@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

giovedì 30 ottobre 2008

Dramatherapy: Re-Building Palace, a different perspective


Carissimi, Neko, Lupo, Dedalo, Arco, Indaco, Poldo...e tutti gli altri,

il gruppo dell'Atelier Liberamente finisce qui, e sta per iniziarne un'altro. Qualcos’altro di più importante è iniziato da qualche parte in ognuno…e proseguirà per tragitti assolutamente personali, come non potrebbe non essere. Abbiamo voluto spesso fare la guerra alla retorica, chiamiamola così, del sintomo ed è il caso di evitarla nel commiato -Dio che termine retorico!- nel saluto.

Saluto-augurio-promessa-intelligenza...potete usarne incredibilmente di più se rinuncerete ad adoperarla quando non serve ed a servirvene nelle situazioni delicate, che esigono attenzione - ricordate l'incontro su i premi che si riceve solo a fare la "giusta attenzione" –inconscia ! - alle cose? Ma prima di iniziare una cosa nuova è assolutamente giusto dare attenzione a quella che termina, almeno nell'aspetto formale e ritualistico del lavoro del gruppo. Abbandoniamo il languore del saluto e cerchiamo nel brivido della paura, tra le pieghe della nostra anima quando ci sembra schiacciata, ma poi mai del tutto lo può essere visto che risorge ogni volta! E poi cerchiamo nella leggerezza dell'essere, giacchè si può vivere anche "semplicemente", senza escludere per questo la "complessità" della vita.

Vorrei che poteste ricordarvi che comunque il nostro edificio, quello costruito insieme, la storia che ha compreso le nostre storie scambiandone i significati con altre…possibili, è soprattutto un edificio invisibile che può continuare a lavorare in voi solo se voi volete. Si può volere, ma serve decidere di volere.

Avete lavorato sodo, qualcuno con più fatica, qualche altro con disattenzioni; qualcun’ altro perfino “aggravandosi” prima del goal, e credo sia giusto ringraziarvi. Questo mese è stato, un poco travagliato, l’ultimo incontro del gruppo. Ne parlammo sin dall’inizio, ma al contrario delle “assenze” che abbiamo imparato a riconoscere nella loro ‘potenzialità’ di ‘lutto’, è un giorno come gli altri in cui però ricordarsi più intensamente che si è lavorato insieme e questo può darci forza ed energia.

Permettete che vi dia altri nomi...
Cesare, dimenticati la possibilità di dolore, Silvia…rimembri ancora…non ricordare anche tu(!), Maria osservati meglio e sii contenta dei tuoi confini -non quelli fantasticati e temuti!-; Mario…tra Mario e SuperMario ci sarà pure un posto per te! Elide…ricorda la futuro! Marzia…ricorda al presente-futuro! Caterina…sei una donna al 100 per cento, in barba alle tue opinioni; Giulia…oltre ad innamorarti della vita fai innamorare qualcun altro di te! Veronica…leggi di più, fuori dalle ginocchia di mamma! Alessio…da quelle di papà! Francesca…eri proprio tu, Battisti sbagliava, spogliati degli sbagli degli altri! Letizia…tuffi più spericolati! Eleonora…Eleonora…dove sei?! Riccardo Cuor di Leone.., Lorenzo il Magnifico, Caterina Dei medici, Sally di Vasco, VIVERE di Renato Zero!

Tanti auguri ragazzi dal vostro Director

Foto: Picture by Fortunatus, "back in Famagusta, oversees the construction of a magnificent palace", Jörg Breu the Elder (1475-1537)

Dramatherapy: Actor's Test



Qualche tempo fa, la nostra Tigre divenne bianca e poi scappo alla vista dei curiosi ed alle seduzioni della machina fissatigre. Com’è giusto che sia. Non ci siamo più molto interessati su che fine abbia fatto, ma ha preso il volo, dopo aver lavorato a lungo dentro di noi. Anche il nostro gabbiano, Neko, deve volare…
IL tuo sogno…Sai cosa ti direbbe -forse- Jodorowsky?
Una giornata poco importa se grigia, ma un bel vento di tramontana, di quello che fa sbattere le ali, se vai controvento e ti solleva in verticale. Il tuo gabbiano ultimato nelle tue mani ed una folle corsa per farlo volare. Tu lo sosterrai per un poco sulla tua mano, poi, meravigliosamente…lui sosterrà te! Volerete.
Poi torna e dimmi, vieni a raccontarci…
A proposito dopo questa “prova d’autore”, come Sonia tanto tempo fa, questo Atelier avrà un secondo “Viaggiatore”. Guarda le foto…prendesti il volo.
Director
Foto: "Actor's Test", foto alla vigilia della piece drammaterapica "Sonia: Il Resto Della Mia Vita", Atelier LiberaMente, giugno 2007

mercoledì 29 ottobre 2008

Sonia, Gabbiano, Scozia & Tornado


Carissima, stavo scrivendo su Sonia ed il sottile filo rosso che congiunge senso e memorie...e mi giunge il tuo commento...Sonia, sottile filo rosso, Scozia, Tornado e Gabbiano...roba da non credere...
Osserva la foto sopra, ritrae uno scorcio di Piazza Navona...era il 1989 e con Luigi stavamo avviando lo studio in piazza; io, con la mia frenetica attività tra un sonnambulo ed un altro -allora praticavo più ipnosi di oggi- e Luigi a tentare di iniziare la sua...Sullo sfondo vedi una finestra, quella dello studio... Si rimane sempre un poco a Piazza Navona, sulle rive di un "lago", a "Villa Celimontana" -piece "Sonia"- a reclamare un amore mai avuto...Ma insieme, tuttavia, si va anche avanti...domando gli eventi, come lui, qui sopra...
@ Director, da Neko

A proposito di gabbiani, tornado e Scozia…
Qualche notte fa ho sognato che un gabbiano entrava nella mia stanza e non voleva più uscirne… eh, sì! Il nostro gabbiano mi è entrato dentro ed è lì che attende la conclusione di un processo iniziato e più terminato. Il mio viaggio alla scoperta di me stessa è iniziato oramai quasi tre anni fa con la drammaterapia. Da allora, lunga e tortuosa è stata la mia strada, non priva di sofferenze e di fatica ma sempre accompagnata dal desiderio di scoprire e di scoprirmi. Tuttavia, la vera svolta del mio cammino fu proprio in quel giugno 2007, proprio in Sonia, proprio al tempo di quel tornado… quello che travolge la campagna toscana della nostra foto e che, in quel preciso momento, travolse anche me. Il giugno 2007 costituisce uno spartiacque nella mia vita: dopo quel giugno, nulla più è stato uguale a prima.Il processo è diventato proprio tornado. E, proprio come in quel tornado, il mondo ha iniziato a girarmi intorno – o forse ero io a muovermi? – e mi ha travolto. La strada stessa mi ha travolto, con una forza tale da non potervi resistere. La forza della vita, la chiamo io. Il processo drammaterapico mi aveva attraversata e mi aveva cambiata. Come dire: forse ero io a muovermi, non il mondo intorno. E infine, a proposito di Scozia, voglio rammentarti la mia esperienza in un modulo di ipnosi di gruppo durante uno dei nostri laboratori. Il mio viaggio mesmerico nel tempo e nello spazio mi portò proprio in Scozia e in un altro tempo, in un’altra vita, a significare un’esperienza di totale rifondazione. Quindi, come non collegare la Scozia, il tornado e il gabbiano in un sottile filo che congiunge delle tappe fondamentali del mio percorso drammaterapico? Ed ora c’è il gabbiano…Processo iniziato e restato incompleto proprio come il mio gabbiano di rafia e colla… ancora incompiuto. Lui sta lì, paziente, in attesa di una conclusione, come me…
29 ottobre 2008 14.56

Dramaterapia: alcune considerazioni sulle "tracce"


Credo di avervene già parlato... discussione interminabile, anche se non si gira in tondo! Discussione da fuori a dentro. Tacce di memoria, ma anche profetico spettacolo da inseguire. Sonia, nella nostra trascorsa piece di Sonia: Il Resto Della Sua Vita" non erca rabberciamenti, scappatoie, o toppe alle pericolose falle dopo temporali come quelli di ieri...Roma devastata da una pioggia che voleva solo lavarla un poco meglio dei suoi amministratori. Sapete, piuttosto, un mio tris-tris-nonno da parte di nonna paterna, nella Roma papalina, fu sindaco di Roma, Iacobini "l'onesto", così veniva appellato. Roma non era più pulita e non è sempre questione di amministratori. Ma per noi che amministriamo noi stessi, le cose cambiano e la poltrona che occupiamo dura tutta una vita, breve, ma sia pur tuttavia tutta! Sonia non si ribella al dolore antico, mai, perchè dovrebbe imparare il passo del gambero. Offre radici e foglie alla luce e spera...

