Da Comunicati Stampa.Net
A Roma, il 6 marzo, una conferenza educativa per il pubblico promossa dall’Atelier di Drammaterapia Liberamente e tenuta da psicologi e psichiatri. L'evento, a carattere divulgativo e teorico-esperenziale, è indirizzato a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza dell'ansia e del Disturbo d'Attacchi di Panico e le nuove strategie risolutive per questi disturbi.
Ansia, panico, fobie, un mare allargato di disturbi che spesso inizia con un disagio più limitato , sino poi ad arrivare al panico, con la conseguenza di gravi condizionamenti per la vita della persona. Un precoce ricorso a trattamenti integrati farmacologici e/o psicoterapici puo’ risolvere questa patologia.Alla base di tutti queste patologie vi è l’alterata risposta del nostro organismo psico-fisico agli stimoli che ci circondano e certamente -quello che più conta- la mancanza di un tempo per riflettere e per rilassare la nostra mente, ri-meditare i nostri progetti, cambiare un poco il nostro stile di vita. Guardando ad un paese come l’America, dove le cifre divengono chiaramente molto rappresentative di ogni fenomeno, ci sono oltre 20 milioni di americani che soffrono di disturbi d’ansia, che includono gli attacchi di panico i disturbi ossessivo-compulsivi, quelli post-traumatici da stress, le fobie e il disturbo da Ansia Generalizzato. Nel nostro paese le cose non vanno diversamente… Spesso i sintomi divengono cronici, non hanno una remissione e tendono generalmente ad aumentare di intensità se lasciati senza un trattamento specifico. Tormentati da attacchi di panico, da irrazionali pensieri di paura, da comportamenti compulsivi e rituali, da incubi, con tutta una serie di sintomi fisici che si aggravano, le persone con disturbi d’ansia costituiscono una fetta di popolazione purtroppo "affezionata" alle sale dei pronto soccorso degli ospedali ed alle accettazioni ambulatoriali.Un attacco di panico viene improvvisamente, con o senza preavviso e dura solitamente dai due ai dieci minuti, ma in qualche caso può estendersi anche oltre l’ora. Entro pochi istanti il respiro diviene corto, il battito cardiaco si intensifica, appare tremore, sudorazione intensa, un senso di costrizione al petto, vertigini e spesso un sensazione di irrealtà pervade l’esperienza soggettiva dell’individuo che ne è colpito. Non c’e dunque nulla di che meravigliarsi se la maggior parte delle persone che vanno incontro a questa dolorosa esperienza creda di essere sull’orlo della follia od in procinto di morire. E’ la forma più acuta dell’ansia senza oggetto, dove non ci sono pericoli da evitare o minacce esterne da cui mettersi al riparo, una condizione che deve essere riconosciuta e trattata, perché al senso di impotenza che si produce in quei interminabili momenti, non si aggiunga con il tempo l’isolamento dovuto all‘esitamento delle situazioni che il soggetto reputa a rischio. Il lavoro di queste persone, la loro famiglia, la vita sociale risultano a volte estremamente disturbati e qualcuno può diventare un vero "recluso" tra le mura di casa. Per alcuni si aggiungono patologie come la depressione, l’abuso di alcool o sostanze. stupefacenti, la triste dipendenza da terapie farmacologiche sempre più importanti e non sempre risolutive. A causa dello stigma sociale che questa patologia comporta, le persone tendono inoltre a rifuggire da un trattamento o vi ricorrono soltanto quando il disturbo si è aggravato, così limitando e in ogni caso rendendo più difficili gli interventi terapeutici.
A Roma, il 6 marzo, una conferenza educativa per il pubblico promossa dall’Atelier di Drammaterapia Liberamente e tenuta da psicologi e psichiatri. L'evento, a carattere divulgativo e teorico-esperenziale, è indirizzato a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza dell'ansia e del Disturbo d'Attacchi di Panico e le nuove strategie risolutive per questi disturbi.
