PARTE TERZA
"... la rinocerontite è insieme un retaggio e uno stato d’animo, una congiura e un’ignominia, una recita a corte e un’eroica guerra all’estero, un notturno dialogo con fantasmi paterni e uno struggente, ben diurno monologo d’amore"
Esattamente -così io penso Plinio, Dedalo e compagnia- la rinocerontite è questo e tutto il contrario di questo. Non predestinazione, non merito, ma -evviva!- un individuale che si riscopre capace di questa esaltazione perchè in un gruppo più allargato, in costante osmosi di pensieri e costruzioni, difese ma mai recinti e, soprattutto, senza il solo comando di qualcuno!
Chiarito che Nostradamus non avrebbe mai potuto dare il lustro di "verità" alle ignominie di Adolf -eppure quanto si servì di questa idea la propaganda nazista...- aborriamo la predestinazione, di cui si parlava, Dedalo. Certo è che vi sono destini ingrati, incistati in condizioni culturali, sociali che scarso margine danno al "libero arbitrio". Eppure, anche qui Berenger sta a segnalarci qualcosa: deterrente alla perdita della "qualita umana", non può essere nulla, d'accordo; si può scivolare nell'orda del gruppo e spingersi ai più ignobili linciaggi. Però egli ci dice anche che dal nulla -se vogliamo-, dall'uomo capace più di sognare e credere che di "giustificare", può nascere il risveglio.
BERENGER: Chissà mai a cosa assomiglio...
Ed apprezziamo il merito, a patto che in esso si dia soddisfazione al sistema, all'organizzazione, al gruppo che ne ha permesso l'esistenza, perchè a volte è scellerato il passaggio dal merito all'autoproclamazione di superiore, di '"eletto". Non desideriamo eroi, ma uomini capaci di essere "storia" nella misura in cui sanno di stare a costruirla; di sostenere il progetto che fino a qualche tempo prima è stato nelle mani di altri ed in un dialogo intenso con il presente ed uno più silenzioso con il passato e l'idea del futuro; di tracciare latitudini e logitudini che poco hanno a che fare con la separatezza. Essa è insidiosa. Come accennavo in qualche intervento precedente, vive sostenuta dalla paura, perchè ci parla del confine mortifero tra finito ed infinito, del vallo profondo che separa la mia esistenza dalla tua. Si cela nella pigrizia, separandomi da me stesso.
DAISY: Li senti? Cantano!
Non lasciarti convincere! Non vi è la placida, furiosa e tuttavia persino gentile rincorsa dei rinoceronti nelle strade di una cittadina della provincia francese a rassicurare ogni singolo esemplare che "si corre insieme" grazie all'istinto animale; si deve accettare di dover pagare il prezzo della coscienza. E' terribile e davvero non risolvibile semplicisticamente il paradosso che per pagare tutta l'energia che consumiamo, dobbiamo consumare sempre di più! Quali le "logiche" che sto servendo? E se non vedo "nemici" od ideologie, è possibile che non siano quelle a dovermi allertare, mentre comunque partecipo la comune affannosa corsa sulle strade di una provincia chiamata Terra. "Rigenerare" l'umanità non è forse questo risveglio della coscienza, non più finalmente capace di creare validi spartiacque tra buoni e cattivi?!
BERENGER: Come sono brutto.! Guai a colui che vuole conservare la sua originalità!
Se rinoceronte mi svegliassi tra i miei fratelli con essa -la coscienza-, il mio stesso sguardo li allontanerebbe; poi li orienterebbe contro di me, insomma la natura si ribellerebbe a difesa del gruppo e di un codice già scritto nel genoma, che scarse variazioni sul tema permette all'organizzazione sociale, se non in termini di selezione ed adattamento animale. Ed allora quanto credere vitale per questo umano che si vuole salvare che si addestrino uomini a diventare rinoceronti, perchè da rinoceronti-uomo diano intelligenza ad istinti che giacciono dentro di loro -di noi- da sempre, risvegliabili appena vi sia il ricatto della paura, della solitudine; asservendoli come androidi in falsa ricerca dell'anima? L'incertezza a domande che non hanno risposta, nè possono averla, ricordiamoci, evoca una straordinaria propensione ad aderire e condividere, a perseguire. I gruppi, le società umane si agglomerano intorno a dei, vati e profeti, ad uomini predestinati alla subdola amalgama della vita di provincia di questo pianeta, dove a volte sembra che l'intelligenza e la coscienza abbiano il limitato vantaggio di sapere che ogni giorno finisce e va consumato ai tavolini di discussioni importanti, logiche o meno, tattiche o meno, rappresentate o meno...
BERENGER: Sono l'ultimo uomo, e lo resterò sino alla fine!
Berenger è solo e verrebbe da chiedersi se prima fosse più in compagnia, visto il risultato di questa spaventosa moria di "umano" intorno a lui. No, non credo fosse solo, nè ho nulla in contrario per l'evasione borghese nel bicchiere di vino al tavolo di un bar o lo shopping eccitante tra neuroni artificiali che s'illuminano su strade e targhe. Non tutti i luoghi sono quelli della responsabilità. Ma nessun luogo non ne ha almeno un pezzetto. E, soprattutto, nessun luogo è quello del totale assoluto "comando". "Esserlo", esserlo...Amleto, caro Plinio, con la richezza di poter ripensare alle cose e potervi piangere, se accade.
BERENGER: Non riesco a barrire! Urlo soltanto!
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