@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

lunedì 6 dicembre 2010

Drammaterapia: il Creative Drama & In-Out Theatre pronto al debutto

@ Director

In qualche post precedente ho spiegato come un teatro "drammaterapico" sia una sfida, non solo relativamente a questo mio gruppo che lo sperimenta, ma rispetto al suo statuto e da qui desidero ripartire per proporre qualche importante riflessione agli attori, prima della piece in programma.
In cosa cosiste questa che ho definito "sfida", quali sono i limti che intende superare, quali i confini? Il vero problema da superare è essenzialmente l'assenza di un limite da superare! Nel setting proprio della drammaterapia (qualunque il contesto in cui essa lavori), vi sono i costanti moti centripeti e centrifughi dei partecipanti e del gruppo che convogliano il chaos di quanto emerge nell'incontro con il testo in tentativi di cosmos, restituendo forme provvisorie di performance e incessantemente propedeutiche ad altre successive. Il processo drammaterapico lavora in questo modo, ponendo in crisi gli adattamenti "fisiologici" delle proprie modalità di reazione e modelli della realtà, quali sollecitati dagli stimoli interni ed esterni, producendo "drama", non necessariamente accompagnati da insight. Ovviamente, il concetto di "propedeutico" è il risultato di una lettura a ritroso della dinamica, perchè immancabilmente caso e variabili non controllabili determinano punti di arrivo e nuovi turning point.  Qual'è il carattere distintivo dell' In & Out rispetto di quanto occorre comunque in qualsiasi altro setting di drammaterapia. La specificità di quanto io designo con In & Out è l'imput che il drama del soggetto può generare nello stesso e negli altri, così come i drama collettivi. Se il drama costituisce nel soggetto l'espressione di quanto evocato dall'interpretazione (la performance dell'attore), esso, riconfigurandosi come ulteriore stimolo (In), evocherà a cascata ulteriori output significanti (Out), capaci di far modulare sintomaticamente il copione recitato. Il soggetto non compie scelte, ma è agito dal testo che a sua volta si modifica nell'interpretato, nella ricerca di quella "distanza estetica" tra ruolo ed interprete. La verosimile condizione di light trance evocata dalle sottolineature che il director compie su quanto performato, con rimandi impliciti (simbolici) alle ragioni più profonde di quanto mostrato, funge da amplificatore di tutti quei "ganci conscio-inconscio" che canalizzano l'espressione più autentica (non necessariamente spontanea) del soggetto. Tutto questo si traduce proprio nella rielaborazione dei contenuti del testo da parte del director o dalla creazione vera e propria di un testo teatrale, quale risultato delle dinamiche simbolicamente esperite dal gruppo.
Se modificazioni intervengono quindi nella persona (come agurabile), non riguardano certamente le abilità interpretative, che evidentemente si affineranno con il tempo (e non dovranno mai costituire l'obiettivo del setting), ma piuttosto una diffferente modalità di progettarsi, che rimanda alla "creatività" quale espediente per uscire dall'empasse del pregiudizio, del repertorio conosciuto, proprio perchè si è abitato contenuti e modi differenti, attraverso l'azione performativa ed i suoi rimandi più profondi. Questa, succintamente, è la dinamica che interviene in questo peculiare setting dove si utilizza lo strumento del teatro come un bisturi per le realtà interne del soggetto e quelle culturali del gruppo.
Ma cosa accade in un teatro drammaterapico, che appparentemente sembra solo spostare nel rapporto con il pubblico e in un lavoro definito (la piece) quanto già in azione nei consueti laboratori del gruppo? Ho già discusso precedentemente il ruolo che ha il "rituale allargato" rispetto a quello "ristretto" (del setting di drammaterapia) in questa tipologia di teatro; di come la piece non costituisca il fine del processo drammaterapico, ma piuttosto come quest'ultimo utilizzi la piece quale situazione "catartica" che riattualizza tutto quanto già sperimentato. Quanto riassunto fin qui è per sottolineare un punto fondamentale: nel corso della piece si ha un laboratorio "totale" (come totale è questo teatro) per la presenza di un pubblico che costituisce la realtà fattuale di quanto precedentemente solo proiettato all'interno del rituale ristretto. Per l'attore, mentre "recita", il "come se" s'incontra magicamente con lo "è" seduto o in piedi davanti a lui (mentre dall'altra parte, quella dello spettatore, è quanto produce l'attore a costituire il "come se"). Consideriamo però che, nel caso della drammaterapia, la performance dell'attore è elemento di trascinamento delle sue realtà scomposte e ricomposte sulla scena molte volte, della sua fantasmatica che serve il gioco di tematiche universali (anche proprie dell'umanità che lì assiste) e di altre, più personali, che costituiscono "storie" vere, anche se silenziose o sino ad allora taciute e sconosciute anche allo stesso attore. Questo è l'intreccio di realtà e finzione, la prima "finta" e la seconda resa "vera" in quanto "possibile", che genera movimenti di catarsi nel corso dello spettacolo. E l'attore non può sottrasi a tale titanica impresa, piena di responsabilità, che, ancora una volta, non ha epiloghi previsti, ma solo percorsi possibili.

Nessun commento:

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

COMUNICATI STAMPA