La curiosità di Rebecca costa cara alla protagonista della nostra favola, mentre trasforma noi, frequentatori dell’Atelier di Drammaterapia per le risorse 2010, in esploratori e in commentatori di concetti che obiettivamente non si affrontano tutti i giorni.
Nobile attività del pensiero superiore quella di non sottrarsi mai agli stimoli estemporanei che provengono dal tavolo attorno al quale Director, assistente e attori riflettono sul tema centrale della piece e sulle sue implicazioni che, a un certo punto della giornata di domenica, ci hanno portati a parlare dell’istrice nostrana, ma anche di radici, di identità e di cultura tradizionale.
Vorrei sottolineare come questa prontezza nella reazione e questa partecipazione immediata ad affrontare un tema insolito che , a prima vista, non sembrava collegato alla illustrazione tecnica del lavoro teatrale, sia una potenzialità da sviluppare, da coltivare, un prezioso dono/risultato dell’attività dell’Atelier.
Permettetemi di aggiungere la mia personale soddisfazione nel sentire che l’argomento del mio dottorato di ricerca (la relazione tra natura e cultura locale) sia un argomento stimolante che si presta a essere affrontato e approfondito anche in una situazione tanto lontana (ma forse non così tanto) dal mio consueto campo di azione.
Hystrix cristata , questo il nome scientifico dell’istrice, è un elemento consueto della nostra fauna. A rigore non si può definire una specie protetta, bensi “una specie naturalisticamente rilevante”. Potete trovare qui un buon complesso di notizie su questo animale e togliervi alcune curiosità. Per esempio, perché si dice erroneamente che l’istrice lanci i propri aculei verso una potenziale minaccia.Come vi sentireste se un giorno il Colosseo crollasse? O se San Pietro fosse danneggiata ? Chi tra voi ricorda la propria reazione personale quando un folle, negli anni 70 , sfregiò la Pietà di Michelangelo? Sicuramente, vi sentireste addolorati, derubati, monchi…eppure un evento del genere, probabilmente, non cambierà la vostra salute, non vi toglierà il pane di bocca, non cambierà la vostra famiglia. Ma sicuramente procurerà uno scossone alla vostra identità, al vostro essere romani, al vostro senso di appartenenza a una città, a una cultura, a uno stile di vita. Cambierà il sapore dei vostri ricordi, orienterà i vostri gusti e avrà ripercussioni sul gruppo e sull’individuo. Così dovremmo sentirci quando una specie consueta nei nostri ambienti è in pericolo, diminuisce o non viene più avvistata.
A volte, una specie particolarmente legata a un luogo viene utilizzata come elemento simbolico per comunicare in maniera immediata ed efficace la necessità di tutela di un intero ecosistema: diventa così una “specie bandiera” , capace di catalizzare attenzione a tutti i livelli su un problema più generale. Le nostre radici individuali, quelle più vere, affondano in questa commistione di elementi naturali e simbolici. Esse non sono impedimenti all’esplorazione e alla ricerca, ma ancore che ci tutelano contro la deriva e ci permettono di allargare i nostri rami verso il mondo esterno e di allungarli verso il cielo. Vi osservo dalla mia posizione di assistente e interagisco con voi come attrice, ma il biologo che è in me esce sempre fuori. Siamo un nucleo ad alto tasso di biodiversità: tante storie personali, tanti caratteri, tanti modi di essere presenti o , a volte, “diversamente presenti”.
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