@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

lunedì 28 novembre 2011

COME LAVORA IL NOSTRO "TEATRO DRAMMATERAPICO"




Foto dal Backstage Sonia, Novembre 2011,
director e Livia Gagliardi in un  passaggio interpretativo
Nel CDIOT ogni ruolo e parte viene discussa, esplorata, dissezionata nelle sue realzioni con le altre cosi che essa appartiene ed è conosciuta da ogni interprete. Ci riferiamo ad una conoscenza oggettiva dei significati del testo e di quella che avviene all'interno di una elaborazione degli stessi, privata ed estremamente individuale e poi gruppale ad opera del gruppo. Questo facilita le dinamiche relazionali oltre quella intrapsichica e crea un "medium" comunicativo implicito, capace di accogliere cambiamenti ed ulteriori rimodellamenti della parte.
La lettura registica di quanto avviene, in questa prima parte del lavoro sul testo, permette la riscrittura dello stesso, ove necessaria, a fronte degli input ed output ricevuti. Ne esce una rivisitazione drammaturgica dell'opera, che pur rispettando le tematiche originali, nè sottolinea le puculiarità speculari al lavoro gruppale (prima fase del Creative Drama).
E' quest'ultimo il testo che costituisce lo stimolo per il processo drammaterapico, una volta che si arriva alla fase performativa delle prove (fase del In-Out Theatre). Infatti, le "risposte" registiche a quanto osservato e valutato funzionano nell'interprete quali "tagli cesarei" per l'emergenza di "drama" e poi come costruzione della piece drammaterapica (seconda fase del Creative Drama e fase In-Out Theatre).
Durante questa costruzione -che procede dallo svestimento del formale, l'enucleamento del simbolico e il rinvestimento oggettuale), conduzione ed interpetazione lavorano "fianco a fianco" per un unico processo drammaterapico.

domenica 27 novembre 2011

Drammaterapia e Tecniche Drammaterapiche


Foto da Backstage Sonia, Novembre 2011.
Livia Gagliardi e Paolo Nardella in prove di scena
Foto Backstage Sonia, Novembre 2011
Spesso, durante il lavoro di "montaggio" di una piece, chiedo ad un diverso interprete di abitare "la casa ed i congiunti" di un altro personaggio, i suoi guai affettivi ed i suoi momenti di gloria, alla stessa stregua di quando, nella visione di un film, usiamo inconsapevolmente le scene per diventare inquilini provvisori di quella pellicola. Questa tecnica possiede lo scopo di avviare nell'interprete "designato" ed in quello "supplente" un interessante processo di revisione dell'ovvietà di quanto sta avvenendo. Infatti sulla scena accade una cosa che è comune nella realtà. Una sorta di adattamento immediato, di incorporazione degli elementi riconoscibili ed espulsione di quelli estranei e quindi non più disponibili nel lavoro drammaterapico. Ottenere il risultato con il minimo dello sforzo ed un convincente compromesso in quanto a risultato è la strada che solitamente è adottata da ognuno, che si stia camminando per strada o sopra un palco. Lo spostamento tra personaggi ed interpreti permette invece di rimettere in gioco le risorse e possibilità accantonate.

IL CORPO DELL'ATTORE NEL TEATRO DRAMMATERAPICO


Conosco, ma non mi interessa il corpo dell'attore in teatro. Su questo, maestri lontani sino ad uno più recente come Jaques Lecoq hanno lavorato e scritto moltissimo. Più importante, in questo contesto, i riferimenti al lavoro che si fa con il corpo e le sue percezioni in drammaterapia. Parto da un contesto apparentemente lontano: Castaneda. Il famoso antropologo allievo dello sciamano inventa dei passi, dei movimenti che avvitano il corpo e si avvitano su di esso per permettere che entri in un mondo "altro" e penso ai passi "magnetici" di una ipnosi prima maniera, ai toccamenti "terapeutici" della bioenegetica, dunque a tutta quella pratica creativa che vuole nel contatto sensibile con l'altro la possibilità di una comunicazione privilegiata, oltre ogni concetto di privacy, ma che inerisce ai sentieri per l'anima. Intendiamo qui L''accezione di anima è qui intesa laicamente; ess riguarda la dimensione metasensibile del nostro psichismo.
Nello statuto del CDIOT, il director ricorre al contatto con l'attore ogni qualvolta un elemento della drammaturgia si accomoda nella facilità del consueto, si nasconde nelle pieghe della tecnica attoriale, frena dinnanzi all'impatto con un catarsi difficile, accellerà nella fuga della scoperta. Ogni qualvolta...è valutato possibile e corretto, ovviamente.
Allora, dove l'attore fatica a connettere lo stato emotivo suscitato da quanto del testo filtra nella sua dimensione più privata, vi sono mani che segnalano catene muscolari, che abbracceranno la pena e spingeranno gli occhi alla visione compassionevole. Che permetteranno di accettarsi nella parte difficile o renderanno volutamente arduo il percorso verso la battuta.

Foto Backstage Sonia, il Resto della Mia Vita,
 Novembre 2011, Paolo Nardella alle prese con una parte.
Nel teatro drammaterapico si scava insieme, gruppo di attori e regista, si lasciano decantare processi di conoscenza e cambiamenti affettivi, si risvegliano demoni e bellissimi angeli. Ci si riconnette alle possibilità originarie dello stupore infantile, probabile memoria genetica di quando l'universo si è osservato per la prima volta.

Drammaterapia, Sonia tra Memorie e Presente


Foto da Backstage Sonia, Novembre 2011,
 Livia Gagliari e Sabina Bocci, Creative Drama & In-Out Theatre

Stessi luoghi per vicende differenti. E' questa la dimensione contraddittoria delle relazioni umane, che si guardi a contesti sociali o al microcosmo familiare. "Posso aiutarti?". No, probabilmente la Sorella non potrebbe mai aiutare Sonia o almeno per come lei vorrebbe o forse non sa ancora. Se il dolore è in fondo la vera anima dell'universo, questo, invece, congela le storie degli individui sino al punto che neanche un vero amore può tentare di svegliare. L'amore è un dono, na sorpresa, e chi pensa di non meritarlo non ha un luogo dove farlo poggiare, farsi vedere. La Sorella uscirà dalla stanza perplessa, profondamente turbata all'immagine di quei fogli distrattamente tenuti tra le mani di Sonia. La sceneggiatura più privata non è scrittta lì sopra, mentre i suoi occhi hanno smesso di cercare. Lei, la sorella, riprenderà il corso della sua personale vicenda, diversa da quella di Sonia, con stesse mura, stessi genitori, stessa violenza o amore, stesso cielo e terra sotto.

PROJETO JOVEM al Nuovo Cinema Aquila con la pièce del Creative Drama In-Out Theatre


Venerdì 2 Dicembre, a partire dalle 20.30, il Nuovo Cinema Aquila propone una serata di raccolta fondi per la ONLUS italiana ‘Il Sorriso dei miei bimbi’ -che lavora nel cuore della più grande favela del Sudamerica, Rocinha, a Rio de Janeiro– e per il loro Projecto Jovem.