Ansia, panico, fobie, un mare allargato di disturbi che spesso inizia con un disagio più limitato , sino poi ad arrivare al panico, con la conseguenza di gravi condizionamenti per la vita della persona. Un precoce ricorso a trattamenti integrati farmacologici e/o psicoterapici puo’ risolvere questa patologia.Alla base di tutti queste patologie vi è l’alterata risposta del nostro organismo psico-fisico agli stimoli che ci circondano e certamente -quello che più conta- la mancanza di un tempo per riflettere e per rilassare la nostra mente, ri-meditare i nostri progetti, cambiare un poco il nostro stile di vita. Guardando ad un paese come l’America, dove le cifre divengono chiaramente molto rappresentative di ogni fenomeno, ci sono oltre 20 milioni di americani che soffrono di disturbi d’ansia, che includono gli attacchi di panico i disturbi ossessivo-compulsivi, quelli post-traumatici da stress, le fobie e il disturbo da Ansia Generalizzato. Nel nostro paese le cose non vanno diversamente… Spesso i sintomi divengono cronici, non hanno una remissione e tendono generalmente ad aumentare di intensità se lasciati senza un trattamento specifico. Tormentati da attacchi di panico, da irrazionali pensieri di paura, da comportamenti compulsivi e rituali, da incubi, con tutta una serie di sintomi fisici che si aggravano, le persone con disturbi d’ansia costituiscono una fetta di popolazione purtroppo "affezionata" alle sale dei pronto soccorso degli ospedali ed alle accettazioni ambulatoriali.Un attacco di panico viene improvvisamente, con o senza preavviso e dura solitamente dai due ai dieci minuti, ma in qualche caso può estendersi anche oltre l’ora. Entro pochi istanti il respiro diviene corto, il battito cardiaco si intensifica, appare tremore, sudorazione intensa, un senso di costrizione al petto, vertigini e spesso un sensazione di irrealtà pervade l’esperienza soggettiva dell’individuo che ne è colpito. Non c’e dunque nulla di che meravigliarsi se la maggior parte delle persone che vanno incontro a questa dolorosa esperienza creda di essere sull’orlo della follia od in procinto di morire. E’ la forma più acuta dell’ansia senza oggetto, dove non ci sono pericoli da evitare o minacce esterne da cui mettersi al riparo, una condizione che deve essere riconosciuta e trattata, perché al senso di impotenza che si produce in quei interminabili momenti, non si aggiunga con il tempo l’isolamento dovuto all‘esitamento delle situazioni che il soggetto reputa a rischio. Il lavoro di queste persone, la loro famiglia, la vita sociale risultano a volte estremamente disturbati e qualcuno può diventare un vero "recluso" tra le mura di casa. Per alcuni si aggiungono patologie come la depressione, l’abuso di alcool o sostanze. stupefacenti, la triste dipendenza da terapie farmacologiche sempre più importanti e non sempre risolutive. A causa dello stigma sociale che questa patologia comporta, le persone tendono inoltre a rifuggire da un trattamento o vi ricorrono soltanto quando il disturbo si è aggravato, così limitando e in ogni caso rendendo più difficili gli interventi terapeutici.
Vi siete mai chiesti -se non siete marinai- come faccia uno scafo a vela a muoversi contro vento? Il vostro berretto ed occhiali debbono essere bene "ormeggiati" sulla testa, se non volete farli volare via; il vostro corpo è spinto indietro quanto più la vostra barca solca veloce l'acqua. Anche l'acqua va indietro. Ma la vela assicura perfettamente la direzione in avanti. Anzi, quanto più il vento soffia contrario -certo diverso sarebbe averlo a favore!- quanto più voi state andando veloci! E' così che le resistenze si aggirano, gli ostacoli si affrontano, le difficoltà si superano...a volte, proprio sfruttando le apparenti condizioni contrarie...di vento, di vita!
