@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

venerdì 29 ottobre 2010

Punti di Vista- il miglior modo di incontrarsi è perdersi

@ Maria Pina Egidi


“Cosa hai visto a teatro?”
“Niente, non ho visto niente… o quasi”.
Non è una conversazione paradossale, questa. Prendiamola alla lettera per descrivere un diverso modo di vivere, agire, rappresentare ed elaborare il teatro.
Dal 21 ottobre al 31 ottobre, sarà in scena a Roma, presso il Teatro Eduardo De Filippo, lo spettacolo “Punti di Vista- il miglior modo di incontrarsi è perdersi”. Esso nasce dalla collaborazione tra Enrique Vargas, il maestro del Teatro dei Sensi (www.teatrodelossentidos.com) e gli studenti - attori non vedenti della Università degli Studi di Roma, La Sapienza.
Non c’è uno spettacolo da vedere , qui, o “solo” da vedere in questa occasione: qui c’è uno spettacolo da vivere, da sentire, da gustare, da portare dentro di sé, dopo. Dimentichiamo l’allestimento tradizionale, palcoscenico e platea. E cancelliamo anche l’idea dello spazio condiviso e di un pubblico che assiste collettivamente a una rappresentazione. Qui si entra nello spazio della rappresentazione e ci si muove entro di esso insieme agli attori. Ogni singolo spettatore, diviene per mezz’ora, il primo attore dell’allestimento e riempie la trama con le proprie sensazioni e le proprie emozioni.A intervalli perfetti di quattro minuti l’uno, si viene condotti singolarmente davanti a una porta a battenti rossa, dove, in perfetto silenzio, si attende che qualcosa accada. Quando una mano bianca, calda e gentile di un attore introduce il “viandante del teatro” nella storia che si dipana lungo un percorso da esplorare con altre risorse che non siano la vista. La memoria emotiva, la consapevolezza delle proprie risorse percettive, l’abbandono alle immagini che vengono suggerite ora dai sussurri degli attori, ora da profumi, suoni e sapori, divengono così un elemento della messa in scena che, di volta in volta, si rinnova.
Sarebbe scorretto raccontare qui cosa s’incontra dietro la porta rossa, perche si toglierebbe il piacere dell’esplorazione a chi decidesse di andare a “vedere” lo spettacolo (info nel manifesto allegato).
E lo sarebbe ancor di più se si pensa che il racconto di chi scrive non è una descrizione obiettiva dello stesso, bensì una elaborazione personale delle emozioni vissute. Si possono solo condividere riflessioni generali e sensazioni tanto profonde quanto evanescenti e difficilmente descrivibili con il solo ausilio della parola scritta.
Si può vivere il buio come un nemico, l’evocatore delle paure più profonde, il complice dell’orrore. Si può rimanere paralizzati dalla frustrazione della mancanza di luce quando non si è più in grado di vedere ciò che la vostra penna traccia sul foglio. Ma si può anche scoprire il sapore consolatore in un sorso di vino liquoroso; si possono sentire l’amore, l’attrazione, la fiducia nel prossimo attraverso un contatto, un profumo, un sussurro . Si può scoprire che la nostra memoria contiene tesori bellissimi, forse perché nascosti da una pletora di inutili nozioni o perché offuscati da visioni più forti e impattanti. E’ come scoprire la bellezza di una precoce primula selvatica in un giardino che vi confonde con lussureggianti piante di serra.
Il ricordo dell’odore dei quaderni ai tempi della scuola, mescolati con quello della merenda e la freschezza della seta possono suggerire visioni di una tenerezza sconvolgente.Niente di ciò che si vive, nello spettacolo, rimane inerte. Continua a stimolarvi, vi accompagna fuori nel traffico romano del ritorno a casa, con abbraccio che sostiene e un profumo di arancia che vi rasserena e fa sentire più vivi.

mercoledì 27 ottobre 2010

Drammaterapia & Barbablù: riscrivere la storia.

