@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

giovedì 31 dicembre 2009

Drammaterapia, lavorare con il dubbio


@ Rosanna (psychology facilitator CDIOT)

Non ci sono parole appropriate per definire le infinite emozioni che hanno vibrato e scosso il mio essere-corpo lunedì scorso..con voi..con tutti quelli che hanno partecipato alla nostra performance, al nostro processo Drammaterapico. Niente poteva trattenermi dall'essere lì, nè suppliche, nè sensi di colpa, nè paura, nè stanchezza... Come mi sono sentita ViVa...libera e vitale..l' ansia, lo stomaco chiuso, i pettegolezzi in bagno tra noi donne, "oddio non ricordo le battute", i preparativi, il trucco.."dov'è il mio copione?"

E poi la piece, la musica, le parole e il gesto furtivo del director che mi avvisava di rivolgermi al pubblico..e con estrema spontaneità come se stessimo lavorando tra di noi, ripeto a voce alta "ah si mi devo girare" ...e come se mi stessi destando da un sogno, mi rendo conto del pubblico....rimango senza parole, il silenzio si impadronisce di me...e miracolosamente come se fossimo legati da fili invisibili, il silenzio si impossessa anche degli altri attori...un silenzio coesivo, un collante che ci teneva uniti e solidali nel comunicare il nostro processo drammaterapico... come in un lungo e vibrante eco che proferiva e palesava il "Noi"....Un Silenzio in cui abbiamo permesso agli spettatori di proiettare le proprie emozioni, di identificarsi con il nostro imbarazzo, con le nostre difficoltà. Li abbiamo incuriositi, confusi, abbiamo gettato il piccolo seme del dubbio, così prezioso, che ciascuno di noi dovrebbe sempre tenere nel proprio giardino, proprio come ci insegna il grande Ionesco.

Abbiamo forse deluso chi si aspettava una performance di attori dilettanti, ma non abbiamo deluso chi con mente aperta ha voluto condividere con noi il nostro processo, "dramma", e non abbiamo di certo deluso chi ha voluto soffrire, ridere e ballare con NOI.
Penso che sia successo qualcosa di speciale al nostro party-drammaterapico; credo che abbiamo dato tanto a noi stessi e al nostro pubblico...Ho visto sguardi interdetti e smarriti negli ospiti; ho visto con commozione il tenero e avvolgente abbraccio di Katia a Gianni, suo marito, dopo la pièce..gli occhi lucidi di Lorenzo il figlio di Tonina e Pino..gli abbracci e gli sguardi complici degli attori..gli interventi e la recitazione a volte affannata del nostro director, che è la struttura portante, sostegno insostituibile e prezioso, ma che è anche capace di partecipare ed essere uno di noi.


Scusate l'attesa del mio pensiero ma la fine dell'anno è per me ricca di travolgimenti importanti che sono avvenuti anche grazie alla vostra presenza e complicità. Un caloroso abbraccio a tutti e in particolar modo a M. Pina che mi ha profondamente commosso per quello che ha scritto nel blog, tanti auguri di fine anno e... grazie, Rosanna

@ Director Train Watching

"Rosanna: Il treno permette i più intensi "ad libidum" che si possano immaginare o volere. Sa sfumare, da quel finestrino, le "figurine" della nostra vita; sa addolcirle, comunque siano state e siano; le ripone delicatamente nell'album della memoria, anche recente, senza danno. Ma può permettere anche uno spettacolo più esaltante, quello di farti passeggiare nella vita degli altri indisturbata...senza che quella persona dopo un poco si interroghi, legittimamente, sul perchè del tuo sguardo, un pò troppo inistente. Dal treno è più semplice. La loro vita -quella degli altri- e lì, affannata nel caricare una valigia...; perplessa nel cercare un binario...; risoluta nel salire, decisi, il predellino e via!
Con voi è stato ancora diverso....Si dà il caso che il treno stesse rallentando e che quindi non fossi preparata a quel gioco da vojeur innocente e curioso e ti fa rispondere silenziosamente su dove ci si trovi e dove si stia andando. E' avvenuto, tutto d'un tratto, l'ho scritto in qualche post fa...Un soffio fumoso sulle rotaie, lo stridore di freni ed accanto sulla pensilina VOI, sempre in arrivo -mi avreste poi spiegato- e sempre in partenza. Voi a recitare impudicamente la vostra vita, colorandola con le luci del palco, povere -è vero, lo vuole Grotowsky-, ma così "arlecchino" della vostra fantasia. Mi avete affascinato, ragazze, ragazzi: lavoravate con il dubbio. E questo è davvero incredibile! E senza confonderlo con quel comprensibile disagio di essere davvero dubbiosi di far bene la propria parte! Sono scesa a quella stazione non prevista e continuo a seguirvi. So che avete convinto anche il capotreno ad essere il vostro Capo-Compagnia. Ed ora mi spiego perchè sia così ossessionato dalla puntualità, degli arrivi-partenze e di quelle della "presenza", cosa ben più nobile ed anche invisibile.
Ora viaggio anche con voi. Un bell'acquisto -che ne dite?- per una anno che volge alla sua fine?  Bon Voyage! Rosanna"
Director

mercoledì 30 dicembre 2009

Bob marley "no woman no cry" 1979

No Woman No Cry...
come credere che il sole davvero si alzi su tutte le vicende, senza distinzione...Questo dovrebbe far riflettere sul fatto che quello che osserva il nostro sguardo è solo parziale, ed un'altra storia è vicina alla mia e questo dà valore a quanto sto scrivendo con passi e parole e pensieri. Che viaggio fantastico questa diversità...sotto un identica luce. No Woman No Cry...tutto può andare bene, se ti volti qualche volta, Tutto può andare meglio, se non guardi troppo lontano, ma lasci che lo faccia il tuo pensiero. E se lui o lei non possono farlo, asciuga tu le loro lacrime.
Non è il testo di quel capolavoro di artista che è stato ed è Bob Marley, ma il mio augurio a tutti quelli che ho incontrato sulla mia strada sino ad oggi, ed ai volti che si affacciarenno domani. A quanti non incontrerò mai. Ermanno

martedì 29 dicembre 2009

DRAMATHERAPY, LEARNING TO DARE



Foto: Dramatherapy, Learning To Dare, CDIOT 2009

DRAMATHERAPY, CHASING GHOST

@ Maria Pina..."a caccia di fantasmi"


Allora, ragazzi -si fa per dire..- ci siete tutti? Presto, vi voglio vedere sfilare tutti davanti a me! Ma prima due parole su quello che stiamo per fare...
Avete rivisto tutti insieme a me il film "Otto e mezzo", quello di Fellini e ricordate la meravigliosa scena finale, quando tutti i fantasmi e le persone  della vita di Guido Anselmi(anche esse rese un pò spettrali) sfilano gioiosi, al ritmo di una musica circense per mettere insieme lo spettacolo più bello che ci sia: l'unicità dell'animo di un uomo, di un artista?
Ecco, ora io vado a fare la stessa cosa con voi, i miei fantasmi. E non provate a rifiutarvi, non voglio sentire ragioni! Sono io quella che vi nutre e, a voler essere precisi, questo Natale è stato come se vi avessi fatto pasteggiare a caviale e champagne. E sono sempre io quella vi concede la libera uscita, nelle giornate di festa grande, nelle domeniche di inverno, nelle serate d'estate. Per cui... zitti e obbedite!
Uniformatevi alla mia volontà, diventate "Rinoceronti", non facciamo finta di non sapere cosa voglio dire...
Cominciamo dal fantasma più vecchio. Vieni qui "Uomo nero"! Sììì... lo so che oggi te vuoi essere chiamato "Paura del Domani" , ma qui non sono ammessi nomi d'arte. Guarda che se continui a questionare, chiamo mio padre! Te lo ricordi vero, quando ero piccola e mi sentiva gridare nel sonno, come arrivava di corsa!  Oggi ha ottanta anni ed è sordo, ma l'udito paterno è allenato a sentire i sussurri della figlia, ovunque.
Ok, poi chi abbiamo? Oh-oh...lo "Spettro della Vecchiaia", degno figlio dell'uomo nero. La parte di Daisy ti ha risvegliato, vedo, ma tu comunque, ad ogni fine d'anno, sei lì a ricordarmi i miei fallimenti esistenziali, a dirmi che presto arriverà il momento in cui sarò vecchia, povera, brutta e cattiva. E non avrò nulla della vitalità e della dolce cattiveria di mia madre perchè non c'è una figlia a tenerla viva. Ok, per te, ruolo di comparsa!
Poi ecco il più brutto di tutti : il "Senso di colpa". Non ho mai capito, caro il mio fantasma, come mai tu sia sempre con me, visto che sono uscita da tanti anni dall'istituto religioso dove ho studiato. Sempre lì a ricordarmi che ho fatto qualcosa di sbagliato, ma non ricordo più che cosa.
No, non te lo dò il ruolo di protagonista; non insistere, sei alla ribalta da troppi anni.
"Uomo Ideale", vieni qui che te hai un ruolo centrale! Ora ti ho dato la faccia del mio ultimo amore perduto, con la coda lunga di riccioli rossi e la voce profonda. Sì certo, sei affascinante, ma non puoi competere con Claudia Cardinale, che aveva l'equivalente della tua parte in "Otto e mezzo", ehehehe!
Poi c'è il più tenero di tutti, la "Maria Pina Piccina", di otto anni, quella con lo sguardo da gattino, che si liscia il grembiulino bianco della scuola per essere sempre in ordine e perfetta; la piccola Daisy in erba, il risultato perfetto di tutti gli sforzi educativi di scuola, famiglia, provincia. Sei tanto carina, ma sappiamo tutti che vipera che sei, sempre pronta a uscire fuori quando parlo in pubblico, quando ho un compito da svolgere, quando i miei non pochi anni cercano di far vivere l'adulta che c'è in me. E il tuo degno compare, l "Autorità", prefettizia, ti spinge a complicare la mia vita, in ogni momento. Uhmmm, devo studiare un movimento giusto per te.

