Un palco a livello del mare. Due fronti con spettatori. Pochi, attenti. Quattro attori, un voce fuori campo. Bob Dylan, Master of War e House Of The Rising Sun. Dentro e fuori un Kamikaze a cui si è prestata la nostra paura, al quale si è rubato un "falso" coraggio. Una casa, due nubi, una bianca, degli affetti famigliari. Una nera, del compito di combattere. Lo scontro. In mezzo lo strappo. Il figlio, una finestra: "...perché tanto rumore e tanto sangue la fuori? Perché Madre… " Ancora strappo, il padre:"...Ora niente ci può fermare né tantomeno una Madre di un combattente come tutti quanti, che è mio Figlio...". Prestito senza ritorno per l'amore e per la guerra. Orrore senza produzione. Qualcuno lo comanda, qualcuno lo esige, qualcuno l'ha scritto, qualcuno lo crede, qualcuno lo segue...Le guardie, tutte dentro una sola voce: "Abbiamo un soldato in più stasera! Venite a prepararlo adesso, niente ci deve più ostacolare…". Le due nubi sono diventate nerofumo, sono l'acre suono-sapore del raid e del fosforo sulla pelle. Il recinto è sempre più stretto e vi è quella struggente, terribile speranza di allargarlo. Lo potrà quell'esplosione, potrà fare rumore, eco di paura, gabbia divelta dentro nei destini imprigionati quasi da sempre.
Mezz'ora di prove. Processo drammaterapico sofferto, strillato, confabulato quasi dentro le teste ignare e gentili di chi vi ha ascoltato, miei attori. Un inchino dal vostro director.
Photo: Svala Jonsdottir. "Mediterranean Sea from the Gaza Strip", in Family Politics and the New Gaza Crisis .
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