@ director

Ci permetta questa Corte e la pazienza degli onorevoli Giurati, di fornire degli argomenti che finalmente spazzino via dall’attuale contraddittorio, camuffamenti della accusatrice e di questa storia. Ci riferiamo alla storia di Barbablù, quella che ha condannato Rebecca ad un matrimonio infelice o dove –punti di vista diversi- l’attrice si è condannata da sola. L’una, viene detto, vittima del contesto e della cultura; Barbablù, opporremmo allora noi, vittima della propria follia.
Vogliamo però premettere a questo nostro ultimo intervento nel tribunale della coscienza di questa umanità, che qui si raccoglie per valutare e giudicare, che, lavorando all’interno del sistema Coscienza dell’Uomo, sia molto difficile, anzi impossibile, giungere a criteri di oggettività, figuriamoci poi di Verità! La coscienza è un processo in evoluzione, anche per quanto riguarda il rapporto uomo-donna, ma vorremmo dire maschio-femmina, e desideriamo ricorrere ad un principio solo apparentemente distante da quanto è oggetto di discussione oggi: il principio di Heisenberg.
Esso così recita: « Nell’ambito della realtà le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono quindi ad un completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere (all’interno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni) è piuttosto rimesso al gioco del caso » ( W.Heisenberg, Indeterminazione e realtà, Napoli, Guida 1991, p.128). Andiamo a spiegare meglio: il principio postula che qualunque coppia di grandezze osservabili generiche, che non siano nella relazione di essere compatibili, non si potranno misurare simultaneamente, se non a prezzo di indeterminazioni l'una tanto più grande quant'è più piccola l'altra”. E dunque qualunque elemento della coppia che si ponga in qualità di “osservatore” non potrà che determinare con parzialità la posizione dell’altro, il suo momento angolare, il suo punto di vista diremo noi! Rebecca e Barbablù, dentro questa metafora, sono all’interno della stessa storia/Storia e, se guardiamo bene, entrambi vittime di quell’accadimento in progress che è l’evoluzione e la selezione naturale.

Ma desideriamo illustrare meglio e senza mezze misure .
Guardiamo alle ultimo intervento di Rebecca. Ella ora ricorre alla voce esperta di un sedicente associazione di donne, Anna e le sue sorelle; che dovrebbero ricordarsi fondamentalmente di essere state, almeno nel passato:
a) “femmine”, capaci di selezionare “maschi”;
b) che avessero abbastanza testosterone da proporsi come vincenti;
4) nello “amplesso” che doveva assicurare solo la sopravvivenza e conseguentemente a ricasco l’evoluzione della specie (secondo fenomeni sintropici);
5) e che in questa discussione, se non riportiamo a garante l’evoluzione della coscienza nella storia biologica e culturale dell’essere umano, non andiamo più distanti dalla dinamica dell’Homo Abilis e della sua donna (certamente abile anch’essa)!
Giudicare questa difesa “Machilista”, come il coro dell’accusa vorrebbe sottintendere, significa mistificare il fatto che se è assolutamente criticabile il rogo alle Streghe, altrettanto ingiusti e di giustizia sommaria possono essere i linciaggi agli Orchi! Si dimentica forse che a difendere Barbablù è qui sia la storia che la sua insanità?
Conosciamo la “solidarietà” delle nostre donne; il loro chiacchiericcio, come le loro intuizioni scientifiche, i loro inganni ed i loro silenziosi sacrifici, ma sappiamo anche che Rebecca, indotta dalla cultura, dalla famiglia (qualunque causa esimente si invochi), contrasse un matrimonio di interesse e riuscì a rimanere vedova ricca di una unione scellerata! In questo caso al “rogo” fù il “mostro” e se la motivazione fosse da ricercare nella sua sete di “conoscenza”, non ci sentiamo molto distanti da osservare certa sapienza arrogante che destinava alle fiamme le fiammelle della coscienza nelle donne “rivoluzionarie” della nostra Storia! Si consideri ora quale sincretismo di paradossi offre la vicenda di Gilles de Rais, a cui Perrault si è ispirato: egli, condottiero valoroso che conta quasi più morti nella stanza segreta della sua torre che sul campo di battaglia ed eppure…eppure luogotenente ammirato (e chissà cosa altro…) dalla Pulzella d’Orleans, progenitrice certamente insieme ad molte altre silenziose, di un risveglio della coscienza umana, addormentata nel “sogno” della biologia e della cultura!
Barbablù, conceda questo eccellente consesso, non colse la potenziale “sensibilità” della propria sposa ad accogliere la propria mente malata? Può darsi, ma in questo caso era la sua stessa follia ad impedirglielo. Probabilmente un poco del coraggio di Giovanna D’Arco a soffiare dentro l’animo di Rebecca, avrebbe consigliato più saggio percorso alla donna.


