Muchos Somos (Pablo Neruda)
De tantos hombres que soy, que somos,
no puedo encontrar a ninguno:
se me pierden bajo la ropa,
se fueron a otra ciudad.
Cuando todo está preparado
para mostrarme inteligente
el tonto que llevo escondido
se toma la palabra en mi boca.
Otras veces me duermo en medio
de la sociedad distinguida
y cuando busco en mí al valiente,
un cobarde que no conozco
corre a tomar con mi esqueleto
mil deliciosas precauciones.
Cuando arde una casa estimada
en vez del bombero que llamo
se precipita el incendiario
y ése soy yo. No tengo arreglo.
Qué debo hacer para escogerme?
Cómo puedo rehabilitarme?
Todos los libros que leo
celebran héroes refulgentes
siempre seguros de sí mismos:
me muero de envidia por ellos,
en los filmes de vientos y balas
me quedo envidiando al jinete,
me quedo admirando al caballo.
Pero cuando pido al intrépido
me sale el viejo perezoso,
y así yo no sé quién soy,
no sé cuántos soy o seremos.
Me gustaría tocar un timbre
y sacar el mí verdadero
porque si yo me necesito
no debo desaparecerme.
Mientras escribo estoy ausente
y cuando vuelvo ya he partido:
voy a ver si a las otras gentes
les pasa lo que a mí me pasa,
si son tantos como soy yo,
si se parecen a sí mismos
y cuando lo haya averiguado
voy a aprender tan bien las cosas
que para explicar mis problemas
les hablaré de geografía.
Ho letto, Sandrina, quello che hai scritto nel tuo commento al precedente post sul lavoro con il "dubbio" (ti ringrazio) e credo sia accaduto qualcosa di simile a quanto descrive la foto qui sopra (rispetto alla precedente analoga, il soggetto ha invertito la prospettiva di primo piano con quella dei sui fantasmi).
Assistere ad unna sessione di teatro drammaterapico è assolutamente differente dallo stare a teatro, proprio per gli assunti della drammaterapia, che utilizza il "processo artistico" per far vivere fantasmi inaspettati e portarti ad un dialogo "visibile" con l'attore e con il gruppo. Da questo incontro, sempre conflittuale, sempre in un equilibrio instabile e per questo fertile, nasce la performance. Cosa differente dalla performance teatrale, che ha lo scopo di far vivere il testo, la drammaturgia, ma, in fin dei conti, "sacrificare" anche l'interprete per l'opera o per l'arte di un regista. Il pubblico, nel CDIOT, è l'elemento inscindibile di quel dipolo che ora ha modo di rendersi visibile, ma già esiste nell'interprete, che è stato prefigurato, in un dialogo silenzioso, attraverso il processo drammaterapico, quando gli si è chiesto (all'attore) di lavorare costantemente tra un "in" ed un "out", con la semantica del sogno e quella dell'esame della realtà, attraverso un testo.
E' comprensibile che un tipo di "rappresentazione" (che rappresentazione non è, ma è proprio quanto si vede a nascere nuovo in quel momento, senza nulla rappresentare se non dello stesso processo) possa confondere, stordire, persino sollecitare chi assiste (ma poi assiste o partecipa, se l'interprete è in funzione di quanto lo spettatore esperisce?). Anche chi "assiste" -per comodità definiamolo così...- è potenzialmente inserito nella dinamica di quanto sta avvenendo, con le sue resistenze, giudizi, collusioni inconscie o coscienti, conflitti, ecc.
Ad un determinato punto dello svolgimento, ecco che ti accade di trovare un pertugio...più comodo, più familiare, più adeguato? Non potrei dire, tu sei del pubblico, sei nel processo, ma sei anche il "caso", la realtà, la dimensione ricca del letto verginale, dove l'incontro non vi è stato in un prima, come per gli attori, lungo un percorso, sofferto e gioito, comunque esplorato .Ed allora scendi dal palcoscenico del "pubblico", e sali nella platea dell'interprete, vicino a Daisy, aiutata dal director, vicino al director, aiutato da Daisy, ed hai il tuo momento, opportuno, di condivisione emotiva. E' la tua storia, è preziosa per questo.
Muchos Somos, davvero tanti, dentro...fuori, grazie Neruda. Director
1 commento:
Neruda meraviglioso! Sa rendere così leggero e ironico quel senso di sgomento che si prova di fronte alle proprie contraddizioni. Io , i miei fantasmi e le varie Marie Pine ci siamo sentiti rassicurati da queste parole.
P.S. Sandrina, vieni su, Daisy ti aspetta!
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