Un attacco di panico è un tuffo nel nulla: non hai maniglie da prendere, cime a cui aggrapparti e perfino sottocoperta -se mai provi ad andarci- peggiori la situazione. Eppure esso racchiude, molta energia, proprio come un fulmine...che a saper sfruttare assicurerebbe molti gigawatt per molto tempo. Contiene pensieri, emozioni, corpo, memorie, fatti e predizioni...un insieme di cose familiari eppure così disordinate ed esplosive che appaiono totalmente inintellegibili, non utilizzabili. Certo è che un attacco di ansia non chiede di risolvere se stesso, anche se la persona che ne è colta è quello che disperatamente cerca di ottenere, da sola, con altri o con i farmaci. Esso è segno causale, biologico, complessuale, persino profetico di cose che sono avvenute, stanno avvenendo e potrebbero avvenire, ma la cui legenda è oscura ed invisibile. Eppure, fuggirne aggrava il problema; assistervi impotenti condiziona; appiattirlo insieme alle nostre emozioni con qualche pasticca preventiva deglutita non ne assicura la scomparsa. Avvicinarsi con attenzione a leggerci dentro esso, senza eroismi, nè vigliaccherie, può far cavalcare la propria tigre e dirigerla verso nuove risposte. Vi racconto una storia, romanzata per ossequio alla privacy che la mia professione di psichiatra, oltre che drammaterapeuta, mi impone...
La Storia
Era insopportabile, non c’era una persona che gli dichiarasse la verità od almeno fosse riuscita a scoprirla in tutte quelle visite tra specialisti e pronto soccorso e, nel ricordare quella prima volta in cui il disturbo era comparso nella sua vita, Giulia si sentiva ancora oggi minacciata e depressa. Era stato in una qualunque luminosa giornata di un Aprile che il suo cuore aveva cominciato a battere così forte, rincorrendo un respiro sempre più veloce, ma mai sufficiente a darle l’aria che cercava…
“Aiuto …aiuto!” Credo che quando si gridi aiuto, ma per davvero, il tempo tenda a fermarsi, dilatandosi in uno spazio vuoto ed insieme restringendoti fino a farti sparire tutto d’intorno. Giulia era oramai al ventesimo aiuto, ora appena sussurrato in una voragine che sembrava risucchiarlo, senza che lei potesse capire cosa stesse accadendo. Vivere la sensazione dell’imminente pericolo è già doloroso, prende il cuore, le tempie, lo stomaco e ad alcuni anche i genitali partecipano al rumore della paura; ma esservi dentro è il terrore dell’anima, una bocca spalancata senza suono, può essere il desiderio di scomparire pur di scappare da qualcosa che non si conosce. Un’intensa ed angosciante sensazione di vertigine doveva essersi conclusa con uno svenimento in piena strada…poi più nulla. Si era ritrovata stesa su di un lettino di un’astanteria in ospedale, tra visi familiari che la rassicuravano con mille bugie, perché pensare che tutti fossero in buona fede non consolava, né era credibile e che tutti si fossero messi d’accordo suonava altrettanto falso. Ma allora? “Lei non ha niente di serio signorina, non deve preoccuparsi…” continuava a ripeterle il primo piano di un viso incorniciato da una camice troppo bianco e per nulla rassicurante, “…il suo elettrocardiogramma è a posto…è stato solo un attacco d’ansia”. Si era sentita impazzire, che gusto c’era negare che ora il suo cuore aveva un problema, magari sconosciuto sino il giorno prima; il petto era ancora dolente e la testa continuava a girarle ogni tanto quanto dopo una sbornia affatto ricercata. Vi era stata, lo riconosceva, quella mezza giornata di confusione preceduta da uno strano sonno durato almeno due ore, profondo quanto inesplicabile e dopo era stato così confuso e terribile aggirarsi per le strade tutte eguali, con quei cartelli e quei rumori più distanti del solito, mentre il cuore sembrava volerle uscire dal petto.