Drammaterapia: Rebecca e le amputazioni della Storia e di Barbablù

Piccola Narratrice, Blue Beard, Aelier Drammaterapia, 2006
@ Maria Pina Egidi

Onorevoli Signori della Corte,
da questo momento la difesa di Rebecca sarà assunta dall'Associazione “Anna e le sue sorelle” perchè troppo impari è apparso il dibattimento sul comportamento dell'imputata.
Si sappia subito che la voce tonante con cui il la Difesa di Barbablù espone e argomenta i capi di accusa e le citazioni con cui egli rinforza le proprie tesi non intimidiscono punto Rebecca; ma è parso giusto a noi, per par condicio, fornire all'imputata le armi dialettiche di cui ella, per giovane età, per grado di istruzione e condizione sociale di provenienza, non dispone.
Permettete di presentarci: siamo una Associazione femminile che fornisce voce e muscoli a tutte le donne che, nel tempo e nello spazio, soffrirono e soffrono per l'arroganza di un sistema che non permette loro di esercitare persino i più elementari diritti dell'essere umano. Non abbiamo paura di essere chiamate “femministe” o “streghe” con disprezzo o derisione. Abbiamo vestito gonnellone a fiori e zoccoli olandesi quando ce ne fu bisogno per scardinare un mondo che poneva la sottomissione femminile al sommo di tutte le virtù.Tante di noi finirono con ignominia su roghi, reali e virtuali, accesi dal potere per contrastare il diritto di ogni donna a essere ciò che desiderava: guerriera, mistica, scienziata.
Oggi, con la forza della sorellanza, assumiamo la difesa di Rebecca e non sottovalutino, gli Onorevoli Giurati, questa indomabile energia che lega tutte noi. Con questa arma, gentile e implacabile come il fioretto, un invisibile (ai vostri occhi) esercito di donne sopravvive ogni giorno, nelle parti più remote e dimenticate del Pianeta. Ci parliamo senza parole perchè il nostro ventre ci suggerisce la sofferenza e la gioia di una sorella, perchè le nostre mani sono abituate a stringersi tra loro e a comunicare con un fremito quasi impercettibile la più sottile delle sensazioni, il più inesplicabile dei disagi. E dunque ci portiamo mutuo aiuto nelle prove più dure. Vi piaccia continuare a pensarci intente a parlare per ore sul niente, a farci una guerra sotterranea, ma sono molte di più le parole che non ci diciamo perchè superflue e le guerre che abbiamo scongiurato.
Tralasciamo di commentare l'incongruenza di fondo delle accuse formulate a Rebecca. Se il matrimonio tra i due era stato pensato come un accordo commerciale, se la gioventù dell'accusata era la moneta di scambio per il benessere e la sicurezza concessa, perchè chiedere anche il sentimento? Il Barbablù dovrebbe rispondere delle sue azioni anche di fronte a un tribunale civile, per mancato rispetto dei termini contrattuali.
Affrontiamo allora, senza più preamboli, il nocciolo della questione.
Ricordino, soprattutto i signori giurati uomini, che in ogni bambina vi è una donna e non il contrario. Anche la più giovane, la più inesperta , la più povera e affamata delle Rebecche è una Donna, intesa come essere umano , di sesso femminile, adulta, consapevole dei propri desideri, con la dignità e il diritto al rispetto altrui e all'autodeterminazione.E invece a Barbablu e ai suoi accoliti piace vederci eterne bambine, da guidare, censurare, mettere alla prova! “Brava Rebecca, perchè hai obbedito agli ordini” “Cattiva Rebecca, hai disobbedito e meriti una punizione esemplare per farti ricordarti sempre chi è il padrone, per evitare che tu prenda una cattiva strada, perchè solo io, tuo signore e padrone, conosco ciò che è giusto per te”.