Bene, ora ci siete tutti. Ah, no, dimenticavo... C'è la nebbia dell'oblio, della depressione , dell'inedia, ma quella fa da scenografia al tutto.

Pronti, allora? Ricordate: niente spalle al pubblico, non impallate la scena, non sovrapponete le voci. Sfilate sulla musica, padroni dello spazio, il palcoscenico è vostro. Uscite fuori e tornate dentro, questa è l'occasione che vi è data . Appena parte la musica, sfilate!! Mica vogliamo essere da meno di Fellini no??

lunedì 28 dicembre 2009

Dramatherapy, flight toward an Absolute Theatre

Cari attori, vi ripropongo, con qualche aggiunta, un mio intervento di qualche tempo fa, sulla drammaterapia e su questo teatro drammaterapico, un teatro che amerei chiamare teatro del rischio, se è vero che ci si chiede di uscire fuori dall'angusta casa del pregiudizio, abitudine, luogo comune e, fondamentalmente, performance narcisitica. Trovo, quanto fu scritto puntuale e sintetico per tracciare una definizione in itinere di quanto stiamo svolgendo. Buon ripasso...


"Quando immaginiamo l’amore di Berenger e Daisy dopo la malattia e la devastazione, le emozioni che ci regalano sono autentiche, forti, reali, anche se la storia è solo immaginata…" dice uno di voi. Trauma vero, evento anche solo immaginato, per lo stesso Freud può non esservi distinzione, sia rispetto ai contenuti creduti , che alle emozioni esperite. Insomma, la valenza traumatica appartiene al pensiero, o più propriamente a quella mente –fatta di corpo e pensiero- che esperisce l’evento. I correlati psicofisici di tali operazioni sono quotidiani e noti a tutti. L’emozioni mosse dal ricordo o dall’aspettativa. Gli eventi reali che resuscitano, in reazioni emotive –con tutte le conseguenze fisiche- ricordi ed aspettative.

Esattamente, la fantasia può avere la stessa forza della realtà. Quel meraviglioso motore che è la “suggestione”, che ci accompagna nella crescita, facendoci immedesimare in ruoli e situazioni , in una specie di repertorio di “prove d’autore” con la vita; anticipa l’opera d’arte che è la vita stessa, unica perché noi unici -altro che rinocerontesca specie!- ed insieme l’accompagna. La virtualità che sembra così ingenuamente nata con l’era cibernetica, in realtà è solo riprodotta in funzioni di macchine che scimmiottano la nostra mente. Tant’è che possono solo sperarla di scimmiottarla così bene da essere confuse con la realtà stessa, tanto fedele è la riproduzione. A rischio di non essere protetti dalla censura del sogno, dalla mano che genitore che ci scuote la spalla e ci dice “Carlo, ma stai sognando ad occhi aperti!”, del mattino che segretamente contiene il lavoro onirico della notte, ma, opportunamente, non svela sempre quanto si è sognato, lasciandolo lavorare nel nostro inconscio. Il sogno, come il teatro, in un rapporto vero, quindi autentico con noi stessi, ha la possibilità di fare quanto tu dici Gianni, voi dite, miei attori: farci “sentire cose che altrimenti non conosceremmo mai”.


Entrare nei personaggi ci fa toccare con mano le loro fragilità, che sono le nostre…cose che estasiano e sconvolgono allo stesso tempo, mi svuotano e mi riempiono, mi agitano e mi “liberano…ed ogni volta torno a cercare un nuovo equilibrio, a vivere un quotidiano filtrato da ciò che ho vissuto attraverso i personaggi in cui sono entrato. A volte è più facile, a volte è veramente faticoso, quasi drammatico”. Quasi drammatico...un teatro squisitamente “psicologico”, come è questo “drammaterapico”, può e deve lavorare dentro; tuttavia, non ha ambizioni “terapeutiche”, ma ancor prima non si pone come obiettivo il “cambiamento” della persona. Lungo la vita si cambia, ed anche la riflessione che induce il lavoro teatrale opera nella nostra vita, come simulacro vivo e mobile di “quanto può essere se…”, ti esige “vero” nella “finzione”, una volta chiarito che vero non corrisponde fedelmente a reale. Il processo dramma terapico lavora attraverso il drama, la messa in atto –l’azione scenica dunque- di quanto sepolto –che sia rimosso o non utilizzato poco importa. Il personaggio vive di questo, abbigliato come l’autore ed il regista chiede che sia -il testo e la conduzione registica.


Quando io parlo a Daisy, quando sono Berenger, sento veramente cose che nella realtà della mia vita non sono mai riuscito a provare, anzi, che mi sono negato di provare, per paura e difesa, difficoltà e inconsapevolezza” (Gianni). Quando voi parlate con Daisy, uscite dall’operazione narcisistica di essere a tutti i costi voi stessi o, perlomeno, per qualche istante entrate in crisi, rispetto al vostro ruolo codificato; chiedete ad un invisibile mix di ricordi, emozioni, sensazioni esperienze, sogni ed aspettative di diventare i grandi suggeritori nella buca, l’ nel proscenio, fatti attori e spettatori di quanto avviene…


E i sogni, che travisano e adattano la realtà a nostro piacimento, distruggendo a volte, per poi ricostruire più solido e grande un pensiero nuovo, una nuova carica emotiva, sono la molla che differenzia l’essere umano dagli altri animali, in uno straordinario amalgama di ragione e cuore, forza e fragilità”. I miei “attori”, capaci di silenziosamente di “perdonarsi”, mentre recitano…a saper trovare il personale "peccato".

Questa è la poesia del teatro. L’atto di “auto penetrazione” che Grotowsky indica quale tributo allo “spettacolo” che lì annunciate di svolgere. E questo esige un rischio, grande e consapevole, di uscire allo scoperto, perchè a volte, anche alla più prudente lumaca accade di dover scegliere e fare il grande salto...

Teatro totale.

