@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

lunedì 30 novembre 2009

Dramatherapy: Against The Pain

@ Gianni


Siamo destinati a soffrire, molti di noi lo pensano, perché, chi più chi meno, proviamo un senso di incomprensione verso ciò che ci accade, e siccome non capiamo perché ci accade, ci provoca sofferenza.
I post di Maria Pina e di Rosanna rappresentano stati d’animo contrastanti ma assurdamente simili, con un unico fattore aggregante: la non accettazione di se stessi.
Ho verificato più volte che i nostri comportamenti sono la causa stessa delle nostre sofferenze, anche quando gli stessi appaiono virtuosi agli occhi di tutti. Spesso però, pensiamo ed agiamo relazionandoci al mondo che ci circonda facendo riferimenti verso l’esterno, e riferendoci a quelle “inquadrature” che sono imposte dalla società -intesa come insieme di persone che fanno parte di un sistema politico ed economico organizzato- tralasciando l’importanza di dare voce ai nostri desideri e “all’essere” più che “all’apparire”. Sono un sostenitore del “sistema” come unico modo di reggere una convivenza tra esseri che oltre all’istinto animalesco usano l’intelletto, e, soprattutto, gli unici esseri in grado di mettere in atto meccanismi autodistruttivi e contro natura, ma comprendo che l’unico modo di vivere è riuscire a trovare un equilibrio tra i vari elementi, mantenendo la propria autocoscienza.
Mi rendo conto che quello che dico sia scontato, ma mettere in atto queste semplici considerazioni è a volte difficile come fare l’acrobata, perché il giudizio pesa, le distanze diventano enormi e l’altrui considerazione è sempre in agguato per farci sentire poco “a posto”. I nostri errori, il rammarico, le mancanze, i giudizi, ecc.. sono le zavorre, ma noi abbiamo uno strumento per evitare che pesino: l’accettazione. Accettare i nostri limiti, i difetti, i “disturbi”, come elementi che fanno parte di noi e che, semplicemente, ci distinguono dagli altri.

Foto: Dramatherapy, Berenger's Pain, CDIOT 2009

Dramatherapy, The Rhinoceros, Berenger & Daisy


Torniamo indietro, nella storia d’amore che s’intreccia tra Berenger e Daisy e indietro, all’atto della nostra piece in cui Berenger ha tentato di mettersi in contatto con l’amata, dopo diverso tempo dal processo; dal momento in cui si erano salutati, riparando dal dolore, dalle macerie degli affetti di prima, dal timore del futuro. Daisy, sappiamo attraverso il precedente epistolario, inizialmente non risponde a Berenger; non conosciamo il perché del suo silenzio, se voluto…Poi vi è il contatto, una sua risposta, affettuosa e sincera, un comparire da dietro un angolo a dire che esiste e ricorda, tutto, proprio tutto. Nasce una corrispondenza tra luoghi diversi e persone in parte differenti, con una medesima memoria e la consapevolezza di qualcosa reciso, che non può essere riaggiuntato, semmai ricreduto. Ma la storia-intorno e dentro che loro hanno vissuto è stata crudele, li ha schiacciati, anonimi, come sotto il passo pesante di un Rinoceronte inferocito, senza più testimoni. E così le loro lettere assomigliano più a preghiere al destino, che veri aneliti di ritrovata libertà verso la vita e l’amore.
(Dopo questa lettera, vi è una risposta di Daisy e poi la loro ultima corrispondenza come da recente post qui redatto)

"Accidenti Daisy, come ci saresti stata tu…nella mia vita! E visto che ci siamo ed ora conosco che finalmente ricevi le mie lettere, desidero spiegarmi anche su questo…come ti ho ospitato in testa in tutto questo tempo. Il tuo amore dette forza alle mie convinzioni e mi aiutò a non cedere, nonostante il dolore per te, che te che eri andata; e la distruzione di allora poi aiutò il mio amore ad avere forza e lasciarti vera ed unica nella mia mente. Che strano crocevia di sentimenti a dirigere le nostre vite... Certamente mi dispiace moltissimo sapere che questo momento ti colga particolarmente giù, ma comprendimi, saperti sofferente per la vita, come purtroppo spesso ci accade, è già consolazione rispetto a quell’abisso di incosciente deriva dove tutti ci trovavamo. Ora, sono sicuro puoi trovare strade. Allora la ricerca, anche solo a volerla, era negata, ricordi?
Se non fosse per quanto mi dici e comprendo...direi che tu mi metti allegria, proprio perchè sei ricca con la vita e di colori ed ami le persone. Sai che nel primo anno e mezzo ti ho scritto; lettere a cui non ricevevo risposta. Dopo il processo ci eravamo salutati per il "bene" di tutti e due, ma questo non significava che fossi "indenne" dall'averti “incontrata”, nel luogo dove già ti conoscevo. Certo donna, ma direi, ancora prima, un essere che corrispondeva a certe mie fantasie da bambino e ragazzo e che allora mi vedevo davanti, oramai uomo da un pezzo. La tua coerente bellezza tra dentro e fuori e che arrivava a rendere belle persino le tue difficoltà, intendo i tuoi stati d'animo. Ci si può innamorare di come una persona piange, della sua tristezza, del suo dolore, come del suo sorriso. Ed allora scriverti significava vivere il lutto di te che non c'eri più, che non volevo disturbare, ma reale...su questo folle pianeta. Poi mi sono detto, forse deve cambiare qualcosa. Mi mancava un tuo cenno ai miei scritti e volli chiudere il mio delirante e consolatorio soliloquio. Interrompendo, decidevo dentro di me di farti volare davvero via. Lasciavo che il mio io più profondo non giocasse sporco a negarti e al contempo a farti essere. Rimaneva un sentimento bellissimo che avrei chiamato "INCONTRO"; una cosa speciale che per vivere non aveva bisogno di lettere a senso unico, nè di presenze o contatto; che certo in un tempo prima, non molto lontano, avrebbe stretto le tue braccia e fianchi e deciso di sussultare con te, in confusione e miscuglio di fragranze e tatto. Il mio intenso augurio era però a quel punto vero...soffiavo forte sotto le tue ali e ti immaginavo fare cose belle ed intense...
Poi mi hai risposto.

Tu, così mite, diventata uragano di emozioni al passato... Io ho cercato di capire come essere, dove essere, in un tempo già scisso da noi, mentre tu, con la dolcezza di altri anni attraverso il tuo cuore, dentro ai miei segnali di fumo ci sei piombata allegramente; come un tornado li ha trasformati in spirali ellittiche e all'interno dell'occhio del ciclone...io ho vissuto il timore di perderti una seconda volta. Le quinte di un teatro, questa volta autentico, dove forse nessuno potrebbe capire cosa stava accadendo, ma non noi. Ti voglio bene, moltissimo, Daisy e so che questo vuole proteggerti, come farebbe un uomo con una donna intendo. Vuole sentire che il tuo respiro è pieno e felice, dimenticando forse che così il tuo torace si solleva ed offre i seni al cielo. Un tempo che non è più, mi dici. Un bacio, tenero sulle tue mani e umido dell’aria di questo autunno, mia cara. Scriviamoci, come ci è possibile.
Tuo Berenger"

Foto: Dramatherapy, The Rhinoceros, Berenger & Daisy , foto di scena CDIOT 2009. Berenger è Gianni De Angelis, Daisy è Maria Pina Egidi

domenica 29 novembre 2009

Dramatherapy: IRIS and Berenger/Daisy, A love dream as an old film

@ Andrea G.

Iris by Goo Goo Dolls (clik the link)

And I'd give up forever to touch you
'Cause I know that you feel me some
howYou're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't want to go home right now
And all I can taste is this moment
And all I can breathe is your life'
Cause sooner or later it's over
I just don't want to miss you tonight
And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am
And you can't fight the tears that ain't coming
Or the moment of truth in your lies
When everything feels like the movies
Yeah you bleed just to know you're alive
And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am
And I don't want the world to see me'
Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am
And I don't want the world to see me'
Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am
I just want you to know who I am
I just want you to know who I am
I just want you to know who I am

Traduzione
Iris
E ho rinunciato per sempre a toccarti, perchè so che tu mi senti in qualche modo, tu sei più vicina al paradiso di quel che io sia mai stato, e non voglio andare a casa ora ,e tutto quello che posso assaporare è questo momento, e tutto ciò che posso respirare è la tua vita, perchè presto o tardi è finita, e io non voglio perderti questa notte, e io non voglio che il mondo mi veda, perchè non penso che la gente capirebbe, quando tutto è stato fatto per essere distrutto, io voglio solo che tu sappia chi sono, e tu non puoi combattere le lacrime che non stanno per arrivare, o il momento della verità nelle tue bugie, quando tutto sembra come nei film, si tu sanguini solo per capire che ancora sei vivo, e io non voglio che il mondo mi veda, perchè non penso che la gente capirebbe, quando tutto è stato fatto per essere distrutto, io voglio solo che tu sappia chi sono (x3), io voglio solo che tu sappia chi sono, io voglio solo che tu sappia chi sono, io voglio solo che tu sappia chi sono.
Movie: "Iris" performed live at NAMM

Dramatherapy: Welcome to wherever you are...


