Scrive Azzurro..
"Maša. Vorrei le vostre opinioni
L'aspetto che più mi colpisce - ovviamente ...- è quest'amore senza speranza e senza sogni, un amore che oramai è consunzione, struggimento e pena. Un amore che la porta a fare un matrimonio di evasione, con un uomo che non riesce nemmeno a rimandarle l’assurdità della sua vita, che si fa a sua volta trascinare in questa follia. Un amore che non le permette nemmeno di essere madre, tanto c'è Matriona…
E così… beve, fiuta tabacco, dorme nell'ex-teatro… E tutto questo per amore di Kostja… ma si può ancora parlare di amore? A me sembra più un cancro… che certamente non sarebbe guarito con l’ipotetico trasferimento di Medvedenko e che probabilmente si aggraverà con l’epilogo di Kostja…
Ma si può ancora parlare di amore? A Voi…"
L'aspetto che più mi colpisce - ovviamente ...- è quest'amore senza speranza e senza sogni, un amore che oramai è consunzione, struggimento e pena. Un amore che la porta a fare un matrimonio di evasione, con un uomo che non riesce nemmeno a rimandarle l’assurdità della sua vita, che si fa a sua volta trascinare in questa follia. Un amore che non le permette nemmeno di essere madre, tanto c'è Matriona…
E così… beve, fiuta tabacco, dorme nell'ex-teatro… E tutto questo per amore di Kostja… ma si può ancora parlare di amore? A me sembra più un cancro… che certamente non sarebbe guarito con l’ipotetico trasferimento di Medvedenko e che probabilmente si aggraverà con l’epilogo di Kostja…
Ma si può ancora parlare di amore? A Voi…"
Foto: "Maša nel Il Gabbiano", foto laboratoro su Cechov, 22.06.08
1 commento:
AMARE ANTON CECHOV
La tristezza di Masa è la tristezza di tutti i personaggi -nessun escluso nella partitura quadrangolare degli atti- del Gabbiano.
L'amore di Masa è autonutrito da un amore che si fa dolore, poi ancora amore. Forse, nessuno, come lei, porta avanti questa totalità al femminile: peccato che non ci sia una restituzione "femminile" al bisogno del femminile. Polina è decisamente negata... E lei, Masa, vuole la forza di un'Eumenide, non di un'astiosa Erinne vendicatrice -ed equivale, questa scelta, ad assecondare i bisogni d'una sorellanza riparatrice nella figura della donna, che purtroppo è inesistente; mentre la complicità, semmai, è tutta al maschile- per manifestare il suo occulto sentimento verso Kostja, la medesima elevazione che poteva dimostrare benevolenza e rispetto per sé: ma non ce la fa. La mortificazione la induce ad abbandonarsi a qualcosa che potremmo denominare "depressione".
Kostja non comprende, è troppo preso dal suo Io divoratore. Kostja è una creatura che non vuole niente da nessuno: pure apprende e pretende con fare solerte. Kostja è viziato, a tratti antipatico, patetico; adora i vezzi dell'Arkadina, e tenta di suicidarsi per promuovere la sua univoca attenzione. Kostja ama-non ama-ama, o meglio: "Del non-amore": Masa poteva riesumarlo più di Nina.
Sappiamo, tuttavia, che il desiderio irraggiunto alimenta oltremodo altro desiderio -ciò vale sia per Kostja che per Masa-, come se la coscienza dell'uno cercasse una coscienza parallela cui unirsi, non condivisibile nel caso dei nostri due personaggi, tramite l'esperienza gioiosa, irripetibile, passionale, fisiologica, animale, cosmica, del Numinoso nell'Amore: la sua scoperta. L'evento unico del risveglio.
In Cechov, coscienza segue incoscienza.
Desiderio segue non-desiderio. Nulla collima nelle esistenze che animano di sventura la tenuta di Sorin. Anime che s'inerpicano tra rovi, presso un lago che li incornicia devotamente alla sofferenza. Ad una noia "mortale"!
E' lo spleen assortito e alternato dell'Arkadina, di Trigorin, di Nina, di Medvedenko, nonché lo sniffo al tabacco di Masa: senza uso o abuso di laudano, oppio o assenzio.
C'è assenza. Malapresenza. Tremore.
Esiste, per caso, un po' di sana consapevolezza? Le triangolazioni perfette mantengono l'utopia del dialogo -non dell'Arte!-, sull'orlo della voragine del nulla; dialoghi perforatori, sentimenti ed aspirazioni laceranti; catalizzatori mancanti che non avviano -anzi privano di speranza- la primeva disponibilità nell'andare incontro a... un senso di "verità" acquisito.
Il valore dell'esistenza a cosa si riduce?
"Io non ci sto!" dice Nina 2008.
Continua a sostenere quell'esclamazione, e la rinforza: "Io proprio non ci sto!!!".
Più leggo l'opera di Cechov, più il mio individuale fondersi con Mr. Cechov si direziona nell'altrove. Un "altrove" ricco di previsioni non necessariamente negative, bensì trattenute dall'indifferenza degli occhi. Perché la vera opportunità che l'autore vuole consegnare alle sue creature di sangue è seminata terragna poco più in là; volatile un poco più in sù; acquatile un poco oltre il terragno e il volatile; fuoco quaggiù, che tutto estirpa e poi emana lassù. L'essere umano contiene tutti gli Elementi necessari per evocare e vivere l'Amore.
Questo per me è il messaggio di Cechov.
Tale comprensione, circolatoria fra arterie umane ed alture cuoriformi alternate tra diastole/sistole, ha mostrato l'accezione redentoria nel contesto tragico, e molteplice di sfumature, del Gabbiano.
Se una volta sostenevo il Processo, adesso mi pare inutile.
La colpa di Cechov è di aver mostrato una realtà che ci appartiene: ora la scontiamo, nello stigma del vuoto.
*
Nina
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