Per chi si trova nella condizione di “presunto malato”, non esiste cosa più straziante del ricevere una qualche domanda e di essere bocciati nella risposta che si conosce giusta. L’ignoranza, in un certo senso, almeno protegge, dà il conforto salvifico di un alibi che ricompone le vicende in salutari nessi di casualità. Doveva esserci qualcosa che non andava nel suo corpo e stava ai medici ricercarla e sanarla! Giulia era stata da sempre un tipo piuttosto razionale, ‘concreto’ le era detto dagli amici. L’esistenza è quella che hai davanti, fatta degli oggetti che conosci e che in ogni modo hai esplorato fino ad un certo punto e nessuno te ne può mettere addosso un’altra. Quando quel signore che si proclamava medico le rivolse per l’ennesima volta la rituale domanda…”ma non riesce proprio a ricordare nulla d’analogo nei giorni o mesi precedenti?”, Giulia non resistette e, roboante come una locomotiva che si vorrebbe dare per finita, sbuffò urlando che il problema eventualmente, dal loro punto di vista, era di ‘ricordare’ che la sua vita era stata regolare fino a quel momento e che era quello che stava accadendo nel suo corpo ora a dover avere delle spiegazioni!
Nei mesi successivi, in altri conflittuali incontri con la ‘medicina’, Giulia si era ritrovata altri camici bianchi davanti, ai quali chissà quante cose avevano confermato, insieme al suo caratterino, che lei era un po’ pazza, irriducibile e bisognosa di cure, ma del resto oramai anche lei aveva cominciato a pensare che qualcosa non dovesse andare nella sua testa. Di contro, la sua vita prima di allora, fatta di studi eccellenti, carriera appena all’inizio, ma già promettente ambiziosi traguardi, una vita sentimentale soddisfacente e persino del tempo da dedicare allo sport. Disturbo da Attacchi di Panico ed Agorafobia era stato infine il nome di quel compagno fedele che in numerose altre occasioni le aveva fatto una visita improvvisa, inaspettata e poi sempre più sospettata, un segnale doloroso che dalle zone profonde, meno visibili di Giulia, l’aveva poi inchiodata alla sedia della riflessione, aiutandola ad interrogarsi positivamente su molti intelligenti perché, risolvendo poi il problema, ma anche su aspetti della vita che lei non avrebbe mai potuto altrimenti conoscere.
“Aiuto …aiuto!” Credo che quando si gridi aiuto, ma per davvero, il tempo tenda a fermarsi, dilatandosi in uno spazio vuoto ed insieme restringendoti fino a farti sparire tutto d’intorno. Giulia era oramai al ventesimo aiuto, ora appena sussurrato in una voragine che sembrava risucchiarlo, senza che lei potesse capire cosa stesse accadendo. Vivere la sensazione dell’imminente pericolo è già doloroso, prende il cuore, le tempie, lo stomaco e ad alcuni anche i genitali partecipano al rumore della paura; ma esservi dentro è il terrore dell’anima, una bocca spalancata senza suono, può essere il desiderio di scomparire pur di scappare da qualcosa che non si conosce. Un’intensa ed angosciante sensazione di vertigine doveva essersi conclusa con uno svenimento in piena strada…poi più nulla. Si era ritrovata stesa su di un lettino di un’astanteria in ospedale, tra visi familiari che la rassicuravano con mille bugie, perché pensare che tutti fossero in buona fede non consolava, né era credibile e che tutti si fossero messi d’accordo suonava altrettanto falso. Ma allora? “Lei non ha niente di serio signorina, non deve preoccuparsi…” continuava a ripeterle il primo piano di un viso incorniciato da una camice troppo bianco e per nulla rassicurante, “…il suo elettrocardiogramma è a posto…è stato solo un attacco d’ansia”. Si era sentita impazzire, che gusto c’era negare che ora il suo cuore aveva un problema, magari sconosciuto sino il giorno prima; il petto era ancora dolente e la testa continuava a girarle ogni tanto quanto dopo una sbornia affatto ricercata. Vi era stata, lo riconosceva, quella mezza giornata di confusione preceduta da uno strano sonno durato almeno due ore, profondo quanto inesplicabile e dopo era stato così confuso e terribile aggirarsi per le strade tutte eguali, con quei cartelli e quei rumori più distanti del solito, mentre il cuore sembrava volerle uscire dal petto.