Può accadere che la vita ci “addormenti” con i suoi dolori, come ogni inganno sordo può fare, sino a nasconderne le tracce visibili che altrimenti ci porterebbero alla urgenza del “cambiamento” necessario e, tuttavia, non ancora agito. Il dolore della fatica di crescere, ad affrontare il rapporto con se stessi, ad accettarne le contraddizioni ed a superarle se occorre, le imperfezioni ed anche solo il sospetto -mai troppo espresso ad alta voce - che qualcosa di noi o del mondo con noi non va come ci saremmo aspettati.
Le ragioni antecedenti questa “fuga” dal confronto con la vita, che ci può impigrire sino a volte realizzare solitudini o piuttosto legami o avventure strane di ogni tipo, risiedono in molte variabili, familiari, educative, genetiche e persino casualmente incidentali! Com’è vero che non esista un percorso stabilito per ognuno, è anche vero che a volte si possa fare una lettura assolutamente “pregiudiziale” di come sono andate le cose, di come stanno andando, di come potrebbero continuare e procedere se noi “non cambiassimo”. Laing dice di un “sottile filo rosso” che lega le nostre vicende, che ha in sé il senso di quello che è accaduto, che può essere ripercorso a ritroso nella nostre memorie ed esperienze vitali; gruppuscoli di cellule neurali che ripetono all’infinito, nel gioco tra istinto e pensiero. Il “senno del poi” è impertinente, tuttavia l’analisi attenta di quanto accaduto può restituirci al sospetto che fatti considerati antecedenti hanno determinato quello che ora sembra gridare vendetta.
Allora accade, appunto, che tutto possa essere trascorso persino semplicemente o disturbato da innocue noie nevrotiche o, a veder bene, abbia imprigionato risorse, sottratto al gioco imprevedibile di tanti destini la nostra esistenza; stili di vita che non interpretano pienamente le nostre possibilità, giacchè altrimenti noi, così mascherati, dovremmo affrontare la fondamentale domanda sulla nostra relazione con il mondo e noi stessi.
In questo empasse silenzioso, anche la vita intorno ci si addormenta addosso, finendo per fiaccare ogni nostro potenziale risveglio. Cortazar le chiama "scimmie", addormentate sul tavolo, ossessionate dal routinario scandire del mondo; ritmi svuotati di senso, se non quello della abitudine, invero sensi di colpa con se stessi, camuffati della parvenza dell’altro, dei suoi bisogni, delle illusioni condivise… pur di restare nel letargo dell’inanizione. Perché, poi, la memoria, con l’aiuto della paura, è bravissima ad arredare case fantasma, dove crediamo di abitare; persino convinti da questo mirabile gioco di funamboli e giocolieri nella nostra vita, che siamo vivi, veri, proprio tutti là dove siamo. Insomma persino la difesa strenua dal senso nascosto del nostro vivere può convincerci che altro non c’è e che stiamo dandoci tutte le possibilità.

Accade, ancora, che qualcosa di fuori, un evento imprevisto –forse alla analisi ingenua del nostro sonno…- o da dentro, subdolo o precipitato da abissi mai svelati, prenda forma visibile o sottesa e renda più difficile il nascondimento di molte cose celate sino ad allora e tutto diviene più difficile. Le coperte non ci coprono più, fa freddo; ma vedere ora sarebbe persino più pauroso di molto tempo fa. Tuttavia la nostra esistenza, quella che dentro ha continuato a svolgersi, pure travestita, ha nel percorso lasciato tante piccole tracce che reclamano il diritto alla luce. Una energia inusitata, ora, scioccante ci muove come bipedi curiosi a toccare nuovi oggetti, fuori e dentro, a cercare nella collusione con il mondo il senso del presente, a confonderlo con quelle forme, a crederne l’esatta riproduzione nel futuro. Persino la parola “cambiare”, affacciata alla superficie, aiuta l’inganno, mentre il passato, vestito di presente ci promette rivoluzione, riscatto!
Forse altre volte è accaduto più innocuamente che la coperta sia tornata lunga, seppellendo rivoluzioni e speranze, rigettando nell’inferno silenzioso la tentazione di “vivere”. Questa volta è diverso, la ferita aperta chiede la luce per rimarginare e, se tradita, geme l’umore di una temuta sconfitta, da sotto, si confonde con le “bolle” dell’indigestione, le contratture del freddo, gli scotomi della paura. Non vi è riparo ed al senso che tutto sia di più di quanto urli nella nostra mente, seppelliamo sotto la pelle il dolore di un’anima tumefatta; lo dipingiamo sulla mucosa pallida o accesa del nostro spirito; lo segreghiamo nelle giunture del nostro cammino, goffo clown fuori scena, che oramai non crede più nell’arte di far sorridere per non morire.
Fuori, locuste e parassiti vengono allontanati dal terreno in fretta e tutto sembra sicuro, deterso, nell’ordine composito già conosciuto; il medico rassicura su l’assenza di piaghe; non suoni, odori ed ombre minacciose, solo un pianto nuovo, compromesso che stringe la vita e le tempie, che s’incarna come un vulcano a rovescio a farci male, che frattura il senso del vero con gli altri e ci rende stranieri sulla stessa terra.
Foto: "Dramatherapy in action", foto di scena dalla piece drammaterapica "Rodolfo", Roma, Atelier LiberaMente, dicembre 2006

giovedì 23 ottobre 2008

Lasciare che tutto passi: "Questa è la mia miseria: che la mia mano non si stanca mai di donare", Friedrich Nietzche


@ da Nina

Cara Emiliana,
penso che tu sia stata un meraviglioso gabbiano sin dagli albori. Penso -e scusami se risulto presuntuosa nel mio sfiorarti appena- che giungesti oltremare prim'ancora che Emiliana s'intravedesse fra nuvole itineranti. Quando il Director ci narrò di te, mi sembrò d’intuirti nella forza primigenia delle sue parole. Bastò un particolare, nominare il suono "Scozia", affinché volasse alto il pensiero in un corpuscolo di deduzioni. Nel mio immaginifico si configurò la culla austera del Nord Europa: soave nei paesaggi, nelle tinte e gli odori. Aspra nelle rocce altissime, spettrale vertigine di strapiombi e brughiere. Dolce nelle distese verde smeraldo, con l’erba stropicciata dal ventre umido dei placidi animali in libertà. Eppoi quei meravigliosi volatili dalle grida soprane lamentose: i gabbiani. I nostri amati gabbiani. Forse partii con te, Emiliana? Non so. Ma raggiungerò il mare abbandonando la cima dei miei errori. Lunghissimi tempi di silenzio. Lunghi tratti di solitudine. Dondola la culla per addormentare il freddo sotto i cieli settentrionali. Per ridestarne costellazioni leggendarie, cosmogonia epica scura e a tratti funesta; un popolo antico dalle antiche usanze. Misteri e divinità pagane lì a confondere qualunque scettico. Per me, solo il dio della gente comune.
Quando il Director ci narrò di te, mi dissi che "sapevi tutto senza saperlo". Avresti volato per conquistare il tuo spazio nel mondo. E scegliesti quello "intimamente" saputo. Sostengo, malgrado l’attività del Signor Errore, ineguagliabile committente tra neoegotismi ed ancelle paranoiche al servizio del mio pessimo carattere, che la consapevolezza conduce. La consapevolezza è un processo che costruiamo faticosamente col tempo. Dalla consapevolezza si passa alla scelta, via tempesta. Questa "scelta", mai frutto del caso, è una miscellanea tra Consapevolezza, Cambiamento, Re-azione. Nasce da qui il volo felice del gabbiano Emiliana, arrivata a destinazione da millenni. Mentre io perduro quale Trinitas Herba, che produce il suo fiore azzurro in primavera. Le radici non sono natanti, ma ben interrate in luoghi umidi. Lucciole di terra sfavillano su tutto ciò che non s’approssima.Un giorno succhierò "le mammelle della Luce..." nordica (Nietzche). Là voglio condurmi, semplicemente donna.
A Emiliana da Nina, con affetto. Nina

@ da Director
"Viaggiatore"