Dove sta, signori Giurati, l'atto di fiducia di cui parla la Difesa? Ti consegno le chiavi del castello e tu puoi entrare ovunque eccetto che in una delle stanze (e stiamo a vedere se ubbidisci?). E' una fiducia sub condicione questa! La vera fiducia sarebbe stata quella di consegnare a Rebecca le chiavi del castello senza alcuna proibizione, con il coraggio di affrontare gli occhi della propria donna dopo che avessero visto l'orrore e la tenebra di quello stanzino. Come un vero innamorato, le avrebbe consegnato metaforicamente tutto il proprio essere, fatto di luci e di ombre. Ombre non peggiori di quelle dell'animo di qualunque altro umano. Forse Rebecca sarebbe fuggita da lui, dopo la scoperta, come verrebbe immediato pensare.O forse forse.. sarebbe rimasta al suo fianco, per capire, accettare, correggere o chissà cosa altro. Quante donne rimasero fino all'ora estrema insieme al proprio uomo, per quanto scellerata fosse stata la vita del loro compagno? Rivendichiamo per Rebecca anche il diritto di essere complice, colpevole, co-imputata nel processo a Gilles de Rais, se questa fosse stata la sua scelta.
Invece, eccola lì , accusata del peggior reato che una donna possa commettere agli occhi di un uomo: la sete di conoscenza!A onor del vero, si trova in buona compagnia: lo stesso peccato fu commesso da Eva nella notte dei tempi e sappiamo bene quali furono le conseguenze. Anche per lei le cose furono poste negli stessi termini, in fondo. E Pandora che aprì il vaso contenente tutti i mali? Cattiva bambina anche lei... scusate l'ironia.
L'ingiustizia somma, l'ingiuria, la beffa peggiore sta nei termini dell'accusa. Addirittura non si riconosce nelle azioni di Rebecca neppure la grandezza , la nobiltà della pulsione a sapere, a conoscere. In lei e in tutte le altre donne, si parla di “curiosità” . Curiosità , capite? Una cosa da comari, una ficcare il naso dove non si deve, un ricondurre il tutto a una banale, ridicola, patetica azione da bimbetta, per l'appunto.
Chi porterebbe Ulisse davanti a questo tribunale con questa accusa? Nessuno, signori, poiché a lui si imputa e al tempo stesso si perdona, la “sete di conoscenza”, la nobile pulsione dell'animo che porta al progresso del genere umano. E allora ricordate che è un peccato, un affronto allo spirito, rispettare il divieto di una porta da non aprire, un frutto da non mangiare, un vaso da non aprire.
Chiediamo quindi l'assoluzione con formula piena dell'imputata poiché le accuse sono viziate da un grave pregiudizio di base. E ci sia permesso ancora dire che, mentre auspichiamo un mondo dove tutte le Rebecche possano essere amate senza bisogno di esami da superare e possano sentirsi in diritto di aprire tutte le porte, rivolgiamo un pensiero di commiserazione a Barbablù che, mosso dal desiderio di sentirsi amato, comunque ha commesso un così grave errore di valutazione della reale sensibilità della sua sposa.

martedì 26 ottobre 2010

Drammaterapia: Barbablù e la prova d'amore.

Narratore e Director, Blue Beard,
Atelier Drammaterapia, 2006
@ director
Con estremo rispetto di questa Corte e del Pubblico Ministero, debbo dire che assai scarsa di contenuto e soprattutto convinzione appare l'autodifesa di Rebecca. Veniamo a quanto ella ci dice...sul tempo, quello suo, che non era quello che canta Alda Merini...

