su Report Laboratorio CDIOT, 10 luglio 2009
Spero non vi offendiate se scrivo fuori da ogni discussione precedente questo mio scritto….credo però sia prepotente entrare, anche se in punta di piedi, ma sempre per ultima, in un processo che sta lavorando in maniera cosi profonda dentro di voi …
Per me c’è stato l’avvio al processo, lo start, la partenza, ma credo di esser rimasta li a guardare da semplice spettatrice il cambiamento reale di altri… il mio pensiero parte proprio da qui…Provo un umile imbarazzo in certi “nostri “ momenti, questo a causa di tutta la passione e l’autenticità con cui esprimete il vostro dolore cosi puro, reale e sincero, senza vergogna e senza gelosia nel mostrarlo al resto del gruppo…Mi sento disadattata e a disagio, non meritevole del ruolo che in quel momento sono chiamata a ricoprire e cioè quello di un accogliente contenitore consapevole e attento alla preziosità della vostra vita. Questo dono che mi offrite pesa su di me come un macigno difficile da rimuovere ...dunque non riesco a muovermi, spreco tanta energia per riuscirci, mentre per lo sforzo finale -quello che mi permetterebbe finalmente di liberarmi- non ne rimane neanche un po’...Destinata per sempre a rimanere immobile a guardare la vita che passa…
Il problema è che il dolore non bussa quasi mai, non prende appuntamenti, non si fa invitare ma si palesa spesso e volentieri nella solitudine, che gli fa gioco e lo spalleggia.. E' meschino e si nutre del singolo individuo e non del gruppo perché cosi è più facile, perché cosi attecchisce meglio, perché dall’interno è piu semplice corrodere… Come si fa a buttarlo fuori a sfrattarlo ? Ci vorrebbe del calore talmente tanto caldo all’interno che esso sia costretto ad uscire fuori non essendo piu il contenitore cosi tanto accogliente come prima... che nel freddo ci si ibernava.
Spero di riuscire a sciolgliermi con voi come quando poco tempo fà, sentendo per la prima volta un concerto di Ennio Morricone, mi sono sciolta con me stessa perché di quella musica mi fidavo era calda e accogliente, toccante e ipnotica vorrei tanto che voi foste quella melodia che mi fa morire dentro.
@ Director
Cara Francesca, questo è il processo, o meglio... quello che il "processo drammaterapico" può risvegliare. Non vi sono contenitori precostituiti per il dolore -hai ragione-; sembra sempre più grande della nostra capacità di risolverlo, ma non ve ne sono neanche per quanto può accadere, qui tra noi. Ognuno isostituibile nella sua presenza.
Si sta utilizzando un percorso che ci attraversa mentre lo percorriamo, una strada che si inscrive dentro, mentre la calpestiamo.
Tu ti sei espressa, hai dato molto di te, non è questo che ci si chiede? Addirittura meno "travestito" di piece...Se Berenger e Daisy, se Jean e Dudard, se le voci e le espressioni dei tuoi compagni di viaggio possono questo, io ti dico...tu sei nel processo. A modo tuo. Ed anche questo entrerà nella drammaturgia...sii sicura.
Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, 2009
1 commento:
VIGNETTA
TERAPEUTA :" se dovesse pronunciare la battuta conclusiva del suo dramma personale, quale sarebbe, d'istinto, la frase che troverebbe più adatta ? "
BERENGER : " Io Sono " " il Mondo è "
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