Sometimes we need to rest our mind; and I stop the tension of the work here, just because the creative process tells about the necessity of a period of "incubation", during which...the things work silently, without our awareness.
So take this song -jump to the official clip of Bon Jovi- and enjoy it.
Welcome to wherever you are...as saying..."Welcome to the alien!", outside and -above all- welcome to that special stranger coming from our inside, if the dramatherapic process is really working. We must be able of welcoming the alien within and outside of we. Thus, welcome to wherever you are…



Maybe we're different, but we're still the same
We all got the blood of Eden, running through our veins
I know sometimes it's hard for you to see
You come between just who you are and who you wanna be

If you feel alone, and lost and need a friend
Remember every new beginning, is some beginning's end

[Chorus]
Welcome to wherever you are
This is your life, you made it this far
Welcome, you gotta believe
That right here right now, you're exactly where you're supposed to be
Welcome, to wherever you are

When everybody's in, and you're left out
And you feel your drowning, in a shadow of a doubt
Everyones a miracle in their own way
Just listen to yourself, not what other people say

When it seems you're lost, alone and feeling down
Remember everybody's different
Just take a look around

[Chorus]
Be who you want to, be who you are
Everyones a hero, everyones a star

When you wanna give up, and your hearts about to break
Remember that you're perfect, God makes no mistakes

[Chorus]

Movie: Music video by Bon Jovi performing Welcome To Wherever You Are, with Wayne Isham [Video Director], Dana Marshall [Video Producer] (C) 2005 The Island Def Jam Music Group

venerdì 27 novembre 2009

Drammaterapia: condividere

@ Maria Pina

Amici, credo che ieri il rumore di fondo dentro di me sia diventata una chiassosa cacofonia di suoni. Per una sfortunata serie di coincidenze, ho letto velocemente l'avviso per l'appuntamento di ieri sera, credendo che fosse rivolto solo all'Atelier. Poi non ho visionato il blog neanche e ieri e ora, eccomi qua, con il mio zainetto dietro, dove ho messo costumi, copione e libro, delusa, irritata e triste perchè stasera non si prova. Finora abbiamo condiviso sempre le nostre emozioni dopo le prove; ora io posso condividere con voi solo come mi sento per non esserci stata.

Mi sento irritata, triste e immensamente sola. Conosciamo tutti, per sensibilità personale e per esperienze vissute, quella brutta sensazione che si prova quando si ha un mondo di cose da dire dentro di sè e non si può farlo perchè, avolte, non se ne ha l'occasione, gli altri non ascoltano oppure noi stessi non siamo in grado di farlo. Ecco, ora provo io quel sentimento di blocco, di compressione emotiva che fa tanto danno nella crescita delle persone. Rabbia, rabbia, rabbia. Quando guardo lo zainetto, ai piedi della scrivania qui in ufficio, pronto per stasera, mi sale un senso di delusione, come quando da ragazzina non potevo unirmi ai compagni di classe che facevano festa.

P.S. ho memorizzato l'appuntamento per il prossimo giovedì..

Drammaterapia: la levitazione della mano di Rosanna

@ Rosanna


Quanto è difficile rinascere esseri umani, spogliarsi delle pesanti vesti non tue -corazza- da rinoceronte. Quando la si strappa con impeto, da principio ci si sente liberi, una nuova linfa vitale si spande e tutto appare lucente e chiaro. Si intraprende il viaggio con una nuova consapevolezza, finalmente solo...la pesantezza rinocerontica, pensi, appartiene al passato e con sano egoismo godi appieno della libertà conquistata con fatica.
Ma la tua completezza disturba gli altri...diventi oggetto di scherno e le randellate arrivano, silenziose, sotto la cintola.. ricurvo, le mani e i piedi freddi, vai avanti adesso con passo incerto e il dubbio si insinua... ed è allora che accarezzi l'idea di rindossare la corazza...come ti faceva sentire forte, invulnerabile...un eroe, il plauso e l'approvazione erano i tuoi.
Cosa fare? Le persone vicine ti abbandonano, non ti capiscono più...forse sarebbe meglio ritornare indietro....ritrattare....scusarsi e accogliere con umiltà il biasimo altrui....
Per fortuna non si può ritornare indietro, sapendo che la strada sarà tortuosa e senza nessuna certezza, con salite interminabili e rapide discese regressive. Ho scelto e quindi sono.

Mentre scrivo sto ascoltando il pezzo di battisti e mogol, da quando gianni lo ha condiviso con noi, lo canticchio in macchina, per strada e anche adesso. Grazie Gianni
Grazie anche a Pino per il suo entusiasmo. Sono rimasta molto colpita dal suo cambiamento venerdì scorso, un cambiamento profondo... la sua postura, lo sguardo, la voce sono mutati, sono di una persona più consapevole, più sicura, più presente.
Sono molto addolorata per l'assenza di Francesca e rispetto profondamente ogni sua scelta, anche se mi manca.

@ Director

E continua a mancare...
Si, Rosanna, la corazza non è un elemento estraneo, parla di noi ed è fatta di noi. Non è un suppellettile; è integrata nell'ecosistema dell'adattamento che promette consenso, minor fatica ed a volte successo. Ma a quale prezzo? Certamente quello che si paga a strapparsela di dosso è molto alto, anzi non misurabile, perchè è memoria e sostanza di affetti schiacciati, travestimenti che ci hanno fatto comunque camminare, autostrade percorse da molti, tanti. E loro ancora intorno a guardare la trasformazione...all'incontrario! Corazza-pelle-resistenza-scorciatoia e terribilmente, a volte, la silenziosa rinuncia -non cosapevole- ad essere altro-possibile. Anche qui, nessun criterio di verità.
Ma se poi la torpedine socratica ti tocca, ti risveglia alla coscienza di scelte verso l'autenticità...comincia l'estraniamento da se stessi, lo stordimento con pensieri nuovi, la solitudine di essere responsabili del proprio progetto. Allora non c'è febbre od esame o stanchezza a tenerti a casa, non c'è borsa calda a poterti bastare nel freddo di lenzuola insufficienti: devi muoverti. Imperativo personale, esigenza profonda, alleanza consapevole tra l'IO ed il Super-Io, vorrei dire che chiedono soccorso all'ES perchè dia energia e rompa il diaframma. Per alcuni di noi avviene prima, per altri dopo, per alcuno -è statistico- non avverrà mai. Non c'è tristezza in questo. Ma ti assicuro è possibile voler volere -grazie
Milton Erickson. Ieri il tuo braccio, nel nascondimento discreto di un angolo della pizzeria, si è sollevato...faticavi con l'altro, e forse provavi disappunto che non avvenisse. Ho fatto uno swicth sull'altro, il destro ed abbiamo chiesto al primo al sinistro. Si hanno molte possibilità, vanno lette molte strade, si possono seguire percorsi differenti, snza l'arroganza segnaletica di protocolli predeterminati...ed allora la resistenza si aggira. La corazza scivola via, fosse anche per poco, per gioco. A chiederci...senza poter formulare una domanda precisa...Fece così Aristotile. Pensi davvero che volesse solo dare un ordine ai contenuti, quanso chiese il riscatto della forma. O parlò piuttosto, tra le righe e fuori di esse, di dialogo nel Cosmos. Topos e logos non si possono separare. Per questo alcuni miei pazienti stanno tanto male, anche se sono "guariti", se le mura sono le stesse, le persone le stesse, gli incontri i medesimi. Non siamo per l'epurazione dal peccato, come dal sintomo ed evviva Musatti che "guariva" attraverso la sua nevrosi! Egli che ne era capace. Un uomo che ha considerato l'individuo capace di dare senso alle cose purchè ogni giorno abbia l'importanza del primo e dell'ultimo, contro la deriva culturale della scontentezza e della disillusione nel mondo. La capacità di dirigere la propria attenzione sul presente, la vigilanza verso se stessi (prosoche), così praticata dalla filosofia antica. Non siamo eterei o solo attori di teatro, ma anche la nostra anima crea ombre sulle pareti dei luoghi che abitiamo. Non prenderemo mai il teatro in prestito, per giustificare la nostra vita od ingannarla -perchè è sacro; e nemmeno lo denuderemo della sua essenza, perchè la vita è troppo ingombrante per ospitarlo. Abbraccio alla compagnia, tutta, presente, passata, futura.


Foto: Dramatherapy, Seconda Scena Rhino, Brindisi, CDIOT 2009

giovedì 26 novembre 2009

Dramatherapy: as an Infinite Storytelling fighting the Danger of A Single Story

@ Pino

Ragazzi! Che emozione guardare il video del backstage del CDIOT scorso. Non è vero che recitiamo come delle bestie: siamo bravissimi! Stupenda Daisy: la conversazione con la tua amica è interpretata alla perfezione. Miranda è favolosa: segue i contorni delle linee del discorso di Daisy con estrema autenticità. Dudard impersonato appieno. L’ingresso di Berenger crea una magia di scena; forse per i suoi passi al rallentee o per le sue pose a volte plastiche che fanno riflettere su un incedere appesantito da quanto prima a lui accaduto. Se la parola rinoceronti venisse sostituita dalla parola bestie nei dialoghi tra i personaggi verrebbe fuori ancora di più tutta la paura di incontrarle, vederle, immaginarle. Questo mi è suggerito anche dal suono di sottofondo presente all’avanzare in scena dell’anziana signora. Perché Ionesco ha tra gli animali della savana ha scelto proprio il rinoceronte per spiegare un regime ed un modo di essere tanto spietato e crudele? In fondo questo è un animale poco feroce, a volte pacifico. Anche questo vive in branchi come molti altri animali. Allora penso all’allegoria della narrazione ioneschiana e credo che questo spieghi tutto.

