Siamo appena all’inizio dell’avventura, e non si poteva scegliere un paesaggio migliore: una arena indivisa tra rinoceronti ed uomini. Dico indivisa, perché non si può fare un “taglio intelligente” -come quelle forbici di Photoshop fanno-, su quanto dei primi appartenga ai secondi e viceversa! Tranello biologico, culturale, dove sembra contare di più l’istinto di “territorio” che quello della specie. Ed in questo posto privilegiato, perché esplicativo, impudicamente, della nostra contraddizione, tuttavia si può ancora usare la parola “peccato”! Per carità, termine che uso lontano da ogni esegesi di stampo teologico, ma piuttosto a descrivere quella forma di insidiosa paura di accedere a verità celate. Esso ci preclude l’affacciarsi della mente al dialogo con se stessa, unica condizione dove l’ascolto, se attento, potrebbe uscire dalla autoreferenzialità.

Voglio il vostro cuore e serve quel lungo lamento d’amore per la vita che fluttua tra eccessi e pigrizia, tra esaltazione e povertà. Francescano proclama – se il Santo me lo concede- di un essere poveri o di non saper vedere, ma “salvi” nel sapere di cercare. Non dice Grotowsky che voi compite una “messa”, che di sacro ha l’intento umano, piuttosto che la delega al divino? Lascerete entrare lo sguardo smarrito o malizioso di chi vi guarda a fare il suo mestiere di scelta, mentre siete sul palco a livello del mare o piuttosto sarà la finta “altitudine” del mestiere del recitante a proteggervi dall’incontro pericoloso con voi stessi nell’altro? Se non vedrete pericolo, se non saprete di pericolare e scegliere tuttavia di essere lì, avrete una finta “salvezza”, avrete la farsa piuttosto che il teatro, la pantomima, anziché l’autenticità. Personaggi che provengono da lontano e da vicino li farete abitare in voi: vi sembra poco questa responsabilità di anima-rvi solo apparentemente di altro? Lo sentirete questo gesto, questa parola, questo pensiero albergare in un costante bisticcio tra le infinite bisettrici di una angolo anch’esso infinito? Per questo chiedo il vostro “cuore”, perché esso è strada, non mezzo, è cammino, non luogo, è dono.
Desidero vedere la passione di quel sottile ed a tratti massiccio litigio tra voi e il personaggio, luogo d’incontro senza conciliazione -che sarebbe compromesso-, vitale per questo che si declina nella drammatica ripetizione senza sosta di un saluto al mattino, che parla di voi, piuttosto che del gesto-parola. Nessun funambolismo, nessun tentativo di sorreggersi –che già anticiperebbe la contraddizione tra fune ed intento-, ma ricerca dentro quello, di quanto può accadere e svelare.
Per questo, compagnia, voglio il vostro cuore, piccolo, grande, malandato, stordito e confuso, attento e distratto, impigrito e solerte, comunque.
E tutto, vi giuro, senza spostarlo da vostro petto. Director
Foto: "emo_heart__6_.jpg" di djrisso
1 commento:
La mia voce grida aiuto
Oggi il mio eco è sceso giù nelle viscere a chiedersi che cosa c’è in me che non mi renda la libertà di vivere. Si! chiedo perché quella lotta continua, avanzando ora una e ora l’altra diabolica lotta o soltanto alienazione, chiusura. Si! ho voglia di urlare forte perché continua questa chiusura?Basta! ci sto provando. Oggi ho rivisto una bambina graziosa, con dei bei riccioli ma la cosa stupenda era il suo sorriso. Poi ho visto anche una bambina vivere nelle sue paure. Questa ragazzina soffriva spesso di forti dolori di stomaco tanto che in una circostanza fu ricoverata dove nella sua ingenuità ascoltava tutte quelle cose dette e la paura di viverle, aveva con sé sempre questo battito accelerato dove i dottori fra loro pensavano davvero strano. La diagnosi finale fu questa: la bambina ha un disturbo ( non definito) e forse al momento della sua crescita scomparirà, oppure…C’è stato un periodo dove la piccola continuava a pensare al senso di quell’”oppure”.
Penso che la piccola avesse sempre paura di tante cose: della morte, della malattia, della crescita, delle non risposte, della notte. Questa creatura oggi ha pianto tanto e chiede aiuto, aiuto! Vorrei uscire da questa gabbia che imprigiona la mia voglia di volare e abbattere tutto quello che può essere costrizione, dolore. Rompere, urlare, cambiare, abbracciare, liberare, imparare, imprecare. Rompere e stemperare la mia vita con gli altri: cosa che ultimamente non faccio. Urlare che non riesco più a dominare il mio dolore. Cambiare perché in ogni istante la nostra vita ci dimostra e ci insegna a mettere in discussione quello che siamo. Abbracciare perché sono così. Liberare me stessa dalle molteplici fobie. Imparare perché nella vita si ha la fortuna di avere maestri straordinari da cui prendere e dare.
Posta un commento