"Non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente, di fiori detti pensieri, di rose dette presenze, di sogni che abitino gli alberi, di canzoni che facciano danzare le statue...",
nè quello pieno di passione, forse "intellettuale" ci dice Rebecca (sic!), che recita Shakespeare:

"Non mangia che colombe l'amore, e ciò genera sangue caldo, e il sangue caldo genera caldi pensieri e i caldi pensieri generano calde azioni, e le calde azioni sono l'amore".

Siamo d'accordo! Si conceda che i "tempi" della nostra storia non diano spazio all'idealità dell'amore ed ai colori della passione; che l'esigenza di un "buon partito" sia migliore a sfamare i bisogni di una giovine donna della contrada, piuttosto che l'amore puro del compagno dell'orto. Ma poi, dobbiamo ammettere, quali ragioni etiche suggerino a Rebecca di innamorarsi "artificialmente" di Barbablu? In quale cuore bugiardo nacque la scellerata intenzione di rompere un patto accettato e contratto: non aprire quella porta?

Non vi è dubbio che la grave condizione che Barbablù poneva alla altrui fiducia, la spietata prova -sia pure essa celasse il suo amore puro e sincero- non appartiene alla convenzione dei rapporti in una coppia, ma altresì è vero che a quei "tempi", la donna era più proprietà del suo Signore, che partecipe compagna. Eppure egli, Barbablù, in un disperato gesto, spogliava se stesso di ogni potere (le chiavi), chiedendo a lei di decidere se fare di lui un uomo felice o il disperato che sentiva di essere da sempre? Riusciremo a leggere tanto amore in tanta follia?

Sappiamo cosa obietterà il Pubblico Ministero. Lì, anche se luogo maledetto, nessun codice di guerra o legge marziale a punire chi oltrepassa un confine, ne siamo consapevoli. Sappiamo di non trovarci in un tribunale di guerra e nemmeno ordinario, illustri giurati, poichè il solo tribunale che conta è la nostra coscienza. Se di diritti e doveri infranti dovessimo discutere, ancor prima dovremmo concordare sul fatto che il reato, nella fattispecie, non fu mai commesso e che fu una morte prematura a fermare il gesto scellerato di Barbablù. Ma la nostra coscienza e quella di Rebecca è insieme luogo dei fatti e luogo del giudizio. Insana, profondamente "malata" la condotta di Barbablù (che fosse colpa della sua Barba o quella prendesse colore a causa della malattia della mente è cosa che lasciamo i genetisti); egli che chiede prove supreme e regala punizioni cruente, totali, la morte. Ma l'amore, o meglio la sua mancanza, ha reso folle quest'uomo.

Potrà anche Rebecca appellarsi a qualche stravagante follia per giustificare il fatto che nel sentimento verso il proprio signore vi fossero opzioni nascoste, da scoprire nel sicuro della sua assenza e dopo giuramento? Barbablù, ad onta del proprio aspetto, non aveva dato segni di malvagita nel tempo prima (che gli altri sapessero) e la fiaba lo dice...desiderava rendere felice in tutto la sua sposa. Ma questa, per essere tale, doveva mostrarlo. Quanto Barbablù chiede non giusto, comeo è invece comprensibile (derivabile) nella psicodinamica di una mente sofferente. Non disse Ovido: "Voglio se posso odiarti e se non posso per sempre amarti"? E Lamarque non descrisse l'amore nel bisticcio misterioso tra possesso e libertà: "Con un filo d'oro la vorrei legare a me. Poi, come prova d'amore, la vorrei per sempre liberare"?
Non vogliate leggere sarcasmo nelle mie parole, ma dovremmo forse dire, paradossalmente, che proprio quella follia regalasse a Barbablù la profondità di un sentimento che in Rebecca era l'affetto addomesticato di una donna solo "curiosa"?

Drammaterapia, Rebecca è eroina o fedigrafa?


