Dramatherapy Backstage, Sonia, Il Resto della mia Vita, Libertà, Atelier DramaticaMernte Teatro, 13 Maggio 2011 |
Dov'è il passaggio di confine tra interprete ed attore? Come si compie l'osmosi tra i due territori: quanto conosco di me e quanto la parte mi chiede di interpretare? L'interpretazione teatrale possiede per binario: la tecnica attoriale. Questa permette di vestire abiti anche insoliti, che usano tutto il bagaglio (estremamente ampliato ed affinnato) delle percezioni, sensazioni, emozioni umane, come anche quello cognitivo, con abilità come la memoria e l'attenzione, ecc. Nel setting drammaterapico, la drammaturgia è invece usata come una luce dedicata che fotografa e riprende la vicenda del soggetto, colorandola di inconsueto. Il risultato è quello di evocare fantasmatiche rimosse o riproporre all'attenzione cosciente paesaggi dati per scontati. La ricontestualizzazione di quanto già esperito, già cosciente o meno (mi riferisco agli aspetti cognitivi ed affettivi delle esperienze archiviate), all'interno della cornice del teatro (come se), crea un dialogo particolare intrapsichico e poi relazionale che noi chiamiamo "processo drammaterapico".
Il personaggio, nella familiarità od estraneità di quanto costituisce l'esperienza specifica dell'interprete (alcuni ruoli ci sono conosciuti, altri non sono stati mai sperimentati), è l'altro con cui dialogare, una sottile "conversazione" che si esprime nella performance, che fa evolvere e modificare quest'ultima in stretto rapporto con quanto elaborato. Il "logos" (la parte così lavorata) diventa allora il luogo psicodinamico dell'incontro con l'altro mondano (il compagno attore, tutto il gruppo), quello che permette di sperimentare le prove d'autore dell'inconscio. Se questo processo avviene molte volte, in andata e ritorno, con contenuti che dal comparto intrapsichico trovano espressione nel setting per rideterminare successivamente nello psichico quanto già evocato, noi definiamo questo processo "In-Out", e il regista ed il gruppo hanno il potere ed il ruolo di sollecitare questa dinamica (Creative Drama & In-Out Theatre).
La tecnica drammaterapica serve questo scopo ed il regista deve usare artifici e provocazioni per evitare che il testo si insinui nei canjons già scavati del pregiudizio, dell'abitudine e delle resistenze. Si potrebbe immaginare il testo bussare alla porta del soggetto. Questi la apre, ma il testo continua a bussare. L'ospite fa presente che la porta è stata aperta e che egli può entrare. Generalmente la perplessità che accompagna un terzo turno di colpi all'uscio, spinge la richiesta più profondamente, oltre l'ovvietà delle risposte e determina il "drama".
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