Foto: Dramatherapy as Fitness of Risk, CDIOT 2009

domenica 27 dicembre 2009

Dramatherapy & Fitness as a valuable tool towards Awareness

@ Director

Le didascalie alle foto pubblicate potrebbero oscillare tra la comicità e tutto quel tema importante che staimo lavorando e che riguarda il teatro dell'assurdo. Ma si potrebbe riassumere, più sinteticamente, in "...anche il director può riuscire comico!"
Le foto, tuttavia, non rendono appieno il senso di quella "drammaticità" che non appartiene tanto all "direzione" del play, quanto alla situazione che si sta svolgendo, alla interazione complessa tra i partecipanti e questi ultimi ed il conduttore. Certo è che, anche al di fuori di una teorizzazione che tuttavia esiste in materia, lo strumento della comicità


è costantemente usato in nquesto tipo di teatro. Un bisturi che con la pretesa di "addormentare" lo scandalo, di far appunto sorridere, sottolinea e "drammatizza" alcuni passaggi importanti, inscrivendoli, senza far male "di fuori" nel check delle cose da "esplorare", "lavorare meglio", "sostitire", assolutamente "cestinare".
Nelle foto qui riprodotte gli attori -rispettivamente nei panni di Dudard e dell'Anziana Signora- si erano letteralmente impantanati nel gioco "perverso" di dover far bene la parte...Ora, noi sappiamo come questo significhi, l'omicidio dell' autenticità, senza ricorrere al bisticcio formale tra omicidio doloso o solo colposo, alle sterili questioni di "memoria della parte", "ansia da prestazione" e così via...E' con tutto questo che lavoriamo, ma appunto per questo è essenziale osservare ed essere consapevoli di "come" lavora negli interpreti.  Quali gli approdi  di un percorso che si svolge atraverso costanti rimandi tra l'interpretazione esterna esatta dal testo e la sua "evoluzione" interna?

Gli attori, in drammaterapia, sanno che la "distanza" da giocare rispetto a quanto la parte sollecita in loro -giacchè a questo lavoro sono stati sensibilizzati e poi preparati dal warm-up che precede- è un elastico non definito, che a tratti rischia di accorciarci pericolosamente verso il "risentimento" di un drama capace di lavorare molto intensamente. La drammatizzazione, in questi casi, assomiglia ad una voragie che risucchià dentro il processo che si sta svolgendo, piuttosto che realizzare una abreazione esterna, nell'interpretazione. Non vi è più "dono" della propria parte al gioco in quel sistema in instabile equilibrio costituito da attore e spettatore. Nella foto accanto, il director ironizza su dove sia andata l'attrice, giacchè è sparita, risucchiata dentro dal buco nero del propri vissuto. Anche in questo caso, l'ironicità del messaggio permette un lento riappropriamento del proprio ego, momentaneamente troppo distratto dalle emozioni interne. In atri casi, un urgente ed anche clamoroso intervento del conduttore ottiene un reset "traumatico" dell'empasse dell'iterprete, alla ricerca di una nuova ridefinizione dell'interpretazione.


Foto: Christmas Party, The Things Go Wrong, CDIOT foto di scena, 2009

Dramatherapy as a Waltzer Dance



@ Director

Allora, il conduttore della situazione, il director -inserito nella dinamica di quel sistema in movimento- può essere inteso come un direttore d'orchestra, dove quest'ultima è assolutamente appropriata e capace di eseguire la propria "storia", di esperirla distinta, confusa ed in costante dialogo con quella del personaggio. Ad egli spetta il compito di articolare la sequenza degli strumenti, usare della "sincronicità" degli eventi che occorrono, sapendo utilizzarli nell'ottica di un processo mai prestabilito, nè prescritto. Eppure usando di prescrizioni, di regole, e sollecitando il processo creativo del gruppo. 

Foto: Christmas Party, foto di scena, CDIOT 21 dicembre 2009
Se nella psicoterapia della famiglia, spesso il setting rivela urgentemente l'aspetto di una "danza" che si sta svolgendo in quel gruppo definito, secondo regole articolate, ma invisibili -dice Whitaker-, potenti quanto utilizzabili.Tentiamo di appropriarci del concetto e di proiettarlo nella realtà della drammaterapia. Qui, il processo drammaterapico "suona" una musica che partecipa degli elementi individuali e gruppali insieme e può essere visto come un "movimento", anche questo articolatissimo, che coinvolge i partecipanti nella presa d'atto che qualcosa si muove tra "dentro" e "fuori", danzando alla ricerca di una nuova definizione semantica del "confine". Ed il concetto di "confine" è fondamentale nella comprensione di qualsiasi processo che appartenga alla mente, in quanto "organo" di regolazione dell'attribuzione di senso.

venerdì 25 dicembre 2009

Dramatherapy, The Things Go Wrong, Primo Atto, Seconda Scena, Ultimo Quadro

Ultimo Quadro, Seconda scena, Primo tempo "The Things Go Wrong"


-Entra un comandante di Polizia che chiede chi sia Berenger. Questi, perplesso, risponde timidamente “Sono io…”. Il Comandante gli intima di seguirlo e lo prende per un braccio. Tutto il gruppo reagisce dapprima con un atteggiamento interdetto, chiedendosi cosa stia accadendo, poi corre in soccorso dell’amico. Ne nasce un “tiro alla fune, con il Comandante che tira da un lato e tutto il gruppo, in cordata, che cerca di trattenerlo, dall’altro. Berenger in mezzo, come in croce, che chiede aiuto. La scena si paralizza improvvisamente e, sotto il tema musicale di Embraceable You di Gershwin, si “riavvolge” in un lento reverse sino al punto di partenza (prima dell’entrata del Comandante). Con la cover di "Embraceable You" successiva -voce e contrabbasso-, si aprono le danze tra tutti i personaggi e con il pubblico-. Fine Seconda Scena, Primo Tempo
....
E se l'angolo fosse dentro di noi, anzichè un dietro cui sospettarlo. Un Comandante di Polizia, sicuro portavoce ed esecutore delle "Autorità" che tanto Miranda ha descritto conniventi" ed insieme impotenti...Ed ora tutto avviene proprio lì...in un party divenuto tragico, come tragica ha continuato a restare la realtà di un paese sconvolto dalla trasformazione...dimenticata tra un sorso di buon vino e l'altro...
Povero Dudard, sconvolto quasi quanto Miranda, che vorrebbe aiutare in quel tiro alla fune ridicolo, visto che si finisce per tirare se stessi e non si sa da quale parte...poi. L'importante è "resistere"...vero Berenger? E se questo desse il terribile e mistificante alibi che si è fatto tutto, proprio tutto, carezzati dalle parole di una Daisy preoccupata -ma questo è legittimo nell'amore...- e in fondo mai autoassolti?

Botard che fai? Le finte? Allungale per...Giove, quelle tue mani soffocate dalla storia, lasciale al tentativo di trattenere l'amico! Esporsi...sino a gridare la soffocante consapevolezza che il "male" si sta svolgendo, come quel nastro ferale, tirato da mille parti. Ma nella storia bisogna esserci, senza la lusinga profetica di essere i vincitori nel giusto, i perdenti nel giusto. I convinti, questo sì...ed anche che tutto può cambiare...ma  che è comunque un film che ci appartiene. Bravi i miei attori! Bravi.



Foto: Christmas Party, CDIOT 21 dicembre 2009, foto di scena

Dramatherapy, Female Wishes




Le ragazze della Compagnia (CDIOT ed Atelier) ci salutano, festose e distrutte ed indistruttibili...

Foto:  Christmas Party, CDIOT, 21 dicembre 2009

giovedì 24 dicembre 2009

Dramatherapy says...All I want for Christmas is you! Merry Christmas...




Si, credo che il migliore augurio che si possa fare è quello che le persone desiderino le relazioni piuttosto che le cose. Che le vogliano ed esplorino; che ospitino la storia degli altri per farne felice ricchezza con la propria.
La migliore difesa della propria identità è proprio nell'incontro con l'altro, nella provocazione che danno le differenze, di colore, di luce, di senso. L'altro permette un grande viaggio dentro di noi e la scoperta di cosa e quanto e dove siamo.
Un abbraccio fraterno alla compagnia, agli ospiti, agli sconosciuti. A tutti i "pellegrini" in questo folle, sconosciuto ed entusiasmante viaggio.
Merry Christmas!
 Director

mercoledì 23 dicembre 2009

DRAMATHERAPY, HOW TO SHARE OUR GHOSTS



@ Maria Pina


Nutriamo un esercito di fantasmi a volte. E' un popolo silenzioso che abita abusivamente il mondo interiore e quello reale. Ma, a volte, siamo troppo affezionati a queste presenze; in fondo raccontano di noi...