Il processo drammaterapico ti ha attraversato ed il tuo Io più profondo, assoldando come capace mercenario il tuo Io cosciente, è stato incurante della differenza tra drammaterapia e vita. Hai scritto e ciò basta. Si, in questo Atelier, il processo ti ha attraversato, fuori dai bisticci semantici di un inconscio che troppo spesso è scappato via dal senso della scoperta e del dono; pena un doloroso tuffo nel pozzo del "non-desiderio". Fuori dalla prescrizione e dalla regola, dall'esercizio del coraggio che è ben diversa cosa dal tanto auspicato "rischio". L'atto di autopenetrazione, nostalgico e prospettico insieme, in quei orizzonti scavati dal suono del mare e sepolti da antiche memorie, si è consumato. Lettera ad una amica. Serve dire di più? Lettera ad una amica sconosciuta che si è "intuita". Ponte verso il proprio passato ed il desiderio di esistere.
"È notte: solo ora si svegliano tutti i canti degli amanti. E anche la mia anima è il canto di un amante.Qualcosa di insaziato, insaziabile è in me; che vuole farsi sentire. È in me un desiderio d’amore, che parla il linguaggio dell’amore". Hai citato Nietzche nel suo "Canto della Notte", descrivendo l'atto di auto-penetrazione grotowskiano; e chi dice che nella speranza non ci sia dolore, nel dono sofferenza, nello smascheramento fatica? Brava. -senza punto esclamativo, cara Nina.
Ufficialmente da oggi sei viaggiatore. Non tutti hanno questo titolo, e nessuno può arrogarsi veramente il diritto di attribuirlo. Ma qui non vi è diritto, se non quello d'autore per le cose che riproduciamo, com'è giusto. In questo Atelier, che tu hai compreso quale "...spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica... permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze". Uno spazio che aveva e tutt'ora ha la possibilità di offrire una sponda alla ricerca del proprio senso

Foto: "Picture of Loch Garry and the peaks of the Knoydart peninsula"
Photographer: Ian Britton
Camera: Kodak , DCS Pro SLR/n
Date: Mar 19, 2005 11:05:19 AM
Ref Number: 1088-42-13
Courtesy of
FreeFoto.com

Dramatherapy- Reasons To Love: Because I Loved You (2nd Part)


BECAUSE I LOVED YOU
Commento Sonoro:
BRAHMS: INTERMEZZO IN A MAJOR,op.N 1

E poi… io vedo tutti i perché delle cose che hanno attirato dapprima la nostra attenzione e poi mi hanno spinto ad amare oggetti, pensieri e soprattutto persone. La giostra della vita che ci chiesto magicamente di essere amata e noi lì, come bimbi trasognati a cercare di farlo, maldestramente, con successo, ma sempre convinti di volerlo. Il brano di Brahms ci parla, senza che noi stessi forse ne sappiamo il motivo –giacchè sono io stesso a suggerirlo!-, sui perché che invece fanno “amabile” ai nostri occhi il mondo; le ragioni per cui lo abbiamo incontrato in noi, nel nostro spazio privato e dove abbiamo amato. Non un testo a raccontarlo ma l’emozione del suono. Mi convinco sempre più che in qualcosa noi non cambieremo mai, forse tra mille indecisioni, vorremo però sempre selezionare bene le cose a cui dedicarci, come diceva una persona importante che non ricordo…”farò le cose buone ogni volta che potrò, quelle non buone se non potrò farne proprio a meno, ma comunque vorrò sempre sapere cosa sto facendo”. Una strada che percorreremo da soli, con i compagni di viaggio che vorremo avere…una foglia, un rumore, uno sguardo.
E se il processo diventa Tornado?

Le foto a didascalia di queste righe appartengono al giugno 2007, campagna toscana, in pieno lavoro Atelier; si recitava "Sonia: il Resto Della Mia Vita". Pochi attimi dopo avere scattato la prima, rapidamente, mentre tutto si stava paurosamente oscurando, mi sono trovato nell'occhio di una tromba d'aria. Solo la campagna sembrava pacifica assicurare "anche questo passerà": "thaes ofereode; thisses swa maej" ci soffia piano dalla terra scozzese Slesia. Glielo ho lasciato suggerire ed allora ogni cosa è rimasta ferma intorno od ero io ad essere in moto vorticoso ed il mondo immobile? Avevo ragione, scappando sarei finito nel vortice, forse pericoloso (?), non sapendo davvero più se fossi io o il mondo a muoversi intorno a me e perdendo comunque il senso di questa domanda.

Foto: "Campagna Dopo Il Tornado", di E. Gioacchini, 2007

martedì 21 ottobre 2008

Dramatherapy - "Reasons To Love", 1st Part


Commento sonoro: BEETHOVEN: "MOONLIGHT" SONATA

Cechov ed il “drama” dentro a “Il Gabbiano” -nella misura in cui ha messo “in atto” le nostre tematiche- ci ha sconvolto! E’ realmente “romantica” l’idea che a tratti si sia fuggiti da quanto di "antipatico" emergeva dal vissuto di un protagonista/personaggio o, ancora più ingenuo, che qualcosa di quello "proprio non ci si addicesse". Come non pensare che le fughe possiedono un dietro che spinge, molto più che un avanti che attrae. Il processo drammaterapico, invece, sottolinea proprio questo, che nell’analisi di quel “dietro”, si commutino le energie in conoscenza verso quell’avanti. E’ importante che faccia a questo punto del nostro percorso questa riflessione, perché la si possa utilizzare; infatti, lo stesso concetto di “processo” suggerisce che periodiche meta-analisi di quanto accade, pur utilizzando lo stesso strumento -lo statuto della drammaterapia in questo caso- portino a ulteriori comprensioni.
Il debito della conoscenza, sempre, è fatto dalla coscienza che assenza e presenza, comunque, siano stimoli al percorso. Se si perde, ci si smarrisce, ci si ferma…la ricerca del senso –più compiutamente sviluppata nel precedente post-, è sempre possibile; gli errori, in tal senso debbono essere interpretati come "prove d'autore" che tendono ovviamente ad assicurare la "prima"! La conoscenza pacifica anche le incertezze, i dolori e le delusioni.
Usualmente gli individui sono più portati a pensare le ragioni che fanno amare le cose e le altre persone, quello che della realtà colpisce, attrae, rapisce…ma in questo caso mia intenzione è sottolineare nel discorso le ragioni per le quali noi vogliamo essere colti come “amabili”; quelle per le quali vogliamo sentirci adatti: se è una cosa, alludiamo alle abilità che desidereremmo scoprire; se si tratta di una persona al desiderio di essere “scoperti” da lei. Ma cosa poi facciamo perché questo avvenga, così troppo impegnati ad osservare che”non sta avvenendo”?
Il nostro destino sino ad oggi ha attraversato esperienze personali che solo in una parte appartengono all’esperienza dell’altro, anche se questi è stato compagno del nostro viaggio, ad osservarle, a volte subirle e -perché nò?!- a condividerle. Vedete, guardando il nostro passato, osserviamo molte cose che non vanno, anzi moltissime che non sono andate come avremmo voluto; che sono fuggite velocemente via da noi –o noi da loro?- con l’ignoranza dei giorni e la velocità del quotidiano, che non ci hanno dato il tempo di capire o capire in tempo e cambiare perfino a volte. Però vi sono cose, anche quelle buone, che ci appartengono e alle quali non potremmo mai rinunciare, che parlano insieme sicuramente della nostra fatica e comunque io le chiamo le “ragioni per amare”. Quelle cose in cui io sono io e voglio essere amato/a per quello che sono, qualunque vicende mi abbiano attraversato, forse persino con qualche difetto, che però solo me stesso o l’amore può rendere in modo diverso. Non potrò essere amato da chiunque per come sono, sono stato e mi trasformo, ma sicuramente non vorrei che nessuno facesse la selezione su cosa amare o meno di me.
Sto dicendo che dovremmo imparare ad accettare con tranquillità anche i nostri errori passati, ad amarli, pur cambiando, perchè sono noi, la nostra storia.
Le vicende di un personaggio, sono lui. Ed è quel "lui" che si richiede possa attraversare l’interprete, nell’incontro curioso e stridente con l’alienità; il perverso ed intrigante gioco dell’identificazione, il potente e strategico processo della comprensione di noi stessi. E’ questo il teatro della drammaterapia, quello che riconduce, come più volte ho detto, al’umiltà dell’impotenza, alla forza del non sapere A quel punto, il processo condiviso ti fa sentire accettato dagli altri ed il gioco della proiezione diventa fertile allenamento al potere sulla realtà. Per questo Kostia rimane in bilico senza mai precipitare, ad onta del "romanzo" di Cechov, perchè il lettore, l'interprete ha un grande potere; deve solo decidere di volerlo usare.