27/11/2011 - "Il Sorriso dei miei Bimbi” si occupa, in Brasile, di educazione infantile e formazione giovanile: in favore dell'infanzia e dell'adolescenza bisognosa, abbandonata, bistrattata, trasmette ogni giorno l'antidoto della conoscenza a chi viene sistematicamente negato per distinzione di razza e provenienza sociale. Nell’arco di dieci anni si è conquistata il rispetto e l'affetto della comunità di Rocinha, che oggi si stringe attorno al loro lavoro. Per sostenere le loro iniziative contro povertà e abbandono, e promuovere assieme a loro il diritto alla vita, anche il Nuovo Cinema Aquila ha voluto esserci, mettendo in atto una serata di raccolta fondi (versamento minimo: 10 euro) e chiamando all’appello diverse altre realtà artistiche e culturali (nel campo del teatro, del cinema e della fotografia), sensibili a urgenti tematiche sociali riguardanti il nostro paese, ma in un certo qual modo affini a quelle che la ONLUS si trova quotidianamente ad affrontare a Rocinha.
La serata si aprirà alle 20 con la proiezione di un breve video che testimonia le attività del PROJECTO JOVEM, presentato dal direttore del Nuovo Cinema Aquila Fabio Meloni, dal Presidente della ONLUS Sol.Co. Solidarietà e Cooperazione Mario Monge e dal segretario italiano de “Il Sorriso dei miei Bimbi” Lorenzo Lipparini.
Alle 21 sarà il momento del teatro, con il Creative Drama & In-Out Theatre e il loro notevole esempio di Cinema-Dramaterapia: la pièce SONIA, IL RESTO DELLA MIA VITA… OVVERO OLTRE I POSTI DELL’AMORE, scritta dallo psicoterapeuta E. Gioacchini e F. Pitorri e diretta da E. Gioacchini. Gli interpreti sono Sabina Bocci, Tonina Cavaliere, Gianni De Angelis, Giuliana Falaschi, Maria Frasca, Carmen Tufo, Dalila Muntoni, Gagliardi Livia, Pino Gencarelli, , Lucrezia Gioacchini, Paolo Nardella, Angela Ronconi, Spartaco Pelle e Giulio Zavagnini. Dense le implicazioni, qui esplicate dalle parole del regista stesso, che pervadono il percorso tutto mentale che ci avvicina a Sonia, ennesimo esempio di gioventù abbandonata, che sogna di fuggire, prigioniera dell’illusione, come molti abitanti di Rocinha.
“Se cinema e teatro da sempre hanno preso vita dalle nostre storie ed a quelle rimandato, scavando nella nostra sensibilità e desiderio di essere ascoltati, nella drammaterapia e nella cinema-dramaterapia essi diventano strumenti capaci di evocare con forza, contenere con privatezza e ristrutturare verso l’autenticità. Perché nel teatro, ad esempio, non si può fingere di ‘fingere’ e lo smascheramento intenso e tuttavia discreto che ha luogo diventa dono verso se stessi e verso gli altri, come dice la lezione profonda di Grotowsky.
E’ con questa intenzione che la Compagnia del Creative Drama & In-Out Theatre mette in scena una sua drammaturgia, laboratorio aperto con il pubblico, performance che desidera muovere l’iconografia personale di chi performa ed assiste, attraverso riprese video e scene di teatro. Nessuna intenzione ‘terapeutica’, né saggio di teatro in senso stretto, ma le storie personali e invisibili degli interpreti che danno anima ai personaggi di una vicenda rappresentata, che si muove tra schermo e palco di una compagnia di vero ‘teatro drammaterapico’. Sonia è una giovane come tante, state e che saranno, schiacciata dalla responsabilità del vivere, senza aver ricevuto abbastanza per credere in se stessa. Al posto di questa credibilità nelle proprie energie, l’aspetto illusorio di idealismi e tentativi di vivere. SONIA, IL RESTO DELLA MIA VITA è il titolo della pièce ed è appunto quello che rimane e che può essere costruito a essere protagonista delle scene rappresentate. Il sottotesto recita …OVVERO OLTRE I POSTI DELL’AMORE, di quello non conosciuto, di quello ingannato. Una carezza può far male, se ne risveglia un’assenza troppo lunga o esistita da sempre. Eppure, non vi è via di mezzo: la strada avanti chiede di essere percorsa, con affanno, incertezza, ma non a ritroso. Persino l'inconscio, così incline sul lettino dell'analista ad avere il suo ‘momento di gloria’, parlando del passato, si esprime al presente e di quest'ultimo, in fondo, terrifica le vicende già vissute e le speranze intatte e tuttavia nascoste. Sonia apprenderà attraverso un faticoso percorso nella vita degli altri a conoscere ‘il resto’ della propria, a non nutrirlo solo in una maternità che consola, ma piuttosto che la sua identità.”



sabato 26 novembre 2011

Sonia il Resto della Mia Vita, Piece Cinema-Dramaterapica in quattro atti del Creative Drama & In-Out Theatre


SONIA, IL RESTO DELLA MIA VITA
ovvero...oltre i posti dell'amore.

Pièce Cinema-Dramaterapica di E. Gioacchi e F. Pitorri
Regia E. Gioacchini
2 dicembre 2011, h.20.30
Cinema Nuovo Aquila , Via Aquila 68
Euro 10,00, a favore del "projecto jovem" sponsorizzato dall'Associazione Onlus
"Il Sorriso dei Miei Bimbi" -


Come director di questa Compagnia e con il supporto dell'Atelier LiberaMente, sono molto contento di destinare la filosofia e l'impegno del nostro lavoro artistico ad una iniziativa così importante  e concreta: aiutare l'infanzia di una favela brasiliana ad avere istruzione. Questo comporta lo sviluppo di quella libertà che è possibile per l'individuo solo a patto di non vivere nell'umiliazione di avere negato il potere della conoscenza, quello che permette di scegliere tra il fare gisto e sbagliato.
Non deve esistere casta per il sapere e, per noi che approfondiamo il discorso del teatro, come opzione ludica per lo sviluppo delle nostre risorse, è fondamentalmente etico rivolgere il pensiero ed il nostro supporto a chi l'istruzione basilare per difendersi e crescere non può avere. Pericolosa pregiudiziale, quindi, alle possibilità del destino.
Un ringraziamento all'Associazione Il Sorriso dei Miei Bimbi ed al Cinema Nuovo Aquila, che da molto tempo oramai sponsorizzano con un aiuto tangibile le campagne destinate ad aiutare l'emarginazione, lo sfruttamento, la povertà vera.

Nella drammaturgia che rappresenteremo, ho sottolineato a quattro mani con F. Pitorri quanto non esista luogo elettivo per il dolore, per la povertà affettiva, come non ne esiste uno particolare per l'amore e la crescita. Nello stesso tempo, la responsabilità di quanto avviene nel micro e macrocosmo delle nostre relazioni familiari, sociali, politiche ed economiche non può essere più sottovalutata. Compete ad ognuno dare il proprio contributo in quella che definisco "fabrica" del vivere sociale. L'individualismo esasperato non può più proteggere nell'anonimato dell'interesse del solo singolo, senza che prima o poi vi sia un ricasco anche nel collettivo. Dare le responsabilità  alla "globalizzazione"di quanto avviene nelle aree più bisognose del pianeta, ma oggi anche in quelle fino a poco tempo fa considerate meno a rischio di povertà, significa in parte deresponsabilizzare l'azione del singolo, sottrargli il potere dell'associazionismo per la difesa del proprio pensiero e dei propri diritti. E le recenti spontanee convention di gruppi di "indignados" nei luoghi del "potere", della "decisione", delle "regole" sta a significare poprio questo: la riconsiderazione di una democrazia veramente autentica. Questa deve poter albergare nello spazio privato e nello spazio pubblico, nel discorso sociale e nella sua prassi politica.
Potrebbe sembrare di essersi spinti lontani dal soggetto e dalla piece in oggetto con queste considerazioni, ma basterebbe pensare a come indigenza, carenza affettiva e difficoltà determinano i destini degli uomini,  per comprendere che anche Sonia ha diritto a ricercare e comprendere il "Resto della Sua Vita". Grazie alla compagna di scrittura, agli attori, a tutti i collaboratori ed amici ed in bocca al lupo!

E. Gioacchini

mercoledì 2 novembre 2011

Drammaterapia & Relazione


Io Ritualisticamente, Scomposizione e Rimodellamento del Reale.
Reading Performativo sul pensiero di J. Cortazar, Roma 28.10.11
L'esperienza con l'altro. Questo vertiginoso smascheramento della nostra fragilità al posto di quell'investitura magica che, invece, vuoi ti faccia potente negli occhi dell'altro! Il denudamento dal falso coraggio di essere se stessi.
Desideralo, questo tuo posto nello schieramento anonimo o personale degli altri! Occupalo questo tuo tempo, finché dura e sii pronto alle costanti chiamate che la vita fa, intorno e dentro di te.

Io Ritualisticamente, Scomposizione e Rimodellamento del Reale.