@ Director

E' bello sorridere ed anche provare la semplice leggerezza dell'allegria di quando bambini non avevamo paura di essere orgogliosi delle nostre cose, comunque fossero! Neanche questo può essere escluso da quel purpuri di emozioni che il processo drammaterapeutico accoglie e mette nel laboratorio più nascosto della nostra anima, magari per trasformarlo, un attimo dopo, nel più pesante dolore o nella più chiara intuizione.
Il mondo è sempre pronto a "randellarci" -lo dico spesso ai miei pazienti- ed allora perchè dargli così spietatatmente una mano? Per essere preparati al peggio? Per scontare prima quanto si sospetta possa avvenire dopo? Questa sorta di culturale scaramanzia verso la felicità ed il successo, che poi, osservata in un altro che sieda dieci centimetri più in alto di te (anche se di altezza inferiore a te!), che parli senza timore (la fortuna del carattere estroverso), che abbia una profonda fede in se stesso ed in quello che crede...finisce per affascinarti, sedurti...e portarti sulla strada della più ingenua "rinocerontite". No, noi diciamo no alla scuola degli ingrati, come dei superbi, delle divisioni e del "volemose bene comunque", in ogni caso!
Ed allora leggiamo nella nostra "bestiale" recitazione il segno magico di quanto ancora può essere appreso e fatto, dentro e fuori la scena del teatro. Ecco perchè abbiamo recitato da "bestie" ed io più bestia di voi a dirigervi. Che segno straordinario questa nostra voglia di imparare, la biologia dell'adattamento che è diventata "mente" e non crederà mai ad una unica storia! Ascoltate, compagni di viaggio...il senso immenso oltre l'unica storia, l'unica osservazione, l'unico personaggio...





Movie: Chimamanda Ngozi Adichieur. "Our lives, our cultures, are composed of many overlapping stories. Novelist Chimamanda Adichie tells the story of how she found her authentic cultural voice -- and warns that if we hear only a single story about another person or country, we risk a critical misunderstanding"

mercoledì 25 novembre 2009

Dramatherapy: Costruction of a Tragedy

Il palcoscenico è sgombro di tutto, solo Berenger seduto a sinistra su di una sedia (una luce alle sue spalle ne fa stagliare la sagoma in ombra) e Daisy, a destra, su una sedia a dondolo, immobile a leggere una lettera.


Lettore: Berenger è morto da qualche anno e Daisy, oramai con indosso la neve degli anni, riprende una sua lettera, l'ultima della loro corrispondenza. Vi rilegge tutto l'amore che era stato e riconferma all'amato il proprio cuore, leggendo del suo. Alcuni sentimenti non hanno bisogno di ali per volare ed esistere, saranno eterni e potranno guardare cieli ampi, dove altre persone, e spicchi di luna privati, in appuntamenti forse mai avvenuti.

Berenger: (voce fuori campo)"Ci sono idee che trascinano le persone verso un'apparente soluzione dei loro conflitti. Così -queste idee- vengono apparentemente"scelte"; in realtà sono adottate, sino a sentirle proprie.Vi sono amori che sopravvivono solo nelle macerie di quanto è stato e poi crollato; sono amori che non sanno sorridere, perchè non lo possono ed allora vengono custoditi ed a volte si diventa carcerieri e condannati insieme in quei castelli.
Ci sono energie che si cercano fuori perchè dentro è vacante il luogo del coraggio e della speranza; così facendo non si è mai esploratori, ma clochard che rubano molliche di pane agli uccelli.
Ci sono poi persone che si assumono tutta la responsabilità delle loro azioni; che si lasciano amare per quello che sono e non per quanto sono stati; che sanno lasciar andare anche l'ombra di quanto non è più, senza temere il buio.
Entrambe le specie sono di razza "umana" ed hanno imparato a convivere nel mondo, bisticciando; chi considerandolo una torta dalla quale prendere la fetta più abbondante o arrendendosi a quella appena necessaria. Possono essere accettati tutti e riconosciuti parti di noi, questo potrà cambiare il nostro atteggiamento verso la guerra, fuori e dentro, cara Daisy.Mi rincuora pensare che sono pronto ad incontrarti di nuovo molte volte, dietro le colline degli anni che verranno od anche solo nel mio pensiero. Ti abbraccio, tuo Berenger"



Si spegne la luce dietro le spalle di Berenger, che rimane nel buio. Si accende l'occhio di bue su Daisy.


Daisy: Oggi ho riletto ancora l'ultima lettera che Berenger mi mandò. Si è fatta trovare mentre frugavo in uno dei miei disordinati cassetti, senza gli occhiali, alla ricerca delle mie pillole per dormire. Si è presentata sotto la mia mano e io l'ho presa. Nonostante l'assenza degli occhiali, sono riuscita a leggerla; a cosa mi sarebbero serviti gli occhiali se ormai la so a memoria?

Daisy: (voce fuori campo)"Berenger carissimo, forse solo oggi ho capito quello che non era scritto, ma solo sottinteso. Per anni, mi sono soffermata sull'ultima frase, quando mi dici che solo le colline degli anni ci separano e che potresti incontrarmi molte volte ancora, reale comunque nel tuo pensiero.. Quanto mi ha fatto soffrire quella frase, soprattutto quando ho saputo che non mi avresti incontrato mai più su questa terra. No, caro, non è la stessa cosa incontrarsi dentro una collina o solo nel tuo pensiero. Forse per te. Incontrarsi nei tuoi pensieri è la conseguenza del nostro amore, non è viverlo. Io volevo esserci, abbracciarti , sentirti parlare o stare in silenzio; volevo essere con te persino senza pensiero. Oggi, con il barlume di saggezza che mi regala questa mite vecchiaia, sorrido di quella rabbia. Conosco un tassello in più del puzzle caotico della vita umana. Qualunque cosa ci accada nella nostra esistenza, giusto o sbagliato, è solo nostro, è solo per noi. Che si conservi dentro di sè un amore sepolto tra le macerie del cuore o non si sia mai conosciuta la gloria dell'azione, non si possono mai prendere le distanze dalla nostra storia. Si deve, credo, riconoscere sempre il miracolo della varietà del mondo, delle persone, delle situazioni. Il rimpianto di non averti capito, di non averti cercato, di non averti ritrovato ha lasciato il posto a una nuova consapevolezza. QUESTA E' LA MIA VITA, LA MIA STORIA; le scelte che ho fatto e non fatto sono state quel che sono o volevo essere. Ho conosciuto la guerra e il crollo del mondo di cartone a cui ero destinata.
E pensare che avevo paura dei tuoi pensieri , caro Berenger, perché non davano certezza e futuro! Avessi saputo allora, ai tempi dell'epidemia, quante verità sarebbero crollate...Oggi sono una matura e tranquilla signora. Voglio scrivere ancora tante pagine del mio diario. Cerco di capire, di conoscere, di ricordare, ma anche di fare progetti. Coltivo rose perché voglio vederle fiorire ancora nella prossima primavera. O meglio, spero che fioriscano; se non lo faranno pianterò le dalie. L'importante è che io sia lì a seminare. Ti penso ancora Berenger, ogni volta che nei miei vasi arriva un'erba nuova, il cui seme è arrivato con il vento"


Si spengono tutte le luci di scena

FINE

martedì 24 novembre 2009

Drammaterapia: coltivando le rose...

@ Maria Pina (blu)


Oggi ho riletto ancora l'ultima lettera che Berenger mi mandò. Si è fatta trovare mentre frugavo in uno dei miei disordinati cassetti, senza gli occhiali, alla ricerca delle mie pillole per dormire. Si è presentata sotto la mia mano e io l'ho presa. Nonostante l'assenza degli occhiali, sono riuscita a leggerla -a cosa mi sarebbero serviti gli occhiali se ormai la so a memoria?


Berenger carissimo, forse solo oggi ho capito quello che non era scritto, ma solo sottinteso. Per anni, mi sono soffermata sull'ultima frase, quando mi dici "... mi rincuora pensare che sono pronto a incontrarti di nuovo molte volte dietro le colline degli anni che verranno o anche SOLO NEL MIO PENSIERO". Quanto mi ha fatto soffrire quella frase, soprattutto quando ho saputo che non mi avresti incontrato mai più su questa terra. No , caro, non è la stessa cosa incontrarsi dentro una collina o solo nel tuo pensiero. Potrà essere stato così per te, ma non per me. Incontrarsi nei tuoi pensieri è solo una sterile esercitazione del tuo animo di poeta: io volevo incontrarti di nuovo dietro le colline, abbracciarti , sentirti parlare o stare in silenzio, volevo esserci non pensare. Oggi, con il barlume di saggezza che mi regala questa mite vecchiaia, sorrido di quella rabbia. Conosco un tassello in più del puzzle caotico di ogni singola vita umana. Qualunque cosa ci accada nella nostra esistenza, giusto o sbagliato, è solo nostro, è solo per noi. Che si conservi dentro di sè un amore sepolto tra le macerie del cuore o non si sia mai conosciuta la gloria dell'azione, non si devono mai prendere le distanze dalla nostra storia. Si deve, credo, riconoscere sempre il miracolo della varietà del mondo, delle persone, delle situazioni. Il rimpianto di non averti capito, di non averti cercato, di non averti ritrovato ha lasciato il posto a una nuova consapevolezza. QUESTA E'LA MIA VITA, LA MIA STORIA; le scelte che ho fatto (o che non ho fatto) sono state l'espressione di quel che sono o volevo essere. Ho conosciuto la guerra e il crollo del mondo di cartone a cui ero destinata.

