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-a proposito di "E se mi blocco...per una Apologia di Senza Dolore"-
"Mi è capitato di " toccare il fondo " con le mie paure...e per toccare il fondo intendo dire non vivere liberamente nulla, neanche un caffè con amici; ma , in realtà, non ho mai vissuto liberamente e questo mi porta a non riuscire del tutto a liberarmi dalla paura. Mi vengono in mente testi di alcune canzoni per rendere l' idea: "...ho vissuto tanti anni in una gabbia d' oro, ma sempre in gabbia ero", "la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare". Ecco... è proprio questo il problema: rialzarsi da una brutta caduta non è, per me, un problema. Mantenere in alto il volo sì.
Se un uccello è stato tanto tempo in una gabbia quando arriva il giorno in cui può e deve spiccare il volo quell’ uccello tornerà nella sua gabbia, perché è lì che si sente al sicuro; è lì che è cresciuto; è lì che ha provato le sue emozioni...pur stando in una gabbia. Il cielo è troppo grande per lui, troppo bello per volarci, troppo immenso. Non ce la fa; non è abituato, anche se la sua indole dovrebb essere quella. Ormai è un uccello addomesticato, un uccello troppo " ingabbiato". La vita, totale, piena, gli fa troppa paura; dovrebbe chiudere gli occhi e buttarsi troppe volte per riuscire ad affrontarla, ma lui sa affrontare una cosa alla volta.
Sarebbe bello riuscire a volare senza guadarsi indietro, senza voltarsi verso la gabbia con la porticina aperta. Lui non è abituato a vivere tante belle emozioni tutte insieme, anche se le desidera, perché la gabbia è stata la sua casa e casa è sinonimo di protezione. La paura è una brutta bestia che succhia energia, vita e più la succhia dentro di noi e più lei diventa grande e noi...piccoli. Ieri ho fatto una cosa che non dovevo fare -ma sono nella fase di " difficoltà a mantenere il volo".
Se un uccello è stato tanto tempo in una gabbia quando arriva il giorno in cui può e deve spiccare il volo quell’ uccello tornerà nella sua gabbia, perché è lì che si sente al sicuro; è lì che è cresciuto; è lì che ha provato le sue emozioni...pur stando in una gabbia. Il cielo è troppo grande per lui, troppo bello per volarci, troppo immenso. Non ce la fa; non è abituato, anche se la sua indole dovrebb essere quella. Ormai è un uccello addomesticato, un uccello troppo " ingabbiato". La vita, totale, piena, gli fa troppa paura; dovrebbe chiudere gli occhi e buttarsi troppe volte per riuscire ad affrontarla, ma lui sa affrontare una cosa alla volta.
Sarebbe bello riuscire a volare senza guadarsi indietro, senza voltarsi verso la gabbia con la porticina aperta. Lui non è abituato a vivere tante belle emozioni tutte insieme, anche se le desidera, perché la gabbia è stata la sua casa e casa è sinonimo di protezione. La paura è una brutta bestia che succhia energia, vita e più la succhia dentro di noi e più lei diventa grande e noi...piccoli. Ieri ho fatto una cosa che non dovevo fare -ma sono nella fase di " difficoltà a mantenere il volo".
Ieri, dopo un piccolo episodio negativo che mi è capitato, invece di incanalare le mie energie per affrontare la situazione e risolverla, ho preferito far uscire la rabbia - e la sola rabbia non porta a nulla- e ho tirato un pugno fortissimo contro una parete. Inutile dire che mi sono fatta male, molto male, ma più che dolore fisico, ho sentito quello interno, quello che mi ha fatto dire: stupida, cosa fai? Non lo sai che in questo modo non risolvi nulla?Perché ti fai del male? Ed allora ho pianto. Ho pianto perché sapevo di non aver utilizzato bene i miei strumenti, pur avendoli.È veramente difficile spiegare questo rapporto di " amore e odio " nei confronti della paura.