Rebecca in Blue Beard, Riduzione Drammaterapica dalla favola
di J. Perrault, di E. Gioacchini. Rebecca è Francesca Marinelli

@ Blue
Rebecca: "Il matrimonio d'amore è una invenzione del ventesimo secolo, un lusso degli intellettuali e degli artisti scapestrati. Un tetto solido, tre pasti al giorno, abiti per ripararsi, legna e carbone per l'inverno, una dispensa sempre piena, in barba a carestia e male annate, sono argomenti assai convincenti per spingere una povera ragazza del contado a sposare il fosco signore del castello.
Come si può vagheggiare un sentimento di cui ho soltanto sentito parlare nelle ballate popolari, di fronte alla certezza della sopravvivenza, non solo mia, ma della mia intera famiglia? Nella contrada, molti bambini non superano i primi cinque inverni di vita; il lavoro dei campi e delle botteghe non serve a nulla se le piogge, la guerra, la siccità o la peste arrivano all'improvviso.
Vorrei ricordare ai signori della corte che la scelta di sposare il Barbablu non è stata poi così sofferta da parte mia: certo una iniziale ripugnanza verso il mio futuro sposo potrei averla provata, ma consideriamola come un pudore di adolescente verso la vita coniugale, che si sarebbe manifestato comunque, verso qualunque particolarità fisica di qualunque altro uomo.
Non so se posso dire di essere stata felice di sposare Barbablu, ma di sicuro non sono stata infelice nel farlo.
Vorrei che gli onorevoli signori della corte tenessero presente questo aspetto del mio matrimonio, nel valutare i fatti".

lunedì 25 ottobre 2010

Drammaterapia, Barbablù in Drammaterapia

Rebecca in BlueBeard, Riduzione Drammaterapica dalla favola
 di J. Perrault, di E. Gioacchini. Rebecca è Francesca Marinelli
Director

A proposito di quali possibili elementi e come lavorino in Barbablù, uno spunto di riflessione alle “Rebecche” ed agli "assassini seriali" dalla barba più o meno colorata!
Rebecca, non abbiamo dubbi, avrà usato tutta la sua arte di “seduzione” femminile per attrarre il principe ricco e potente e divenirne sua sposa tra tante, oppure no? La fiaba racconta come Barbablù fosse stato rifiutato da molte fanciulle a causa del suo aspetto certamente non “handsome” e che Rebecca, la più piccole delle due figlie della vedova, si convincesse a sposarlo, decidendo che poi il Signore non fosse tanto orribile. Ma in questo caso perché? Ricco e potente ed il vantaggio di un matrimonio così interessante (ovvero interessato) poteva far superare qualsiasi ripugnanza e ribrezzo…persino la barba poteva non apparire più così intensamente blù: “… la sposina si sentì molto orgogliosa quando poté mostrare alle sue amiche il meraviglioso palazzo dove abitava".
Azzardiamo a dire: Barbablù nel gioco di “vendere” tutto quello che possedeva alla propria sposa, purchè lei accettasse tutto quello che era…forse doveva esservi un limite! Prendiamo la difesa del Principe in un tribunale virtuale, accettiamo il suo mandato e troviamo delle cause “diminuenti” il tentato omicidio, tralasciando il fatto che egli, il principe, non può più essere giudicato, perché il reato non ebbe compimento per intervenuto decesso dell’attore stesso. Nella dinamica seduttiva dell’amore che, in un certo qual modo, si prostituisce alla potenza ed alla ricchezza, potremmo concepire che Barbablù volesse una prova di amore autentico dalla propria donna?
Che dietro la proibizione di varcare la soglia di quell’uscio maledetto, vi fosse la ricerca disperata di un cuore che anelava essere corrisposto in amore sincero? Perché in questo caso Rebecca sincera non fu. Anzi, se avesse potuto (Ahi…"se solo avesse potuto tornare indietro", recita la drammaturgia, oppure pulire quella chiave macchiata dell’infrazione!), avrebbe ingannato e forse..continuato ad ingannare per sempre quel sognatore. Barbablù, è vero già omicida seriale -lo sappiamo- che desiderava essere amato per quanto era e non per le proprie ricchezze. E inoltre -notiamo bene- alle ricchezze materiali del Principe, alla sua grande potenza, quale ricchezza personale pone Rebecca?
La sua “curiosità”, eccellentissima corte! Il Principe, davvero interessato alla felicità della sposa, la invita a disporre di tutto, di quel tutto che, lo tenga a mente questa giuria, costituisce l’unico motivo che fece contrarre quello scellerato matrimonio:
“Tuttavia desiderava che nel frattempo lei si divertisse con le sue amiche, e le invitasse a palazzo. Ti lascio le chiavi di tutte le porte, di tutti i forzieri, di tutti gli armadi - disse togliendo di tasca un tintinnante mazzo di chiavi. … Adopera come vuoi il servizio di vasellami e le posate d'oro e d'argento; fruga nei ripostigli, saccheggia la dispensa. Ma per nessun motivo al mondo dovrai aprire la porticina che si trova in fondo alla galleria e che si apre con questa chiavetta d'oro. Guai a te se entrerai in quello stanzino: dovrai pentirtene amaramente! Così dicendo, consegnò il mazzo di chiavi alla moglie".