E pensare che avevo paura dei tuoi pensieri , caro Berenger, perchè non davano certezza del futuro! Avessi saputo allora, ai tempi dell'epidemia, quante certezze sarebbero crollate...Oggi sono una matura e tranquilla signora. Voglio scrivere ancora tante pagine del mio diario. Cerco di capire, di conoscere, di ricordare, ma anche di fare progetti. Coltivo rose perchè voglio vederle fiorire ancora nella prossima primavera. O meglio, spero che fioriscano; se non lo faranno pianterò le dalie. L'importante è che io sia lì a seminare (ti penso ancora Berenger, ogni volta che nei miei vasi arriva un'erba nuova, il cui seme è arrivato con il vento).
Daisy
Foto: Dramatherapy, Daisy' Memories, CDIOT 2009

lunedì 23 novembre 2009

Drammaterapia: la dis...coperta dei limiti

@ Spartaco

Rieccomi tra di voi, perdonatemi. Mi siete mancati.
Ho visto il filmato girato dal director. Bellissimo. Nel viso di Gianni ho visto lo smarrimento, le sofferenze e i dubbi di Berenger. Ho guardato me stesso, ma non sono obbiettivo. Ma va bene cosi, sto ridendo.
Nel post di Gianni parla della straordinarietá di Battisti e Mogol. Io penso che tutti i cantautori siano straordinari, non per quello che cantano, ma per il coraggio di dare voce a le loro paure, emozioni, stati d’animo, difficoltá. L’unica differenza tra uno e l’altro é l’incontro tra quello che cantano -oltre il punto di partenza- è il nostro stato d’animo. E cosi pensiamo che quello sia il migliore. Senza togliere niente a nessuno.

Giovedi sera nel’ultimo atelier c’ero anch’io. Ho fatto la mosca. E bellissimo sentirsi mosca. E arrivare a pensare da mosca per essere mosca. E l’insalata allora? Con il mio bacino piantato a terra, le foglie (braccia e gambe) in aria, come una vera pianto di lattuga ho sentito un grosso calore dentro di me e nessuna domanda. L‘umano, dio, cielo: veramente bellissimo questa scoperta. A questo punto, dove l’essere umano riesce a diventare mosca –che non é umana– perché dobbiamo avere paura? Dov’é che l’essere umano non puó arrivare con il pensiero? Quali sono i miei limiti e quelli dell’uomo? Forse pecco di presunzione. Ma io vedo una smisurata capacità di ...porsi limiti!
Come potevo io pensare di essere una "mosca"? Ecco il limite!!
Grazie director.

Foto: Dramatherapy, The Fly, CDIOT 2009

domenica 22 novembre 2009

Drammaterapia:...le colline degli anni che verranno...


@ Director

Berenger è morto da qualche anno e Daisy, oramai con indosso la neve degli anni, riprende una sua lettera, l'ultima della loro corrispondenza. Vi rilegge tutto l'amore che era stato e riconferma all'amato il proprio cuore, leggendo del suo. Alcuni sentimenti non hanno bisogno di ali per volare ed esistere, saranno eterni e potranno guardare cieli ampi, dove altre persone, e spicchi di luna privati, in appuntamenti forse mai avvenuti.

"Ci sono idee che trascinano le persone verso un'apparente soluzione dei loro conflitti. Così -queste idee- vengono apparentemente"scelte"; in realtà sono adottate, sino a sentirle proprie.
Vi sono amori che sopravvivono solo nelle macerie di quanto è stato e poi crollato; sono amori che non sanno sorridere, perchè non lo possono ed allora vengono custoditi ed a volte si diventa carcerieri e condannati insieme in quei castelli.
Ci sono energie che si cercano fuori perchè dentro è vacante il luogo del coraggio e della speranza; così facendo non si è mai esploratori, ma clochard che rubano molliche di pane agli uccelli.
Ci sono poi persone che si assumono tutta la responsabilità delle loro azioni; che si lasciano amare per quello che sono e non per quanto sono stati; che sanno lasciar andare anche l'ombra di quanto non è più, senza temere il buio.
Entrambe le specie sono di razza "umana" ed hanno imparato a convivere nel mondo, bisticciando; chi considerandolo una torta dalla quale prendere la fetta più abbondante o arrendendosi a quella appena necessaria.
Possono essere accettati tutti e riconosciuti parti di noi, questo potrà cambiare il nostro atteggiamento verso la guerra, fuori e dentro, cara Daisy.
Mi rincuora pensare che sono pronto ad incontrarti di nuovo molte volte, dietro le colline degli anni che verranno od anche solo nel mio pensiero. Ti abbraccio, tuo Berenger
"
FINE

sabato 21 novembre 2009

Dramatherapy Backstage by C.D.I.O.T

The Things Go Wrong -first reading-
A Dramatherapy Play written and directed by E. Gioacchini,
based on Ionesco's Play The Rhinoceros

Drammaterapia: il Colore dell'Acqua...


@ Gianni

Ciao Ermanno, premesso che puoi fare di questo scritto quello che vuoi, quindi se lo ritieni utile anche un post, ho sentito il bisogno di ringraziarti in separata sede per il video che hai messo sul blog con una -secondo me- delle canzoni più profonde dell'indimenticabile duo Battisti-Mogol. Conoscendo un pò la storia di questi due colossi della musica italiana, non riesco a dire "semplicemente" di Lucio Battisti. Perchè lui è stato il più grande compositore di musica italiana, ma il successo incontrastato e indimenticabile delle sue canzoni è dovuto alle parole di un poeta di nome Giulio Rapetti, in arte Mogol. Perfezionisti e disciplinati come pochi -a volte nel comporre una canzone erano capaci di stare giorni senza vedere nessuno saltando i pasti, insieme o separatamente, lavoravano ore ed ore, smontando e rimontando ogni frase, ogni nota, ogni sfumatura delle loro canzoni, con fare maniacale, a dimostrazione, come dicevi tu, che anche per il lavoro più coinvolgente a livello emotivo, ci vuole però forza di volontà e disciplina. Persone meravigliose e problematiche (anche Mogol viene descritto come uno abbastanza "str...ano") hanno lasciato una traccia indelebile nel mondo della musica, e le loro opere sono attuali oggi e piacciono a persone di ogni fascia di età. Hanno avuto il grosso difetto di non volersi concedere alle operazioni commerciali, alla televisione -Lucio la definiva peggio dell'olio di ricino-, alla stampa primordiale del gossip che cercava di carpire segreti e sfruttarli commercialmente.

E tornando a noi, ascoltando oggi alcune canzoni che a volte avevano dei passaggi un pò criptici, tutto mi sembra chiaro come il sole. Hai sentito che meraviglia "...e dare un calcio alla tradizione"? E immaginare di volare liberi, non più ancorati a stereotipi, usi, consuetudini, per poi planare su "...boschi di braccia tese"! Tante e tante persone che non aspettano altro che di abbracciarti, se tu vuoi concederti... In ogni strofa è sintetizzato un inno alla Vita, lontano dai rinoceronti e dai kamikaze -minuscolo perchè sono autodistruttivi- e l'esortazione ad abbandonare ogni fardello, legaccio, ansia, perchè solo così avremo la possibilità di vivere il presente in tutte le sue sfumature.

La musica mi è sempre piaciuta, le canzoni di Battisti e di Rino Gaetano più di tutte. Oggi ancora di più, e capisco perchè. Racchiudono l'animo di chi le ha scritte, vanno oltre le parole, pescano nel sentimento dell'autore. Non un singolo tema, non una sola difficoltà o una sola emozione, come se ne sentono tante, ma un mare in cui tuffarsi, ed ogni volta sono diverse le onde ed è diverso il colore dell'acqua, perchè è diverso il nostro stato stato d'animo.
Grazie Lucio, Rino, Giulio, Ermanno.
@ Director
Il mondo sconosciuto degli altri diventa criptico nell'incontro conflittuale con il nostro, quando non vi è accoglienza, quando i confini sono troppo rigidi, per il timore di noi stessi, i cartelli segnaletici troppo esaustivi, le regole autoreferenziali. Ionnesco ci racconta di questo ed in questa fattispecie di "anomia" del senso comune ed individuale, si è facilmente preda della manipolazione dell'altro, collusiva con le nostri più profonde insicurezze. Uscire dalla caverna -la vedi lì nella foto-, senza dimenticare di esserene ancora abitatori, e scoprire che si può imparare a nuotare, che l'istinto c'è lo abbia scritto o non nel nostro genoma. Questà è la meraviglia dell'autocoscienza. Grazie Gianni
Foto: Dramatherapy, Colours Water, CDIOT 2009

venerdì 20 novembre 2009

Dramatherapy: through In-Out Process

@ Gianni

Il post di Maria Pina ha messo a fuoco in me qualcosa che mi frullava dentro già da qualche giorno. La vita di ognuno è un continuo saliscendi di emozioni, sensazioni, euforie, drammi, preoccupazioni, felicità.
Da grande appassionato delle vecchie canzoni di Battisti-Mogol, molte delle situazioni che vivo e molti dei pensieri che si affacciano alla mente mi riportano immagini evocate nelle stesse e in esse mi riconosco, come in un replay continuo della stessa scena in cui i personaggi e i paesaggi cambiano.
Immagino la mia vita come una passeggiata, in cui, a volte più veloci a volte più lenti, il paesaggio e le scene sono diverse, ma le persone che incontro le stesse. E tutto questo non avviene su un percorso in pianura, bensì su un eterno saliscendi collinoso. Perché ogni giorno è diverso, con alti e bassi, con la sensazione di andare in discesa o in un’erta salita, l’importante è andare.
E come nella Collina dei ciliegi, “molto spesso dietro la collina è il sole”, perché “...è soltanto la paura che inquina e uccide i sentimenti”.
Ed ancora una volta ho la sensazione di aver saltato delle parti di vita, di non aver goduto appieno il presente e aver programmato troppo il futuro con i suoi obiettivi, con l’ansia dell’aspettativa e la necessità di centrarli.
E come il viaggio di Maria Pina, carico di qualcosa che non doveva esserci, è un pesante fardello da portare se non c’è qualcuno o qualcosa che ti aiuta…

Per nostra fortuna, spesso, se noi lo permettiamo, qualcosa si materializza a sciogliere il blocco emozionale o la proiezione della difficoltà, e come un phon puntato su un cubo di ghiaccio tutto si scioglie dando al ghiaccio la sua forma originaria. Una pozza d’acqua..