Le "Storie di Cronopios e di Famas" di Julio Cortazar ci riportano a una conoscenza di noi e, quindi, dell'Altro, attraverso quel pensiero divergente che forse non ci hanno insegnato a utilizzare o, addirittura, abbiamo appreso a evitare! Come farci aiutare dalla Lezione dello scrittore verso l’autenticità? 
Quando Cortazar, come in un tentativo cosmogonico, mette tre genie di esseri assoluti ad essere attraversati dal fato, egli scompone e ricompone la realtà, ovvero il nostro modello del mondo e in fondo l’essenza delle domande dell’Uomo. Le tre sottospecie (perché la specie è quella umana) sono i Cronopios, I Famas e le Speranze. Le domande fondamentali: dove sono, con chi sono, dove vado. Il problema delle origini -da dove provengo- è invece sorpassato, quasi a suggerire che siano i comportamenti a descrivere la realtà, a “costruirla”.
Questi esseri, i Cronopios ed i Famas, sono nella loro condizione immanente, imprigionati ad esprimere il loro ufficio, nella totale libertà di esplorarlo all’infinito ed ogni categoria, dobbiamo pensare, ha una complessità infinita da esprimere. Nell’equilibrio instabile dato dall’interazione delle tipologie di esseri, come in un quadro di Pieter Bruegel, dove follia ed ordine sembrano danzare insieme, possiamo così ravvisare l’identità complessa e contraddittoria delle tensioni dell’Uomo. Il loro sempre differente decantarsi in precipitato e solvente, infinitamente possibile.
Ontologicamente, tuttavia, Cortazar introduce tra i Cronopios, pervasi da così sana follia ed i Famas, così folli nella loro prevedibile organizzazione, un terzo tipo di esseri, appunto le Speranze, intermediari indefessi tra gli altri due. Questo inserimento è piuttosto “romantico”! Sembrerebbe recuperare la domanda inevasa -ma l'Autore non lo dice-; aspira, se non alla conciliazione, almeno al compromesso tra i Conopios ed i Fama, quasi come lontano ricordo, riconoscimento di un’unica creazione e, forse, creatore.
Come si diceva, ogni tipo in sé ha profondamente inscritta l’altra metà inevasa, l’elemento di chiara appartenenza all’altro. E sì che un Fama –suggerisce il pensiero di Italo Calvino-, nel suo compatto rigore, espresso sino al parossismo, esprime un agire “folle” che molto ricorda le caratteristiche di un Cronopio. Ed in fondo, domandiamoci, il suo non è l’estremo tentativo, portato sino all’eroismo, di salvare il Mondo dal Chaos? E un Cronopio, nella sua infinità esasperata sregolatezza e quasi sistematica capacità di eludere il consueto, la tradizione, le regole e abbandonarsi all’infrazione, non persegue forse un intento anancastico proprio della psicologia di un Fama?
Il Laboratorio di qualche giorno fa (Workshop Io Ritualisticamente) è stato “totale”. Ha esplorato identità fisica e psicologica, reale ed immaginaria, esplicita o anche performata dei partecipanti, tutti invitati a ringraziare il pensiero di Cortazar.
Director.

domenica 30 ottobre 2011

Drammaterapia, Annotazioni a margine di un workshop su Cortazar...

Io Ritualisticamente, Scomposizione e Rimodellamento del Reale,
 28.10.11 Workshop di Drammaterapia

Fare a meno di un braccio, di una gamba, dei movimenti della testa, delegare quelli nella funzione e nel soma di un'altro; scorporare dalla presunzione del potere l'idea malsana che quanto è possibile sia comunque giusto, adeguato, opportuno...
Gli attori, tre sere fa, hanno provato con qualche malcapitato spettatore a togliersi l'impaccio di essere "perfetti", a mimare il proprio "mondo" perchè, visibile agli occhi dell'altro, potesse incontrarne la superficie scabrosa e morbida e riappropriarsene più consapevole. Credo che Cortazar (mi perdonerà l'impudenza) sia stato contento; c'era anche un suonatore di tromba e Cortazar il jazz piaceva molto...le note che vanno oltre il prevedibile pentagramma scritto per rituffarsi su quegli elastici dei righi e degli spazi come equilibristi ed acrobati!
Anche io sono stato contento. Spero tutti quanti. Il mare era un incanto! director

giovedì 20 ottobre 2011

Io Ritualisticamente, Scomposizione e Rimodellamento del Reale


Nina Maroccolo in una azione performativa di un laboratorio
dell' Atelier LiberaMente, stagione 2008

Reading Performativo sul pensiero di J. Cortazar, Roma 28 ottobre 20111, h. 20.30

Le "Storie di Cronopios e di Famas" di Julio Cortazar ci riportano ad una conoscenza di noi e, quindi, dell'Altro, attraverso quel pensiero divergente che forse non ci hanno insegnato ad utilizzare o, addirittura, abbiamo appreso ad evitare! Come farci aiutare dalla Lezione dello scrittore verso l’autenticità?
Cortazar esaspera le nostre abitudini sino al grottesco, all’assurdo, ma anche oltre. E' la ritualità che giunge ad addormentare le possibilità interpretative del nostro Io ad essere in scena. Eidetica, ma sicuramente anche auditiva e cenestesica, l’espressione letteraria di questo autore, che riesce a farci ridere, con tutti i "cinque sensi" dell’invidia, della gelosia, della paura, della vergogna e del pudore, del ruolo codificato, come dei maldestri e comici tentativi di romperlo a volte ed illudersi finalmente liberi!
Italo Calvino riassume magistralmente…«I cronopios e i famas, due geníe d'esseri che incarnano con movenze di balletto due opposte e complementari possibilità dell'essere, sono la creazione più felice e assoluta di Cortázar. Dire che i cronopios sono l'intuizione, la poesia, il capovolgimento delle norme, e che i famas sono l'ordine, la razionalità, l'efficienza, sarebbe impoverire di molto, imprigionandole in definizioni teoriche, la ricchezza psicologica e l'autonomia morale del loro universo. Cronopios e famas possono essere definiti solo dall'insieme dei loro comportamenti. I famas sono quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi, che bevono la virtù a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l'un l'altro carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di comprare le pasticche Valda. I cronopios sono coloro che, se si lavano i denti alla finestra, spremono tutto il tubetto per veder volare al vento festoni di dentifricio rosa; se sono dirigenti della radio fanno tradurre tutte le trasmissioni in rumeno; se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine sul guscio per darle l'illusione della velocità.
Del resto, osservando bene, si vedrà che è una determinazione degna dei famas che i cronopios mettono nell'essere cronopios, e che nell'agire da famas i famas sono pervasi da una follia non meno stralunata di quella cronopiesca».
Il testo di Cortazar, ma ancor prima la sua acuta critica dell’ovvio, alla ricerca dell’autentico offre spunti speciali alla riflessione nel processo drammaterapico, afferma il conduttore e la sua compagnia di teatro drammaterapico in questo surreale e divertente laboratorio. Il "fama" che è in noi continua a divertirsi, ed in fondo interagisce sempre, rovescio di un’unica medaglia, con il "cronopio", cercando forse una collaborazione? Ma anche il "cronopio" non è così indifferente all'arte di vivere che il "fama" gli ricorda! Come utilizzare, quindi, questi due moti dell'anima, affinché ci arricchiscano e ci agevolino? Il Teatro-Laboratorio di E. Gioacchini, spinge ad usare il pensiero creativo e sollecita ad entrare nelle brevi emblematiche storie dell’autore, ad esercitare un’utile ed importante destrutturazione del modello del mondo che adottiamo, per chiederci come arricchirlo senza effetti collaterali!
Come utilizzare, quindi, questi due moti dell'anima, affinché ci arricchiscano e ci agevolino? Come mostrare, in primis a noi stessi, e poi ai nostri compagni di "viaggio", quali parti forse nascoste vogliamo mettere in gioco?
Durante la lettura-interpretazione di alcuni brani del testo di Cortazar, con lo strumento di un teatro dell’improvvisazione, avremo modo di fare scelte apparentemente inconsapevoli di ciò che è familiare alla trama delle nostre difficoltà come delle nostre risorse e di metterlo in scena, impudicamente, sul teatro della nostra “scoperta”. Fondamentalmente almeno un attore uno spettatore e lì è il drama! Nella dramma terapia, l’offerta autentica di una parte di noi a noi stessi.


