Il piccolo felino attraversava quella pozza d’acqua indeciso tra l’incognita e la curiosità di specchiarsi. Si sa, l’acqua non piace alle pantere e solo importanti difficoltà o prede li inducono ad osare. Era un attraversamento goffo ed ancor più strano conoscendo la sua agilità nel far camminare i rami sotto le sue zampe, l’aria soffiare sotto il suo pelo e gli strapiombi osare intorno al suo corpo. Piccoli insetti agitavano lo spazio tra il muso e quello specchio e così giovane non si sarebbe mai voluto sentire messo in scacco da un minuscolo animaletto, creato per dare fastidio al naso ed ai baffi. Tuffò la lingua sette, otto volte, ammorbidendo la sete e corse all’asciutto. Era tutto nero, solo gli occhi, anch’essi neri, sembravano più chiari del pelo rasato. Si struscio contro uno spavaldo ramo che pendeva da un albero sonnacchiante nella laguna e si addormentò contro una roccia. Qui non ci sono domande. Del tipo…e la madre? Era solo? Dove si trovava? Romperebbero l’incantesimo della fiaba.
In un posto diverso e a molte miglia di distanza, una pantera come lui, stava facendo lo stesso sogno, di rotoli e caprioli e specchi d’acqua. Era tutta bianca e sopra maculata; terribilmente curiosa e qualche volta maldestramente imprudente su quelle distese di ghiaccio, ma quello è il gioco degli anni che non ci sono. Sognava e storceva il naso, allungando a tratti una zampa, poi l’altra e tutte e due insieme.
S’incontrarono nel luogo dove vanno tutti gli animali, ovviamente della stessa specie, altrimenti i sogni diverrebbero movimentati e pericolosi. Si stavano annusando e riconoscendo quelle due chiazze di colore differente, sino a mischiarsi quasi eguali per poi riprendersi il proprio. Breve passaggio nella pelle dell’altro. La sfida silenziosa del sonno, che ti fa perdere ogni cosa per ridartela poco dopo, ora li faceva stare in vantaggio. Venivano coperte distanze e tempi, luoghi e paesaggi e tutto prometteva di restare immobile, intanto. Non è questo l’emozione, a volte? Un timorosa curiosità verso le cose, senza eccesso, senza smania, magari scambiata per un sogno, o lì, pronta, ad essere presa per la fiction dalla notte?
In un posto diverso e a molte miglia di distanza, una pantera come lui, stava facendo lo stesso sogno, di rotoli e caprioli e specchi d’acqua. Era tutta bianca e sopra maculata; terribilmente curiosa e qualche volta maldestramente imprudente su quelle distese di ghiaccio, ma quello è il gioco degli anni che non ci sono. Sognava e storceva il naso, allungando a tratti una zampa, poi l’altra e tutte e due insieme.
S’incontrarono nel luogo dove vanno tutti gli animali, ovviamente della stessa specie, altrimenti i sogni diverrebbero movimentati e pericolosi. Si stavano annusando e riconoscendo quelle due chiazze di colore differente, sino a mischiarsi quasi eguali per poi riprendersi il proprio. Breve passaggio nella pelle dell’altro. La sfida silenziosa del sonno, che ti fa perdere ogni cosa per ridartela poco dopo, ora li faceva stare in vantaggio. Venivano coperte distanze e tempi, luoghi e paesaggi e tutto prometteva di restare immobile, intanto. Non è questo l’emozione, a volte? Un timorosa curiosità verso le cose, senza eccesso, senza smania, magari scambiata per un sogno, o lì, pronta, ad essere presa per la fiction dalla notte?
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