Il Teatro, quello che si fa, è un setting speciale che, se abitato con un'importante motivazione e coltivato, diviene una nuova casa per la nostra storia. Un luogo che appartiene anche agli altri che lo abitano e che lo costituiscono, compreso chi assiste, ma che se trascurato, resta silenzioso, polveroso ed inefficace, le pareti scompaono e poi i suppellettili e tu ti trovi solo in una piazza a chiederti perchè.
Lo arredi dei tuoi sentimenti e delle tue noie e ricordi, delle tue aspirazioni ed i tuoi poster fanno bella compagnia insieme a quelli degli altri, come tanti cartelloni di pieces su un palco sempre nuovo. Ecco che lì, allora, puoi non aver paura, ma essere solo cosciente della responsabilità che eserciti con il tuo gesto e la tua parola, come Maria Pina ci ha ricordatoIn casa propria, provate a pensare, non si ha paura ed in questo caso è la casa della propria esperienza in drammaterapia, non solo un luogo condiviso con compagni di percorso e persone che ci osservano ed ascoltano. Pensate di essere in una vostra casa, dove ordine e disordine sono comunque vostri; dove se vi spogliate siete protetti dalla vostra intenzione, come quando vi addormentate, nel sonno o nella trance dello spettacolo... Questa è etica. Un senso di responsabile "libertà", "partecipata" -come direbbe Gaber- può perfondersi nell'aria che respirate perchè divenga parola dov'è racchiusa la vostra anima.
Ho sentito commentare da qualcuno...avevo esaurito tutto -sì, può accadere di avere questa strana sensazione-; avevo perso le emozioni, le vivevo troppo dentro, non era più come le prime volte...Accade se non si è compreso il concetto, che sto illustrandovi. Può accadere che la casa vi sia improvvisamente scomoda, inutile, ma la ricerca delle motive non lo si è praticato. Il silenzio può avvilupparti in maglie sempre più strette finchè, alla fine ,scoprirai che quell'anaconda che sta per ingoiarti sei tu stesso. Un senso di libertà, "partecipata" -direbbe Gaber-, invece, può perfondersi nell'aria intorno perchè diventi voce ed energia per il tuo gesto ,dove lessi racchiudono l'animaa e tu sei consapevole della responsabilitè di farla affacciare fuori a dialogare con l'altro. Non credo che un bel tramonto o la coscienza che è atroce e tremendo e terribile e crudele saltare in aria per un lembo di terra possa fiaccare emozioni, eventualmente può farle rimuovere...
Se rifletti, se ricordi, che vi sarà un giorno, giusto e normale anch'esso, in cui quella parola non potrai più pronunciarla, quell "Io Esisto"; allora comprendi la vittoriosa importanza di declinarla con amore -l'etica a cui ha fatto riferimento Maria Pina- davanti all'altro. Il teatro, la nostra drammaterapia, il nostro teatro drmmaterapico -di cui siamo pionieri, almeno in Italia., ti ricorda la fondamentale importanza del "Tuo Istante", di quell'esserci ed "essere con" che tanto la antropofenomenologia ha indagato e speculato. Poi vengono i sensi specifici della nostra vita, personali, privati, il sipario poi scende. Paradigma di come e quanto tu stia vivendo, il CDIOT ti chiede di esserci ed essere con, dimenticando sempre più la disperata assenza di voce che a volte ci prende e così, per l'appunto, ci fa riflettere sulla nostra libertà
vs director
Movie: La Libertà, Giorgio Gaber, 1972
2 commenti:
"Se rifletti, se ricordi, che vi sarà un giorno, giusto e normale anch'esso, in cui quella parola non potrai più pronunciarla, quell "Io Esisto" ". Director, non sapevo come descrivere quel senso assurdo di privilegio che sento , a volte, quando uso in teatro la parola e l'emozione . E'una riflessione grande, troppo schiacciante per potermela spiegare..
Concordo in tutto con il precedente post di Maria Pina, e sento che ciò che dice proviene dal suo profondo essere, perchè lo descrive con dettagli e doviziosa precisione. Concordo certamente anche con ciò che dici Director, e
capisco benissimo le sensazioni che descrivi, anche se le conosco solo in parte, visto che ho cominciato da poco a "giocare" con questo strumento che ci può aprire diverse porte sulla nostra esistenza, e per questo puoi insegnarmi molto...
Ma se quelle porte affacciano su visioni che non vogliamo vedere? Se quello che andiamo a sperimentare ci avvicina alla difficoltà che andiamo fuggendo?
Il nostro inconscio gioca sporco a farci credere di star muovendo qualcosa, per poi lasciare tutto come è, trovando le più svariate motivazioni -scuse?- per farci poi sentire ancora una volta sconfitti. Comprendo anche questo, lo vedo come un peso per tutti quelli che non hanno la fortuna o la forza di credere in qualcosa e di muoversi realmente in una qualche direzione. E mi sorge la domanda: ma io mi sto muovendo?
E allora è giusto provare, è giusto partecipare, scrivere e soffrire, guardare sotto ai vecchi tappeti del nostro io e sbattere via la polvere e i fili consunti e sfilacciati della nostra esistenza passata, ed io voglio farlo, per me e per gli altri, per il piacere di farlo e il dovere che mi sono assunto con e verso gli altri. Gianni
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