Movie: La Collina dei Ciliegi, di Battisti Mogol, settembre 1973

Drammaterapia e Processo Drammaterapico: quando l'In & Out lavora fuori la scena

@ Maria Pina (blu)

Director, amici, venerdì scorso è ormai lontano e il ricordo delle parole e delle azioni della serata forse è meno vivido, mentre invece il ricordo delle emozioni è fresco e presente. Sabato mattina sono partita per una delle mie avventure "sopra le righe" in cui mi imbarco ogni tanto , spaventata, sola e timorosa, con un groppo in gola che mi sembrava di avere uno gnocco di semolino per traverso. Dovevo raggiungere mia sorella in un paese straniero, per starle vicino in un momento molto delicato per lei.
Ho rievocato dentro di me la parte iniziale della seconda scena, quando, a casa di Daisy, si svolge una serata di amici , in attesa di un Berenger, perso nella rissa di rinoceronti. La situazione era dolce: "dentro" la scena c'erano due amiche che parlavano, "fuori" c'era il regista che ci riprendeva. Una serenità durevole che ha messo radici profonde. L'ho rievocata e lo gnocco in gola si è trasformato in una caramella che si è sciolta.
Sono andata incontro a mia sorella con il sorriso e un mare di valigie e di cose da raccontarle.

venerdì 13 novembre 2009

Dramatherapy: working inside, while...tapis-roulant



@ Gianni

Tu chiamale, se vuoi, emozioni…
Guardo i filmati che con fatica il Director ha pubblicato nel blog. Play, play…
Emozioni, sudore alle mani, tremore, nel vedere Berenger-Gianni soffrire come un cane, e il Kamikaze che annuncia con enfasi la sua imminente morte.

Cena leggera, palestra, soliti esercizi, poco sforzo, distensione totale. Specchi; mi guardo, mi piaccio e penso a mio padre. Lo ringrazio per i geni che mi ha dato, ripenso all’educazione dura, alle partite a carte in cui non mi faceva mai vincere, e alle partite a dama. Poi mi diceva che prima o poi avrei imparato a giocare meglio… prima o poi… forse. Lo ringrazio per quella luce particolare negli occhi, per la curiosità che ne traspare e il sorriso schietto, per le domande da bambino che oggi mi rivolge più volte… e non sono le domande di un rinco…oggi lo so. Vuole sentirsi dire da me cose che conosce benissimo. Ha la massima considerazione di me, mi vuole bene da starci male, ma non è mai riuscito a dirmelo. Da piccolo si, ma poi… La cosa mi fa sorridere e provo gioia.

Tapis-roulant, solita velocità, aumento un poco e poi ancora. Assorto nei miei pensieri, preso dalla gioia e dall’emozione che mi trasmettono, volo senza fatica per più di venti minuti, anche se fuori allenamento, e capisco che pezzi di cotenna di rinoceronte e blocchi di emotività vanno in pezzi alleggerendomi, mentre parti del Kamikaze trattenute a forza attaccate al mio corpo, tornano naturalmente al loro posto, consolidando quello che sono.
Sudore e lacrime si mescolano, mentre ripenso agli specchi, che sono ingrati solo quando ci mostrano quello che vogliamo vedere, perché se ci mostrassero le nostre difficoltà, le verità dentro di noi, forse ci sforzeremmo di cambiare, e soffriremmo di meno.

Father and Son
(Father)
It's not time to make a change,
Just relax, take it easy.
You're still young, that's your fault,
There's so much you have to know.
Find a girl, settle down,
If you want you can marry.
Look at me, I am old, but I'm happy.
I was once like you are now, and I know that it's not easy,
To be calm when you've found something going on.
But take your time, think a lot,
Why, think of everything you've got.
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not.
(Son)
How can I try to explain,
when I do he turns away again.
It's always been the same, same old story.
From the moment I could talk I was ordered to listen.
Now there's a way and I know that I have to go away.
I know I have to go.
(Father)
It's not time to make a change,
Just sit down, take it slowly.
You're still young, that's your fault,
There's so much you have to go through.
Find a girl, settle down,
if you want you can marry. Look at me, I am old, but I'm happy.
(Son-- Away Away Away, I know I have to Make this decision alone - no)
(Son)
All the times that I cried, keeping all the things I knew inside,
It's hard, but it's harder to ignore it.
If they were right, I'd agree, but it's them They know not me.
Now there's a way and I know that I have to go away.
I know I have to go.
(Father-- Stay Stay Stay, Why must you go and make this decision alone?)

Movie: Original Clip of Father and Son, by Cat Stevens, from his album Tea for the Tillerman , 1970

@ Director
Great!

giovedì 12 novembre 2009

Drammaterapia: Umani e non Burattini

@ Spartaco

Per Gianni per tutti, me compreso.
Pretendi di capire l'amore, di spiegarlo, non é un compito. Ognuno di noi puó viverlo in maniera diversa. Come possiamo noi vivere una cosa che ci fa paura? Come facciamo a pretendere di bagnarci senza entrare nell'acqua? Come possiamo pretendere di ricevere senza donare? La nostra paura ha trasformato l'amore in un sentimento negativo 'quando tu parli di sottomissione di dipendenza di dolore di arma di ricatto, ma dov'é l'amore in tutto questo? Questa é la paura dell'amore! Fino a quando noi penseremo che l'amore é fuori di moi, siamo fuori strada. L'amore inizierá a percorrerci e a percorrere gli altri quando da dentro di noi uscirá verso l'esterno, senza numeri, in un percorso suo straordinario e bello. Tutto questo non esclude problemi, dolori, difficoltá, incertezze, tristezza e tutto quello che fa parte della vitá. L'amore ha un unico grosso pregio: colora in maniera gradevole e piacevole la nostra vita e di consequenza quella degli altri e ci rende consapevoli di chi siamo. Umani e non burattini. Questo secondo me é l'amore sentimento. L'altro é un prodotto delle nostre paure, dove media, carta stampate ,cantautori cavalcando l'onda del dolore/amore hanno costruito fortune e a noi rimangono i dolori.

ENERGIE

@ Spartaco

Per tutti e per te Francesca. Quando ho letto la tua lettera al gruppo, una tristezza é entrata dentro di me. Non capivo perché, ma era cosi. Poi piano piano si é pulito tutto e ho capito la ragione di questo sentimento. Lasciare, abbandonare, abdicare é la sconfitta dell'essere umano. E questo mi crea dolore. Noi tutti abbiamo il dovere diritto verso noi stessi di non rassegnarsi mai alle nostre paure e limiti. Anche se mascherati e giustificati. Proprio quelli che ci sono vicini (il nostro gruppo) e condividono silenziosamente paure angosce e limiti, possono aiutarci nei momenti duri delle difficoltá. Niente é perduto e niente é definitivo. Prova a pensare di vivere insieme a noi questo tuo momento. Chissá? Cosa ne uscirebbe fuori? Quando noi pensiamo negativo, siamo in un'energia negativa; come pretendere di uscirne! Dobbiamo trovare l'energia positiva e chi - se non meglio del gruppo - che capisce ognuno di noi l'altro? Ti aspetto Francesca venerdi alle 20.30 per abbacciarti e condividere con te questo tuo momento. Non mi lasciare solo!

Dramatherapy & Ionesco

DELUSION & REALITY, an Hypnodrama written and directed by E. Gioacchini (CDIOT), based on the play "The Rhinoceros" by E. Ionesco. Backstage, Part One

mercoledì 11 novembre 2009

Dramatherapy, Matryoshka Love: love, fear...different, close

@ Gianni

Amore, paura… diversi, vicini.
Belli i post di Maria Pina e di Spartaco, mi hanno emozionato, soprattutto quello di Spartaco ha suscitato in me sentimenti contrastanti e diverse considerazioni personali .
Partendo dal presupposto che sento Spartaco parlare di questo argomento da diverso tempo, e essendo in parte d’accordo con lui in linea teorica su quasi tutto il suo scritto, sono convinto che l’applicazione pratica delle sue teorie non è affatto semplice.