Foto: Dramatherapy, How To Share Our Ghosts, CDIOT 2009

lunedì 21 dicembre 2009

DRAMATHERAPY, KAMIKAZE




Atelier di Drammaterapia Liberamente 2009-2010
Laboratorio aperto al pubblico, Roma 21 dicembre 2009, h. 20,30
c/o Istituto Scuola Romana Rorschach

Il KamiKaze
Piece Drammaterapica di F. Covelli
REGIA ED ALLESTIMENTO SCENICO DI E. GIOACCHINI

La guerra fuori e dentro le persone; diversi i teatri e gli sconvolgimenti, unica la coscienza che li osserva. L'attuale scenario dei conflitti bellici, economici e sociali, costituisce un "pabulum" ideale per l'incremento dell'aggressività; ha un ruolo intensamente destabilizzante non solo sul nostro stile di vita, ma soprattutto sulla nostra vita mentale.

Leggo fugacemente una notizia già ascoltata al notiziario radio; è il 2 febbraio e l'agenzia ANSA, lapidaria, incide la cronaca rosso sangue di un attentato avvenuto a Tirin Kot, capoluogo della provincia meridionale di Uruzgan. "Almeno diciotto poliziotti afghani sono rimasti uccisi quando un kamikaze si è fatto esplodere in una stazione di polizia nel sud Afghanistan". Molti altri i feriti. Mi chiedo subito quanto ferita resti la nostra memoria, così sollecitata da un continuo bollettino di guerra. E' il 4 febbraio, i giornali riportano la notizia di un ennesimo missile Grad lanciato dalla striscia di Gaza verso il Sud di Israele. Sfortunato il missile, più fortunata la popolazione che, questa volta, risulta indenne. Ma l'immediata rappresaglia israeliana non si fa aspettare e reagisce. Una tregua sempre più in bilico.

Se si ha un poco di tempo in più per scorrere le varie rubriche, si trova lo stupro quotidiano, la violenza sul minore, la violenza dei minori, l'ennesimo attacco informatico al mondo della finanza, non può mancare la previsione catastrofica di quello che sarà l'economia nei prossimi anni, mentre nel Congo continua silenzioso il terribile esodo dei dannati del Kivu. A salvare da questa lettura a poco serve la pur incoraggiante battuta di un celebre fisico del secolo scorso, Niels Bohr: "La predizione è molto difficile, specie se riguarda il futuro!". Il mondo ha terrore e produce terrore. E' una spirale che dura da sempre, tanto massiccia è la proiezione del nostro istinto di vita e di morte, forse commenterebbe Freud, senza tuttavia riuscire a risolvere il problema.

Qualcuno dei giovani che incontro nel mio studio, viene chiedendo soccorso per un panico del quale non sa trovare una ragione; ma, nello stesso tempo, un altro giovane si sta preparando al tuffo oltre quello, per farsi esplodere. Sono contraddizioni che stridono alla nostra intelligenza e coscienza, ma il suono di quest’attrito è così poco "rumoroso" e non riesce -anche quello- a cambiare le cose... Eppure sono avvenimenti, planetari e privati che dovrebbero far riflettere; ma poi, anche lì, dove vi sono le stanze dei comandi e bottoni, ancora una volta quegli istinti, travestiti da "potere", "ragion politica", interesse nazionale" ecc..., impediscono di cambiare le cose. Tutto questo incide non solo pragmaticamente sulla nostra vita, ma vi è una subdola azione negativa, difficile da misurare, i cui effetti però sono persino riscontrabili nei nostri pazienti.

Dico sempre al mio paziente o all'attore -se ci troviamo nel laboratorio di drammaterapia- che nel suo Io più profondo eppure "le cose possono cambiare". E' un percorso misterioso, accidentato, fatto di scoperte, regressi, anticipi ed a volte "false guarigioni", ma che promette di poter essere fatto e portare fuori dal vortice del "disimpegno", della "disattenzione", del letargo nella nostra coscienza. Il panico deve essere ascoltato. Non uso facilmente il verbo "dovere", anche se i "doveri" esistono. Troppo a lungo, a braccetto della pedagogia fasulla o della demagogia spietata, ha addormentato le coscienze nell'obbedienza. Non serve fare esempi. Ma in questo caso, se non si vuol spendere mesi ed anni per risolvere il problema, DEVE essere ascoltato. E le cuffie sono speciali. I rumori e le voci del mondo si prestano troppo bene a distrarre ed impigrire l'impegno del "coraggio", la forza del "rischio", l'incognita dell'"esplorazione". Senza eroismi; quelli appartengono piuttosto agli esempi appena riportati in cronaca; l'ascolto di se stessi, piuttosto che l'accanita domanda, pure legittima, "perché sta accadendo proprio a me". La comprensibile iniziale mancanza di risposte aggrava il circuito della paura e tu, senza appigli, rimani attaccato al vortice del panico, alle cime di una barca che sta affondando, così paradossalmente trattenendolo addosso a te stesso. Non sappiamo quali fattori potranno fermare la spirale d’insicurezza che questo clima di globalizzante relativismo ha creato.

Coscienze più mature e cresciute nella comprensione dei fenomeni e paradossalmente più incapaci di governarli. Le istituzioni devono farsi garanti di questa riflessione che trova gli adolescenti sempre più eccitati dalla tecnologia, ma sprovvisti delle buone storie che gli adulti non riescono a trascrivere per loro; con un immaginario rinchiuso in cantina, a paventare mostri, perché sostituito dalla pletora iconografica del digitale. L'overdose del gioco elettronico -più subdola di quella delle droghe- non va misurata solo nell'influenza negativa sul singolo, ma vista come fenomeno che aliena la comunicazione sociale e riduce drasticamente la capacità simbolica dell'individuo. L'onirico rischia di popolarsi di fantasmi e la nostra, la loro capacità di sognare... di atrofizzarsi. "Una società di persone che non sognano non potrebbe esistere. Sarebbero morti in due settimane" sentenzia William Burroughs e lo sforzo nelle aule di scuola, nei nostri studi medici e vorrei dire...anche nei tribunali è di leggere dietro molta apparente guerra, la richiesta di sogno che fanno le persone, gli adolescenti. Con loro vive la memoria di quanto siamo stati e, dunque la legittima speranza di correggere la realtà."C'è nei sogni, specialmente in quelli più generosi, una qualità impulsiva e compromettente che spesso travolge anche coloro che vorrebbero mantenerli confinati nel limbo innocuo della più inerte fantasia" (A. Moravia).
                                                                            ...
Tre anni fa: un ragazzo meraviglioso, pieno di forza, che tuttavia non sapeva dove dirigere, che chiameremo "Rodolfo" perche nei panni di quel personaggio interpretava le piece darammaterapiche-...e poi, ad un certo punto lo scritto che segue. Gli avevo chiesto: "Rodolfo, libera la tua mente su spazi più ampi del tuo piccolo/grande timore, piccola/grande speranza, lascia interpretare al tuo inconscio il sogno di quelle e scrivi qualcosa che con te abbia un profondo senso, tutto privato, tutto tuo. Lo leggerò, senza interpretare -anche l'interpretazione a volte ha la sua arroganza-. In questo caso non servirebbe farlo". E Rodolfo mi scrisse qualcosa di molto strano e bello, apparentemente lontano dalla sua anima, ma che in quella trovava tuttavia senso. Ora lo ri-do questo scritto -si certo sorrido anche… Rodolfo ha fatto la sua strada- alla compagnia, trasformato in piece, come riflessione possibile su quanto dentro di noi può essere scritto, senza che ne siamo consapevoli ed utilizzato, a volerlo fare...

Director

domenica 20 dicembre 2009

DRAMATHERAPY, RHINO, THE THINGS GO WRONG

Il Creative Drama & IN-Out Theatre
presenta
Laboratorio aperto sulla seconda scena, atto primo, di
Rilettura Drammaterapica de "Il Rinoceronte" di Eugene Ionesco
Testi e Regia di E. Gioacchini
21 gennaio 2009



Alla Compagnia, prima del Laboratorio di domani...