Non credo di essermi spiegata. Forse potrei dire che... vorrei uccidere questa strega, ma è la “strega” con cui sono cresciuta e ormai la considero come una sorella.Una frase, però, mi ha aperto una porta: " quasi non fossi più tu quella che deve superare il blocco ". Ho sentito un colpo al petto. Perché mettersi sempre nella condizione di dover superera, superare, superare...stanca. Mentre...non mettercisi proprio e vestirsi di un’ altro nuovo ruolo potrebbe essere risolutivo.
@ Director
Non sei anonima, ma se apprezzo il coraggio del tuo scritto, uscito forando il diaframma del pudore, ho preferito non scrivere il tuo nome, anche se un nickname.
Qualcosa in te ha fatto eco ad una espressione lì scritta nel post; non è quell'espressione ad aver fatto eco, visto che è avvenuo in te, ma tu con quella. Vedi...bisogna ribaltare l'ottica. Non stai camminando "pericolosamente" nel mondo, ma il mondo ti sta portando come una barca; la notte ti avvolge ed abbraccia come una madre; il cielo ti fa compagnia mentre cammini...; ogni tanto uno sguardo in su e...subito rassicurata. La terra è la tua barca. Attenta, non ti sporgere! Anche se poi puoi sempre confidare in quella gravità a cui spesso mi riferisco -ed onguno ha una sua barca su questa terra che è la barca di tutti. Pensa alla tua, sali ed esci e naviga le procelle, sarà divertente. Giuro, non si cade mai; come in quei giochi virtuali che...spaventano davvero, mentre stai sballottato dentro la capsula a simulare formula tre, spazio o volo. E lo "spavento" è vero ed emozionante...chiamalo "emozione"...
Bisogna cambiare ottica, assolutamente e non girare in tondo come gatti impazziti. Tornerò a parlare di tutto questo, perchè solo affrontando le nostre fantastiche primitive paure la vita viene "recitata" con autenticità.
Bisogna cambiare ottica, assolutamente e non girare in tondo come gatti impazziti. Tornerò a parlare di tutto questo, perchè solo affrontando le nostre fantastiche primitive paure la vita viene "recitata" con autenticità.
Chiedevi "What if i get stuff"? e ti sei fermata a riflettere su..."As if it weren’t you the person who needs to overcome the block". "Humm bene ..."- forse avrebbe commentato la voce di Milton Erickson -ci piace immaginare così!- E tu: "Ma allora, dottore, ci si può anche fermare?". E Lui: "Certamente che puoi farlo! Importante è farlo per un motivo..."
Ti omaggio dell'icona del blog sulla "cinema-dramatherapy": è un campo di papaveri, ripreso alle soglie della scorsa estate. Proietta su questo schermo i tuoi colori, anzichè le tue paure e cammina...cammina, non voltarti, ma fermati a riflettere.
1 commento:
Carissima .....
Eh, come ti capisco. Quando ero ancora in 'pieno' Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), il Director organizzo’ uno stage con un gruppo di pazienti. Facevamo un po’ di ginnastica, un po’ di yoga (con Flavia), e un po’ di autoipnosi con il Director. Tecniche di respirazione…sembra semplice!! Poi torni a casa, ti rimetti a fare la tua vita normale e cosi’, all’improvviso, ti cominciano a venire degli strani attachi di panico. Il Director ti dice che, per la mia sintomatologia, io non dovrei avere attacchi di panico; allora sono un bluff…ma intanto mi vengono. Quando vai in cura per il DOC, non curi, ovviamente, solo i sintomi, ma, piu’ in profondita’, il tuo modo di relazionarti con il mondo. Qualcosa di veramente profondo, di veramente tuo, di veramente TU, viene ‘smosso’ e, un pezzo alla volta, ‘rimosso’.
Ma il disturbo (e i sintomi) non sono una cosa esterna, SEI TU!!!! Allora, rimossa tutta ‘sta roba, che resta? Quale sei tu? CHI sei tu senza le compulsioni, senza la paura, senza le cose che ti girano in testa over and over again? Confusione, paura, panico e, appunto, attacchi di panico.
