Una cassetta postale anonima, per significare qualcosa a tutti ed a qualcuno; un cartello segnaletico che indica solo direzioni, senza luoghi. Elementi formali di contenuti in progresso. Oggetti usati da inventare come nuovi. E se quello è il posto di partenza e di arrivo della tua posta, forse si tratta di te stesso; quello a cui mandi qualcosa è del tutto in un altro posto e se ti raggiunge tempestio nell'atto in cui hai imbucato, osserverà solo il tuo gesto, ma la misiva sarà già troppo lontana.
E circa il cartello... se fosse dove è piantato, il luogo che esattamente cerchi, il posto delle decisioni, delle scelte ? Oggetti destituiti del loro senso comune -sempre Cortazar esortava a diffidare di quella nuvola sospesa nel cielo, ..."il suo nome catalogato nella memoria...".
E Grotowsky, impietoso, denudava l'azione dell'attore, sino alla disperazione intellettuale ed affettiva di doverla ricostruire, pezzetto per pezzetto, fuori di ogni automatismo menmonico, perchè diventasse l'azione di "quell'attore" offerta al pubblico ed a se stessi.
Attraversamento dell'inconscio e dei miti collettivi, in un epurazione dalle scorie del buon senso, della morale comune -se solo vestita- dell'apparato scenico del teatro.
Tu uscirai mai scritto da quella cassetta di posta ed annuserai le direzioni, cercando puntualmente di non prendere quelle segnate, ma affidandoti all'olfatto ed alla vista, alle orme ed al volo degli uccelli. Lo avrai appreso e non potrai perderti diceva Don Juan nel deserto a Castaneda e dovrai riformulare le ragoni della tua esplorazione, mentre esplori.
E Grotowsky, impietoso, denudava l'azione dell'attore, sino alla disperazione intellettuale ed affettiva di doverla ricostruire, pezzetto per pezzetto, fuori di ogni automatismo menmonico, perchè diventasse l'azione di "quell'attore" offerta al pubblico ed a se stessi.
Attraversamento dell'inconscio e dei miti collettivi, in un epurazione dalle scorie del buon senso, della morale comune -se solo vestita- dell'apparato scenico del teatro.
Tu uscirai mai scritto da quella cassetta di posta ed annuserai le direzioni, cercando puntualmente di non prendere quelle segnate, ma affidandoti all'olfatto ed alla vista, alle orme ed al volo degli uccelli. Lo avrai appreso e non potrai perderti diceva Don Juan nel deserto a Castaneda e dovrai riformulare le ragoni della tua esplorazione, mentre esplori.
Mr. Hube, compassato, lasciò scivolare la punta della lingua sul bordo della busta e la sigillò prima di imbucarla. Voleva assolutamente che questa anticipasse il suo arrivo in quella contea dovera atteso. Il viaggio sarebbe stato lungo, tre giorni; indossò il soprabito, prese il cappello e partì con l'auto ben lucidata per l'occasione. Si dà il caso che il servizio postale annunciasse uno sciopero generale al secondo giorno della sua trasferta e che quel benedetto cartello fosse stato manomesso da qualche ragazzo in vena di burle. Nessuno arrivò da nessuna parte, ma tutti puntualmente al luogo di partenza.
Foto: "Mailbox", 2008
2 commenti:
IN VIAGGIO
Si è frantumata la montagna.
Tace il corpo - tace l’anima - tutto tace. Tacito è il tempo, fedele al corpo.
Ignorando il pericolo - il pericolo venne a me. Ignorai avvisaglie per suprema ignoranza.
La montagna sacra, barbaramente calva nella dinamica dell’essere, tramortì all'indirizzo sbagliato. Ma forse quel suo positivo linguaggio, espressione di capriole sdrucciolevoli, sposò l’intento d’un granitico bastone di roccia: e furono percosse, botte, mazzate dolenti. Ecchimosi, lividi, desideri estinti.
E ancora: imprecazioni impastate nell’alta fornace del cielo:
“Spero di averti resa migliore,” disse la montagna.
“Telegrafica sassaiola, non hai compassione verso il fallimento…” fiatai malanima.
Mi parve di volare come un bianco Gabbiano. La Tigre che fui, seppi ch’era libera.
Mi riconobbi in un piccione bigio stramazzato al suolo. Schiantate pure le volatili, artigliate illusioni:
“Puoi abitare luoghi solo abbandonandoli…” disse la frantumata mitraglia.
Mi ricomposi. Mi alzai. Rimasi immobile e dritta: terraferma, appunto. MadreTerra di Me stessa -ripetevo come trascesa in un mantra.
Piovvero fiori di pietrisco e fango sulla testa.
Riassumendomi: rimasi sepolta perché la volontà espressa sino a quel momento si era manifestata con l'impostura. Si rivelò non-volontà, da sé medesima legittimata.
Credevo di volare. Un volo bellissimo... poi- la caduta.
Mi sono presa a randellate da sola.
Iniziai un nuovo cammino rigorosamente a piedi nudi. M'imposi di farli sanguinare. Esempio di verismo verghiano, giacché stufa d’un misero autolesionismo o andature pseudo-francescane.
Quanto avrei resistito alle botte in testa, alle lacerazioni ai piedi?
Sommità del corpo, Nord e Sud di un panico movimento femminile.
Seme dopo seme avanzai. Non riconobbi né segni né incognite: mi fronteggiò Paura, l’archeologa dell’interiorità. Senza umiltà sostai nel luogo inconfessato.
Ne rimasi paralizzata. Peggio della Medusa.
La Medusa mi fa piangere ancora…
*
Un cartello segnaletico, una macchina, un uomo distinto: tale Mr. Hube.
“Mi perdoni, credo d’essermi perduto. Sa dirmi precisamente dove mi trovo?”
“Precisamente lei si trova sotto una montagna franata, in mezzo ai miei detriti... Non è per scortesia, ma debbo andare.”
“No signorina! Attenda, la prego… Mi chiamo Alexander Hube…”
“… e deve recarsi nella contea di Mr. Godot.”
“Esatto...!”
“Riferirò a Mr. Godot che lei è qui. Non si preoccupi, verrà a prenderla.”
Da quel momento Alexander Hube conobbe l’attesa, l’Om e le stelle.
Nina M.
Quanta agitazione può causare un'immagine! La mia vita cambia, sta prendendo qualcuna delle direzioni che è segnalata nella foto. Non so bene quale, ma la paura di sbagliare è tanta... e poi c'è lui, che comunque mi aspetterà ad ogni destinazione. Lui non è la meta, ma è un punto di non ritorno... di progresso e di consapevolezza. C'è. Sono davanti a quel cartello, qualsiasi strada prenderò,lui mi terrà la mano, sussurrandomi all'orecchio parole d'amore dolcissime. Io andrò avanti e lo farò da donna. E quando lo amerò, allora sarò la sua donna...
Anastasia
Posta un commento