Il Rinoceronte ringhiava, barriva, sbuffava...difficile dire quale verso faccia il rinoceronte quando è adirato, ma certamente tra gli animali non è quello ad avere il carattere migliore. Cominciò a caricare...ecco sì, caricava come tutti i suoi simili del mondo animale -persino le oche ti caricano se gli stai antipatico. Si fermo a tre metri da Daisy e lei, niente affatto scomposta dalla vicinanza minacciosa dell'animale, lo guardò fisso negli occhi, senza abbassarli. Neanche il rinoceronte accennò ad abbassare lo sguardo, mentre fumi di rabbiosa energia uscivano dalle froge. Lei, con passi agili, ma senza fretta, gli si avvicinò e poi balzo in sella, intendo a cavallo, come gli indiani. L'animale all'improvviso divenne mansueto, come fanno gli uomini, quando abbandonano ogni tenzone in vicinanza di una femmina. Mostrò -se così si può dire- il suo cuore tenero, divenne insomma l'animale che non era mai stato, mentre lei lo incitava ad un nuovo galoppo. Berenger rimase lì fermo, senza emettere un suono, senza l'ombra di un gesto. Solo gli occhi, se avessero potuto parlare, avrebbero fatto un grande fracasso, mentre si giravano per seguire quei due puntini, uno più grande e l'altro, sopra, più piccolo, che sparivano in un orizzonte di polvere.
Berenger si svegliò di soprassalto, mettendosi seduto sul letto. Con il solito gesto automatico, prese gli occhiali dal comodino sulla sinistra e guardò altrettanto automaticamente la sveglia su quello di destra. Le quattro e dieci. Presto per alzarsi, tardi per sperare in un sonno migliore. Nonostante si sforzasse, non riusciva proprio ad avvertire alcun suono per strada, mentre il cuore gli pompava forte nel petto. La storie che viviamo lasciano a spasso fantasmi nel mondo e quelli s'impadroniscono dei sogni, li abitano silenziosi e ti chiedono tutto il tuo coraggio e la tua paura per poter esistere. Pensò questo, mentre le prime luci dell'alba, annunciavano un nuovo giorno.

Foto: Dramatherapy, Rhino The Things Go Wrong, CDIOT 2009

sabato 19 dicembre 2009

INVITO, OPEN-PARTY NATALIZIO

Il CDIOT (Creative Drama In-Out Theatre) e l'Atelier LiberaMente sono lieti di invitare collaboratori, amici e pubblico interessato all' Open-Party che avrà luogo il 21 dicembre presso la sede dell'Associazione.


Avranno luogo due performances degli attori, Il Kamikaze, da uno scritto di Federico Covelli e "Le Cose si Mettono Male", rilettura drammaterapica de "Il Rinoceronte "di E. Ionesco.



"Il Kamikaze" è uno spaccato di un brevissimo tempo che precede l'azione di un kamikaze in una terra anonima, quanto nostra, in una lettura "occidentale" di quanto avviene straniero, quanto a geografia, ma familiare, rispetto ai nostri affetti più profondi e alla nostra coscienza. E' stato scritto da un ex-attore dell'Atelier qualche anno fa, attraverso il filtro e l'energia del proprio percorso drammaterapico. Condensato di follia e sofferenza, dove un figlio sopravvive, indiviso, tra la tensione di un padre che andrà a farsi saltare in aria per le ragioni di una famiglia grande e bisognosa, la propria terra, e quella di una madre, testimone di un recinto più piccolo, ma fondamentale, quella singola famiglia. Proprio il dolore sarà la granzia di quella sopravvivenza, ai rumori della guerra ed al pianto della madre. Interpreti gli attori dell' Atelier LiberaMente.


"The Things Go Wrong". Fuori dal totalitarismo e dal liberismo sfrenato troviamo la lezione di Eugéne Ionesco a non fermare la ricerca del proprio senso, liberandolo dall’apologia dell’individuale e della sua babele storica, dalle false ragioni della libertà e della sua limitazione. Lezione teatrale e di vita, lirismo artistico ed estetica della ragione. Uno stralcio dal primo tempo del lavoro di rilettura fatto dal CDIOT ed interpretato dagli stessi attori, diretto da E. Gioacchini. Psychology Facilitator, Rosanna Bocchino ed Aiuto-regia, Maria PIna Egidi. La partecipazione straordinaria di Alessandro Russiani. Un saggio del Teatro Drammaterapico fondato dallo stesso director nella creazione di una allegoria storica dell'uomo, ancora una volta conteso tra ragioni private e sociali.

CDIOT è...
Rosanna Bocchino,
Gianni De Angelis,
Maria Pina Egidi,
Pino Gencarelli,
Ermanno Gioacchini,

Francesca Marinelli,
Spartaco Pelle


L'Atelier LiberaMente è
Tonina Cavaliere
Marina GioacchiniFrancesca Marinelli
Carmen Tufo

Gradita la prenotazione (Tel 335-8381627 o info.atelier@dramatherapy.it)

martedì 15 dicembre 2009

DRAMATHERAPY, TUSSLE LOVE

Dramatherapy, Tussle Love
& Merry Christmas to you!

Besides The Rhinoceros, Berenger and Daisy
finally found a place to share their feelings.
Creative Drama In-Out Theatre,
founded and directed by E. Gioacchini (Rome)
Daisy is Maria Pina Egidi,
Berenger is Gianni De Angelis

Vi è stata guerra e complicità tra i personaggi...collusione e conflitto negli interpreti.

Il "gioco" di questa storia, che in Ionesco costituisce allegoria profetica del
"gioco del mondo" è profondamente un storia d'amore. Il sentimento che non si lascia
celebrare solo -ma è importante anche questo- nel lirismo dei poeti, ma piuttosto
l'amore che che è incontro /scontro tra due anime in mezzo agli altri. Gli altri che parlano,
che commentano, che suggeriscono...che scrivono per noi come Ionesco.


Questa particolare storia l'hanno riscritta i miei attori, quando, impudici, esibendo
le scoperte del loro processo drammaterapico, mi hanno raccontato difficoltà e dolori,
aspirazioni e risorse, comunque speranze. E forse non è giusto, anche solo per un attimo,
che si possa dedicare la nostra speranza a tutti quelli a cui è stata tolta tra i fumi "acri"
del sacrificio umano in quei campi di morte? Li ho ascoltati, attraverso la voce, il cuore
ed il gesto che gli chiedevo, in questo teatro che non esige la prostituzione deflli affetti,
ma il dono delle proprie paure e speranze. Grotowsky -mi perdoni l'autore, da lì dove vive,
da dentro di noi dove è, se lo cito- ci vuole poveri di mezzi e ambiziosi della voglia
di costruirli, proprio attraverso quel percorso che spoglia tutto di "quanto già si sapeva",
senza mai "perderlo", in vista del "nuovo", proprio attraverso questo processo di
"spogliazione" del nostro Ego, così forte perchè così fragile.


Storia d'Amore, riedita con quanto il "drama" ha mostrato con le quinte invisibili
dei nostri laboratori, vera quanto occhi, labbra, mani e battito di cuore, movimento
dei visceri, contrazioni rivelatrici, stati di coscienza modificati tra un dentro (In)
ed un fuori (Out) in costante dialogo. E così Daisy ha "maltrattato d'amore il falso Sè,
eroico di Berenger, e quest'ultimo ha lusingato sinceramente la potenza del sentimento
di lei. Si stava in un briefing consueto, rituale, dopo la performance di laboratorio,
ed ho letto tensioni inespresse, che qualsiasi verbo successivo avrebbo relegato
nell'impotenza del bisticcio verbale, del pregiudizio ideologico, del timore troppo pudico
(la resistenza) per arrivare alla consapevolezza. E così li ho presi...ops...si solo lasciati
prendere e posti uno difronte all'altro hanno continuato uno splendido "Teatro nel Teatro".