Foto: "Campagna Prima Del Tornado" di E. Gioacchini, 2007

domenica 19 ottobre 2008

Rorschach Test and Modified Consciousness States (M.C.S), E. Gioacchini


Sunto della relazione tenuta nella Terza Giornata di Studio su "Rorschach e Psicologia del Profondo", 18 Ottobre 2008, dedicata a Carlo Rizzo in occasione del settantesimo anniversario della Scuola Romana Rorschach (1938 – 2008)


Il “Test delle Macchie” –Test di Rorschach-, alla stessa stregua di molti altri tipi di indagine psicologica, può essere definito quale incontro della psicoanalisi con la dimensione “magica” dell’uomo, nella misura in cui è “magico” tutto ciò che inerisce alla evocazione –proiezione- di una dimensione “altra” al di fuori di quel controverso campo di comune esperienza ed indagine designato con il nome di Coscienza. Riferendoci ad una concettualizzazione lessicale propria di De Martino, si potrebbe dunque legittimare l’appellativo antropologico di “magico” perché tale metodo psicologico comporta una attività “interpretativa” di una fenomenologia situata a cavallo di due dimensione: un apparato cosciente che agisce dei contenuti che, in quanto derivati psichici, ineriscono ad una apparato inconscio, non sperimentabile. Così, alla stessa stregua di un esercizio divinatorio, ad essere interrogato non è l’oracolo, ma l’inconscio della persona, in un “consulto” alla ricerca di “una verità”.

Gregory Bateson, nel libro “Mente e Natura”, si chiede: “Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei con l’ameba da una parte e lo schizofrenico dall’altra?“ (Bateson, 1984). Ebbene questa è una domanda “magica” ed è a un tipo di domanda come questa che risponde il Test delle Macchie, significando la produzione del soggetto che, nella ricerca di un senso, declina le sue realtà più nascoste in dialogo con la parte cosciente, quasi sempre non consapevole di questo dialogo, come in un processo “artistico”. Segnali esterni, quali “manifestazioni particolari” -come choc, rifiuti, attrazioni, illusioni, drammatizzazioni, etc.- ci danno segno di un suo vissuto misterioso. Linguaggio prelogico e lessico culturalmente definito si intessono in una metafora che descrive la vicenda interna della persona e ne esprime le domande. In tale complessa e così naturale operazione lo stato di coscienza del soggetto oscilla sotto la pressione più o meno intensa del “perturbante”, alla stessa stregua del sintomo, della creazione artistica e del sogno.Il Test di Rorschach sfrutta il meccanismo inconscio della proiezione e si basa sull'antico principio secondo cui, dato uno stimolo ambiguo, il soggetto vede nella macchia più un prodotto della sua fantasia - che prende a pretesto lo stimolo per "proiettare" immagini e memorie - che non una percezione diretta e oggettiva. Una efficace definizione della proiezione in riferimento al suo utilizzo come tecnica l’abbiamo da Frank L. K.: "Una tecnica proiettiva, fondamentalmente, è un metodo di studio della personalità che consiste nel mettere il soggetto di fronte ad una situazione alla quale egli risponderà conformemente al significato che questa situazione ha per lui, alla sua maniera di sentire, in pratica al suo Erlebniss, del suo vissuto". (Projective methods for methods fot the study of personality, Journal of Psycology, n. 389, 1935)
Hermann Rorschach, la notte dopo aver assistito alla sua prima autopsia, Rorschach sognò che era morto e il suo corpo era sottoposto ad una autopsia Anche se nel suo sogno egli era morto, poteva vedere e sentire ciò che stava accadendo e, come il medico affettava il suo cervello. Il sogno contribuì a convincere Rorschach che c'è un forte legame tra la percezione e l'inconscio. Scelse quindi il “simbolismo delle allucinazioni” come argomento per la dissertazione del suo dottorato. Hermann Rorschach: "Ci deve essere una certa soglia al di la' della quale la percezione, l'assimilazione senza coscienza dello sforzo assimilativo, diventa interpretazione".

La psicologia cognitiva e gli studi sulle modificazioni dello stato di Co dimostrano che ogni situazione che induca stimoli capaci di stimolare l’attenzione di un soggetto secondo uno o più dei seguenti fattori...

· imprevedibilità o forte aspettativa (motivazione), o costruzione ritualistica (cerimoniali di transe)
· elevata intensità o deprivazione sensoriale,
· qualità del percetto,
· alterazioni importanti delle senso percezioni (suoni, luci)
· autoreferenzialità inconscia dei messaggi
· velocità dell’esposizione allo stimolo o al contrario costanza nel tempo del medesimo,
· con monoideismo o complessità degli stimoli (impossibilità di essere trattai secondo gli schemi abituali),
· distanza dal comune esperito o forte vicinanza -riferimento alla soggettività-,
· splitting rispetto al canale percettivo primario utilizzato dal soggetto
· riferimento a minaccia dell’istinto di sopravvivenza, tutela della specie e del gruppo
· complessualità specifiche riguardo ai contenuti

...tende a provocare uno spostamento dallo Stato di Co Ordinario (“che costituisce uno schema attivo e stabile di funzioni psicologiche”, Charles Tart) ad un altro modificato. Situazioni contingenti e di breve durata, anche se con le caratteristiche di intensità e novità dello stimolo –con l’eccezione di quelle che riguardano una minaccia agli istinti di base- tendono a provocare solo una oscillazione del Sistema Di Coscienza Ordinario, facendolo fluttuare su un continuum intensità/durata solo momentaneo.
Le caratteristiche proprie del Test di Rorschach –sollecitazione del meccanismo proiettivo- e del setting di somministrazione –la situazione di raccoglimento e la richiesta di accedere a contenuti della realtà interna, il modeismo sollecitato dall’esposizione alle tavole, in assenza di sollecitazioni e stimoli provenienti dall’esterno- trovano potenzialmente espresse molte condizioni-stimolo capaci di operare uno slittamento dei livelli di coscienza del soggetto sottoposto. Perché tale effetto abbia il carattere di una significativa modificazione dello stato di Co dell’individuo debbono senz’altro intervenire più elementi, ma l’esperienza clinica e molte manifestazioni dei soggetti in corso di psicodiagnosi, come l’evidenze scientifiche di studi una psicodiagnostica del Rorschach applicata allo studio degli Stati Modificati di Co, mostrano come possano occorrere, anche a prescindere dal contesto interpretativo –risposte complessuali o slatentizzazione di quadri sindromici tipici della patologia presente nel soggetto in psicodiagnosi.

L’apparato della Coscienza presiede alla conservazione di quella identità di cui è funzione e questo avviene con l’attribuzione di senso a quella ricostruzione simulatoria della realtà che lo circonda. Per ottenere questo, mette in atto costanti aggiustamenti delle proprie interpretazioni, ricorrendo a confrontazioni con processi di categorizzazione precedenti e ampliando la propria capacità organizzativa con i nuovi. Ove questo processo non riesca soddisfatto dalle analisi e meta analisi innescate dagli stimoli sulle precedenti esperienze, occorre una parziale od importante sospensione dello stato di Co ordinario, ed attivazione della funzione inconscia, forse il ritorno a quel luogo dell’obbedienza che ci suggerisce Jaynes. In essa, le caratteristiche di a-logicità del costrutto mentale, con sregolazione delle categorie mentali del tempo e dello spazio “danno rifugio” ad una ricerca di senso fuori fallita Haynes: “L’emisfero destro è più impegnato in compiti sintetici e spaziali.-costrtuttivi, mentre l’emisfero sinistro è più analitico e verbale. L’emisfero destro, forse come gli dei, vede un significato nelle parti solo all’interno di un contesto più ampio; esso guarda alla totalità. L’emisfero sinistro o dominante, come il lato umano della mente bicamerale, concentra invece la sua attenzioni sulle parti”.. Questa s’incontra a metà strada con la costante ricerca di senso compiuta dall’attività del nostro inconscio e dal rimosso, in una sognante pacificazione tra simbolico e reale –direbbe Lacan- nel primitivo “luogo della Ragione”. “Le macchie casuali, gli errori maldestri formano chiaramente dei colori sbagliati….che non funzionano….sovente compromettono l’effetto. Ma io le accetto, perché in effetti testimoniano la mano del pittore nella sua opera, ed evitano il dominio dell’oggetto” (Jean
Debuffet). “L’art Brut ha in sé tutti gli elementi che richiede un’opera d’arte: una bruciante tensione mentale, invenzione senza freni, libertà totale. Pazzi? Certamente. Potreste concepire un’arte che non fosse un poco folle? Nietzsche diceva: -noi vogliamo dell’arte che danzi-”