Da sempre sento parlare d’amore, un sentimento di cui tutti siamo affascinati, permeati, e addirittura dipendenti. Citazioni, canzoni, poesie, romanzi e scritti, teorie e analisi psicologiche, manuali e saggi parlano di Amore. Ogni sfaccettatura di questo sentimento così ricco e importante per noi, ne nasconde un’altra, e un’altra ancora, in una enorme matriosca in cui confluiscono tutti i sentimenti, andando quindi ad inquinarne la purezza iniziale e la genuinità emotiva. L’amore diventa così strumento di sofferenza, oggetto di desiderio e paura, si confonde con il sesso e di esso diventa succedaneo o addirittura conseguenza. Se ne parla a sproposito, si utilizza come strumento di ricatto, si gestisce e si centellina per prevaricare la persona amata, ci rende sospettosi e gelosi, distanti e vendicativi e tutto per un unico motivo: ne abbiamo paura.
Una paura folle, perché nel nostro DNA c’è l’ancestrale convinzione che amare troppo” (ammesso che l’accrescitivo abbia un senso) o amare incondizionatamente sia sinonimo di debolezza e anticamera della sofferenza. Ne abbiamo paura perché nel nostro passato di guerre e prevaricazioni, poco si è lasciato al sentimento, perché i bisogni primari prevaricavano tutti gli altri. E arrivati ai giorni nostri, inconsapevolmente abbiamo continuato a vivere nello stesso modo. Ma non è più il tempo delle guerre, non c’è più la fame, quella vera, e il nostro io ha cominciato a soffrire, perché calpestato e sottomesso alle rigide regole del raziocinio e delle leggi del consumismo, spinto soltanto verso l’aspetto materialistico dell’esistenza. Di qui la sofferenza e la difficoltosa ricerca di sentimenti che riempiono la vita senza doverli comprare, ma soprattutto senza sapere dove andare a cercarli. Ecco la distanza emotiva, la difficoltà a cogliere la gioia del sentimento quale collante riempitivo tra il fare quotidiano e il vivere a 360 gradi, in equilibrio con se stessi e con il mondo circostante.
E se vivo ormai una discreta serenità sento che ancora non riesco a vivere appieno questa gioia.
Foto: Matryoshka Love, Laboratorio CDIOT, settembre 2009

Drammaterapia, la Sorella Maggiore di Iliscu

@ Maria Pina

Quella che Berenger chiama "epidemia" si sta diffondendo sempre più. Chiusa nella mia stanza e nelle mie certezze, mi difendo dalla trasformazione. Ho paura, ma al tempo stesso sono curiosa, morbosamente curiosa. Cosa si prova a diventare un rinoceronte o qualsiasi creatura sia quella che sta trasformando le persone intorno a me? Vorrei saperlo, ma chi l'ha ha sperimentato, oramai non può più spiegarmelo con un linguaggio che io possa comprendere. Forse posso immaginarlo...

Magari è la stessa cosa che si prova quando, una mattina, ti guardi allo specchio e scopri che non hai più la faccia dei tuoi vent'anni. Lo sguardo si è indurito, la bocca è tesa, il tuo sorriso è pigro e i tuoi capelli ti hanno tradito. Chi è l'estranea che ti sta fissando? Sei tu, vecchia dentro e fuori...Ricordo il romanzo di un grande scrittore italiano, studiato alle scuole superiori...C'era un tizio cattivo che viveva sopra le righe, era prepotente e pensava solo a divertirsi. Un giorno scopre di avere la peste, come tutti e allora comincia a vivere tutte le sfumature della paura. Si scopre un bubbone, pensa di aver sbagliato, ma si sente strano, quindi sì, ha la peste anche lui come tutti... Allora chiede aiuto, decide di fidarsi del suo servo, ma lui lo tradisce e lo denuncia...Il cattivo finisce nel lazzaretto come tutti, ricchi e poveri e poi muore, soffrendo. Forse è così che ci si sente, un misto di stupore, incredulità, paura, rassegnazione. Forse si soffre anche nello scoprirsi in via di trasformazione. Oh se la sorella del maggiore Iliscu potesse ancora parlare il linguaggio degli umani. Lei mi racconterebbe, mi direbbe cosa ha provato, soddisferebbe questa mia insana curiosità, anche perchè l'ho soccorsa. L'ho fatta bere, anche se ho avuto repulsione di lei. Ma un rinoceronte ha memoria? Può comunicare? Gli interessa esprimersi? Oh, quanti malsani interrogativi!

martedì 10 novembre 2009

Drammaterapia e Voci Fuori dal Coro

@ Francesca

Volevo darmi del tempo, sperando che questo momento di difficoltà fosse solo passeggero, ma ahimè, sembra durare piu del previsto…un blocco totale di idee! Sto vivendo una regressione e letargo mentale, avverto il pericolo di questa rischiosa inerzia, ma il vuoto non si colma solo perché è in progetto di farlo, la caduta avviene …Io ho vissuto cosa vuol dire eruzione vulcanica, è un evento naturale e incontrollabile scaturito direttamente dal cuore del vulcano e l’immediatezza della sua accensione può essere seguita da un raffreddamento altrettanto rapido. Quindi, per questo, reputo scaduto il mio tempo massimo e sotto suggerimento riflessivo del Director mi sembra piu onesto, nei confronti di tutti voi, cedere il passo a matricole piu volenterosi e e riconoscenti. Questo teatro ha bisogno di voce, la mia è andata via; cuore, troppo presto per esporlo totalmente;gesto, l’unico che mi rimane è questo di non imporre la mia presenza attualmente percepita come nota stonata in una composizione cosi armonica. Mi dispiace davvero tanto… per puro egoismo non lo farei, è un’altra sconfitta consapevole che pesa sul quadro generale. Ciao a tutti è stato un piacere immenso conoscervi !


@ Director

Peccato, anche se il mondo è una giostra, anche se sono molti i mesi in cui ti ho steso la mano per tirare fuori l'energia da quello che chiami "letargo". Rammarico è sapere che hai molto da dare e che hai dato e che avresti potuto dare, senza immensi sforzo, ma con la "voglia". Non qui nel blog, laboratorio insostituibile del nostro tipo di esperimento teatrale, ma sulla scena dei laboratori che facciamo. Nessuno potrebbe, proprio perchè sei unica e preziosa, sostituirsi a te, solo tu puoi volere. Il gruppo conosce il mio rigore, come la mia accoglienza...ma come stare al posto che è tuo. Non hai ancora appreso il voler volere -è un giudizio personale-, cosa differente dal "decidere". E considero questo un Auto-Ammutinamento. Questo post, molto personale e tuttavia -comprendo- dovuto al gruppo, poteva essere espresso quando-noi-insieme, fatto diventare elaborazione nel gruppo, proprio in questo tipo di teatro che fa delle difficoltà e delle risorse la sua energia, piuttosto che fatto subire, in silenzio. Hai scelto un altro -e finale, ahime- contenitore. Dissento assolutamente, ma ti abbbraccio, almeno tra il pubblico.
Al gruppo, tenetela, legatela e fatela parlare, a costo della tortura (almeno dieci parti a memoria), anche voi, che l'pavete lasciata "la povera signora" distesa per terra (cfr. 2 scena del Rhino) interrogandovi leziosamente sul bisogno di un poco di ascolto -sic!

Foto: Self-Mutinity, CDIOT 2009

Drama Therapy, Kamikaze Backstage

A Play of F. Covelli
Hypnodrama directed by E. Gioacchini
Creative Drama In-Out Theatre
(Rome)

lunedì 9 novembre 2009

Drammaterapia: "...il miracolo umano è se stesso..."

@ Spartaco

Eccomi ancora una volta a parlare di quello che si muove dentro di me. Leggendo i post di Beatrice, Gianni e Rosanna, quello che sento é che tutti -e quindi tutti gli umani- per continuare il loro percorso di vita hanno bisogno della linfa vitale che é l'amore. Questo sentimento straordinario che ci permette di vivere in una maniera veramente umana. Per motivi diversi, per vissuti diversi abbiamo perso il nostro compagno di vita: l'amore, quello che ci puó far vivere momenti straordinari, colorare la nostra vita e sorreggerci nei momenti difficili quotidiani e nei drammi che incontriamo lungo il percorso. Un pensiero alla vita che nasce, l'Eros come forza creativa. Attraverso di noi puó nascere una nuova vita. Com'é straordinario l'essere umano! Un uomo, una donna insieme possono realizzare il miracolo della vita. Ci dovrebbe bastare questo per capire quanto noi siamo straordinari-divini-unici e eccezionali. Ormai liquidiamo la nascita di un bimbo come un evento normale; un bimbo non é mai una normalitá. Proviamo a pensare che noi siamo "Dio" e comportiamoci come lui... Blasfemo? Quello che dobbiamo trasmettere ai nostri figli é libertá, credere nella vita, credere in se stessi, credere nell'amore e donare loro non le nostre paure ma la fiduccia nella vita. Cosí forse riusciremo a realizzare il miracolo umano.
E chi non ha figli? Il miracolo umano é se stesso. Da se stesso nasce un figlio. Un figlio é dopo il proprio miracolo. E forse mi sorge un dubbio. Quanti non hanno reallizzato il loro proprio miracolo? Io posso colorare la mia vita con l'amore e non dire: peché c'é la guerra e non l'amore?

@ Director

Dovrò riflettere...perchè solo ora dici queste cose. Dovrò imparare.

Dramatherapy, Voices from the Pack

@ Maria Pina (Blu)

Ora non so se sta scrivendo Daisy o Maria Pina , la vostro Blu (scusate, ma sono molto affezionata a questo nick che mi scelsi quando iniziai il primo laboratorio di drammaterapia e non riesco a farne a meno: perdonatemi questa piccola civetteria). Considerate questo post come un coro a più voci, uno di quelli cantati dove gli esecutori cantano su più tonalità, ma compongono comunque un insieme armonico. Daisy soprano leggero, Maria Pina contralto o viceversa, fate voi.

Caro Spartaco, come puoi aver intuito uno delle mie più profonde convinzioni, come puoi aver trovato le stesse parole quando cerco di definirmi? E' la magia del teatro? O la tua personale magia? Io, ancor prima di essere una donna-femmina, sono un essere umano, un'anima che si è forgiata attreverso le proprie esperienze, i propri sentimenti, la propria peculiarità. Non sono SOLO il risultato di un mix di corpo fisico e ormoni, nè la risultante di un'educazione o di condizionamenti sociali che vogliono impormi scelte e ruoli femminili. Rifiuto da sempre la contrapposizione "noi donne/voi uomini", anche se paradossalmente faccio attività sociale nel campo delle pari opportunità. Ok, forse questa è Maria Pina che parla, ma chissà se anche Daisy ogni tanto si immagina così.

