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Beatrice
Era un po’ di tempo che non mi sentivo come ieri sera. Ho vissuto la seconda parte della serata meravigliosamente bene: grinta, passione, essenza, presenza, comunione con tutti voi amici. Mi sono destata da un torpore che spesso mi avvolge e nasconde tutto di me: i miei sentimenti, la mia allegria, il volere, la capacità di addentrarmi e guardare dentro me. Nei giorni scorsi tutti voi avete dato tanto: ho letto, meditato ma ero ferma. Ho provato, ma non riuscivo a dare, forse perché non avevo nulla (o forse no). Mi sono sentita in colpa verso tutti, in primis verso chi ci sollecita e ci dà il contenuto per fare. Il
Kamikaze: esplosione, terrore, morte miseria. Quante volte è esploso dentro di noi, con la rabbia di figlio che viene portato a vivere una realtà non consona che si scontra con le sue emozioni, desideri, aspettative. Una madre che soffre perché triste e lacerata per la perdita di un figlio che tanto amava. E’ difficile la scelta di un marito che combatte degli ideali, una guerra che darà solo morte, violenza, solitudine per chi rimarrà a piangere e capire perché…Un padre che va incontro con rabbia e determinazione; e cosa mi chiedo?
Non voglio e non posso giudicare; ma perché al posto del giubbotto non si può indossare l’amore, la pace, la costruzione di nuovi orizzonti dove il sole possa sorgere e tramontare solo con i colori meravigliosi che gli sono propri? Vorrei ripercorrere il sentiero trascorso, e muovere io stessa i fili del personaggio che recita la vita. Essere io protagonista, abbandonare il ruolo di spettatore della propria vita. Un bacio a tutti. Much love!
Foto: Dramatherapy, Kamikaze, Atelier Drammaterapia, novembre 2009
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