L'evento performativo è gratuito ed offerto dal Creative Drama In-Out Theatre
Prenotazioni e info a: info.atelier@dramatherapy.it -
www.drammaterapia.com.
Segnalarsi su pagina Eventi FB.
Sede: c/o Istituto Scuola Romana Rorschach, Via di Tor Fiorenza, 35, 2° piano Roma

giovedì 29 settembre 2011

@ Dedalo


su "Un Rinoceronte in Libertà"


Rompere una gabbia -quella del linguaggio- per mostrare che ciò è possibile, non solo per mostrare che c'è un senso in quell'assurdo che viene generato. Forse rompere la gabbia del linguaggio convenzionale non produce il risultato di spiegare l'animo umano, perchè è anch'esso -il linguaggio dell'assurdo- uno strumento, una modalità che ha una sua forma, dei suoi limiti e caratteri. L'unico modo per esprimere l'animo umano è forse la vita stessa -quella interiore e quella visibile agli occhi altrui-, è lì che l'animo umano si autodescrive ed esprime, di fronte ad un pubblico di attori che non riescono sempre a capirla. Il linguaggio è solo una parte di questa vita. Ma comunque un uso di ogni strumento, e quindi anche del linguaggio e nello specifico di quello dell'assurdo, in un modo che sia più plasmato sull'animo umano, contribuisce ad esprimerlo, e forse a dare un senso alla vita dell'uomo, se pensiamo che l'uomo trovi una imprescindibile e fondamentale e ineludibile soddisfazione nell'esprimere se stesso -di fronte agli altri-. Quel linguaggio dell'assurdo, tanto più è spontaneo e tanto più è libero, tanto più esprime la libertà dell'animo umano, quel carattere dell'uomo che l'uomo ha bisogno di esprimere e vivere e affermare. Quell'anelito alla libertà, alla sottolineatura e alla spiegazione ironica e a volte assurda di noi stessi e del mondo, quelle capovolte e quelle corse, potrebbero quindi non essere caratteri solo del linguaggio dell'assurdo. Il torrente dell'anima può esprimersi in tanti modi, avere tratti dritti o pieni di anse, scoscesi e, se vuole e se così è, anche in salita. L'importante è saperlo e sentirsi liberi di poterlo esprimere. Cosicchè la forma si abbina ai contenuti e diventa essa stessa contenuto ed essenza.

Drammaterapia, Interpreti & Direzione

Dramatherapy Workshop, Consciousness vs. Awareness,
Angela Fracchiolla, Gianni De Angelis e Director. Roma, 17.06.11.
Fotografia, C. Gioacchini. Regia e Fotoelaborazione, E. Gioacchini 
@ Nero
Sonia… e cos’altro?
Costruiamo la nostra vita un giorno dopo l’altro con i materiali che ci vengono forniti -l’insegnamento dei nostri genitori-, quelli che troviamo strada facendo-, le nostre esperienze- e quello che ci piomba addosso proveniente dal contesto in cui viviamo.
Veniamo su così, con parti dure e parti estremamente molli, con caratteristiche architettoniche -il nostro carattere-  e falle di origine progettuale -il DNA-, con parti eccessivamente sviluppate o per contro, parti mancanti. E alla fine, al di là del risultato, proprio quello che temiamo ci spinge ad essere quello da cui vorremmo fuggire…
E Sonia, i cui genitori vogliono regolamentare per paura che diventi storta, storta lo diventa davvero, e si riconosce talmente in quel ruolo, che per sopravvivere a se stessa arriva a dare ragione a chi la accusava di esserlo quando ancora non lo era…
Utilizzo il lavoro che stiamo facendo con Sonia e le “sue vite”, l’analisi dei personaggi, per spezzare il filo dei miei ragionamenti. Faccio tesoro di tutte le esperienze, intense è il termine giusto, per fare chiarezza e per uscire dal solco che suona le stesse note musicali. Perché di fronte ad un attacco frontale dall’altro sesso (meravigliosa ed insostituibile altra metà del cielo) mi chiudo a riccio per poi contrattaccare e rientrare, in un gioco che fa così arrabbiare le mie interlocutrici?
Sicuramente ognuno di noi porta in una situazione del “come se” interpretativo, qualcosa che è presente nei propri rapporti di coppia e di vita in senso lato. Sicuramente nel nostro gioco dell’ultimo incontro c’era qualcuno che continuamente mischiava le carte e i ruoli nel tentativo di provocare reazioni che accendessero nuove dinamiche…
Però continuo a non vedere altra via d’uscita ed anzi… ritorno sulle mie abitudini e le mie strade.
A voler essere obiettivi queste virago in gonnella qualche problema relazionale ce l’hanno, visto il modo in cui trattano il loro maschietto di turno. E’ quantomeno strano che i vostri nervi sono così pronti a saltare se le risposte che arrivano dal malcapitato di turno (marito, compagno, amante, ecc…) non sono quelle che vi aspettate.
E ancora vi domando: Preferite un uomo con le palle che vi dice sempre quello che pensa, che se ne assume la responsabilità, serio, presente e che vi risponde per le rime quando, secondo lui, dite una cazzata, o uno che fa finta di starvi vicino e vi accontenta con smancerie e baggianate varie a cui siete tanto disposte a credere, e poi fa quello che gli pare, circuendovi e cambiando le carte in tavola?
Cosa realmente vi ha reso così infuocate nell’incontro-scontro con il sottoscritto?
Non avrò fatto da parafulmine di altre tempeste?
A voler rispondere a queste domande c’è da scrivere per ore, ma a me continuano a frullare in testa, mi aiutate a capire? Vi ricordo con piacere…

Corso Teatro Drammaterapico


FIGURA & SFONDO

C'è da considerare che mentre al di fuori del dominio della conquistata coscienza dell'essere, tutti i recettori dell'individuo animale si sono accontentati di "proiettare" all'interno i percetti (quanto percepito), dopo il raggiunto "cogito ergo sum" di qualche migliaio di anni va (in realtà diverse migliaia), la proiezione sia divenuta massiccia verso il fuori. Un apparato di riproduzioni delle immagini con quanto i sensi percepivano, ma insieme determinavano: paure, desideri, speranze e dunque illusioni. Non vi sono stati più una figura ed uno sfondo a relazionarsi, ma uno spazio simbolico capace di unire e disgiungere, più potente del fulmine e persino dell'ira del Dio (molto spesso pensati collusi insieme, ma anche bestemmiati insieme). Quanto descrivo è uno spazio assolutamente virtuale, alla stessa stregua di questi puntini (pixel) che ti danno l'illusione che qui vi sia qualcosa, mentre è soltanto riprodotto nella tua mente con le variabili proprie della tua persona, capaci dunque di tradirne la fonte concettuale, di amplificarne l'importanza, perfino di negarne l'evidenza (res extensa). Il meccanismo proiettivo (è di questo che sto discutendo) è però estremamente plastico ed è per questo che gli avvenimenti fuori, nel bene e nel male, ci modificano ed arrivano a modificare anche la plasticità di quel povero neurone, così simile nella pulce e nell'uomo!
E' vero, l'ho presa un po’ da lontano...ma è per questo che un teatro drammaterapico, proprio perché manipolando gli arrivi e le partenze dei nostri atti di coscienza, ci permette di restituire a quest’ultima la consapevolezza della sua potenza, dal momento che ha creato la nostra mente.
Del resto, come più spesso mi sono ripetuto con la grande amica e performer Maria Luisa Pasquarella, nel teatro, come illudersi di fingere nella finzione?! In bocca al lupo al nuovo gruppo al nastro di partenza! director







