Hai centrato Nina, nessun dubbio, del centro, di te che centri, del vanificarsi nel nulla della domanda "...ma noi che c'entriamo"?!
Siamo sempre in causa, per il semplice motivo di essere ed esistere a questo essere. Declinati dovunque e comunque. Diciamo che a me non basta più, con tutto il sacro e profondo rispetto per Watzlawick che ho avuto la fortuna di conoscere, affermare che "non si può non comunicare". Della "comunicazione" la nostra era ha fatto una chimera, e Ionesco se ne accorge. La comunicazione non può esistere per se stessa o diventa una magia primitiva adottata dal "tiranno". Dovrebbe essere "terapizzata", mi verrebbe da dire con Wittgenstein, epurata dalla "persuasione" degradata a statisco elemento suggestivo sulla massa, perchè si sa, comunqe raccoglie, senza comunicare in certi casi, chiedendoti la silenziosa adozione di pensieri, piuttosto che il dialogo su essi.
E quando anche l'ultima "speranza" -come tu dici-, quella di una "rispondenza" da Daisy, si spegne, a Bergerer non rimane che fare del sogno temuto... una estrema e breve speranza nuova: essere anch'egli un rinoceronte! Affatto convinto, ma disperato di una solitudine insostenibile. Ma i sogni sono veri solo dall'interno di essi, come gli incubi, per questo, se vivono nella luce del giorno, ricorrono alla forza selvaggia di un'allucinazione o di una guerra, per non vaporizzarsi come la forza di Ercole. E dunque ci sarà quest'ultimo tentativo, dopo di che l'epilogo "eroico" della carabina imbracciata a difendere le ragioni della paura.
Il passato, pure confuso tra i mille linguaggi che la sua povera mente alcoolica non riesce a conciliare, bastonato dalla trasformazione degli affetti intorno, qualcosa gli ha insegnato. Esce di corsa, totalmente compreso nel proprio intento ed attraversa la strada, mentre stupendi esemplari di rinoceronte attraversano la via in tutte le direzioni. Esce indenne da quel groviglio di corna festoso -come "dei bambini" afferma Daisy- e si precipita verso la casa di Jean. E' devastata, uno scheletro aperto che mostra al cielo poltrona e tavolino, appendiabito a terra e carte sparse, un cucchiaio. Berenger si arrampica. Più che salire egli, sono le cose "sfogliate" violentemente verso terra a finire in basso; una talpa verso il cielo, senza più alcuna porta da sfondare. E' sudatissimo e brillante al sole, proprio come il povero Jean quando si trasformava. Raggiunge le cinque tavole del pavimento ancora sorretto e prende posto sulla poltrona dell'amico. La testa è tirata indietro a prendere aria davanti, quella acre scaladata dal sole e dal calpestio infernale degli animali di sotto. "Una penna...una penna?" - La trova. Ora il caro filosofo è in lui; in lui è l'amico Jean, Dudard e Papillon, Botard e persino la solerte mano del pompiere che sta barrendo in strada e che l'ha aiutato a scendere dall'ufficio, non molto tempo prima. Gli rimane un ultimo atto, farli parlare in sè, restituirli all'umanità del loro progetto iniziale attraverso il suo ricordo. Accozzaglia di nozioni, e tuttavia che si svolge dentro e non là fuori, nell'arena degli animali a caccia di uomini e di aloiena trasformazione. E scrive...
"Cara Daisy,
non so se siano stati i Rinoceronti, la tua prossima trasformazione forse (?), ma sei l'ultima cosa vista fino a questo momento e la più cara, la più persa. Ho bevuto molto nella mia vita ed ho rubato tanto senza tenermi nulla o questo pensavo sino ad un momento fa. La disperazione scava nei posti segreti, e, fuori ogni virtù, ci fa più attenti. Non posso conquistare te, nè la logica e la "normalità" per questo mondo, ma voglio salvarli in me, piuttosto che tra la polvere di bestie in cui non mi riconosco, la cui potenza -ora vedo-, abbaglia, affascina e seduce. Tuttavia...
non so se siano stati i Rinoceronti, la tua prossima trasformazione forse (?), ma sei l'ultima cosa vista fino a questo momento e la più cara, la più persa. Ho bevuto molto nella mia vita ed ho rubato tanto senza tenermi nulla o questo pensavo sino ad un momento fa. La disperazione scava nei posti segreti, e, fuori ogni virtù, ci fa più attenti. Non posso conquistare te, nè la logica e la "normalità" per questo mondo, ma voglio salvarli in me, piuttosto che tra la polvere di bestie in cui non mi riconosco, la cui potenza -ora vedo-, abbaglia, affascina e seduce. Tuttavia...
Tuttavia...questo non basta per "esistere"; intendiamoci, basta per esistere per ognuno di noi, ma poi la costante moltiplicazione di ciò che siamo nell'incontro costante con gli altri...ahi...ci chiede altro...
