
Cari ragazzi, cara compagnia, vi raggiunga il richiamo alla “naturalezza” delle vostre grimances cronopiesche, come dei favolosi inchini alla retorica del mondo! Non più e solo strazio! L’imprevedibile può accadere, certo, confortati anche dalla tautologia delle nostre profezie. Può accadere in scena e nella vita, di giorno e quando stiamo sognando. Il drama è nascosto.
Annette dormirà e poi finirà il sonno e tutto, proprio tutto, sarà eguale?
Questo il messaggio, in parte incomprensibile prima che leggiate. Alcune porticine, buie e segrete si aprono da sole, si muovono da sole. Non più scottati da Atena, nella sua grotta, ora attingiamo dal nostro Daimon interno, dallo stesso che ci agita fuori, per strada. E andiamo in scena.
Vs. director
La camicetta si lasciò cadere a terra, come una foglia, come un libro sfogliato che si stropiccia al suolo, dissotterrando la pagina più importante dalla trama delle cose consuete. Lei si sedette a guardarla, così minuscola, leggera, senza forma e si chiese se per caso una parte della propria anima potesse essere laggiù, ad un metro scarso dalla sua testa, arrotolata anche lei, cercando di essere dimenticata per un po’. Quei giorni erano stati intensi, troppo veloci per registrane effetti e conseguenze. Penso che aveva rischiato di inseguire così tanto i risultati che questi dal passato, discreti e perplessi, potessero, salutarla; lei, avanti. Tutta la sua vita era stato questo, in fondo. Accorgersi dopo di cose messe nelle tasche di qualche giacca da lavare, di un vestito riposto nell’armadio quattro stagioni e dimenticato per due inverni a origliare due estati silenziose. Le occasioni della vita ti passano davanti come i biglietti pubblicitari lanciati da un areostato, cerchi di prenderne uno, ma ne lasci cadere due, e se cerchi di rincorrere quelli, perdi il primo, il secondo, forse al quarto impari a fermarti ed attendere che la tua mano incontri quello più docile. Raccolse l’indumento, lo portò al viso, carezzandolo con la pelle e si lasciò cadere sul letto. Questa volta l’anima la sentiva, era intollerabile conoscerla da dentro. Persino il postino di due ore prima, pigro quanto la raccomandata che aveva portato, poteva aiutare in questo. Il gioco dello specchio silenzioso, dove ti osservi senza essere vista, senza che l’altro sappia di rifletterti come vuoi o come sospetti. Troppo tardi. La giornata era conclusa, carte, agenda, cellulare ed anche la matita rossa/bleu avevano fatto il possibile per occuparsi delle sue cose. Ora sarebbe toccato a lei. Questa volta, tuttavia, non sentì il solito attrito delle lenzuola sulla pelle, né la sconfinata morbidezza di un cuscino che ti inghiotte, promettendoti un riposo troppo corto. No. Ora era il comodino a ribellarsi al rito degli occhiali, della crema, né avrebbe ceduto alle occhiate del telecomando. Rovesciò in fretta uno scatolo grigio. Il nastro verde si era afflosciato docile come tutte le cose quella sera e la prima foto presa nel mucchio era impressionante. Il tempo può passare così in fretta che temi di essere rimasto indietro, mentre concedi a quel parente il privilegio dell’obiettivo sul tuo cappellino di paglia e rose.
L’ultima cosa fu un lungo sospiro e poi il sonno. Durante la notte, la camicetta divenne fredda e sconsolata, forse destinata a soccombere se non fosse stato per un capo del nastro verde finito sotto il suo corpo. Un’invisibile corrente di calore lo percorse da quello sino al contatto con la poltrona e di lì alla camicetta, che presto riscaldò quel pezzetto di anima, rimasta intrappolata tra le cose del giorno, prima della notte.
Al mattino Annette si svegliò come sempre, e tutto tornò nel quadro di sempre. Persino la lavatrice girò tanti giri al minuto, ignara di capi buoni o delicati e di quella foto che roteava fortemente lì dentro. Annette, tirò su con il naso, doveva essersi addormentata, svestita e stanca prima di indossare il pigiama. E non si accorse mai di tutto quel movimento notturno, né di un’immagine persa, nel fiume del presente vorticoso dietro l’oblò. La meraviglia a volte non ha spettatori accade di notte, e tra le nuvole di paesi molto distanti, lascia solo tenui soffiate di grigio su un indumento steso al sole d’inverno.
Foto: azione drammaterapica. Neko e director sulla scena di Barbableu
4 commenti:
Fantastico ricordo, Director!
E' vero, a volte le nostre porticine buie e segrete si aprono da sole… e le cose accadono come per un caso e… "La meraviglia … accade … e … lascia solo tenui soffiate di grigio su un indumento steso al sole d’inverno."
A volte, come fa Rebecca, stanchi della menzogna - che non è che la nostra menzogna-, siamo noi stessi a cercare la chiave della porta segreta di altri, che non nasconde che il nostro segreto…
Comunque accada, quello che si trova dietro quelle porte fa sempre paura…
Ma cos'è il coraggio se non il superamento della paura?
Senza paura non esiste coraggio!
Diveniamo coraggiosi anche noi! Affinché non esistano più porte segrete che ci separino dalla Verità… in un percorso che è il solo che ci possa garantire la vera Libertà…
E' questo il mio augurio a tutti noi, alla vigilia della nostra performance.
Con affetto.
La vostra Neko.
@ NEKO, DIRECTOR, AMICI DELL'ATELIER
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Evviva l'imprevedibile! E tu Neko hai ragione: è il coraggio a supportare l'azione rigenerante quale bisogno per superare i nostri timori.
Aggiungo: dobbiamo riuscire a non aver bisogno della paura, che a sua volta genera paura e ancora paura. Perfetto alibi, inconsapevole, sia chiaro - per chi preferisce il ristagno dentro placidi acquitrini (io non ne sono esente, ma finalmente sto muovendo le prime acque).
I bisogni sono altri, molto più impellenti: la meraviglia.
Amici e Director, facciamola tutta nostra questa meraviglia, con il Daimon a bussare alle nostre porte: ascoltiamolo! Come il Drama e la ghianda di Hillman.
Un abbraccio forte,
Nina
Caro Ermanno, posso chiederti un favore? Puoi eliminare il mio commento precedente e sostituirlo con questo?
C'è solo qualche variante per miei piccoli errori di scrittura... PERDONA!!!
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@ NEKO, DIRECTOR, AMICI DELL'ATELIER
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Evviva l'imprevedibile! E tu Neko hai ragione: è il coraggio a supportare l'azione rigenerante quale bisogno per superare i nostri timori.
Aggiungo: dobbiamo riuscire a non aver bisogno della paura, che a sua volta genera paura e ancora paura. Perfetto alibi, inconsapevole, sia chiaro - per chi preferisce il ristagno dentro placidi acquitrini (io non ne sono esente, ma finalmente sto muovendo le prime acque).
Le necessità sono altre, molto più impellenti: la meraviglia, la naturalezza di cui parla Ermanno.
Amici e Director, facciamola tutta nostra questa meraviglia, con il Daimon a bussare alle nostre porte: ascoltiamolo! Come il Drama e la ghianda di Hillman.
Un abbraccio forte,
Nina
Cara Neko, leggendo il tuo commento sulla paura e il coraggio, mi è venuta in mente la canzone di Jovanotti, che recita così; ...la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare...
Quanta voglia abbiamo di Volare!!! il tuo FREEDOM!!! E' tutto lì,ci giro sempre intorno, ma prima o poi lo conquisto questo tastello mancante! Grazie di tutto Cheeky.
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