Con loro, questo teatro, come una grande famiglia, augura a tutti gli sconosciuti,
gli amici, i collaboratori ed a se stesso un Felice Natale nello spirito.
Director

Movie: Tussle Love, CDIOT 2009

lunedì 14 dicembre 2009

Dramatherapy Backstage 1, The Things go Wrong

Dramatherapy Backstage, THE THINGS GO WRONG,
written and directed by E. Gioacchini,
Creative Drama & In-Out Theatre (Rome),
based on Ionesco's Play, The Rhinoceros

Movie: The Things Go Wrong, Part 1, CDIOT 2009

Dramatherapy Backstage 2, The Things Go Wrong

Dramatherapy Backstage, THE THINGS GO WRONG
written and directed by E. Gioacchini,
Creative Drama & In-Out Theatre (Rome),
based on Ionesco's Play, The Rhinoceros


Movie: The Things Go Wrong, Part 2, CDIOT 2009

venerdì 11 dicembre 2009

Drammaterapia: esplorazione nella terra delle nostre bugie




Il Potere può essere una grande bugia, come anche la nostra debolezza, fragilità, paura. Il fatto che i sentimenti "funzionino", che alcune "bugie" siano motori potenti, anzi...pieni di una sottesa energia che li rende a volte scivolosi come pareti di terzo grado...non toglie ad essi la caratteristica di poter essere -se sono bugie- al posto di altro... e di funzionare. Frequentemente noi siamo in collusione con grandi bugie e la condivisione tra molti rafforza l'idea che questo possa non fare scandalo, in noi -nel Rinoceronte di Ionesco stiamo processando la Big Lie.
Vi dicevo, ieri, che l'intenzione di raggiungere un obiettivo si può perseguire per due strade, ambedue nevrotiche, ma con un'importante differenza. Entrambe sottendono la bugia che vivere di più, più pienamente, sia un efficace mezzo per "ingannare" la deriva inevitabile della nostra esistenza. D'altra parte anche la dichiarata incapacità di fare alcun sforzo per "migliorare" la propria condizione può nascondere una grande bugia. Torniamo all'idea del successo, qualunque sia il campo in cui lo vorremmo praticare...Quanto, questa idea di successo, ha bisogno di noi e quanto degli altri? Quanto quindi appartiene alla nostra valutazione o a quella del mondo? Il bisticcio sembra essere infinito...e nel timore di leggervi ancora una volta l'idea -unica reale- di finitezza del mondo, finiamo per dirci bugie...e scegliamo la strada più "indolore", come se questo potesse essere evitato "all'infinito"...

La drammaterapia? Considerate che nel processo drammaterapico abbiamo il virtuale potere di prestare i nostri "abiti" più nascosti al personaggio. Nel teatro "drammaterapico" la moltiplicata responsabilità di farne "dono" allo spettatore -come nel teatro-, andando a processare quella delicata operazione con il proprio narcisimo, il pudore, la vergogna. Dicevo...potere virtuale, perchè anche la "mente" è virtuale, come il sogno e la speranza, il desiderio e la paura ed eppure così legata a questo corpo che la sollecita e ne è sollecitato, al punto di essere un'imprescindibile unita mente-corpo, senza distinzioni o separazioni. La coscienza di questo stato di cose, percepibile nella diversa esperienza di ognuno di noi, è l'unica virtuale realtà che vale, che ci appartiene, comunque si sia originata; probabilmente anche grazie alla paura, alla fuga, alla forza, alla debolezza, alla capacità di ingannare...il nostro predatore, ma guai, poi, credere noi stessi a quella bugia! E la drammaterapia ha la possibilità di rendere nudo il falso Sè, ovvero visibile. E di essere insieme un contenitore; accogliente di quello scandalo o della sua assenza -ieri ne abbiamo visti comunque di esempi- di permettere un dialogo "civile" -contrario di "conflittuale"!- con quanto di diverso e non conosciuto conteniamo, attraverso le nostre "bugie". Nessuna cittadinanza ingrata o irresponsabile a quanto ospitiamo nell'albergo della nostra casa. Ma, vi prego, neanche credere che, essendo nostra la casa, questo privatissimo  luogo non funzioni spesso da fragoroso "albergo"!
Spartaco, smetti di fumare, a modo tuo, ma smetti, è un ordine -bugia!

Foto: Dramatherapy, The Rhinoceros, Dudard, CDIOT 2009

mercoledì 9 dicembre 2009

Dramatherapy: exploring Chaos & Cosmos

@ Rosanna

Eccomi qua, stavo pensando all' incontro di giovedì, anzi la cosa che mi capita è che dopo ogni nostro incontro, è come se una parte del mio cervello, mantenesse un canale aperto, uno spazio elaborativo, sempre attivo, anche mentre sono impegnata in altro. E ho capito che debbo fermare i miei pensieri per quanto assurdi possano essere perchè poi..avranno un senso.

L'immagine della litografia di Escher, "Ordine e Caos", mi insegue da giorni, decido di darle retta e mi rendo conto che posso proiettare quello che sento, quello che secondo me sta accadendo...
In quest'opera gli oggetti attorno al solido traslucido siamo noi, componenti del gruppo, esseri diversi ciascuno con le proprie peculiarità, con la propria storia, usati, provati dal tempo e dalle nostre scelte. Ci guardiamo, ma non ci vediamo. E' la dimensione razionale, che blocca, che difende. Tutto sembra ordine ma è caos, tutto sembra caos ma è ordine. Ci riflettiamo e ci compenetriamo nella sfera che ci contiene, e in tale dimensione, quella gruppale inconscia, irrazionale, si incontrano archetipi, emozioni che vorticosamente si mescolano, si scontrano, pensieri, dolore, paura, rabbia, attrazione sensuale, competizione, invidia amore... Che ricchezza sfolgorante...ma tale ricchezza è imprigionata se non ce ne riapropriamo, se non la esternalizziamo, elaboriamo, se non la condividiamo. L'energia dell'Es nella sua ambivalenza deve è può essere al nostro servizio, impariamo insieme in questa meravigliosa palestra che è il nostro gruppo.
Chiudo con le parole di Alejandro Jodorowsky, tratte dal suo bellissimo libro (ne consiglio vivamente la lettura) "la danza della realtà":

Non so dove vado, ma so con chi vado.
Non so dove sono, ma so che sono in me.
Non so che cosa sia Dio, ma Dio sa che cosa sono.
Non so che cosa sia il mondo, ma so che è mio.
Non so che cosa sia l'amore, ma so che godo della tua presenza.
Non so quanto valgo, ma so non fare paragoni.
Non posso evitare i colpi, ma so come sopportarli.
Non posso negare la violenza, ma posso negare la crudeltà.
Non posso cambiare il mondo, ma posso cambiare me stesso.
Non so che cosa faccio, ma so che sono fatto da ciò che faccio.
Non so chi sono, ma so che non sono colui che non sa.



@ Director

"We know now that we were left to remember
heightened awareness and to regain the totality of our-
selves. And we also know that the more we remember,
 the more intense our elation, our wondering, but
also the greater our doubts, our turmoil".

(CARLOS CASTANEDA, from THE FIRE FROM WITHIN)


Foto: Dramatherapy and Orizon, CDIOT 2009

venerdì 4 dicembre 2009

Drammaterapia: Baruffa d'Amore

Ieri c'è stata baruffa d'amore nel laboratorio del CDIOT; presenti anche i ragazzi dell'Atelier, se non a performare direttamente, tuttavia a dare il loro importante contributo -piccole eccezioni a parte- di"testimoni nella situazione". Avevo appena detto che è ora di riposare, che il processo creativo nella sua fase prodromica, alla scoperta del "novum", poteva giovarsi di un tempo di incubazione...ed ecco che il processo drammaterapico irrompe nella scena -direi mastodontico come un rinoceronte!- e rimette in discussione molte formulazioni. Che dire? Certamente che chi pretende -alcuni lo fanno, credetemi- di dirigere la mente dell'altro e la propria come fosse un algoritmo binario, si sbaglia di grosso. Questo fattore dell'imprevedibilità dei processi mentali -così poeticamente analogici-, sotto determinazione di variabili complesse ed invisibili ci sorprende e spesso, proprio grazie a questo effetto "sorpresa", incide profondamente in noi. Scritture nuove? Chi può dirlo, sicuramente un lavoro in avanti verso la maggiore consapevolezza di ciò che non siamo... ancora.