Nei rapporti importanti che i pianeti hanno vi è la stessa 'attrattività'...Non si oppongono nel gioco-giogo del reciproco dominio. Ma lì è' 'l'amore' delle masse gravitazionali. Immagina la luna che forzi a staccarsi dalla terra, e quest'ultima che l'abbandoni e la lasci sola nello spazio. No, decisamente l'esistere' nelle relazioni è fatto di scambio ed una certa magia d'intensità, senza logica, che arriva con il tempo, che si dilegua nello stesso. Non si può prevedere. Pensare che possa esistere un pianeta davvero meraviglioso da qualche parte nella galassia, anche se me lo dice l'iferometro di Fabry Perot -in realtà sarà costruito solo tra qualche anno-, a cosa serve? Io debbo poter pensare che esiste anche per me, nella sua infinita, pur remota possibilità di comunicare con lui, incontrarlo e sapere che è d'accordo all'incontro. Allora 'esiste', altrimenti 'è'. Ex-sisto...quanto pongo davanti a me qualcosa e so che quella cosa si lascia osservare e forse...qualche volta ti osserva. Magie impossibili da prevedere, ed assurde da costruire, ma che vivono a doppio senso. Ah... caro Jean quanto mi hai detto!
Noi, porzioni di galassia troppo lontane, potrei essere d'accordo; tu troppo occupata a gestire il tuo nuovo "spazio" siderale di fascinazione per la bellezza e la potenza, assolutamente ragionevole, davvero. Ma non si sceglie di essere soli, si cammina da soli, è diverso. Si oggi una bella giornata, nonostante tutto. Non mi arrenderò, ti bacio. Stagione nuova. Prossime le ciliege. Chissà se i Rinoceronti se ne cibano? Restano loro, Bergerer".
Nei rapporti importanti che i pianeti hanno vi è la stessa 'attrattività'...Non si oppongono nel gioco-giogo del reciproco dominio. Ma lì è' 'l'amore' delle masse gravitazionali. Immagina la luna che forzi a staccarsi dalla terra, e quest'ultima che l'abbandoni e la lasci sola nello spazio. No, decisamente l'esistere' nelle relazioni è fatto di scambio ed una certa magia d'intensità, senza logica, che arriva con il tempo, che si dilegua nello stesso. Non si può prevedere. Pensare che possa esistere un pianeta davvero meraviglioso da qualche parte nella galassia, anche se me lo dice l'iferometro di Fabry Perot -in realtà sarà costruito solo tra qualche anno-, a cosa serve? Io debbo poter pensare che esiste anche per me, nella sua infinita, pur remota possibilità di comunicare con lui, incontrarlo e sapere che è d'accordo all'incontro. Allora 'esiste', altrimenti 'è'. Ex-sisto...quanto pongo davanti a me qualcosa e so che quella cosa si lascia osservare e forse...qualche volta ti osserva. Magie impossibili da prevedere, ed assurde da costruire, ma che vivono a doppio senso. Ah... caro Jean quanto mi hai detto!
Noi, porzioni di galassia troppo lontane, potrei essere d'accordo; tu troppo occupata a gestire il tuo nuovo "spazio" siderale di fascinazione per la bellezza e la potenza, assolutamente ragionevole, davvero. Ma non si sceglie di essere soli, si cammina da soli, è diverso. Si oggi una bella giornata, nonostante tutto. Non mi arrenderò, ti bacio. Stagione nuova. Prossime le ciliege. Chissà se i Rinoceronti se ne cibano? Restano loro, Bergerer".
Chi è che resta? Le ciliege, i Rinoceronti? Un nuovo senso da costruire, la restaurazione delle Case? Degli Abitanti? la sostituzione dei Suppellettili? E che farne della paura? Quanti slogan abbiamo visto, mancini e di destra, centrali e spostati... a fare della nostra paura una "rinocerontite post-terremoto"? Berenger gira di notte con una carabina inforcata sulla spalla...Buca cartelloni e locandine, schermi LCD e Hd, mai l'uomo, e con enorme soddisfazione scopre ogni volta che la mano poi passa attraverso quel buco, si consola che nulla è davvero perso.
Foto: Dramatherapy Blog Cherries, 2009
1 commento:
Ciao a tutti! Ripensavo alla prova di giovedì sera, quando ho fatto il capoufficio e per l'occasione ho tirato fuori un po' il vocione. Questo perché in quel momento mi immaginavo questo capoufficio, di una certa età, con un tono di voce del genere - come ha detto Plinio, "un vocione da capoufficio" appunto. Già il giorno dopo, però, ho immaginato la stessa scena su un palcoscenico davanti al pubblico. E lì mi sono visto e sentito con la mia voce "naturale" -da pargoletto- e mi sono piaciuto e preferito rispetto alla versione col vocione. Non a caso, istintivamente anche la parte di Botard mi sembrava che potesse essere interpretata in modo più "eclatante", eppure mi è piaciuto tantissimo Gianni con la sua voce di "tutti i giorni". La prossima volta che dovrò fare un personaggio, cercherò di tirare fuori certi significati e caratteri parlando più "sobriamente"...
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