Se l’inconscio può essere “il luogo dell’altro”, come designa Lacan, ora è con l’altro che il soggetto vive l’esperienza, mentre “interpreta”. Nell’esperienza del Rorschach, ora fuori è fatto a noi segno di una “vicenda personale”; ora nel teatro della Co, come nel luogo onirico, si rappresenta in metafora il drama personale. Ritengo che quanto del “vangelo” dei nostri pazienti nasce nell’incontro con le tavole e l’esaminatore, sia da riferirsi sia alla dimensione “patologica” lì indagata, quanto, contestualmente alla sua capacità di cedere il comando alla sua parte meno integrata nell’urgenza dell’incontro con il reale; questo sia relativamente i contenuti che le manifestazioni particolari che emergono. In un setting tanto particolare e “privato” come quello del Test che se allerta le difese del soggetto, al contempo ne accoglie “il racconto”, abbiamo la copresenza di due aspetti dimensionali della coscienza: da un lato la Coscienza Husserliana, che è sempre “coscienza di” nell’esperienza del mondo, cioè in quell’ambito dove “l’orizzonte della realtà” -come lui lo definisce- designa al soggetto le possibilità di essere cosciente di qualcosa, associata alla “consapevolezza” dell’esaminatore che quanto lì si sta svolgendo non si basa su qualche privilegio personale, di ordine scientista, ma, come dice anche Wittgenstein, sulla prassi, ossia “la fondazione e la giustificazione non è data immediatamente, ma è il nostro agire che sta a fondamento della nostra forma di vita” ed in questo si giustifica anche l’operato dell’indagine empirica; dall’altro lato l’incontro dei due soggetti in una possibile dimensione “altra”, collusiva nei termini di reciproche identificazioni che passano al di sotto della soglia cosciente e possono realizzarsi in condizioni modificate di Co. E’ in questa dimensione tipicamente umane del riconoscimento della Coscienza a se stessa attraverso l’altro che accompagna nel viaggio, alla stessa stregua dello sciamano che fa oracoli, acquista un senso la produzione del soggetto e si può superare quella che altrimenti Minkowski osserverebbe come critica e vale a dire che nonostante tutto quello che la trama dei romanzi come sequenze di avvenimenti può insegnarci sulla vita, la vita è cosa troppo seria per essere ricondotta al romanzo

lunedì 13 ottobre 2008

Rorschach e Psicologia del Profondo


RORSCHACH E PSICOLOGIA DEL PROFONDO
Dedicata a Carlo Rizzo in occasione del settantesimo anniversario
della Scuola Romana Rorschach (1938 – 2008)
TERZA GIORNATA DI STUDIO

18 Ottobre 2008,

Istituto per gli Affari Sociali
via P. Stanislao Mancini,28 (p.le Flaminio), 00196 Roma

Il programma della Giornata, prevede l’intervento di relatori - Docenti Universitari e Cultori della Materia - che approfondiranno diversi aspetti della psicodiagnostica e Panel dedicati alle più recenti e innovative attività dell’Istituto; inoltre in occasione del 70° anniversario della fondazione sono previsti momenti celebrativi dedicati alla memoria del fondatore Prof. Carlo Rizzo.

PROGRAMMA

Mattina 9.00 – 13.30
9:00 Registrazione dei partecipanti
9:30 Apertura dei lavori: prof. Antonio Guidi, Presidente Istituto per gli Affari Sociali
9:45 Apertura della Giornata di Studio: Salvatore Parisi: Il settantennale della Scuola Romana Rorschach
Chair: Salvatore M. Salice
10:15 Vera Campo (Societat Catalana del Rorschach i Mètodes Projectius) : Analisi psicodinamica di un protocollo Rorschach
11:00 Maria Gabriella di Iullo (Università “La Sapienza”): Il valore di stimolo delle Tavole Rorschach
11:30 Coffee Break
12:00 Maria Fiorentino (AIPA,S.R.R.): Le misteriose origini del Rorschach, un confronto con il reattivo di AssociazioneVerbale
di C.G.Jung
12:30 Consegna del Premio Carlo Rizzo
12:45 Discussione sui lavori della mattina

Pomeriggio 15.00 – 18.30
Chair: Maria Fiorentino
15:00 Niels P. Nielsenn - Salvatore Zizolfi: Interpretazione dei sogni e interpretazione del Rorschach. Resto diurno e ombelico del sogno nel Protocollo Rorschach di Joachim von Ribbentrop

15.40 PANEL LA MOLTEPLICITÀ DEL RORSCHACH
Franca Clara Giambelluca: Rorschach e DSM: la valutazione diagnostica contestuale
Ermanno Gioacchini: Rorschach e Stati di Coscienza Modificati (ASC)
Roberto Cicioni: Lo studio dell'omicidio attraverso il Rorschach: un'analisi qualitativa

16.40 PANEL LA SCUOLA ROMANA RORSCHACH NEGLI ANNI DUEMILA
Salvatore M. Salice: Strategie e servizi della Scuola Romana Rorschach
Ricerche: Giusi Brutti - Gioconda Coletta: Studio sugli adolescenti italiani. Analisi dei primi dati normativi.
Comunicazioni
Discussione sui lavori del pomeriggio
18.30 Chiusura dei lavori: Maria Fiorentino

Scuola Romana Rorschach, www.scuolaromanarorschach.it
via di Tor Fiorenza 35 – 00199 Roma - Tel 06.86.21.11363 – 06. 86 21 1370
Referente: Dr. Alessandra Minutoli
minutoli.alessandra@scuolaromanarorschach.it

Foto: "Freud, Rorschach, Jung"

lunedì 6 ottobre 2008

"The Seagull Summary"

I suggest this good introduction to the " The Sea Gull" for those who are approaching the piece of Chekhov

"The Seagull: Introduction." Drama for Students. Ed. Marie Rose Napierkowski. Vol. 12. Detroit: Gale, 1998. eNotes.com. January 2006. 6 October 2008.
http://www.enotes.com/seagull/.
"The Seagull Summary / Study Guide


An interesting photo of "a scene from act 3 of the theatrical production of The Seagull, "The Seagull: Scene from the Moscow Art Theater Production Picture" is reproducted at

Dramatherapy, The Sea Gull, Anton Pavlovic Checov: Kostantin Gavrilovie Trepliev versus Irin Nikolaevnia Arkadina

Treplev su-alla madre (Irin Nikolaevnia Arkadina)
1527 parole
(7-658 caratteri, spazi esclusi)

I ATTO

(Alla domanda delo zio Sorin sul perchè sua sorella sia dicattivo umore) Perché? Si annoia. (Sedendoglisi accanto). È gelosa. Ormai è contro di me, contro lo spettacolo, contro la mia commedia perché al suo letterato potrebbe piacere la Zareènaja. Lei non conosce la mia commedia, ma la odia di già.

Le fa rabbia che su questa piccola scena avrà successo la Zareènaja e non lei. (Guarda l'orologio)... una rarità psicologica, mia madre. È indubbiamente ricca di talento, intelligente, capace di singhiozzare su un volumetto, di impararti a memoria tutto Nekrasov, di curare i malati come un angelo; ma provati a lodare in sua presenza la Duse! Oh-oh! Lei sola è da elogiare, solo di lei si deve scrivere, per lei bisogna urlare, andare in delirio per l'eccezionale interpretazione della Dame aux camélias o della Voluttà della vita. Ma poiché qui, in campagna, questo narcotico non esiste, lei si annoia, si infuria, noi tutti siamo suoi nemici, tutti colpevoli. Inoltre è superstiziosa, ha paura delle tre candele, del numero tredici. È avara. Odessa ha settantamila rubli in banca, lo so per certo. Prova a chiederle un prestito, si mette a piangere.

(strappando i petali da un fiore)
M'ama, non m'ama - m'ama, non m'ama - m'ama, non m'ama. (Ride). Vedi, mia madre non mi ama. Altro che! Le piace vivere, amare, portare camicette chiare, e io ho già venticinque anni e non faccio che ricordarle che non è più giovane. Quando io non ci sono lei non ha che trentadue anni, se arrivo io diventano quarantatré, e per questo mi odia. Sa anche che io non accetto il teatro. Lei il teatro lo ama, le sembra di compiere un servizio per l'umanità, per la sacra arte; per me invece il teatro contemporaneo è una routine, un pregiudizio. Quando si alza il sipario e, alla luce della sera, in quella camera con tre pareti questi grandiosi talenti, questi sacerdoti della sacra arte rappresentano gli uomini intenti a mangiare, bere, amare, camminare, a portare la propria giacca; quando da quadri e frasi grossolane si sforzano di trarre una morale, una morale meschina, comprensibile a tutti, utile agli usi quotidiani; quando in mille varianti mi ripropongono la stessa cosa, la stessa, la stessa; allora io scappo, scappo come Maupassant scappava dalla torre Eiffel, che gli offuscava il cervello con la sua volgarità.