Ed invece il tradimento si consuma nel tentativo maldestro di sotterfugio della donna! Se la ragione dell’estrema prova da parte del Principe è stata qui discussa, chiediamoci poi se Rebecca avrebbe potuto fare altrimenti dal tentare l’inganno. Barbablù non ha attirato in un trabocchetto la sua sposa, eccellenti giurati! Non ha spiato le sue mosse, ma fiducioso ha consegnato a Rebecca anche la chiave del suo segreto. E se segreto non fosse stato non avrebbe avuto bisogno di essere celato! Il proprio limite, la propria paura di essere tradito, che vuole dire “accettato” e lì, aperta, chiara, persino sonante nel rumore della chiave tra le altre di quello sfarzoso castello che egli mette a disposizione della donna. E Rebecca, avidamente, come avido è stato il suo matrimonio, cerca un modo di comprendere che non abbia rischi: di nascosto!. Non parla al suo sposo, non si oppone, non rigetta decorosa quella sfida, quel limite tuttavia al loro rapporto e vigliaccamente preferisce la strada dell’inganno. Guardò la chiavicina maledetta e vide che era sporca di sangue.
"Subito cercò di asciugarla e di pulirla, ma non vi riuscì. La chiave era fatata, e le macchie di sangue cancellate da una parte, ricomparivano da un'altra. Atterrita, pensava di fuggire dal palazzo, ma proprio quella notte Barbablù vi fece ritorno. La sposina simulò di accoglierlo lietamente, ma in cuor suo si sentiva morire per la paura".

E certo che quella "chiavicina" sporca del proprio "peccato", quale elemento magico della fiaba, ha un rimando importante al senso di colpa che la donna dovette avvertire, perchè la scena del crimine può essere cambiata, ma il senso di colpa uno, signori giurati, se lo porta dentro! Nella povera folle mente di Barbablù il delitto è già consumato, prima che egli la possa uccidere, come ha fatto con le altre e non gli rimane che annullare l’ignominia del tradimento, sottraendo la sposa alla stessa vita, alla testimonianza dolorosa dei propri occhi. Reset totale che cancella peccatore e delitto insieme. "Solo la donna che dorme...non tradisce"..farà suggestivamente dire Totò a Barbablù! Non stiamo qui difendendo la volontà di uccidere di questo uomo, ma cercando di spiegare cosa lo spinse molte volte a farsi reo di tanta strage. Se Gilles de Rais uccideva le sue giovani vittime, bambini, quale olocausto al proprio peccato, nella ricerca di quella perfezione che l’immolava a sacrificio ed intercessione per i suoi stessi crimini, facendone dei “santi” e “martiri”, ben ha inteso Perrault nel delineare Barbablù prima vittima di se stesso, prima ancora che di una famiglia (quella della sposa) giunta, provvidamente in soccorso della scempiaggine del proprio parente.
Barbablù è morto, ma crediamo che questo non sia la sola uccisione del testo. Egli non era in grado di “condividere” perché, recita il testo, le donne si sottraevano a lui per la sua bruttezza e tuttavia egli cercava disperatamente e follemente -lo abbiamo detto- di essere amato; che il suo modo di sentirsi amato dovesse essere troppo xompensatorio, assoluto, non v'è dubbio. Ma uccisa, ancora prima è stata la coscienza di un “patto”, di un “dono”, la reciproca consapevolezza che qualsiasi unione non significa “totale fusione”, né tantomeno “furto” nella casa-anima di un altro. Spero che l’eccellentissima Corte ed i Giurati tengano conto di quanto esposto. La Difesa.