giovedì 4 agosto 2011

Corso Teatro Drammaterapico a Roma

Cinema Drama-terapia e Drammaterapia, nuovi strumenti per sviluppare il proprio potenziale! L'Atelier di Drammaterapia Liberamente si apre ad un nuovo corso mirato a far sperimentare la possibilità di proiettare fuori di noi le risorse, le abilità e la creatività, così realizzando una dimensione autentica della nostra persona.
Liberazione dell’energia e sviluppo della creatività, questi sono i target che promettono di raggiungere gli incontri del nuovo Corso di Teatro Drammaterapico. Lungo in iter formativo attoriale, con teatro-laboratori e seminari-dibattito su teatro e psicologia e/o stage domenical, in moduli trimestrali a partire da ottobre 2011 e per tutto il 2012.
Ermanno Gioacchini, psichiatra, psicoterapeuta e formatore, direttore dell'Atelier e del Creative Drama & In-Out Theatre, in collaborazione con Video-Ambiente e l’Istituto Scuola Romana Rorschach, insieme ad uno staff di professionisti qualificati, avvierà un lavoro di "smontaggio" e "riassemblamento" dei comportamenti disadattavi, conducendo i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente, realizzando veri e propri laboratori esperenziali con l’utilizzo del mezzo teatrale e cinematografico, verso l’uso della creatività.
Il corso, promosso dalla SIISCA (Soc. It. Ipnosi Sperim. Cli & Applicata) e dall'Atelier di Drammaterapia, non possiede un target clinico, ma di esplorazione delle risorse individuali. E' anche indirizzato a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici, psicologi, professionisti e un pubblico non professionale. Posti limitati, agevolazioni per i professionisti del settore. Per info e prenotazione Corso e per partecipare a laboratori gratuiti informativi: drammaterapia.atelier@dramathe​rapy.it. - Cell. 340-3448785

lunedì 1 agosto 2011

La Direzione in Drammaterapia

La “direzione” in drammaterapia si distingue da quella teatrale fondamentalmente per un motivo: la compiuta realizzazione del testo e di quello il regista intende portare in scena cede il passo alla significativa espressione e quindi conduzione di quanto lavora nell’attore e nel gruppo all’interno della specifica drammaturgia. L’attenzione alla tecnica teatrale, pure necessaria, deve piegarsi alla esplorazione di tutti quei segni che nell’interpretazione indicano come il processo dramma-terapico stia lavorando, sia che si tratti di un setting drammaterapico in senso stretto (clinico) che di un teatro drammaterapico (Creative Drama & In-Out Theatre). Le abilità richieste al regista ed all’attore sono infatti in parte diverse. Tuttavia, tutto quanto si realizza in questo lavoro particolare con il teatro avviene, almeno in parte, anche in qualsiasi attento laboratorio teatrale; ma quanto nel teatro lavora al servizio del testo e della regia (attore, regista ed apparato teatrale), qui è invece al servizio dell’attore. Questa intenzione, ad una comprensione superficiale, potrebbe apparire estremamente narcisistica, informata ad un attore-centrismo e , come del resto nel teatro, può anche incorrere in questo dannoso “effetto collaterale”. Basti pensare a quanto accade anche nel contesto teatrale, dove l’istrinionismo dell’interprete può arrivare a tradire il testo, la conduzione registica e la stessa compagnia. Come afferma Grotowsky, l’attore cortigiano è sempre in agguato, a scapito dell’attore sacerdote. Ma non è questo il punto che sto illustrando, in quanto i pericoli del personalismo sono presenti in qualsiasi lavoro performativo. Piuttosto, c’è da considerare che se il punto di partenza della drammaterapia è un teatro che aiuti l’autentica espressione dell’individuo (piuttosto che al servizio dello spettacolo), che qui diventa “attore”, serve che esso lavori con lui e quanto di lui è già espresso, significabile e capace di evoluzione. La compagnia dei personaggi interni all’individuo entra in un dialogo silenzioso con quanto è richiesto dalla rappresentazione dei caratteri nel testo drammaturgico; evoca risposte significative (il drama) attraverso il processo dramma terapeutico; si offre quale materiale sensibile ad una elaborazione privata dell’interprete e del gruppo (conscia ed inconscia), alla conduzione del regista; recupera, ma solo simbolicamente, la dimensione autobiografica propria dello psicodramma. Sia che si tratti del lavoro con una drammaturgia classica (recenti le esperienze del CDIOT con Ceckov e Ionesco), che di pieces costruite con e sul gruppo oppure, ancora, di azioni performative informate alla improvvisazione in laboratori aperti al pubblico, l’interprete si trova sempre nella “centralità” di una azione che lo responsabilizza a mediare tra quello che è richiesto dal testo e quanto è significato dall’incontro di questo con la psicodinamica personale e gruppale. In questa ottica così particolare persino l’arresto, la perplessità, la deviazione del desto acquisisce il significato di una produzione personale che definiamo “artistica”, alla stessa stregua di quanto un lapsus ed un sogno indicano della produzione dell’inconscio privato e collettivo. E’ proprio la dimensione archetipale, mitica o conflittuale ad assurgere a elemento significante e le risposte del gruppo, così evocate, costituiscono i drama attraverso i quali è ri-costruita la vicenda drammaturgica.
Questo “conversazione” tra istanze inconscie (singole e collettive) e testo si traduce costantemente in un parallelo dialogo tra i singoli partecipanti del gruppo e con il regista. Anzi, esso può spostarsi molto spesso anche fuori del recinto della piece, giungendo a produzioni fiabesche ed oniriche, proprie degli stati modificati di coscienza, che hanno per oggetto un racconto personale, una speculazione privata “restituita” al gruppo ed al regista.

martedì 5 luglio 2011

Dramatherapy, Tales and Walls

TALES & WALLS

FUGA DI GIOVINEZZA

[...] E vado stanco e impolverato
e dietro a me resta esitante
la giovinezza, china il capo
e non vuol più seguirmi avanti

"Per quanto lontana mi sembri l'infanzia e, in tutto e per tutto, incomprensibile e favolosa, tuttavia ricordo esattamente come giá allora, nel mezzo di quella felicitá, ci fossero in me sofferenze e dissidi. Quei sentimenti erano allora, nel mio cuore di bambino, esattamente come rimangono per sempre: dubbi sul proprio valore, oscillazioni tra autostima e scoraggiamento, tra un idealismo che disprezza il mondo e un ordinario piacere sensuale..." (Animo Infantile, Hermann Hesse)

Vi sono corridoi che appartengono all’anima, prima ancora che al luogo fisico che li vede snodarsi tra i percorsi della vita. A volte ci appaiono improvvisamente, con la forte intensità di un dejavù ed invece di rapirci all’indietro, come fa il ricordo, ci danno l’ineluttabile convinzione che noi saremo sempre gli stessi su quella strada. Potranno cambiare i passanti ed arricchirsi gli incontri; resterà comunque nostro e ben conosciuto quel modo di curvare l’angolo, affrettare il passo, camminare radenti o distanti dal muro, che ha dipinto la nostra vita. “Animo Infantile” di Hermann Hess è un breve racconto che riesce ad eleggere il dato autobiografico a lirica universale dei sentimenti. Non serve ritrovarsi nei panni “sfortunati”, cosi ostinatamente sfortunati dell’autore, per cogliersi a partecipare stati d’animo che appartengono a tutti. La familiarità della sofferenza, del sentimento di vergogna e paura è attinto da un otre che la coscienza dell’uomo conosce a fondo. Giunge a sollevare lo spirito la fratellanza del sentire che il testo offre.
Nell’itinerario drammaterapico che compie qualche mio attore, assisto con lui a questo intimo paesaggio, dove egli è ospitato, con se stesso presente, alle tavole apparecchiate delle sue antiche vicende. Difficilmente si potrà cambiare quanto è stato, perché anche la più ardita teoria sulla spazio-tempo può presupporre annullato il primo e distorto il secondo, ma certamente non a cavallo di una macchina ai nostri comandi, a riavvolgere l’intimo nastro. Noi siamo anche ciò che andato storto. Tuttavia, questo è il privilegio della coscienza e grande parte di essa risiede nella memoria. Anzi, essa stessa è memoria, perché in assenza di dati è vacua la funzione che li processa. E così, questo “attore”, con il moltiplicato imbarazzo dell’ospite e dell’invitato insieme, diventa frequentatore di quegli spazi di vita che gli sono già appartenuti e forse per riprocessarli in uno sfondo diverso...

