@ Dedalo
su "Dramatherapy, the Power of Propaganda"
Da bambino, la gente la dividevo in buona e cattiva. Erano due categorie nettamente separate, e la popolazione buona rappresentava almeno il novanta per cento delle persone. Crescendo, la situazione è diventata più fluida, sono stati presi in considerazione i passaggi di categoria, e la statistica è stata abbandonata, non perché per forza il suo risultato fosse sbagliato, ma perché se non so chi appartiene a quel dieci per cento di cui non mi posso fidare, è inutile sapere qual è la divisione della torta.
Ora, il passaggio ulteriore potrebbe essere -e qui mi collego al post del director-: pensare che noi stessi facciamo parte non solo di quel novanta o di quel dieci per cento (ovviamente si spera del novanta…), ma del cento per cento tutto. Insomma, sia gli “uomini cattivi” che gli “uomini buoni”, per dirla con espressione un po’ infantile, sono entrambi “uomini”, e lo sono entrambi nella stessa misura (non è che uno nasce con due teste mentre l’altro con tre; che uno è insensibile al freddo mentre l’altro lo è; che uno ha fame e l’altro va solo a ossigeno; che uno può commuoversi mentre all’altro ciò è precluso dal suo codice genetico). Insomma, siamo tutti uomini, e tutti usiamo lo stesso ventaglio per sventolarci, un ventaglio con tante possibilità di scelta, e scegliamo noi, dopo averlo guardato il ventaglio, soppesato, impugnato in un certo modo, come farci aria. Ma dobbiamo sapere che quel ventaglio è nelle nostre mani, e che è fatto in un certo modo, con certe opzioni, con certi comportamenti, con certe potenzialità di cui la storia nel bene e nel male ci racconta: quel ventaglio siamo noi. Da questa presa di consapevolezza, penso discenda una maggiore conoscenza del mistero umano, che siamo noi.
Se vivere significa essere se stessi dentro di noi, davanti agli altri, insieme agli altri, allora avere paura di guardarsi dentro e provare a sondare il mistero e incarnarlo, significa rinunciare ad essere pienamente e naturalmente uomini. E qui non parlo dell’essere buoni o cattivi, perché do per scontato che è giusto impegnarsi a rispettare il prossimo, ma mi riferisco al rispetto e alla dignità che dobbiamo dare e riconoscere ciascuno a se stesso, individualmente. E credo che, volenti o nolenti, il nostro “Io” si accorga dei compromessi e delle paure, e ci faccia pagare il prezzo delle nostre scelte.
Foto: "Dramatherapy, Hitler-Scope", fotoelaborazione di E. Gioacchini, 2009
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