«Siamo attesi? Credevo fossimo a Napoli... » Totò in "Le sei mogli di Barbablù"
 

Video: dal film, Le Sei Mogli di Barbablù, 1950 (tratto da theASFRfan),
Regia: Carlo Ludovico Bragaglia; Soggetto: L. Brenno, B. Caravagni; Sceneggiatura: F. M. Ricci, B. Caravagni;
Fotografia: Mario Albertelli; Scenografia: Alberto Boccianti; Musica: Pippo Barzizza; Montaggio: Renato Cinquini;
Aiuto Regia: Roberto Cinquini; Direttore produzione: Romolo Laurenti; Produzione: Golden Film; Durata: 87minuti.


Interpreti e personaggi:
Totò (Totò Esposito / Nick Parker), Isa Barzizza (Lana Ross), Mario Castellani (Amilcare Marchetti), Tino Buazzelli (l'editore Ladislao Zichetti / Barbablù), Carlo Ninchi (il vero Nick Parker), Luigi Pavese(Lucas, capo dell'Interpol), Marcella Rovena (Carmela), Aldo Bufi Landi (Patson), Eduardo Passarelli (l'impresario di pompe funebri), Erminio Spalla (l'autista), Silvia Fazi (Domenica), Franco Jamonte (Pecorino), Enzo Garinei (un paesano), Anna Di Lorenzo (la cameriera), Sofia Lazzaro (Sophia Loren, una moglie di Barbablù), Giovanna Ralli (una moglie di Barbablù), Nino Marchesini (l'ispettore di polizia).

lunedì 18 ottobre 2010

Drammaterapia & Storytelling, 2010

Atelier Drammaterapia per le Risorse,
2010-2011
Director, E. Gioacchini

venerdì 15 ottobre 2010

Drammaterapia, Lui Lei Forse Sempre

Piece Drammaterapica scritta e diretta da E. Gioacchini - Giugno 2010
Prima lettura e prova senza studio
Attori, M. Pina Egidi, Gianni De Angelis

mercoledì 13 ottobre 2010

Dramatherapy, The Abandon

Improvisation Techniques (2010)
Creative Drama & In-Out Theatre
Director, E. Gioacchini



Video: Tecniche d'Improvvisazione, Atelier Drammaterapia Liberamente,
Giugno 2010. Regista ed Allievo (Spartaco Pelle)

martedì 12 ottobre 2010

Il Teatro di G. Ivanovic Gurdjieff

"Georges Ivanovič Gurdjieff ed i suoi allievi"
Una Piece dell'Associazione Teca - Roma, Piazza Navona, 9 ottobre 2010

Video: Una piece dell'Associazione Teca (Roma). Regista, Alessandro Albanese. Documento registrato dal CDIOT

lunedì 4 ottobre 2010

Dramatherapy & Hypnodrama: Kamikaze, part I

A Hypnodrama directed by E. Gioacchini, powered by Creative Drama & In-Out Theatre

Dramatherapy & Hypnodrama: Kamikaze, part II

A Hypnodrama directed by E. Gioacchini, powered by Creative Drama & In-Out Theatre

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

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