Dicevo..."baruffa d'amore". Ci eravamo detti e ripetuti che anche Daisy e Berenger si erano detti e ripetuti che tutta la storia si era detta e ripetuta che l'avventura storia dell'uomo è già detta e ripetuta...-c'è poco da sorridere, è così. Ed i due innamorati, ex-innamorati, mai-innamorati, innamorati-in-ritardo si sono confrontati in un dialogo pregnante di atmosfere di sogno, litigio, rammarico, abbandono, rivoluzione. Un Berenger sconvolto dall'essere sempre in ritardo, vuoi per una rivoluzione, vuoi per un'altra ed addirittura con il rimpianto di non averne potute portare parallele due, in avanti; quella "della ragione" e quella "nel" cuore! Fiero e sicuro dei propri sbagli, è apparso, come se bastasse confessarsi "colpevole" -e nessuno parla di peccato o reato!- per essere perdonati.
Ehi... Berenger?! Non siamo nel confessionale e se si trattasse di questo, dovresti spiegarmi cosa ci faceva lì, sacrilega, la tua Daisy a blandirti di carezze e moine, pur di farti comprendere che il "vuoto dei pensieri" o l'assenza degli strumenti, si paga in qualche modo. Tapina figura per il personaggio, ma splendida "esposizione di se stessi, affatto facile" per l'interprete. Bravo!
L'amazzone Daisy, improvvisamente si sveglia dal letargo provinciale e piccolo-borgese della carità e dei convenevoli e persino della pietas, visto che tanta e più volte ne ha mostrata durante i tre atti di Ionesco. Ma nei nostri, cosa fa? Deve -e la prego di riflettervi- accettare di non essere riuscita a salvare se stessa e presentarne il conto a quel possibile e presunto capostitipe di razza umana, scevra da plagio e globalizzazione, eppure tenero, è come sparare sulla croce rossa! Dove era prima? Anche lei, non solo lui, così pressato da quelle sue domande -.anch'esse incoscientemente egosintoniche. Chi ha lasciato per primo il luogo del tenzone d'amore -quella maledetta stanza piena dei suoni e barriti animali di fuori e sorda alle parole del cuore umane di dentro? E se poi dovessimo concludere che ha puntato sul cavallo sbagliato...beh aggiungerei che troppo facilmente ha dirottato la sua attenzione su altre razze e prestanza! Daisy...Daisy...

E voi, piccoli grandi testimoni, spiaccicati sul divano e sulle sedie sino all'una del mattino, vojeur dell'ultima spiaggia del mondo a sperare con i vostri silenziosi sentimenti che "l'eroina" sopravvissuta potesse correggere "l'eroe" "soccombuto" -soccombere ed incombere non hanno participio passato!- tra baci e bacetti, abbracci?! Beh ho interrotto la scena per ovvio obbligo al pudore, con la domanda...perchè tutto questo non prima?
Rosanna ha da lavorare parecchio nel suo assunto ruolo di Psycholgy Facilitator nel nostro gruppo di teatro, certamente.
Ringrazio la Compagnia CDIOTe Atelier del loro contributo nell'esatta misura in cui questo è stato dato. Guai ad essere ingrati, finiremmo sotto l'orma di qualche rinoceronte! Let's go on...

giovedì 3 dicembre 2009

Drammaterapia; Il Rinoceronte di E. Ionesco, Riduzione Drammaterapica del CDIOT, Terzo Atto


Terzo Atto, Ultima scena
(testi di E. Gioacchini e M.P. Egidi)


Da sinistra entra il Lettore e comincia a parlare dirigendosi al centro della metà del palco a sinistra.
Lettore: Berenger ha tentato di mettersi in contatto con l’amata, dopo diverso tempo dal processo; dal momento in cui si erano salutati, riparando dal dolore, dalle macerie degli affetti di prima, dal timore del futuro. Daisy, sappiamo, inizialmente non risponde a Berenger; non conosciamo il perché del suo silenzio, se voluto…Poi vi è il contatto, una sua risposta, affettuosa e sincera, un comparire da dietro l'angolo a dire che esiste e ricorda, tutto, proprio tutto. Nasce una corrispondenza tra luoghi diversi e persone in parte differenti, con una medesima memoria e la consapevolezza di qualcosa reciso, che non può essere riaggiuntato, semmai ricreduto. Ma la storia, intorno e dentro, che loro hanno vissuto è stata crudele; li ha schiacciati, anonimi, come sotto il passo pesante di un Rinoceronte inferocito, senza più testimoni. E così, le loro lettere assomigliano più a preghiere al destino, che veri aneliti di una libertà ritrovata verso la vita e l’amore.

Il Lettore esce di esce sulla destra; dalla stessa direzione entra Berenger ed i due fugacemente si incontrano e si salutano.

Lettore: Buongiorno signor Berenger!
Berenger: Buongiorno a lei...

Berenger raggiunge il centro del palcoscenico, breve pausa, poi prende una lettera appena scritta, ne rilegge le prime righe e la chiude in una busta affidata poi alla tasca di sinistra della sua giacca. d na sedia posta di traverso a destra.

Berenger: "Accidenti Daisy, come ci saresti stata tu…nella mia vita! E visto che ci siamo ed ora conosco che finalmente ricevi le mie lettere, desidero spiegarmi anche su questo…come ti ho ospitato in testa in tutto questo tempo. Il tuo amore dette forza alle mie convinzioni e mi aiutò a non cedere, nonostante il dolore per te, che te che eri andata; e la distruzione di allora poi aiutò il mio amore ad avere forza e lasciarti vera ed unica nella mia mente. Che strano crocevia di sentimenti a dirigere le nostre vite... Certamente mi dispiace moltissimo sapere che questo momento ti colga particolarmente giù, ma comprendimi, saperti sofferente per la vita, come purtroppo spesso ci accade, è già consolazione rispetto a quell’abisso di incosciente deriva dove tutti ci trovavamo. Ora, sono sicuro puoi trovare strade. Allora la ricerca, anche solo a volerla, era negata, ricordi?Se non fosse per quanto mi dici e comprendo...direi che tu mi metti allegria, proprio perchè sei ricca con la vita e di colori ed ami le persone. Sai che nel primo anno e mezzo ti ho scritto; lettere a cui non ricevevo risposta. Dopo il processo ci eravamo salutati per il "bene" di tutti e due, ma questo non significava che fossi "indenne" dall'averti “incontrata”, nel luogo dove già ti conoscevo. Certo donna, ma direi, ancora prima, un essere che corrispondeva a certe mie fantasie da bambino e ragazzo e che allora mi vedevo davanti, oramai uomo da un pezzo. La tua coerente bellezza tra dentro e fuori e che arrivava a rendere belle persino le tue difficoltà, intendo i tuoi stati d'animo. Ci si può innamorare di come una persona piange, della sua tristezza, del suo dolore, come del suo sorriso. Ed allora scriverti significava vivere il lutto di te che non c'eri più, che non volevo disturbare, ma reale...su questo folle pianeta. Poi mi sono detto, forse deve cambiare qualcosa. Mi mancava un tuo cenno ai miei scritti e volli chiudere il mio delirante e consolatorio soliloquio. Interrompendo, decidevo dentro di me di farti volare davvero via. Lasciavo che il mio io più profondo non giocasse sporco a negarti e al contempo a farti essere. Rimaneva un sentimento bellissimo che avrei chiamato "INCONTRO"; una cosa speciale che per vivere non aveva bisogno di lettere a senso unico, nè di presenze o contatto; che certo in un tempo prima, non molto lontano, avrebbe stretto le tue braccia e fianchi e deciso di sussultare con te, in confusione e miscuglio di fragranze e tatto. Il mio intenso augurio era però a quel punto vero...soffiavo forte sotto le tue ali e ti immaginavo fare cose belle ed intense...Poi mi hai risposto.

Breve pausa durante la quale Berenger raggiunge una sedia posta di traverso sulla destra del palco e vi si siede.

"Tu, così mite, diventata uragano di emozioni al passato... Io... ho cercato di capire come essere, dove essere, in un tempo già scisso da noi, mentre tu, con la dolcezza di altri anni attraverso il tuo cuore, dentro ai miei segnali di fumo ci sei piombata allegramente; come un tornado li ha trasformati in spirali ellittiche e all'interno dell'occhio del ciclone...io ho vissuto il timore di perderti una seconda volta. Le quinte di un teatro, questa volta autentico, dove forse nessuno potrebbe capire cosa stava accadendo, ma non noi. Ti voglio bene, moltissimo, Daisy e so che questo vuole proteggerti, come farebbe un uomo con una donna intendo. Vuole sentire che il tuo respiro è pieno e felice, dimenticando forse che così il tuo torace si solleva ed offre i seni al cielo... Un tempo che non è più, mi dici. Un bacio, tenero sulle tue mani e umido dell’aria di questo autunno, mia cara. Scriviamoci, come ci è possibile, Berenger".

Le luci si spengono su Berenger e dalla sinistra entra Daisy, portando con se una seconda sedia ed un folgio in mano. La dispone di spalle ad un metro da quella di Berenger e vi si siede, tenendo aperto il foglio con due mani sul grembo, senza guardarlo: Gli occhi fissano uno spazio vuoto avanti a lei.
Daisy: "Ho gettato fiori dalla mia finestra al branco di rinoceronti che marciava fiero sul corso. Mi sono unita alla loro corsa trionfale, ho voluto sentirmi come loro. Poi, ho conosciuto l'esaltazione della guerra e l'abisso della storia e, infine, è arrivato il tempo del dolore stupefatto, della fatica della ricostruzione della mia identità. Basterebbe questo, caro Berenger, per spiegare il mio silenzio alle tue missive, ma non è tutta la verità"

Daisy, s'interrompe, si alza e si dirige lentamente a passeggiare tra gli spettatori, lasciando il foglio sulla sedia.

