Caro Director,
veramente interessante questo post che allarga la piaga esistenziale dei personaggi cechoviani, inducendo a una riflessione di tipo psicanalitico. Maša, come già scrissi tempo fa, è Devozione e Dedizione assoluta: l’amore per Kostia –inespressiva struggente passione. Nero reticolato che inganna qualunque solitudine. Sconosciuto, il suo involucro di carne e sangue si fa principio nullo, mentre il diniego materno verso la figlia, “anonima di senso”, risulta addirittura insopportabile. Anche in questo caso, sin dall'inizio dell'opera, un altro protagonista del dramma affronta la Devozione amorosa in frantumi. Ed è tale da elargire una colpa. L'aspetto che realmente teme è la propria forza; quel sentimento di indipendenza che vorrebbe “impegnare l'acqua alla terra per renderla fertile e feconda”. Maša realizza di sé un triste ex-voto che le rammemora ossessivamente il mancato avvento del miracolo-desiderio: intimo copyright di una desublimata bellezza d’arte, opera incompiuta e tantomeno riconosciuta: quella dell'oggetto amato, lontanissimo da lei quanto Kostia lo è da se stesso. E credo infatti che Maša, quando potrebbe alleggerirsi dalla morsa del dolore, preferisca invece restarne ingabbiata; la mistura esplosiva tra sogno annichilito e l’immaginarsi donna libera da ogni culto, dalla bramosia folle che lo accompagna e lo custodisce, prolunga all’infinito il rito silente del suo fallimento. Lei, l’amata Masa, potrebbe ritrarsi così: “Io – non riesco ad appartenere / eppure ogni gesto m’appartiene” -versi tratti da “Brockwell Park” di Francesca Matteoni-. Anche il peggiore, aggiungo io. In Maša albergano colpa ed espiazione, assunti "negativi" che lei, Madre, impronterà alla figlia. E come amante, amata dall'uomo giusto che lei invece offende come sbagliato, è cardine-colpa, forma-dolore consapevolmente inflitti ad un uomo mai bastante affettivamente.Tornando alla sua sfortunata passione per Kostia, ella non riuscirà a scardinarne gli avvitamenti morali, a ridurre -citando Roland Barthes- “l'ingombro esagerato della devozione” verso quell’anelito, o smania d'amore perduto. Sono anche convinta, pensando a Nietzsche, che la sofferenza nell'amore raccolga in sé un'innocenza disvelata, un biancore di cui s'avvolge per atto difensivo: ed è nuovamente, sentenzierebbe Barthes, la "ripulsa della Colpa".Maša, dall’inizio alla fine del dramma, tenta affannosamente di padroneggiare infelicità e destino. Ma fallisce sempre, e questa è la sua doppia pena.
veramente interessante questo post che allarga la piaga esistenziale dei personaggi cechoviani, inducendo a una riflessione di tipo psicanalitico. Maša, come già scrissi tempo fa, è Devozione e Dedizione assoluta: l’amore per Kostia –inespressiva struggente passione. Nero reticolato che inganna qualunque solitudine. Sconosciuto, il suo involucro di carne e sangue si fa principio nullo, mentre il diniego materno verso la figlia, “anonima di senso”, risulta addirittura insopportabile. Anche in questo caso, sin dall'inizio dell'opera, un altro protagonista del dramma affronta la Devozione amorosa in frantumi. Ed è tale da elargire una colpa. L'aspetto che realmente teme è la propria forza; quel sentimento di indipendenza che vorrebbe “impegnare l'acqua alla terra per renderla fertile e feconda”. Maša realizza di sé un triste ex-voto che le rammemora ossessivamente il mancato avvento del miracolo-desiderio: intimo copyright di una desublimata bellezza d’arte, opera incompiuta e tantomeno riconosciuta: quella dell'oggetto amato, lontanissimo da lei quanto Kostia lo è da se stesso. E credo infatti che Maša, quando potrebbe alleggerirsi dalla morsa del dolore, preferisca invece restarne ingabbiata; la mistura esplosiva tra sogno annichilito e l’immaginarsi donna libera da ogni culto, dalla bramosia folle che lo accompagna e lo custodisce, prolunga all’infinito il rito silente del suo fallimento. Lei, l’amata Masa, potrebbe ritrarsi così: “Io – non riesco ad appartenere / eppure ogni gesto m’appartiene” -versi tratti da “Brockwell Park” di Francesca Matteoni-. Anche il peggiore, aggiungo io. In Maša albergano colpa ed espiazione, assunti "negativi" che lei, Madre, impronterà alla figlia. E come amante, amata dall'uomo giusto che lei invece offende come sbagliato, è cardine-colpa, forma-dolore consapevolmente inflitti ad un uomo mai bastante affettivamente.Tornando alla sua sfortunata passione per Kostia, ella non riuscirà a scardinarne gli avvitamenti morali, a ridurre -citando Roland Barthes- “l'ingombro esagerato della devozione” verso quell’anelito, o smania d'amore perduto. Sono anche convinta, pensando a Nietzsche, che la sofferenza nell'amore raccolga in sé un'innocenza disvelata, un biancore di cui s'avvolge per atto difensivo: ed è nuovamente, sentenzierebbe Barthes, la "ripulsa della Colpa".Maša, dall’inizio alla fine del dramma, tenta affannosamente di padroneggiare infelicità e destino. Ma fallisce sempre, e questa è la sua doppia pena.
Per lei canterei un tenero nido di sonno.
Canterei affinché un rovo di tenebra scordasse il suo pasto.
Pregherei per l'equatore d'una stella.
In divenire: perché abbandonasse vodka, tabacco e stordimento.In divenire: perché abbandonasse la fiamma sull’altare.
In divenire: perché lassù, quella stella, indorasse la sua vita nova.
Canterei affinché un rovo di tenebra scordasse il suo pasto.
Pregherei per l'equatore d'una stella.
In divenire: perché abbandonasse vodka, tabacco e stordimento.In divenire: perché abbandonasse la fiamma sull’altare.
In divenire: perché lassù, quella stella, indorasse la sua vita nova.
Foto: "Cechov and Knipper, 1901"
1 commento:
Masa.
Vorrei le vostre opinioni.
L'aspetto che più mi colpisce - ovviamente ...- è quest'amore senza speranza e senza sogni, un amore che oramai è consunzione, struggimento e pena. Un amore che la porta a fare un matrimonio di evasione, con un uomo che non riesce nemmeno a rimandarle l’assurdità della sua vita, che si fa a sua volta trascinare in questa follia. Un amore che non le permette nemmeno di essere madre, tanto c'è Matriona…
E così… beve, fiuta tabacco, dorme nell'ex-teatro… E tutto questo per amore di Kostja… ma si può ancora parlare di amore? A me sembra più un cancro… che certamente non sarebbe guarito con l’ipotetico trasferimento di Medvedenko e che probabilmente si aggraverà con l’epilogo di Kostja…
Ma si può ancora parlare di amore? A Voi…
Azzurro
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