Io sono la bimba piccola che vuole mamma, che vuole essere amata, consolata (viziata!!!) e looked after. Sapete la canzone di Vasco Rossi La Favola Antica? [Parlava di una bambina bionda / che non voleva dormire da sola / e la sua mamma poverina / doveva starle sempre vicina / un giorno venne una bella signora / tutta vestita di luce viola / prese la mamma per la mano / e la portò lontano lontano]. Mia mamma e io eravamo in simbiosi e quando il Director mi ha fatto sentire questa canzone, un po’ dopo che mia mamma era morta, Dio quando l’ho odiato!! Mi dice: “reality check”. Alla faccia del reality check, ancora piango…!!!
Poi la canzone dice: la bimba pianse 100 sere / poi si stancò / e si addormentò / Quando il mattino
la venne a svegliare / con un bellissimo raggio di sole / vide la mamma poverina / che sotto un albero dormiva / e la signora vestita di viola / disse "non devi più avere paura... di restare sola"
E questo, si’, funziona nella canzone, ma nella vita, eh, e’ tutta un’altra storia. Si’, Vasco finisce dicendo: C'era una volta una favola antica / […] / e per non essere dimenticata / diventò vera... / diventò! oh oh oh! ....la vita!
Ma non e’ cosi’ semplice.
Te lo possono dire in tutte le lingue del mondo che “non devi piu’ avere paura di restare sola”, ma (e mentre scrivo mi scorrono lacrime lungo le guance – e sono in ufficio, porca…) se non lo vuoi sentire non lo senti e passi il resto della vita a cercare sempre una ‘mamma’ (compagno/a di vita) che ti stia “sempre vicina”. Inutile dirlo, non funziona. Non funziona perche’ la mamma vera, almeno nel mio caso, era tutto quello che volevo e tutto quello che odiavo. Eravamo una cosa sola, ma litigavamo continuamente. Ne ricevevo un amore infinito e illimitato, ma ne ero anche sempre giudicata e criticata.
Naturalmente, quando una mia situazione sentimentale si stabilizza, io ricreo lo stesso rapporto: amo il mio compagno/a, ma ci litigo tutto il tempo e lo/a giudico e critico; come per dare loro lo stesso amore che mi dava mamma. Evitare che succeda cosi’? E come si fa? Io mica lo faccio apposta, e’ che spontaneamente i miei rapporti prendono quella via. Poi (sempre nella mia esperienza) la mamma fa quello che vuoi tu, ti accontenta sempre, ha sempre te al centro del mondo. In un rapporto adulto l’altra persona e’, appunto, ‘altra’. Ha idee, interessi, modi di fare le cose e priorita’ nella sua vita che non sono sempre le stesse tue e che non sono 24 ore al giorno…TU!
Da un’amicizia importante lo accetti, loro hanno la loro vita, ma dalla persona con cui vivi no: TU dovresti essere la loro vita.
Come era per mamma.
Sorpresa che i miei rapporti finora non abbiano funzionato? No, lo so, non dovrei essere sorpresa. Eppure da sola non ci voglio stare. Non me ne frega niente di quello che dice la “signora vestita di viola”, io la “paura di restare sola” ce l’ho e come! Ed e’ per reprimere questa paura che infilo un rapporto dietro l’alto. Ne escono rapporti importanti, come gli ultimi due (uno ancora in piedi…be’, no, in ginocchio, al momento), ma che alla lunga NON FUNZIONANO, non durano, perche’ l’altro si sente aggredito, controllato, attaccato. Eppure uscirne o anche solo accettare che possano finire e’ un’idea che, anche solo come idea, fa troppo male.
E poi chi mi vuole bene? E poi chi c’e’ la sera quando torno a casa e voglio essere ascoltata e coccolata? E poi con chi faccio le cose, sia quelle di tutti i giorni che le cose piu’ importanti. Insomma, con chi condivido la vita? Perche’, se la vivo solo per me e con me (e ora qui non sto considerando gli amici che nella mia esistenza sono fondamentali e sono l’aria che respiro), non basta. Non e’, non sono, io, un motivo necessario e sufficiente.
Non c’e’ via di scampo. La mia presente relazione non va bene. Ci sono molte cose che non mi piacciono e di cui non sono contenta, ma se parliamo di separarci mi vengono le crisi di pianto. Director, ti ricorda qualcosa tutto questo?
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