Sono necessarie forme nuove. Nuove forme sono necessarie, e se queste mancano, allora è meglio che niente sia necessario. (Guarda l'orologio). Io amo mia madre, profondamente; ma lei fuma, beve, convive agli occhi di tutti con quel letterato, i giornali tirano sempre in ballo il suo nome, e questo mi disturba. Talvolta in me è solo l'egoismo di un comune mortale che parla; mi dispiace che mia madre sia un'attrice famosa e mi pare che se fosse, una donna comune, io sarei più felice. Zio, cosa c'è di più disperato e stupido della mia situazione: per esempio, aveva ospiti, tutti illustrissimi, artisti e scrittori, e in mezzo a quelli l'unica nullità ero io, e mi sopportavano solo perché ero suo figlio. Chi sono? Che cosa sono? Ho lasciato l'università al terzo anno, per circostanze, come si suol dire, indipendente dalla redazione. Non ho talento, né denaro, neanche un centesimo, ma dal passaporto risulto un borghese di Kiev. Mio padre si, era un borghese di Kiev, per quanto fosse anche un attore famoso. E quando nel salotto di mia madre quegli artisti e scrittori mi degnavano della loro magnanima attenzione, a me sembrava che con i loro sguardi misurassero la mia pochezza, e indovinavo i loro pensieri e soffrivo per l'umiliazione... accanto). È gelosa. Ormai è contro di me, contro lo spettacolo, contro la mia commedia perché al suo letterato potrebbe piacere la Zareènaja. Lei non conosce la mia commedia, ma la odia di già.

Le fa rabbia che su questa piccola scena avrà successo la Zareènaja e non lei. (Guarda l'orologio)... una rarità psicologica, mia madre. È indubbiamente ricca di talento, intelligente, capace di singhiozzare su un volumetto, di impararti a memoria tutto Nekrasov, di curare i malati come un angelo; ma provati a lodare in sua presenza la Duse! Oh-oh! Lei sola è da elogiare, solo di lei si deve scrivere, per lei bisogna urlare, andare in delirio per l'eccezionale interpretazione della Dame aux camélias o della Voluttà della vita. Ma poiché qui, in campagna, questo narcotico non esiste, lei si annoia, si infuria, noi tutti siamo suoi nemici, tutti colpevoli. Inoltre è superstiziosa, ha paura delle tre candele, del numero tredici. È avara. Odessa ha settantamila rubli in banca, lo so per certo. Prova a chiederle un prestito, si mette a piangere.

M'ama, non m'ama - m'ama, non m'ama - m'ama, non m'ama. (Ride). Vedi, mia madre non mi ama. Altro che! Le piace vivere, amare, portare camicette chiare, e io ho già venticinque anni e non faccio che ricordarle che non è più giovane. Quando io non ci sono lei non ha che trentadue anni, se arrivo io diventano quarantatré, e per questo mi odia. Sa anche che io non accetto il teatro. Lei il teatro lo ama, le sembra di compiere un servizio per l'umanità, per la sacra arte; per me invece il teatro contemporaneo è una routine, un pregiudizio. Quando si alza il sipario e, alla luce della sera, in quella camera con tre pareti questi grandiosi talenti, questi sacerdoti della sacra arte rappresentano gli uomini intenti a mangiare, bere, amare, camminare, a portare la propria giacca; quando da quadri e frasi grossolane si sforzano di trarre una morale, una morale meschina, comprensibile a tutti, utile agli usi quotidiani; quando in mille varianti mi ripropongono la stessa cosa, la stessa, la stessa; allora io scappo, scappo come Maupassant scappava dalla torre Eiffel, che gli offuscava il cervello con la sua volgarità.

Figlio mio caro, quando si comincia?

"E perché tu sei sprofondata nel vizio, hai cercato amore nell'abisso del delitto?".

Mamma!

No.

Mamma!

II ATTO

III ATTO

Non ti spaventare, mamma, non c'è pericolo. Allo zio ormai succede spesso. (Allo zio).Dovresti stare un po' coricato, zio.

(riferendosi al malore dello zio Sorin) Non gli fa bene vivere in campagna. Gli viene la malinconia. Vedi, mamma, se tu all'improvviso diventassi tanto generosa da fargli un prestito di millecinquecento, duemila rubli, potrebbe starsene in città tutto l'anno.

Mamma, cambiami la fasciatura. Tu lo sai fare bene.

No, mamma. È stato un momento di disperazione folle, in cui non sono riuscito a trattenermi. Non si ripeterà più. (Le bacia le mani).Hai le mani d'oro. Mi ricordo, tanto tempo fa, quando tu recitavi ancora sulle scene imperiali, io ero molto piccolo, in cortile si azzuffarono, picchiarono una lavandaia che abitava da noi. Ti ricordi? La raccolsero che aveva perso conoscenza... E tu andavi sempre da lei, le portavi le medicine, lavavi nella tinozza i suoi bambini. Possibile che non ti ricordi?

Due ballerine vivevano allora nella stessa casa... Venivano da te a bere il caffè...

Erano tanto devote.(Pausa) Negli ultimi tempi, in questi giorni, ti voglio bene con la stessa tenerezza e dedizione di quand'ero bambino. Oltre a te, non mi è rimasto nessuno. Ma perché, perché fra di noi si è intromesso quell'uomo.

Però quando gli hanno riferito che intendevo sfidarlo a duello, la sua nobiltà non gli ha impedito di far la parte del vigliacco. Parte. Che fuga vergognosa!

Io rispetto la tua libertà, ma anche tu devi permettere a me di essere libero e di avere con quell'uomo il rapporto che credo. Un'anima nobile! Ecco, tu ed io stiamo per litigare a causa sua, e lui intanto chissà dove, in salotto o in giardino, se la ride di me e di te, si sta coltivando Nina, cerca di convincerla una volta per tutte che lui è un genio.

Io non lo stimo. Tu vorresti che anch'io lo ritenessi un genio, ma, mi scuserai, non so mentire, le sue opere mi danno la nausea.

I veri talenti! (Con rabbia).Io ho più talento, di voi tutti, se proprio lo vuoi sapere! (Si strappa la benda dal capo).Siete tutti vittime della routine, avete abbrancato il primato nell'arte e ritenete legge e verità soltanto ciò che fate voi, e tutto il resto lo calpestate e soffocate! Non vi riconosco! Non riconosco né te, né lui!

Va' al tuo caro teatro a recitare in commedie da quattro soldi e di bassa lega!

Spilorcia!

(Treplev si siede e piange in silenzio)

Se tu sapessi! Ho perduto tutto. Lei non mi ama, io non riesco più a scrivere... sono crollate tutte le speranze...

(le bacia le mani) Sì, mamma.

Va bene... Soltanto, mamma, permettimi di non incontrarlo. Mi peserebbe troppo... non potrei sopportarlo... (Entra Trigorin).Ecco... me ne vado... (Ripone velocemente le medicine nell'armadietto).La fasciatura me la rifarà il dottore...

IV ATTO

Ha letto la sua novella, ma della mia non ha neanche tagliato le pagine. (Appoggia la rivista sulla scrivania, poi si dirige verso la porta di sinistra; passando accanto alla madre, la bacia sulla testa).

Scusami, non ne ho molta voglia... Passeggerò un poco. (Esce).

Non voglio, mamma, sono sazio.

Non sarebbe bene se qualcuno la incontrasse in giardino e poi lo dicesse alla mamma. La mamma ne proverebbe dispiacere... (riferendosi ad uno scongiurabile incontro tra Nina e l’Arkadina)

(A destra, fuori scena, un colpo di rivoltella; tutti sussultano)


Tratto da Il Gabbiano di Anton Pavlovic Cechov
Foto: "Dramatherapy, Chekhov and His Family"

sabato 4 ottobre 2008

Dramatherapy, Cechov, The Sea Gull,: Irin Nikolaevna Arkadina versus Kostantin Gavriloviè Treplev


Irin Nikolaevna Arkadina su-al figlio (Treplev)
697 parole
(3.398 caratteri, spazi esclusi)

I ATTO

Figlio mio caro, quando si comincia?

"Amleto, basta. Mi rivolti gli occhi dentro l'anima, e vedo macchie nere, abbarbicate, che
non andranno più via
"

Figlio mio caro C'è odore di zolfo. Non se ne poteva fare a meno?

· Che gli è preso?

· Ma che cosa gli ho detto?

Ma è stato lui ad avvertirci che sarebbe stato uno scherzo, e io la sua commedia l'ho presa
come uno scherzo.

· Ma è decadentismo.

Adesso verrà fuori che ha scritto un'opera grandiosa! Ditemelo, per favore! Ha allestito
questo spettacolo e ci ha appestati con lo zolfo non per scherzo, ma per dimostrare
qualcosa... Ci voleva insegnare come si deve scrivere e che cosa bisogna recitare. In fin dei
conti è una bella noia. Queste continue allusioni nei miei riguardi, queste punzecchiature,
concedetemi, infastidirebbero chiunque! E un ragazzo capriccioso, presuntuoso.

Davvero? Però non ha scelto una qualsiasi commedia, ma ci ha costretto ad ascoltare
questo delirio decadente. Per amor dello scherzo sono pronta anche ad ascoltare un delirio,
ma qui ci sono pretese di forme nuove, di una nuova era nell'arte. Secondo me qui non si
parla di forme nuove, ma solo di cattivo carattere.

