte. E forse il pudore del corpo vietato alla vista dell’altro, come offerto senza veli in altri istanti, è la tragica proiezione della nostra paura di morire. Il tentativo di velare la nostra presenza alla morte, altrettanto come quello di farne una sacra Sorella. E Venere se ne sta lì, con le braccia aperte, scostate dal corpo, immagine di desiderio e di dolore insieme, se dietro vi leggiamo il suo “fondo di orrore”. E l’Arte può far questo. Farci oscillare, velando dal nostro inconscio, senza risoluzione e soluzione, in bilico tra reale e simbolico. L’Amore è più terribile, ci prende il corpo e ci confonde l’anima, ci prende l’anima e ci confonde il corpo, così che realtà e pulsioni non trovano di meglio che quel sublime destinarci allo sguardo amoroso dell’altro, al suo abbraccio direbbe Barthes. Importante virgola di pace nell’esistenza, che toglie l’estraneità, quel mostrum, al nostro specchio. Salve amico.
*Aprire Venere. Nudità, sogno, crudeltà. Didi- Huberman, Einaudi, 2001
1 commento:
@ Director, spero di non essere andata fuori tema.
*
Oh, come desideriamo la quiete di quell'abbraccio, caro Ermanno, senza la condanna alla pietrificazione del cuore mentale nella sommità periferica della testa, ingioiellata di serpentelli come fossero un toupet al femminile!
La Medusa mi fa piangere, come ogni verità d'amore - vero.
Ci si offre animacorpo illimitati: non riconosciuti diventiamo esitanti se l'altro da noi, anima-animale, quest'umano e nostro oggetto d'amore, esita per primo.
Lo sappiamo: dopo l'esitazione non c'è ritorno: sistematica e magistrale la consolle che miscela sapientemente i verbi sonori - di vera denominazione DOC - quali 'rifiuto'/'abbandono'/'autopunizione'.
Ma perché?, perché?!
Perché siamo colpevoli d'amare.
... e rimaniamo appollaiati dalla vergogna per questo amore spiumato, in attesa di un immediato, goliardico strozzamento: spurgo seriale. O, come alternativa, la certificata mortalità troverà un sublime galloriare artistico nell'essere stati polli o galline d'allevamento biologico.
In questo caso le Veneri dimenticate, troveranno, spero, un senso alla propria deità fallata-fallimentare.
Con altre parole: il pudore narciso
ci attraversa quando non si è più amati. Quando il nostro sentimento amoroso non si arresta e il vuoto da colmare comincia a riempirsi di creatività sublimata e malaticcia.
Tuttavia, dentro di noi, un poderoso alveo confortevole puramente immaginario ci risospinge violentemente fuori: verso una preziosa elevazione del Sentimento memoriale.
Ci rammentiamo d'unicità, infelicemente smentita col tempo, per il nostro defunto oggetto d'amore. La parte perduta.
Narciso si ammala definitivamente.
Così come l'Arte, quando si afferma nella sua compiuta bellezza: possiamo coglierne una percezione in divenire: astro sognante, vivente solo nel regno del sogno.
L'altro, intanto, proclama Amore: si accorge di squartamenti donati a Psiche con mostruosità.
Come ci si salva quando si resta prosciugati? Eppure l'animacorpo è lì, nuda, priva di veste anche quando perfettamente pitturata sulle forme.
Ecco arrivare l'istinto di Morte a giustificare millanterie umane. Non scomodiamo simbologie o realtà mitologiche, perché anche gli dèi, come ho già sostenuto più volte, invecchiano con i loro peccati - su di noi destinati a perdurare con chiarità di carne e offertorio sanguigno.
Psiche proietta Psiche? E Amore che fa?
Psiche, cantando, toglie il sandalo dal piede eburneo, mentre sussurra uno squarcio interiore tutto suo.
Piano, senza disturbare...
*
Nina
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