lunedì 4 luglio 2011

Drammaterapia e Labirinto



@ Alemirk
È vero molto! Le cose arrivano quanto meno te l'aspetti, positive o negative che siano bisogna accettarle, perche fanno parte di noi! E solo facendole entrare nella nostra anima nel nostro più profondo, riusciremo a superarle, perche fanno parte di noi: sono le nostre emozioni più profonde che ci distinguono e ci fanno sentire che ci siamo e che siamo vivi! E nessuno mi capira e aiuterà mai quanto me stesso! La vita è un cammino, come dici tu director, dove ognuno cerca, almeno prova di prendere la strada giusta.... Ma giusta e sbagliata che sia la nostra Vita viene recitata da noi su un palcoscenico pieno di difficoltà, e chi come me, miei cari amici, ha sofferto molto, ma ne è sempre uscito lottando fino alla fine con l'aiuto di una persona come te Ermanno e delle persone come voi amici cari che sto recitando questa parte della mia vita. Se  devo scegliere un compagno per affrontare un lungo cammino verso linnarrivabile serenità, scegliero voi! Vi voglio bene!

@ Beatrice
Sonia si ritrovava a scrivere sul suo diario tutto quello di poetico, di romantico, che gli capitava di leggere ovunque; tutto ciò che aveva il sapore dell’amore. Si ritrovava spesso a parlare con la sua splendida Luna, dividendo con lei tanti momenti: la sofferenza, quando nessuno voleva capire il suo momento magico di vita, si sentiva soffocare ed usciva fuori guardando un paesaggio patinato di luce e il tuo riflesso sul mare sembrava sussurrarle: non è possibile che tutto la meraviglia delle cose naturali possano essere distrutte e te Luna tornavi con la speranza del domani. Desideravi, l’osservavi quando la palla luminosa iniziava il suo mancare fino a divenire uno spicchio e dopo a ripartire; giorno dopo giorno il tuo crescere. Eri così felice per quei cicli di vita che davano un senso a tante cose. Sognavi di fuggire, di vivere la tua vita, invece che osservarla e lasciare che il tempo scandisse i colori della primavera, dell’estate, dell’ autunno…. Inverno delle stagioni. Hai sempre prediletto la stagione dei fiori, del tepore, della rinascita perché ti dava energia ed il bello e l’amore che racchiudono i sogni, battiti, emozioni… Continua a parlare con freschezza di te, urlo che si schiaccia sul tetto.

@ Slesia

Preferite un uomo con le palle che vi dice sempre quello che pensa, che se ne assume la responsabilità, serio, presente e che vi risponde per le rime quando, secondo lui, dite una cazzata, o uno che fa finta di starvi vicino e vi accontenta con smancerie e baggianate varie a cui siete tanto disposte a credere, e poi fa quello che gli pare, circuendovi e cambiando le carte in tavola?"
Il primo, sempre il primo, senza dubbio e senza tregua.
Perchè un compagno sia una persona che ti fa crescere, che ti rimette sempre di fronte a te stessa e a sè, come 'altro', come 'oggetto amato', come specchio e come finestra al mondo. Perchè un compagno sia sempre stimolo e nutrimento, anche se un nutrimento per cui devi sudare, soffrire, piangere, ma un pianto vero, profondo, liberatorio e catartico, vale mille falsi e facili sorrisi, fiori a colazione che ti avvelenano la giornata.
Perche' il rapporto sia un confronto, due anime oneste e sincere che si parlano e si scontrano, se lo scontro e' motivato da onestà' intellettuale ed emotiva, dal desiderio di capire e di ascoltare, ma anche di farsi ascoltare, perchè' ne' uno ne' l'altro possano chiudersi a riccio nel proprio mondo di facili (false) sicurezze e bugie.
Perchè stare CON un altro significhi davvero condividere se stessi e non solo passare le giornate insieme.

@ director
L'esperienza con l'altro: questo vertiginoso smascheramento della nostra fragilità in cerca di quell'investitura magica che, invece, ti faccia potente negli occhi dell'altro. Il denudamento dal falso coraggio di essere se stessi.
Voglilo, questo tuo posto nello schieramento anonimo o personale degli altri! Occupalo questo tuo tempo, finchè dura e sii pronto alle costanti chiamate che la vita fa, intorno e dentro te.

domenica 3 luglio 2011

Epistolario Drammaterapico: le letture personali

Consciousness vs. Awareness, Dramatherapy Workshop, 17.06.11
Creative Drama & In-Out Theatre. Carmen Tufo e Gianni de Angelis
Epistolario Drammaterapico
"Perchè non ti sei ribellata ,non ne hai parlato a dovere quando forse le parole sarebbero servite a qualcosa, magari a conquistare la fiducia di Mario, mentre oggi servono solo a liberarti la coscienza? Una parte della vita passata a pensare al passato alle parole non dette...gli anni trascorsi purtroppo non tornano indietro. Analizziamo subito i nostri errori ed impariamo da essi, affinchè ogni esperienza sia un mattone del palazzo che costruiamo durante la vita e non un filo di paglia che il vento porta via. Alice"

Cara Alice, apri una voragine di possibili riflessioni. Quella sera, tu non hai assistito al reading di Angela sulla lettera di Sandra, al suo commiato a Mari,non eri presente al workshop, ma a parte le emozioni che la lettura poteva suscitare in una rappresentazione molto intensa (direi davvero "vissuta" in quel momento dall'interprete), tutto quello che abbiamo è solo in quella lettera, sunto ed epilogo di un rapporto a due, del quale ascoltiamo solo una "campana"!
Mi compiaccio che almeno da uno dei addirittura "non presenti" (davvero solo uno), venga l'intervento; alcun i tuoi compagni di viaggio sembrano tanti Mario (non me ne voglioni), pigri, incartocciati nella propria storia ad osservare quella a cui vanno ad assistere, ma niente, apparentemente li tocca. O forse sì, ma noi possiamo parlare solo di quanto ci viene confermato. Ora comprendi meglio quello che ti dicevo a proposito dell'essere "assenti", con l'alibi della presenza. Per Mario è stato così?  E' credibile che Mario sia effettivamente così, che almeno lo sia stato, ma per autodenuncia è anche verosimile che l'acuta analisi e "psicanalisi" di Sandra sul proprio rapporto con quell'uomo "soldatino" nelle mani di altri sia giunta tardiva, come dici tu, pagliuzza dissolta nel vento, che parla ma non costruisce.
Quando le chances vengono consumate ed il loro tempo scaduto, a poco servono le recriminazioni. E così, mentre nella nostra piece lavoriamo una Sonia "mendace" per un verso, ritroviamo una Sandra  capace (quanto consapevolmente) di vivere una bugia ed autoingannarsi. La prima, da sempre arrabbiata con la vita, tanto che con il "resto della sua vita" vuole farci quello che vuole (ma cosa vuole, se non l'amore); la seconda disillusa, apparentemente per "colpa" degli altri, di "Mario", ma poco responsabile ad assumersi la responsabilità di scelte, percorsi e conseguenze. Sì, anche lei arrabbiata.
Il fatto è che risulta estremamente meno sgradito proiettare all'esterno la nostra rabbia, piuttosto che rintracciare il filo pericoloso delle nostre responsabilità, persino in incontri sbagliati, ostinate strade condivise. Se Sonia e Sandra non sapranno fare questo umile atto  di un viaggio doloroso nella loro consapevolezza, il mondo continuerà ad apparire loro come cattivo o, altre volte, illusoriamente, compensativo. Dovranno essere in grado di autoperdonarsi, come brave madre con se stesse, direbbe Karen Horney, superando il conflittuale retaggio delle proprie identificazioni. Grazie Alice.