Scriva pure come vuole e come può, soltanto mi lasci in pace.
Però comincio ad avere dei rimorsi di coscienza. Perchè ho offeso il mio povero ragazzo?
Sono in ansia. (Ad alta voce).Kostja! Figliolo! Kostja! Non volevo offenderlo

II ATTO

Ho l'anima inquieta. Ditemi, che sta succedendo a mio figlio? Perché è così malinconico e
brusco? Passa giorni interi sul lago, e io non lo vedo quasi più.

III ATTO

(rivolta a Sorin) Bada a mio figlio. Abbi cura di lui. Consiglialo. Ecco, me ne vado senza
sapere perché Konstantin ha tentato di uccidersi. Penso che la causa principale sia stata la
gelosia, e prima porterò via da qui Trigorin, tanto meglio sarà.

Quanti pensieri mi procura! (Soprappensiero). Se si trovasse un impiego, che so...
Quanti pensieri mi procura! (Soprappensiero). Se si trovasse un impiego, che so...Se avessi
io del denaro, gliene darei io stesso, si capisce, ma non ho nulla, neanche un soldo. (Ride)…

(omissis) Ebbene, io il denaro ce l'ho, ma sono un'artista; le sole toilettes mi dissanguano.

Siediti. (Gli toglie la benda dal capo). È come se avessi un turbante. Ieri un passante ha
chiesto in cucina di che nazionalità sei. Si è cicatrizzata quasi del tutto. È rimasta solo
qualche traccia. (Gli bacia il capo). Non è che senza di me farai di nuovo cik-cik?

(in risposta a Kostja che ha parole di disprezzo per Trigorin) Che sciocchezza! Io stessa l'ho
portato via. La nostra intimità non può certo piacerti, ma tu sei intelligente e aperto, ed io
ho il diritto di pretendere che tu rispetti la mia libertà.

Ci provi un gran gusto a dirmi cose spiacevoli. Io stimo quell'uomo e chiedo che in mia
presenza non si parli male di lui.

È solo invidia. Alle persone prive di talento ma piene di pretese, non resta altro che
biasimare i veri talenti. Non c'è che dire, è una bella consolazione!

Decadente!...

Lasciami in pace! Tu non sei neppure in grado di scrivere uno squallido vaudeville.
Borghesuccio di Kiev! Parassita!

Pezzente!

Nullità! (Camminando avanti e indietro agitata). Non piangere. Non è il caso di piangere...
(Piange) Non si deve... (Lo bacia sulla fronte, sulle guance, sul capo). Mio bambino caro,
scusami... Scusa la tua mamma peccatrice. Perdona quest'infelice.

Non disperare... Tutto si risolverà. Io lo porterò via, lei tornerà ad amarti. (Gli asciuga le
lacrime). È tutto finito. Abbiamo fatto la pace.

Fai la pace anche con lui. Non c'è bisogno di duelli... È vero che non ce n'è bisogno?

Dov'è Konstantin? Ditegli che sto partendo. Dobbiamo salutarci. Dimenticate quel che c'è
stato di male. (A Jakov). Ho dato un rublo al cuoco, per tutti e tre.

IV ATTO

(in risposta a Dorn che elogia gli scritti di Kostja) Pensate che non l'ho ancora letto. Non ho
mai tempo.

Kostja, chiudi la finestra, c'è corrente

Kostja, lascia stare i tuoi manoscritto, andiamo a mangiare.

Cos'è stato? Uff, che paura. Mi ha fatto venire in mente, quando... (Nasconde il viso nelle
mani). Mi si è persino annebbiata la vista...


Tratto da "Il Gabbiano" di Anton Pavlovich Cechov
Foto: "Dramatherapy, Cechov"

venerdì 3 ottobre 2008

Dramatherapic Process operating in the actor: Cechov, the Sea Gull

the good enough mother’ is a reminder that parenting does not have to be perfect ... "
Bowlby J (1984)

Kostja è impulsivo senza dubbio, ma vi è anche un dolore profondo e di vecchia data ad aver dato spessore ai suoi modi e, dietro quelli, alla sua depressione. Questa è quel senso indicibile di vuoto che egli riempe di slanci idealistici, verso l’amata come verso il teatro. Lei, la madre, chiama "ozio" tutto questo, nessun altro. L’impulsività non ha una logica, può avere delle ragioni dietro, immediate e più profonde; pretesti le prime ed energetiche, inerenti la personalità, le seconde. Nessuno lo ha mai detto che Kostj è ozioso. Quindi possiamo credervi: Kostja è davvero impulsivo. Posso solo immaginare -con Cechov forse- che il gesto finale sia stato determinato dall’ultimo dolore ricevuto da Nina, ma solo perché l’ultimo di una lunga serie che si è celebrata già dentro di lui.
Quanto all’apparentamento tra Kostja e l’ozio a discapito di quello sospettabile tra madre e figlio…bisogna aver spiegato in che cosa consista quest’”apparentamento” (?); se ci si riferisce ad un “vuoto” come “parente” scomodo dentro, al posto del pieno, il parente legittimo, la madre, allora sì…apparentamento: l’assenza reclama una presenza latitante, la richiede, la urla, la sollecita finchè la lascia spegnere, si vuole spegnere. Eppure Irina Arkadina scambia lo stato depressivo del figlio per indolente ozio…si è detto.

Poi ancora…rispetto le due importanti domande che l'attore si pone:
credete sul serio che tutte le madri riescano ad essere madri perfette?
e tutti i figli generati, perfetti figli? Dov’è scritta questa regola universale: nel DNA?

Tra una madre "perfetta” ed una “sufficientemente buona” -come recita Bowlby- che costituisce per il figlio "una base sicura" -Mary Ainsworth- ne passa di differenza. Esistono errori veniali, che la vita, da ovunque provengano, riesce ad annullare nel loro effetto “maligno”; altri segnano profondamente gli individui ed anche a distanza dagli eventi, l’eco della sofferenza non passa.

Quando fai un salto –perché il sogno del volo, del frutto sul ramo più alto, della luna sempre troppo irraggiungibile, per fortuna, costituiscono un motore che parla di “vita” più che di “logica”-, c’è da sperare che il terreno sia solido, che non ceda al tuo abbandono e poi al tuo ritorno. Ecco, la terra “genitrice” possiede questa accogliente funzione di contenere e lasciar andare, generare e far crescere in distanza da lei. Se la funzione manca, la biglia, impaurita tra le luci, i suoni del flipper e le sue molle, diventa preda degli eventi; capace di “fare punti” fortuiti e rovinare nell’abisso della buca centrale. E di nuovo “in gioco con se stessi” per nuovi games…

Ma poi, più profondamente vorrei chiedere all’attore: anche se sospetto sia naturalmente difficile, ma egli…da che parte sta? Ammesso, poi, che vi sia una parte sola a raccogliere comunque le persone su questo argomento così trans-generazionale! Il commento di Nina-NINA oscilla, a volte vacilla, non si pone chiaro a indicarci cosa vuole dirci, se non asserendo e poi mitigando…troppo figlia, poca madre, troppa madre, poca figlia: il processo drammaterapico sta attraversando l’attore e ne è uscito ilrumore di fondo! E’ chiaro, carissimi, che bisognerebbe scomodare Adamo ed Eva per il peccato originale, ma bisogna pur prendere atto che il presente può cambiare, chiede implicita la nostra responsabilità, a patto almeno di aver chiaro cosa è accaduto sino aggi intorno a noi.
La Russia ha generato tanti figli come ogni epoca passata ha generato tanti figli…si è detto che anche l’assenza della televisione inducesse a generare molti figli e che la libertà sessuale è stato un automatico conseguente mezzo sociale di controllo delle nascite. Tutto vero, ma poi? Per dire…cosa?
Accettiamo che debba esservi anche l’incubazione delle idee prima di partorirle o saranno figli ingrati…quelle parole!

Director
Foto: "Dramatherapy_Kostja_The Flipper", foto tratta dal sito www.flipperantichi.it

giovedì 2 ottobre 2008

Hummm...Il bisturi drammaterapico affonda. Ricordiamoci di sterilizzare i ferri, dopo ogni intervento. Go on...


  • @ da NIna
    A proposito di "Ali: Accadde Davvero...Irina Arkadina..."

