Stasera, ho deciso di salvarvi, orecchi attenti o mai stai da queste parti. Nessun volo tra i nidi delle parole, pieni del vagito della vita che si colora di semantica ed a volte illusoria imbarazzante verità...No, parliamo di fiabe. Nell'Atelier sappiamo che l'ottima Simona ne racconta e ce ne tira fuori. Ed allora eccone un'altra, ve la soffio velocemente, non deve far pensare; la scarbocchio distrattamente, può fermarsi dove vuole. Buona Notte al nostro pianeta!
Il leprotto cominciò a correre all’impazzata, anche se dietro di lui non si vedeva alcuna volpe affamata. Si fermò solo dopo che le sue voluminose e soffici zampe si erano abbastanza confuse con la spessa coltre spumosa di neve. Non vi era proprio nessuno dietro la sua coda, abbassata per non sentire troppo freddo. Era il suo gioco preferito quello: correre a zig zag, a tutta velocità, facendo credere che vi fosse un terribile animale dietro ad inseguirlo. A chi gli aveva domandato, tra amici e compagni, perché lo facesse, lui rispondeva “Mi alleno…un giorno o l’altro potrebbe servirmi!”.
Venne il Natale e come ogni anno portò festa e luci lì sulla grande pianura stepposa. Gli umani festeggiavano sulle slitte e nelle case l’importante evento ed il leprotto aveva atteso tutto l’anno per poter sbirciare qualcosa di quella strana festa colorata. Finalmente qualcosa che non fosse solo il bianco in quell’inverno spazzato dal vento ed imburrato dalla neve. Quando, quasi per caso, si trovò in grembo alla fanciulla e cominciò a tremare. A cosa erano serviti tutti quegli allenamenti, se ora si trovava lì, paralizzato con altre morbide zampe che lisciavano il suo pelo bianco. Stette perplesso a pensare se doveva dare il via al terrore o all’abbandono e poi decise per quest’ultimo. Sì, si sarebbe goduto il Natale in braccio a quellessere sconosciuto, sognando la steppa da straniero in mezzo ai strani suoni di quel posto. Poi si addormentò.
Anche lei iniziò un sogno, che la portò a correre sulla pianura innevata, a giocare tra gli arbusti seccati dal freddo, a nascondersi negli incavi dei rami più grossi, arricciando il naso e scavando buche.
Quando ambedue si svegliarono erano in posti diversi e lontani. C’era però una grande conifera a fare da ombrello alle loro speranze, perché non toccassero mai il suolo e si elevassero sempre vitali. Il leprotto guardò in su, ed anche la fanciulla, a circa mille miglia distante, alzo gli occhi verso il cielo. Una grande cometa stava passando, sbriciolando frammenti preziosi di luce su tutto. Poi, continuarono a correre.
Venne il Natale e come ogni anno portò festa e luci lì sulla grande pianura stepposa. Gli umani festeggiavano sulle slitte e nelle case l’importante evento ed il leprotto aveva atteso tutto l’anno per poter sbirciare qualcosa di quella strana festa colorata. Finalmente qualcosa che non fosse solo il bianco in quell’inverno spazzato dal vento ed imburrato dalla neve. Quando, quasi per caso, si trovò in grembo alla fanciulla e cominciò a tremare. A cosa erano serviti tutti quegli allenamenti, se ora si trovava lì, paralizzato con altre morbide zampe che lisciavano il suo pelo bianco. Stette perplesso a pensare se doveva dare il via al terrore o all’abbandono e poi decise per quest’ultimo. Sì, si sarebbe goduto il Natale in braccio a quellessere sconosciuto, sognando la steppa da straniero in mezzo ai strani suoni di quel posto. Poi si addormentò.
Anche lei iniziò un sogno, che la portò a correre sulla pianura innevata, a giocare tra gli arbusti seccati dal freddo, a nascondersi negli incavi dei rami più grossi, arricciando il naso e scavando buche.