mercoledì 29 giugno 2011

Drammaterapia e la Follia di Pulcinella

CINEMA-DRAMATERAPIA : Una Camera a Guado nello Stagno.
 Seminario tenuto a Roma da Plinio Perilli e Ermanno Gioacchini il 3 febbraio 2011,
presso il Creative Drama & In- Out Theatre. Performance Introduttiva, Nina Maroccolo
Non so se quella volta fosse responsabilità di Plinio o dell'ugola improvvisata di Ninì, certo è che sollecitare la follia ad uscire dal testo, dalla drammaturgia, come dal discorso sull'Arte e renderla visibile, ologramma a trecesntossessanta gradi, non è affatto facile. Plinio Perilli è un personaggio scomodo, si siede composto nella poltrona accanto alla tua, mentre tu giureresti di averlo davanti sul palco o dietro al tavolino della conferenza, e ti parla. E' così che "Pulcinella", deforme come la sua vena folle, improvviso ed affatto puntuale si materializza. I tomi possono giaciere lì, con le gambe (sempre che ne abbiano) accavallate, spigolati sul bordo del piano ed il discorso diventa una produzione a 3D. Plinio Perilli entra nel testo e lo svolge come un gigantesco poster per la coreografia del tuo spettacolo. E' un servitore gentile e lì ti serve appunto l'arte, meglio se cinematografica, ma poi quello, il cinema, ha fotografto già tutto, ed allora l'arte in generale, quella che tocca le tue corde, mai troppo comode od accomodate su quella poltrona.

sabato 25 giugno 2011

Drammaterapia, Epistolario. "Caro Mario..."

17.06.2011, Consciousness vs. Awareness, Workshop di Drammaterapia,
 3° traccia.  Interprete, Angela Fracchiolla. Testo di F. Pitorri,
 Fotografia C. Gioacchini.  Regia e Fotoelaborazione, E. Gioacchini,

"23 Novembre 2001

Caro Mario,
ti scrivo oggi perché qualche giorno fa è stato il tuo compleanno ed io mi sono trovata a pensarti come se improvvisamente fosse tornato il tempo degli auguri. Non so più nulla di te, dei tuoi compleanni, di tutti gli spazi vuoti tra quell’ultimo abbraccio in cui cercavi di trattenermi ed il tuo nuovo indirizzo.
Sì mi domando perché scriverti, perché pensarti, perché oggi. Non conosco la risposta e forse non voglio nemmeno conoscerla.
Tu sei una grande finestra sul mio passato, ma quando mi affaccio e guardo il tempo, quello più giovane e quello che ci ha visto insieme, non sono affatto fiera di me. Vedo un’ombra minacciosa che riflette sull’asfalto caldo di agosto, avevo un vestito a fiori ed un profumo eau de matin e tu eri una figurina tenera nel controluce della tenda, destinata ad essere inghiottita giù per strada. Faceva tanto caldo e tu, piccolo soldatino di piombo, ti passavi ogni tanto una mano sui capelli… quante volte ti ho fatto mettere le mani tra i capelli… Volevi almeno una spiegazione, così dicevi, e poi volevi avere ancora una speranza e quella non c’era, non c’era proprio, Mario. Ti sei dovuto accontentare di poche parole, e ti ho lasciato così con la brutta copia del nostro amore. Quello ti sarà rimasto e non è per lasciarti un ricordo migliore che ti scrivo oggi.
Il tempo fa grandi cose e ci ricama addosso storie senza preoccuparsi di scolorire vestiti già messi; giusto qualche pausa, un po’ di silenzio e sensi di colpa che salgono e scendono giù dalle gambe alla testa come un’autostrada infinita. Credo di essermi persa lì dentro miliardi di volte e non ho mai cercato di giustificarmi, di consolarmi e di farti peggiore di quello che eri. Eri così: buono, obbediente, niente fumo, niente alcool, quello che si deve fare si deve fare e la vita é un copione già scritto, studio, i primi concorsi per il lavoro, la musica, famiglia. Io rientravo nella storia naturale delle cose ed è per questo che ti ho tradito e sono fuggita. L’ho capito all’improvviso e mi mancava l’aria nei pomeriggi con te, sempre più, infatti, riempiti di amici e di cose da fare. Poi è arrivato lui, un po’ trasgressivo, giramondo, con aspirazioni da letterato bohemien. Un fascino incredibile. Tu sei rimasto schiacciato. Hai presente Gatto Silvestro dei cartoni animati…schiacciato sotto un rullo ? Poi lui è sparito quasi subito un suo viaggio in Messico, ma tu sei rimasto una sfogliatella sul pavimento.
Perdonami Mario per non avertelo nemmeno detto quando tu chiedevi perché ed io affermavo che avevo solo bisogno di riflettere. Ma avevo già riflettuto su di te, omino piccolo piccolo ed ogni volta che provavo a salvarti, un desiderio di fuga prendeva il sopravvento. Perché, Mario, le tue braccia erano così poco forti e la tua voce così poco ferma? Perché parlavi così poco dei tuoi sentimenti ? Perché solo alla fine ho capito che mi amavi così tanto? Perché entravi in competizione con me ogni volta che dimostravo di valere? Perché, accidenti a te, c’erano sempre prima tua madre e tuo padre? Tua madre, avresti dovuto ucciderla ed ho ogni tanto, leggendo la cronaca nera, sperato di leggere la notizia. Ma niente, so che è ancora viva e quindi ancora cerca di controllare la tua vita. Come ti ha detto quando ha saputo che ti avevo lasciato “meglio perderla, quella puttanella, vedrai quante ne trovi…” ?
Ricordo ancora con disgusto il pollo con le patate che cucinava per te, sempre pollo e patate e la merendina che ti portava quando studiavi… Anche i regali che mi facevi venivano comprati con la sua imperativa consulenza. Da parte tua mai una ribellione, un commento fuori posto, un misero tentativo di autonomia.
 Poi, tuo padre che non mi rivolgeva quasi mai la parola (ma tu dicevi che mi stimava tanto), che dirigeva i tuoi studi , i concorsi, i gusti in fatto di macchine. Vai al diavolo, Mario. Perché mi sono sentita in colpa per tanto tempo sapendoti solo, condannandomi anch’io ad un esilio solitario come una sorta di espiazione per la colpa di averti fatto soffrire.
Non so cosa sia ora la tua vita, di sicuro la mia ha avuto il coraggio di interrogarsi per lungo tempo su tutte le sue ombre e di riuscire solo di recente a comprendersi meglio. Questa lettera fa parte di questo mio lungo percorso, in cui finalmente non ti chiedo più l’assoluzione per aver scelto il nulla piuttosto che te, ma mi riprendo quegli anni in cui con così poca dignità ho amato la mia solitudine. Ora conosco la risposta e spero che tu abbia, almeno un po’ abbandonato il sentiero del razionale e ti sia perso nel bosco.

giovedì 23 giugno 2011

A proposito di Teatro nel Teatro in Drammaterapia

Ambra De Innocentis (DramaticaMente Teatro) e Daniele Poto (giornalista)
 in Beyond Consciousness towards Awareness,
 Dramatherapy Workshop 17.06.2011,
In drammaterapia, quello che generalmente viene indicato come "teatro nel teatro", ovvero la rappresentazione della/nella rappresentazione, costituisce in questo speciale contesto quanto avviene all'interno del laboratorio personale (individuale) e gruppale del setting. La foto, in questo caso, lo rappresenta come quadro esterno e suggerisce immediatamente il concetto di "consapevolezza", atto riflessivo della coscienza.
Cosa stanno performando gli attori? Il testo della drammaturgia o qualcosa di se stessi? Ha importanza fare questo severo, ozioso distinguo, se è lo stimolo del testo ad offrisi come tavola già apparecchiata dove servirsi, tra rifiuti e richieste? Nell'interprete, il complesso incontro tra la situazione espressa dal testo e quanto dell'attore appartiene alla propria personale vicenda, assurge a materiale per il processo drammaterapico, un costante pescaggio e ripeescaggio tra elementi interni ed esterni, personali e gruppali (In-Out).
Una magnifica YoYo (Ambra De Innocentis) ed un superbo Daniele Poto, come interpreti, ad "improvvisare" le proprie reazioni e dinamiche psicologiche, a giocare i loro due, quattro, sei, otto ruoli...Ancora più particolare questa esperienza, se riflettiamo che si è trattato di un "attore" in drammaterapia ed un ospite, incosciente volontario! Quale magnifico specchio reciproco, dove interno ed esterno si moltiplicano per le due specifiche caratteristiche appena menzionate?