    "Madri e Figli"
    Debbo davvero credere che quel cucciolo capriccioso, rabbioso, impulsivo senza logica –come se l’impulsività fosse dettata da un movimento di pensiero raziocinante–, sia Kostja? Kostja e l’ozio risulterebbero dunque molto più apparentati che egli stesso con Irina Arkadina.
    Ozio: termine grosso, che rimanda ad una persona sfaccendata, inoperosa, ricca di superfluità. Esso ha la caratteristica di portare l’individuo ad uno status “abituale” e "infingardo” (Zingarelli). Kostja è povera cosa. Accadde davvero che Kostja non fosse amato da una madre “brava, buona, amorevole”, incapace ad assolvere quel ruolo d’eccellenza genetica che Madre Natura le consegnò. Scienza e Natura, per la prima volta, dovrebbero essere indagati insimbiosi.
    Vero: è accaduto nella realtà cechoviana del Gabbiano. Continua ad accadere nel presente storico che viviamo. Tuttavia voglio porre una domanda d’urto:

credete sul serio che tutte le madri riescano ad essere madri perfette?
e tutti i figli generati, perfetti figli? Dov’è scritta questa regola universale: nel DNA?

Essere madre, essere figli non sono mestieri da impararsi nella bottega del mastro artigiano. Una madre non è un mostro solo perché quel ruolo non le appartiene o è incapace d’affrontarlo o non ne possiede la naturale, felice attitudine. Qual è la storia personale di una donna come Irina, una donna che non vogliamo perdonare ma solo demonizzare?L’eredità familiare può non aver donato figure supplementari o di restituzione. L’eredità familiare è il substrato d’ogni mancanza affettiva: impari ad amare se qualcuno te lo insegna. Una madre può aver avuto la propria –assente. Dovremmo scrutare il passato di molte Irine, allora… Arrivare all’oggi, in un presente storico che sembra decisamente carente nell’offrire un panorama gratificante.
"Madri, dove siete?"I
Irina Arkadina: essere inutile, viziata, ricca di superfluità, infingarda. Irina Arkadina propone questo modello a Kostja. Cechov propone due fantocci speculari. "Madre, dove sei?" Lei vacilla d’inconsistente vanità; ama Trigorin sapendo che forse è amata-ad-intermittenza. Kostja si tormenta errante nella casa-spettro degli amori mai bastanti. Abituato a decantare con lo spleen esistenziale, la privazione ombelicale, nonché l’eterna Nina Zarecnaja. Il centro del mondo si nega: quale mondo, poi? Quello decadente di fineOttocento in Russia? Questa Russia gelida sopravvive a temperature sotto la soglia umana.Questa Madre Russia è confinata tra le steppe e i GULag. Questa Russia sogna calore, un Sole benevolo che la partorisca dai suoi mulinelli sterili. Anche essa ha un preciso destino: la geografia della distanza incolmabile col resto del mondo.Nel 1896 Madre Russia faticava ad andare avanti. Eppure ha generato molti figli.
"Figli, ora e sempre, dove volate? Dove siete?"

Foto: "Chekhov_Masha_and_Mizinova"

Oggi si apre la stagione della caccia. La Caccia Al Tesoro!

@ da Emiliana
A proposito di..."Il Potere Della Narrazione"

Quando "narro" ad altri quello che sento e penso, sono io che esisto di più e sembra che la mia vita acquisti di più un senso.

Quanto e' vero! Per anni mi sono autopunita proprio per questa sensazione: il bisogno, quando qualcosa di importante -bello o brutto- mi accadeva, di raccontarlo, immediatamente, se possibile, a qualcuno che mi fosse vicino in spirito, a un compagno, un amico, altrimenti era quasi come se non fosse accaduto nulla. Al contrario, le domande e i commenti della persona cara ratificavano all'accaduto e lo rendevano rilevante. Si', sara' stata anche l'insicurezza e il bisogno di sentirsi confermati dall'altro, ma era anche la necessita' di comunicare l'accadimento, o il pensiero e di ascoltarsi raccontarlo. La narrazione lo rendeva piu' reale. In piu', credo ci sia l'importante elemento del condividere. "L'uomo e 'un animale sociale" ("Anthropos zoon politicon esti") ha detto Aristotele e da sempre ha avuto bisogno di comunicare al proprio simile le proprie esperienze e di rendere queste e, a loro volta, le esperienze dell'altro, patrimonio comune, ricchezza condivisa; ma anche terreno d'incontro reciproco.Grazie, Dedalo, per avermi/ci regalato questo frammento di tesoro.


Foto: "Cine-dramatherapy and Storytelling",
da
Rodolfo, piece drammaterapica Atelier Liberamente, dic. 2007

mercoledì 1 ottobre 2008

Hypnodrama: A Walk With Grotowsky. Who Is To Change?


E' stato un laboratorio di hypnodrama formidabile...Qualche mese fa. Quel rospo affannato a cercare un percorso che non lo lasciasse perso, senza più la memoria di quanto era ed era stato sino ad un momento prima e la nuova strada, fatta d'incontro nuovo.

L'incontro con l'altro è sempre una grande opportunità d'incontro con se stessi. Accade sulle tratte Roma-Dublino o ai limiti di uno stagno: "La Principessa ed il Rospo", ricordate? Una stupenda Francesca -Arco-, delicata quanto provocatrice e un superbo Plinio -in sardo mi verrebbe da dire meschineddu...-, senza più erba dove nascondersi, eppure divertito (incuriosito) da quanto gli stava accadendo. Trasformazione del rospo o trasformazione della principessa...That's the question...Si, Dedalo, si Antonio, Emiliana, Nina...la creatività ci sfida a rinascere dove forse dentro...già siamo. Vs. Director

Foto: "Hypnodrama: A Walk With Grotowsky",
"Hypnodrama and Renovation"
Atelier Liberamente, 2008

Il potere della Narrazione

@ da Dedalo
A proposito di "Ali: accadde davvero..."

Uno dei concetti di questo post su cui vorrei dire qualcosa è quello della "narrazione salvifica che ci restituisce la conoscenza" -"... che è "Potenza del "drama", del processo drammaterapico, che sia azione dentro o azione fuori, quando la persona si "riprende" la responsabiltà del suo ruolo primario, "centrale", all'interno della propria rappresentazione ed in questo caso "propria" in tutti i sensi"-. Voglio dire che anche grazie a questo blog ho cominciato a capire che è importante e benefico e gratificante tirare fuori quello che si ha dentro, cioè procedere a quella "narrazione" di noi stessi verso le altre persone. Alla base del mio stare in silenzio in passato, penso ci sia stato anche e soprattutto il timore. Questo penso abbia avuto varie origini e differenti connotati. E' di uno di questi che vorrei scrivere.

Il timore che nasce -e ciò potrebbe sembrare ovvio- dalla mancanza di coraggio. Infatti, penso di essere stato timoroso anche per altri motivi, per vergogna, insicurezza o timidezza. Ma la mancanza di coraggio mi sembra in questo momento che sia un'altra cosa. E' quando rinunci ad affermare le tue idee, ad esporti per esse. Quando rinunci a prenderti l'onore di te stesso, a prenderti la responsabilità di essere te stesso. Questo blog è stato, credo, la prima occasione per me di parlare e scrivere "pubblicamente". E peraltro, nel farlo, cerco di buttare giù una narrazione di me, magari solo parziale, abbozzata, che tratta soltanto di certi temi, anche perchè cerca di essere in linea con i contenuti del blog. Una cosa di cui mi rendo conto è che uno dei motivi per cui la "narrazione" è salvifica è che ciò che è narrato acquista maggiore consistenza, diventa cioè più reale, esiste maggiormente, non è più inafferrabile come prima. Quando "narro" ad altri quello che sento e penso, sono io che esisto di più e sembra che la mia vita acquisti di più un senso. In alcuni casi poi, è come se, per dirla in metafofora, capissimo infine con quale bestiaccia ci troviamo a che fare, dopo che per un po' ne avvertivamo la presenza; prima era troppo sfuggente, ci ronzava attorno magari fastiodosa, frastornante, come correnti d'aria che attorno a noi vanno ciascuna in direzione diversa, fino a farci venire un mal di testa. Insomma con la "narrazione" le cose le fissiamo.
Mi è capitato a volte di parlare con delle persone e di esporre certe opinioni di cui pensavo di essere sufficientemente convinto. Una volta espresse, quelle mie stesse opinioni diventavano osservabili dai miei occhi in un altro luogo, su un altro-palco, che non era quello mio interiore, che ora mi sento di poter rappresentare proprio come uno spazio in cui soffiano venti più o menoforti, e in direzioni diverse. Mi è capitato allora di rendermi conto che di quei pensieri, una volta pronunciati, non ero poi così convinto, anzi; che magari la tal cosa non era poi così male e che in fondo mi poteva piacere, anche se aveva detto qualche minuto prima che difficilmente l'avrei fatta. Perchè? Perchè una volta espresse, quelle idee sono diventate giudicabili da me stesso in un modo in cui prima non lo erano, le ho potute guardare meglio - sì direi proprio così - o comunque in un modo che prima non avevo sperimentato. Anche questo poter capire meglio se stessi credo renda salvifica la "narrazione".

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

COMUNICATI STAMPA