Cara Rosanna, tu esalti Eros in alternativa a Tanathos.Io propongo Bios, la vita, o Gea, la madre, se vogliamo rimanere nei richiami mitologici. L'eterno divenire del mondo e delle creature, la forza, la luce, l'energia che è in noi. La spinta alla trasformazione. Maria Pina ha una rosa che sboccia e l'ideogramma della vita, tatuate sulla sua spalla sinistra. Eros non piace a Daisy, neanche a Maria Pina (forse). Temono ambedue la forza distruttiva della passione amorosa, quella che dissolve la vita delle persone, che annulla la personalità , che fa dimenticare la dignità , spinge a sacrificare sogni e progetti e trasforma il passaggio su questa terra di un individuo in un progetto non riuscito.
Duro vivere così...Per fortuna, c'è Miranda che ricorda a Daisy l'abbandono e l'istinto.

P.S. per il director: non trovo un'immagine o un pezzo da abbinare. Mi viene in mente il coro degli alpini, come brano corale, ma non credo sia adeguato...







@ Director a Maria Pina, a Rosanna, a Spartaco, a Gianni

"Dov'è perso l'amore? Con il buio ha smarrito le ombre di uomini stanchi o distratti che offrivano il lato migliore alla luce, ignari che la prospettiva ed il futuro hanno bisogno di linee di fuga simili, verso l'orizzonte"- Lei si rivoltava tra quei due lenzuoli; lenzuolo anch'essa ad asciugare la storia. la propria. Quella di lui, soldato, era scritta più lontano, in cieli anch'essi bianchi, di fumo e cenere. Dov'è perso l'amore e quando?

domenica 8 novembre 2009

Drammaterapia, Kamikaze per Vocazione


@ Gianni

Il director mi invita ad un laboratorio sul Kamikaze. E’ un argomento che mi intriga, un’opera che offre spunti di riflessione infiniti, il perché lo capirò poi… L’autore, un paziente del director, ha scritto quest’opera qualche anno addietro, poco più che diciassettenne, in un momento particolare della sua vita, in piena adolescenza, con l’unica consapevolezza che l’indecisione, la mancanza di punti di riferimento, la drammaticità della sua esistenza adolescenziale stavano facendo di lui un Kamikaze al contrario. Tanti pezzi di vita, affetti, relazioni, tenuti insieme con enorme sforzo da lui stesso, con l’impressione costante che tutto potesse finire definitivamente ed inesorabilmente in ..”pezzi”.

Poi, sentendo di persone che si fanno esplodere con l’unico scopo di portare morte e distruzione tra quelli che considerano nemici, capisce che i suoi problemi non sono nulla a paragone del vissuto di certe società. Di qui il concepimento dell’opera, il primo passo per esorcizzare il Kamikaze-non-Kamikaze chiuso in lui. La partenza per un cammino nuovo. Egli mi perdonerà se ho descritto in maniera inesatta i fatti, ma questo io ho letto nella sua opera.
Stupefacente e inspiegabile, sono i termini che per primi si affacciano alla mente, confermati dallo stesso autore, che candidamente dichiara che oggi non riuscirebbe a scrivere nulla di equiparabile intensità. Soprattutto stupefacente il collegamento con atteggiamenti meno visibili ed invasivi ma altrettanto devastanti nei comportamenti dell’umanità occidentale e moderna.Il Kamikaze va in pezzi come estrema ratio di un’esistenza drammatica. Ha per contro la promessa di un’eternità gioiosa e “godereccia”, un supporto economico per la famiglia e il riconoscimento dell’eroe. Quante vite della nostra quotidianità, inquinate da ansie e preoccupazioni, aspettative e delusioni, vanno letteralmente in pezzi senza rumore, ma distruggendo in modo esponenziale persone, amori, coppie, figli, valori, sogni? L’uso di droghe, l’alcool, il gioco compulsivo, ecc.., non sono sintomi subdoli e silenziosi della nostra infelicità? Come definire le persone che non si amano e non hanno stima di sé?

Piccola pausa. Indosso l’apposito giubbino ricco di tasche e chiusure usato dai kamikaze. Proviamo, si ride di gusto, si dicono strafalcioni e si fa la copia a paperissima, e mi rendo conto che sono a mio agio. Ho l’impressione di riuscire a recitare –chiaramente con le dovute riserve- con una certa naturalezza, come se qualche volta fossi o volessi essere un Kamikaze. Nelle ore successive comincio a razionalizzare che forse è qualcosa che sta nel profondo, che la mia caparbietà nel perseguire un obiettivo, la determinazione di dire “vi dimostrerò che ho ragione”, “vi renderete conto che quello che dico è inconfutabile” è un atteggiamento da Kamikaze. La lotta è talmente dura, (senza compromessi, io stesso in primis anche se rivolta verso gli altri) che implica in fondo anche l’eventualità dell’autodistruzione. E poi le sfide, il piacere della velocità, il rischio, puntare una direzione e non volerla mollare nemmeno quando gli affetti più cari cercano di farti vedere le difficoltà o dissuaderti…tanto gli dimostrerai che hai ragione… E spesso gli altri rinunciano a chiederti di riflettere, sapendo che non li ascolterai, limitandosi solo a lanciare preoccupati avvisi o lamentose richieste. E tu che Che fai? Rinunci? Giammai, il Kamikaze ha scelto e non può tornare indietro, pena l’infamia, la sconfitta.
Un’altra illuminante scoperta.

Foto: Dramatherapy, Kamikaze, Atelier Drammaterapia, novembre 2009

Drammaterapia, Dentro le Scelte

@ Beatrice

Era un po’ di tempo che non mi sentivo come ieri sera. Ho vissuto la seconda parte della serata meravigliosamente bene: grinta, passione, essenza, presenza, comunione con tutti voi amici. Mi sono destata da un torpore che spesso mi avvolge e nasconde tutto di me: i miei sentimenti, la mia allegria, il volere, la capacità di addentrarmi e guardare dentro me. Nei giorni scorsi tutti voi avete dato tanto: ho letto, meditato ma ero ferma. Ho provato, ma non riuscivo a dare, forse perché non avevo nulla (o forse no). Mi sono sentita in colpa verso tutti, in primis verso chi ci sollecita e ci dà il contenuto per fare. Il Kamikaze: esplosione, terrore, morte miseria. Quante volte è esploso dentro di noi, con la rabbia di figlio che viene portato a vivere una realtà non consona che si scontra con le sue emozioni, desideri, aspettative. Una madre che soffre perché triste e lacerata per la perdita di un figlio che tanto amava. E’ difficile la scelta di un marito che combatte degli ideali, una guerra che darà solo morte, violenza, solitudine per chi rimarrà a piangere e capire perché…Un padre che va incontro con rabbia e determinazione; e cosa mi chiedo?
Non voglio e non posso giudicare; ma perché al posto del giubbotto non si può indossare l’amore, la pace, la costruzione di nuovi orizzonti dove il sole possa sorgere e tramontare solo con i colori meravigliosi che gli sono propri? Vorrei ripercorrere il sentiero trascorso, e muovere io stessa i fili del personaggio che recita la vita. Essere io protagonista, abbandonare il ruolo di spettatore della propria vita. Un bacio a tutti. Much love!


Foto: Dramatherapy, Kamikaze, Atelier Drammaterapia, novembre 2009

Dramatherapy, Eros & Thanatos in Ionesco' s Piece: The Rhinoceros

@ Rosanna


Altri pensieri sparsi, presi dal vortice dei nostri incontri ormai necessari e insostituibili...stavo sempre riflettendo sul personaggio di Miranda, esterno al lavoro di Ionesco, come pure esterna-interna al gruppo è la sottoscritta che non a caso si trova ad interpretarlo...E ho cercato di monitorare le mie emozioni, il mio pensare e sentire la continua tensione tra l'io/non-io; tra il mio essere individuale esterno al gruppo e nel gruppo... Sono l'elemento esterno-estraneo, nuovo, sconosciuto... proviamo a rifletterci insieme... quali emozioni, sentimenti, aspettative?
Se mi chiedessero di raffigurare tutto ciò sarebbe come lo stare in equilibrio su un filo di seta a mille metri di altezza, senza protezioni e reti di salvataggio. Una scarica di adrenalina allo stato puro. L'incerto che ti fa capire il certo, il reale, quello che sei.

Ma ritorniamo a Miranda, l' amica passionale e seduttiva di Daisy... ed è sempre durante la caratterizzazione di tale personaggio che venerdì, l'EROS, prepotentemente ha fatto il suo ingresso nel gruppo. EROS come contrapposizione a THANATOS. La morte rieccheggia nel dramma Ioneschiano, coinvolgendo l'individuo inghiottito dalla massa-gruppo e nell' olocausto ebreo. La morte è presente nel Kamikaze dell'Atelier e aleggia nel nostro piccolo grande gruppo come elaborazione del lutto per la defezione di alcuni membri. E la giusta risposta del gruppo è l' Eros come linfa vitale, come il desiderio di vivere veramente, rischiando, affrontando le nostre più intime paure..accettando il dolore, sè stessi, e avendo il coraggio di "tradire" il mandato sociale e famigliare che ciascuno di noi porta con sè...E l'eros si legge anche dai vostri post così profondi e vitali, così attaccati alla vita...
Chiudo con la danza dell' habanera cubana e i versi della Carmen di Bizet ..."L' Amour est un oiseau rebelle/ que nul ne peut apprivoiser// l'amour est enfanti de Bohème/ il n'a jamais connu de loi// l'amour ...l'amour ".