Per chi si trova nella condizione di “presunto malato”, non esiste cosa più straziante del ricevere una qualche domanda e di essere bocciati nella risposta che si conosce giusta. L’ignoranza, in un certo senso, almeno protegge, dà il conforto salvifico di un alibi che ricompone le vicende in salutari nessi di casualità. Doveva esserci qualcosa che non andava nel suo corpo e stava ai medici ricercarla e sanarla! Giulia era stata da sempre un tipo piuttosto razionale, ‘concreto’ le era detto dagli amici. L’esistenza è quella che hai davanti, fatta degli oggetti che conosci e che in ogni modo hai esplorato fino ad un certo punto e nessuno te ne può mettere addosso un’altra. Quando quel signore che si proclamava medico le rivolse per l’ennesima volta la rituale domanda…”ma non riesce proprio a ricordare nulla d’analogo nei giorni o mesi precedenti?”, Giulia non resistette e, roboante come una locomotiva che si vorrebbe dare per finita, sbuffò urlando che il problema eventualmente, dal loro punto di vista, era di ‘ricordare’ che la sua vita era stata regolare fino a quel momento e che era quello che stava accadendo nel suo corpo ora a dover avere delle spiegazioni!
Nei mesi successivi, in altri conflittuali incontri con la ‘medicina’, Giulia si era ritrovata altri camici bianchi davanti, ai quali chissà quante cose avevano confermato, insieme al suo caratterino, che lei era un po’ pazza, irriducibile e bisognosa di cure, ma del resto oramai anche lei aveva cominciato a pensare che qualcosa non dovesse andare nella sua testa. Di contro, la sua vita prima di allora, fatta di studi eccellenti, carriera appena all’inizio, ma già promettente ambiziosi traguardi, una vita sentimentale soddisfacente e persino del tempo da dedicare allo sport. Disturbo da Attacchi di Panico ed Agorafobia era stato infine il nome di quel compagno fedele che in numerose altre occasioni le aveva fatto una visita improvvisa, inaspettata e poi sempre più sospettata, un segnale doloroso che dalle zone profonde, meno visibili di Giulia, l’aveva poi inchiodata alla sedia della riflessione, aiutandola ad interrogarsi positivamente su molti intelligenti perché, risolvendo poi il problema, ma anche su aspetti della vita che lei non avrebbe mai potuto altrimenti conoscere.
Il "drama" che si muove dentro in cerca di una "scena" giusta, un palco vero, sbotta...ed occupa lo spazio della vita. In esso vi è il tormento e la gioia delle cose inespresse, di quelle viste in sogno e mai ricordate, di date superate ed alcune ancora da venire. Noi, nell'Atelier, gli diamo un palcoscenico "vero": lo facciamo "giocare" a braccetto con l'autenticità: la coscienza dell'Io può ora far filtrare dal profondo le storie mai vissute ed ancora in incubazione. Molte cose non nascono. Anche noi siamo stati "per non nascere". Poi è avvenuto. Ora, la responsabilità del vivere, coscienti del fatto e del divenire. Nessun "dramma" fuori, credimi Giulia, ma la furiosa voglia di essere. Tuo Terapeuta
Foto: "Tigre" da "il fissatigre", piece drammaterapica dell'Atelier, Maggio 2008
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