Quando ambedue si svegliarono erano in posti diversi e lontani. C’era però una grande conifera a fare da ombrello alle loro speranze, perché non toccassero mai il suolo e si elevassero sempre vitali. Il leprotto guardò in su, ed anche la fanciulla, a circa mille miglia distante, alzo gli occhi verso il cielo. Una grande cometa stava passando, sbriciolando frammenti preziosi di luce su tutto. Poi, continuarono a correre.
2 commenti:
Correre, correre, correre... Vivere, Vivere, Vivere! Questo il primo pensiero quando ho letto questo racconto. "Poi, continuarono a correre.". Quanta vita c'è in queste parole. E quanta vita (vita di qualcuno, vita sperata da qualcuno) c'è nella vita del leprotto. E quanto è bello l'incontro con la fanciulla. Chi l'avrebbe mai detto al leprotto? Eppure l'incontro c'è stato, inaspettato, ma secondo me voluto, e tanto. Desiderato con tutto il cuore. Alcuni giorni fa tornando a casa da solo in macchina, strada deserta visto il primo mattino di un giorno festivo, pensavo a questo racconto. Sentivo il bisogno di qualcuno al mio fianco. Per usare un'immagine tratta dal racconto, sentivo il bisogno della carezza della fanciulla, del suo sguardo su di me, del suo pensiero rivolto a me, del suo cuore che battendo pronunciasse -anche- il mio nome. Sentivo che il mio vivere -e il mio correre- avevano bisogno anche di quell'incontro per essere tali. Forse ero troppo stanco. Forse ero troppo giù di morale. Forse ricordo male. Forse, e forse non c'entra. In ogni caso, "poi, continuarono a correre".
@ A DEDALO DA NINA
Che tu viva il bisogno della gioia dell'abbandono, caro Dedalus-leprotto?
*
Smettere di allenarsi, tentare di eludere un nemico-fantasma alle spalle: la volpe.
E' splendida questa storia. Piena di tenerezza.
A forza di guardare indietro, tra i pertugi di quel meraviglioso pennacchio chiamato coda, il leprotto si scontra con l'inaspettato. Questo è l'evento!
Ciò che avviene quando non prevedi né determini. Poca cosa rispetto l'infinita infinità dell'incognita.
Quanto parve strana al leprottino questa frontalità femminile; il suo grembo; il suo calore.
Quanto si sentì ingenuo per aver architettato in quel pallore niveo una modalità ideale affinché potesse evitare presunti nemici. Persino gli audaci zig-zag ginnici risultarono puro fallimento!
Un segno s'avverò....
La fanciulla dalle lunghe mani bianche accolse il terrorizzato, morbido animale; con le sue magiche carezze lo portò a fidarsi: ché fidarsi è il miglior modo per dare fiducia.
Corsero insieme.
Si addormentarono.
Si svegliarono in luoghi diversi. Ma io sono convinta che quel legame fosse stato deciso da mani invisibili in epoche lontane, e che il leprotto fosse un bel fanciullo.
Il tempo fu la vera volpe!
Per scusarsi, esso agevolò un possibile nuovo incontro in altro spazio, luogo e momento... Non fu esattamente la stessa cosa.
Lui adesso era un maschio di lepre.
Lei, la fanciulla di sempre.
Un'altra forma d'amore, sublime per dolcezza e pacificazione.
E sotto mille barbagli di luce, zampetta nella mano, leprotto e fanciulla continuarono a restituirsi gioia.
Senza la contabilità del dare e dell'avere.
*
Non essere triste, caro Dedalo.
Ti scontrerai con la tua Lei quando meno te lo aspetti.
LE COSE CHE IGNORIAMO
E LE PERSONE DEL NOSTRO PRESAGIO
SONO IN CAMMINO.
-Emily Dickinson-
Stai attento e vigile ai segni!
Camminano, poi corrono, e corrono, e corrono...
Un abbraccio,
Nina
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