martedì 21 giugno 2011

Workshop Drammaterapia, Consciousness vs. Awareness: breve briefing

Workshop esperenziale.
Lasciamo parlare le immagini, questo caledoiscopico snodarsi di performance tra l'improvvisazione e l'interpretazione guidata. Consideriamo la "consapevolezza" come una riflesso della coscienza, che situa questa ad un livello gerarchico superiore, osservata in un approccio di metacategorizzazione. Tradotto significa osservarzi al crocevia di possibilità altre. Differenti da quelle conosciute. Lo specchio viene rigirato ed è ciò che è dentro a specchiarsi sulla superficie del fuori.
Il contesto diventa significanrte quanto il testo e in bilico, sopra, maldestro ed autentico l'attore drammaterapico. Prima che inizi la sua performance, gli ricordiamo l'etica comune a qualunque attore, quella implicità in qualsiasi atto del darsi che in qualche modo costringe l'altro all'ascolto e poi quella più specifica in drammaterapia, dove si è osservati interpreti del personaggio e di noi stessi. Ringraziamo ospiti ed attori.

lunedì 13 giugno 2011

Drammaterapia, il Dialogo nell'Interprete

Creative Drama & In.Out Theatre, Nina Maroccolo
in un momento performativo, 2011
In più occasioni, ci siamo soffermati a discutere quel particolare processo psicologico e metapsicologico (psicodinamico) che inerisce quanto avviene nel setting drammaterapico, sia che questo si rivolga alla clinica che in un percorso sulle "risorse", come quello di DramaticaMente Teatro.
Per essere più esemplificativi e chiari riferiamoci alla foto alleggata (cfr. foto).
Sul lato sinistro, troviamo l'interprete impegnato nella sua performance drammaterapica. Questa sollecita un dialogo interno che si svolge sia nel profondo (area rombo centrale delimitata), che nel campo del visibile (area intorno), nei due aspetti del "consapevole con se stesso" e del relazionale, la "comunicazione esterna". Il personaggio raffigurato nel lato destro della foto costituisce la rappresentazione di questo dialogo. Tutto quanto descritto rappresenta lo stimolo a quel dialogo, con costanti rimandi tra il dentro ed il fuori, nel campo della "finzione" (In-Out Theatre). Essa offre una cornice "protettiva" rispetto ad identificazioni troppo intense e differisce in tempi e in una specie di trasferta nell'inconscio quanto si va elaborando.  L'insight  (la comprensione) è agito, come nel metodo psicodrammatico, non "analizzato", ma la modalità, rispetto a quest'ultimo è velatamente autobiografica.

domenica 12 giugno 2011

Dramatherapy: the discovery of the new continent


@ director
La drammaterapia esplora lo spazio "verginale" dove la finzione gioca ad essere reale (il teatro), ma avviene quel processo ricco che trasforma il reale in un "possibile", in molti possibili universi. Interprete ed attore dialogano silenziosamente, prestando così due utili personaggi all'Io: il dialogo tra conscio ed inconscio del processo drammaterapico.

sabato 11 giugno 2011

Dramatherapy, Consciousness vs. Awareness: how drama works


@ director
Gregory Bateson, nel libro “Mente e Natura”, si chiede: “Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei con l’ameba da una parte e lo schizofrenico dall’altra?“ (Bateson, 1984). Ebbene questa è una domanda “magica” ed è quella che il "drama" è capace di esplorare. Nella ricerca del senso delle cose, appartenente alla Coscienza, esso ricostituisce il luogo primitivo del rimosso e del potenzialmente adattivo, declina realtà nascoste ed abilità (risorse) in dialogo con la parte cosciente, quasi sempre non consapevole di questo dialogo, proprio come avviene nel processo “artistico”.
L’apparato della Coscienza presiede alla conservazione di quella identità di cui è funzione e questo avviene con l’attribuzione di senso a quella ricostruzione simulatoria della realtà che lo circonda. Per ottenere questo, mette in atto costanti aggiustamenti delle proprie interpretazioni, ricorrendo a confrontazioni con processi di categorizzazione precedenti e ampliando la propria capacità organizzativa con i nuovi. Ove questo processo non riesca soddisfatto dalle analisi e meta analisi innescate dagli stimoli sulle precedenti esperienze, occorre una parziale od importante sospensione dello stato di Co ordinario, ed attivazione della funzione inconscia, forse il ritorno a quel luogo dell’obbedienza che ci suggerisce Jaynes. In essa, le caratteristiche di a-logicità del costrutto mentale, con sregolazione delle categorie mentali del tempo e dello spazio “danno rifugio” ad una ricerca di senso fuori fallita Haynes: “L’emisfero destro è più impegnato in compiti sintetici e spaziali.-costrtuttivi, mentre l’emisfero sinistro è più analitico e verbale. L’emisfero destro, forse come gli dei, vede un significato nelle parti solo all’interno di un contesto più ampio; esso guarda alla totalità. L’emisfero sinistro o dominante, come il lato umano della mente bicamerale, concentra invece la sua attenzioni sulle parti”.. Questa s’incontra a metà strada con la costante ricerca di senso compiuta dall’attività del nostro inconscio e dal rimosso, in una sognante pacificazione tra simbolico e reale –direbbe Lacan- nel primitivo “luogo della Ragione”.

lunedì 6 giugno 2011

Dramatherapy, Awareness vs. Consciousness


@ director
"Really" ... we can begin to play with the terrible fragility of our sense-perceptual apparatus! The highest level of human consciousness/awareness is not represented by the works of the intellect, but rather the ability of knowing how to smile on its... "virtuality!!

mercoledì 1 giugno 2011

Cinematherapy Workshop, A Camconcorder Wading through the Pond

Fuori dalla cinta della mura della città c'è un mondo che mi attende. I confini stretti di quello che conosco di me e del mio rapporto con gli altri. Il confine permeabile dell'incontro nuovo di quanto non toccho, dentro, delle mie risorse con quanto fuori può evocarlo e restituirmelo.
Esiste una realtà che non ho ancora fotografato e filmato, che riguarda l'incontro speculare di me con me nello scenario alieno ed evocatore del mondo.La performer Nina Maroccolo tenta il passaggi vocali e gestuali nello spazio quadrimensionale della coscienza. director
(13 febbraio 2011)

lunedì 30 maggio 2011

Dramatherapy Workshop: Beyond Consciousness, Towards Awareness


Un importante laboratorio esperenziale di tre ore a chiudere il primo semestre di attività del Creative Drama & In-Out Theatre e dell'Atelier DramaticaMente Teatro, fondati e diretti da E. Gioacchini.
Che non basti più pensare di essere individui dotati di coscienza per credere nell'armonia delle cose dentro e fuori di noi, da Freud in poi, è una realtà oramai indiscutibile. Ma cosa significhi percorrere una strada sempre più autentica verso la "consapevolezza" costituisce invece un problema aperto, di non univoca realizzazione. Il "cogito ergo sum" cartesiano oggi offre il fianco ai limiti della costante tentazione di fare della vecchia visione antropocentrica una nuova tendenza, travestita dal culto della personalità, dalla tecnofilia e dall'esaperato individualismo di nazioni e soggetti. Come alla dizione di "sviluppo" si sta sempre più sostituendo quella di "uso delle risorse, sviluppo e crescita sostenibili", così la scienza e la filosofia hanno infatti riconnotato l'individuo uomo come "attributore di senso" e la coscienza dell'essere non è più sufficiente a definirci.
Anche la drammaterapia, nelle sue diverse applicazioni, offre la possibilità di meditare sulla attuale condizione umana individuale e dinamica dei gruppi, con una approccio transculturale, trascendente, ma anche integrativo della diversità, come ricchezza.

venerdì 27 maggio 2011

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

COMUNICATI STAMPA