Foto: Dramatherapy, Eros & Thanatos, Laboratorio CDIOT, settembre 2009

Dramatherapy: the Power of the Doubt

@ Spartaco

E' bello leggere i dubbi di Maria-Pina. Usciti da un mio scritto. Mi inorgoglisce. Anche in questo aveva ragione il Director e se lui aveva ragione... Giuseppe, Francesca, Gianni, Maria-Pina, Rosanna: senza di voi non posso nulla.
Tutto quello che scrivo non é mai opera di un mio ragionamento, é il frutto di non so quale albero. Ma evidentemente mi appartiene, questo albero. Non sapevo di avere questi alberi nel mio campo.
Una delle ultime parole che tu scrivi Maria-Pina, é il sole. Il sole é l'unica fonte naturale di luce é quella che mi ha guidato fin qua. Vivere di luce riflessa o vivere accendendo rispecchiandosi della luce altrui: é vero che siamo illuminati, ma non é la nostra luce. Non siamo noi. E a questo punto che qualcuno puó fare di noi quello che vuole. Rinoceronti. Basta. Io sono la luce, il sono la pioggia, vivo nel sano dubbio e non nel dubbio della scelta; "il dubbio della paura" e del non farsi male.

Daisy: Dov'é la donna? Quale donna? Come fa essere donna se non é prima umana? Da questo concetto di entitá umana puo diventare figlia, moglie, madre, nonna, e cosi via. Ridiamo a Daisy la sua umanitá e dopo lei riuscira ad essere figlia/ragazza, donna/femmina moglie/madre senza mai perdere se stessa e non vivere di luce riflessa. Daisy non é Daisy in quanto moglie, in quanto madre, ma é Daisy donna/femmina perché lei é orgogliosa di essere donna e l'ha deciso. Non perché ha un corpo da donna.
Grazie di esserci, aiutatemi a scrivere e dare voce a quello che ho dentro.
Foto: Dramatherapy, the Power of the Doubt, CDIOT, 2009

venerdì 6 novembre 2009

Drammaterapia: Ionesco, Immaginando MIranda e Daisy...

@ Rosanna

Eccomi a voi, è stata una settimana viscerale per me, ho fatto tanti sogni importanti perchè successivi a una elaborazione innescata venerdì scorso, con voi. Ho scritto molto, ho buttato giù pensieri alla rinfusa come mi venivano e adesso spero di riuscire a ritrovarmi e a comunicarvelo.
Tutto iniziò nel momento in cui chiesi a voi: chi è Miranda? E di rimando sono stata invitata a pensare a Miranda e ho immaginato che Miranda e Daisy, amiche, avessero in comune oltre l'amicizia, l'interesse per Berenger...e qui, non subito naturalmente, ma alle 4 di mattina di sabato, ho consapevolizzato che tale dinamica era a dir poco famigliare, dato che mio malgrado ne sono stata spettatrice per tutta l' infanzia e l'adolescenza -sto parlando della competizione tra una moglie/madre e una madre/moglie per il potere/amore/controllo del mio povero babbo. Ma quello che mi ha lasciato più basita è che, nonostante la mia formazione che comunque mi ha visto frequentare gruppi di analisi e un percorso individuale che è durato anni, in un ciak ho capito come tale ruolo, tale triangolazione me la sia andata a cercare inconsciamente nelle amicizie, nelle relazioni, nel lavoro. Non so... come un continuo recitare per esorcizzare, come una coazione a ripetere, che ora però non mi appartiene più! Non è mia.. e la consapevolezza rende liberi. Inoltre la cosa ancor più confortante è che non trasmetterò niente di tutto ciò, a mia figlia.

Grazie per il regalo e a presto per altre riflessioni che si agitano e che avranno pace solo comunicandovele..

giovedì 5 novembre 2009

Drammaterapia, Il Rinoceronte, la Paura di Daisy

@ Maria Pina (blu)


Un caro amico, pochi giorni fa, mi ha detto queste parole: "Chissa se Daisy scappa per paura di amare un uomo e quindi diventare veramente donna, o per paura di essere diversa dal gruppo? Non é perfettina, é una donna come tutte". Oh, mio Dio, come è profonda questa cosa per me, piccola Daisy, piccola margheritina che non ha avuto ancora il tempo di sbocciare. Io credo di amare Berenger. Dico "credo" non perchè io non sappia con certezza se provo o meno qualcosa nei suoi confronti, ma perchè non so se questo sentimento sia quello che sia chiama "amore". La famiglia, la società , l'educazione mi hanno assicurato che un giorno avrei trovato un bravo giovanotto, pulito ed ordinato che avrebbe fatto di me una signora rispettabile, la madre dei suoi figli. E io non avrei potuto fare a meno di amarlo perchè insieme a lui avrei conosciuto una vita di piccole e grandi certezze che avrebbe dato un senso ai miei anni di brava figliola. Così il rito dell'aperitivo della domenica , dopo la Messa grande, sarebbe diventato legge immutabile e indiscutibile come la seconda legge della termodinamica. Ma un giorno ho visto Berenger e sono stata incuriosita dalla sua anima inquieta, come un gattino quando vede un nastro che si agita davanti al suo musetto. I miei occhi hanno voluto vedere ciò che voleva vedere lui, la mia mente ha tentato di comprendere ciò che lui cercava di spiegarmi con quella sua scarsa logica; ho cercato di vedere e di capire e non ci sono riuscita. Ci ho provato, ma i miei limiti me lo hanno impedito. Tuttavia la mia anima ha conosciuto una emozione nuova; ancora non la so spiegare, ma somiglia a quella si prova quando qualcuno spalanca la finestra di una stanza buia davanti ai nostri occhi e si scoprono la luce del sole e il vero orizzonte.


In ogni caso, sì, caro amico, questa emozione mi fa paura, ma ancora non conosco le parole per descriverla. La paura di diventare donna, tu dici ? O la paura di diventare un'ALTRA donna, senza certezze, senza strade sicure da seguire, senza aperitivo, nè pranzi in famiglia alla domenica, ma avendo, come unica contropartita, un turbinio di emozioni di cui non conosco le conseguenze? Ti abbraccio, Daisy


Foto: Per te, Daisy, e per il tuo Berenger, ho "rubato" dal web questa foto -non lo faccio mai. Ho tolto il colore che a quei tempi, i tuoi/vostri tempi, poco si usava. Dramatherapy, Does Daisy Fear? , by CDIOT, 2009

Drama Therapy: would you imagine... the Peace Hidden Behind Our Intentions?



Movie: Winning documentary, "Playing For Change: Peace Through Music", comes the first of many "songs around the world" being released independently. Featured is a cover of the Ben E. King classic by musicians around the world adding their part to the song as it travelled the globe. htt://www.playingforchange.com

DRAMATHERAPY: HOW IT WORKS




Tutti i personaggi della nostra piece –l’abbiamo detto- ruotano intorno a due tematiche principali, estremamente interdipendenti: la fragilità dell'essere umano nella sua possibilità di influenzamento, a scapito della individualità e la sterilità del linguaggio umano, quando espressione delle stereotipie e convenzioni sociali o della sola razionalità. Da queste premesse, su un calco speculare a quanto scritto da Ionesco, è trascritto un testo teatrale che pretende di esasperare i temi de “Il Rinoceronte” ed insieme presentificare quanto di differente l’uomo può sognare, lottare, conquistare. Eroe ed anti-eroe, si contemplano, fuori da ogni bisticcio formale e si interrogano. Un dialogo, questo, aperto, ma anche silenzioso, che si svolge all’interno di quel laboratorio che noi individuiamo nel “processo drammaterapico”.

Le scene sono costruite all’interno di una discussione che possiede carattere sia esplicito che implicito, perchè svolta attraverso le drammatizzazioni di parti specifiche del lavoro ed elaborazioni personali/gruppali nei laboratori e nel blog –laboratorio di scrittura creativa. Esse, nella costruzione, non procedono secondo un ordine prestabilito o canonico, ma si definiscono nella costante modulazione del processo del gruppo, via via che l’esplorazione del testo e di quanto elaborato nel filtro personale (individuale/gruppale) consolida i vari elementi. La variazione costante del paradigma interprete/personaggio nelle performances di prova permette lo “sgrossamento” dell’opera ed insieme l’arrichimento del personaggio. Quest’ultimo è costituito da quanto era, quanto è e quanto potrebbe essere, forando la velocità del testo, debordando dal contenitore della drammaturgia presa in esame, forzando, oltre l’estetica suggerita dall’autore, le immagini del possibile. L’ambizione, sia pure consapevole e critica, è quella di prensentare domande (quelle del testo teatrale) ed insieme creare delle “possibili” risposte.

Proviamo ad esemplificare…I personaggi del testo ioneschiano mancano di empatia, ma cosa accade se a tratti si lasciano scivolare sul terreno fantastico della fantasia, del contatto? Non è per caso riprodotto e paradossalmente anche esasperato quanto Ionesco lamenta della persona, quando la descrive incapace di “situarsi” sia come individuo, che appartenente al gruppo? E, per arrivare alla trasformazione del testo –ma non al suo tradimento-, cosa si diranno Botard e Dudard nel fantastico “processo” di un primo atto, mai esistito prima, ma che sarebbe potuto essere, anzi che è dentro quella storia? Cosa si scriveranno Berenger e Daisy a mesi ed anni di distanza dalla disavventura e dalla tragedia che hanno vissuto? Quali le loro trasformazioni? Dove i “destini” di quei personaggi, dove “il destino” dell’uomo? Lo si può scrivere prima, lo si deve attendere, lo si deve o lo si può “interpretare”?
Foto: Piramyd of Power, by CDIOT 2009

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

COMUNICATI STAMPA