Lucidando le storie, mi accorgo,
mi accorgo scostando la loro polvere,
povere pagine dai protagonisti beffardi,
curiosi, che inneggiano, tra radici e chioma,
alla gloria di un palato mai esausto.
Boscaglia di parole e fatti,
oggi più buoni per un miscredente
mi accorgo scostando la loro polvere,
povere pagine dai protagonisti beffardi,
curiosi, che inneggiano, tra radici e chioma,
alla gloria di un palato mai esausto.
Boscaglia di parole e fatti,
oggi più buoni per un miscredente
che cerca l’acqua in mezzo ad un lago.
Improvvisazione di ricordi, gemellati col futuro,
traditi per ingenuità ed incanto,
mentre il tempo chiamava alle armi o alla resa,
Improvvisazione di ricordi, gemellati col futuro,
traditi per ingenuità ed incanto,
mentre il tempo chiamava alle armi o alla resa,
costante.
Ma una zingara m’incontrò d’estate,
o forse fui io ad incontrarla,
tra i fumi di metropoli sempre sporche
e voraci di cibo.
Ma una zingara m’incontrò d’estate,
o forse fui io ad incontrarla,
tra i fumi di metropoli sempre sporche
e voraci di cibo.
Lì si sospesero i bisogni,
lungo le linee vertiginose di mani mai stanche
e impudenti.
Il suo seno ed i suoi occhi parlarono la verità.
Oltre l’inganno, ramingo pertugio parlante
che conforta all’idea del nuovo.
E il nuovo stava lì. Eretto,
lungo le linee vertiginose di mani mai stanche
e impudenti.
Il suo seno ed i suoi occhi parlarono la verità.
Oltre l’inganno, ramingo pertugio parlante
che conforta all’idea del nuovo.
E il nuovo stava lì. Eretto,
dignitoso di una veste che non custodisce,
ma ripara.Suggerii a me stesso di trattenere il fiato,
e il sapore primitivo di un luogo mai ascoltato
invase la mia anima.
Snodai frettolosamente tralci della vite,
esplorai canneti vasti e lontani.
Fui generoso con le cose.
Contandole tutte.
Nulla mi ricordava il prima,
e questo poi, col volto gentile della lusinga,
mi raccolse dalla noia di sempre.
Ora tu dondoli nello spazio rubro del tempo,
e scosti un poco pagine prive di forza.
Fondando città, vi abiti dentro.
ma ripara.Suggerii a me stesso di trattenere il fiato,
e il sapore primitivo di un luogo mai ascoltato
invase la mia anima.
Snodai frettolosamente tralci della vite,
esplorai canneti vasti e lontani.
Fui generoso con le cose.
Contandole tutte.
Nulla mi ricordava il prima,
e questo poi, col volto gentile della lusinga,
mi raccolse dalla noia di sempre.
Ora tu dondoli nello spazio rubro del tempo,
e scosti un poco pagine prive di forza.
Fondando città, vi abiti dentro.
3 commenti:
Bellissimo, struggente testo.
Qualcosa si è perduto. Ma non c'è inganno, semmai acquisizione di un gesto finito - nell'infinito inverno scavato nel petto.
Sai, il tempo che finisce finirà se lo insegui.
Lascialo andare.
Lascialo andare.
Poi notturnerà, e tutto sarà uniforme memoria... Lascerai che in questa notte non abbia lingua - lo sguardo: solo il dolore che ti ha preceduto.
In fondo ti hanno voluto mani buone e generose, senza maestri né insegnamenti che ti renderessero immune dai fatti della vita.
Questa è l'unica esperienza, oltre l'Arte, che possa precorrere tempo, spazio, luogo: misura della resa, abbandono, volontà-verità del nuovo. Vita ineffabile e concreta dell'humus vivente; un'enunciazione poetica portata all'estremo.
Abitare l'amore.
*
Nina Maroccolo
Caro Ermanno,
con l'aiuto di Indaco, ho fatto un giro nel tuo-nostro blog, che meraviglia... La poesia mi è arrivata al cuore, perché ci vedo dentro tutti noi dell'Atelier. Che strano! Indaco ha avuto una percezione diversa dalla mia, più intimistica, tra due persone che si sono amate. Mentre io ho vissuto il brano in un contesto esteso a più persone, come se le esperienze che tu descrivi - amore, separazione, vissuto quotidiano, ritrovamento, cercare quel qualcosa non proprio definito che semina in noi la speranza - io le rivivessi attraverso una "mia" personale lettura. Ed è ancor più bizzarro il fatto che lo stesso brano arrivi a me e a Indaco in modo completamente diverso.
Che curioso! Come uno stesso scritto abbia dei significati così diversi da una persona all'altra... Che Bello!!!
Notte. Cheeky & Indaco.
La zingara gli disse:
"Cercano sollievo gli uomini che abbiamo amato.
Ti ho amato. Scarsa consolazione, lo so. Ma tu continua a farlo - ad amarmi, a chiedere di me".
Nuovi compiuti amori, come bianchi fiori di loto, tremano all'alba di palustri acquitrini.
*
Nina
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