Daisy: "E le brave bambine non dicono le bugie, no? No, la verità vera è altra. Non ti ho mai risposto perchè tu, così diverso dai portatori di rinocerontite, eri anche così uguale nei clichè dei comportamenti umani. Berenger, tu hai cercato di parlarmi, di spiegarmi, di farmi capire; ma, dimmi, hai mai provato a capire me? Nei tuoi soliloqui, anche quelli delle tue missive, parlavi, raccontavi di ciò che ti accadeva e di ciò che pensavi, ma tu, Berenger, mi hai mai ascolatata? Mai provato a chiederti perchè il fascino dei rinoceronti si è insinuato in me? Perchè mai io avessi bisogno di essere salvata? Non c'erano solo le mie parole a spiegarlo, ma anche i miei silenzi. Mi hai lasciata libera di volare, dici? Ma sei sicuro che questo tuo nobile gesto, non sia stato invece l'egoistico desiderio di vivere i tuoi stati interiori senza interlocutori? Ti avrei risposto, anche sotto i bombardamenti, se solo in una delle tue lettere avessi trovato un cenno di ascolto verso di me, un tentativo di capire? Ma tu Berenger volevi vedere in me solo la piccola Daisy, che cerca di capire, ma non può farlo per i suoi limiti borghesi. A differenza di ciò che qualcuno dice... non siamo nati per soffrire. No, mio caro, noi siamo fatti per cercare la felicità , nostra e altrui. In questo siamo diversi dagli animali e dai rinoceronti. Cosa fa un animale? Mangia e si riproduce, ma conosce la sofferenza perchè è preda o predatore. Invece, noi umani, sappiamo cosa siano il riso, la gioia , l'umorismo, la serenità"

Daisy si riavvicina alla sedia e gli si pone dietro con la mani poggiate sopra lo schienale.

"E spesso tali stati di grazia sono proprio gli altri a darceli: i nostri bambini, i nostri cani, le persone amate, quando sono felici..."

Daisy si risiede, dopo aver ripreso il foglio che tiene con una mano, distesa in basso.

"Ecco, io volevo questo, solo questo. Una felicità da scoprire insieme. Non solo amanti, non solo coniugi, ma compagni. E questo anelito al benessere, mi ha impedito una trasformazione completa, mentre tu, Berenger, sei stato più rinoceronte di quanto credessi...Daisy "

Daisy rimane seduta ed immobile sulla sedia. Sul palcoscenico solo la sedia di Berenger che è stato sostituito da una sagoma nera seduta. Dal fondo della sala, centrale, entra camminando lentamente Berenger. Una voce fuori campo riproduce la lettura di una sua ultima lettera a Daisy. Entra il Lettore, da destra.

Lettore: Berenger è morto da qualche anno e Daisy, oramai con indosso la neve degli anni, riprende una sua lettera, l'ultima della loro corrispondenza. Vi rilegge tutto l'amore che era stato e riconferma all'amato il proprio cuore, leggendo del suo. Alcuni sentimenti non hanno bisogno di ali per volare ed esistere, saranno eterni e potranno guardare cieli ampi, dove altre persone, e spicchi di luna privati, in appuntamenti forse mai avvenuti.

Il Lettore esce di scena, dalla destra.

Berenger: (voce fuori campo) "Ci sono idee che trascinano le persone verso un'apparente soluzione dei loro conflitti. Così -queste idee- vengono apparentemente"scelte"; in realtà sono adottate, sino a sentirle proprie.Vi sono amori che sopravvivono solo nelle macerie di quanto è stato e poi crollato; sono amori che non sanno sorridere, perchè non lo possono ed allora vengono custoditi ed a volte si diventa carcerieri e condannati insieme in quei castelli. Ci sono energie che si cercano fuori perchè dentro è vacante il luogo del coraggio e della speranza; così facendo non si è mai esploratori, ma clochard che rubano molliche di pane agli uccelli.Ci sono poi persone che si assumono tutta la responsabilità delle loro azioni; che si lasciano amare per quello che sono e non per quanto sono stati; che sanno lasciar andare anche l'ombra di quanto non è più, senza temere il buio.Entrambe le specie sono di razza "umana" ed hanno imparato a convivere nel mondo, bisticciando; chi considerandolo una torta dalla quale prendere la fetta più abbondante o arrendendosi a quella appena necessaria. Possono essere accettati tutti e riconosciuti parti di noi, questo potrà cambiare il nostro atteggiamento verso la guerra, fuori e dentro, cara Daisy.Mi rincuora pensare che sono pronto ad incontrarti di nuovo molte volte, dietro le colline degli anni che verranno od anche solo nel mio pensiero. Ti abbraccio, tuo Berenger"

Berenger esce di scena dal fondo della sala. Daisy si rianima. Il Lettore entra in scena da destra si avvicina lentamente a Daisy e le pone una mano sulla spalla sinistra.
Il Lettore: Daisy. "Oggi ho riletto ancora l'ultima lettera che Berenger mi mandò. Si è fatta trovare mentre frugavo in uno dei miei disordinati cassetti, senza gli occhiali, alla ricerca delle mie pillole per dormire. Si è presentata sotto la mia mano e io l'ho presa. Nonostante l'assenza degli occhiali, sono riuscita a leggerla; a cosa mi sarebbero serviti gli occhiali se ormai la so a memoria? "
Il Lettore esce di scena dalla sinistra.

Daisy: (restando immobile, voce fuori campo) "Berenger carissimo, forse solo oggi ho capito quello che non era scritto, ma solo sottinteso. Per anni, mi sono soffermata sull'ultima frase, quando mi dici che solo le colline degli anni ci separano e che potresti incontrarmi molte volte ancora, reale comunque nel tuo pensiero.. Quanto mi ha fatto soffrire quella frase, soprattutto quando ho saputo che non mi avresti incontrato mai più su questa terra. No, caro, non è la stessa cosa incontrarsi dentro una collina o solo nel tuo pensiero. Forse per te. Incontrarsi nei tuoi pensieri è la conseguenza del nostro amore, non è viverlo. Io volevo esserci, abbracciarti , sentirti parlare o stare in silenzio; volevo essere con te persino senza pensiero. Oggi, con il barlume di saggezza che mi regala questa mite vecchiaia, sorrido di quella rabbia"

Daisy inizia a piangere.

"Conosco un tassello in più del puzzle caotico della vita umana. Qualunque cosa ci accada nella nostra esistenza, giusto o sbagliato, è solo nostro, è solo per noi. Che si conservi dentro di sè un amore sepolto tra le macerie del cuore o non si sia mai conosciuta la gloria dell'azione, non si possono mai prendere le distanze dalla nostra storia. Si deve, credo, riconoscere sempre il miracolo della varietà del mondo, delle persone, delle situazioni. Il rimpianto di non averti capito, di non averti cercato, di non averti ritrovato ha lasciato il posto a una nuova consapevolezza. Questa è la mia vita, la mia storia!! Le scelte che ho fatto e non fatto sono state quel che sono o volevo essere. Ho conosciuto la guerra e il crollo del mondo di cartone a cui ero destinata. E pensare che avevo paura dei tuoi pensieri , caro Berenger, perché non davano certezza e futuro! Avessi saputo allora, ai tempi dell'epidemia, quante verità sarebbero crollate...Oggi sono una matura e tranquilla signora"

Daisy esce di scena, lasciando vuota la sedia.

"Voglio scrivere ancora tante pagine del mio diario. Cerco di capire, di conoscere, di ricordare, ma anche di fare progetti. Coltivo rose perché voglio vederle fiorire ancora nella prossima primavera. O meglio, spero che fioriscano; se non lo faranno pianterò le dalie. L'importante è che io sia lì a seminare. Ti penso ancora Berenger, ogni volta che nei miei vasi arriva un'erba nuova, il cui seme è arrivato con il vento"

Si spengono tutte le luci di scena.

FINE
Foto: Dramatherapy, Rhino-Puzzle, CDIOT 2009

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

COMUNICATI STAMPA