Il Teatro è vita e la vita non è un teatro.
Ripetere le stesse azioni, le stesse frasi, gli stessi errori, le stesse strategie, fruste e consunte, è come recitare un logoro copione in una infinità di repliche, mentre il cartellone sbiadisce.
Vedere negli altri solo diversi interpreti degli stessi personaggi e trattarli come tali è stupida crudeltà.
Essere spettatore e attendere che il deus ex machina risolva le trame dell’esistenza che si svolge davanti ai tuoi occhi passivi è come sedersi nelle ultime file, dietro una colonna che nasconde colori e attutisce suoni, incapaci di arrivare alla tua coscienza.
Si può imparare a riconoscere il guitto che recita la vita e l’uomo che anima l’attore. Non è gioco di parole, né piacere intellettuale a distorcere significati.
L’incontro con il Teatro (notare la maiuscola, parliamo del Teatro vero) restituisce la qualità delle emozioni, la profondità delle relazioni, la voglia di non scendere mai dal palcoscenico, sia esso reale o metaforico. Può conoscere la bellezza del qui e ora, dell’esserci; ama e accetta il proprio corpo che è strumento di lavoro, nutre la propria mente, allarga gli orizzonti.
Comprende che nulla di sé è inutile o ridicolo, sperimenta, nella solitudine di un camerino, l’intimità con le proprie risorse o , nel retropalco affollato , la solidarietà con i compagni di viaggio. Scaccia il buonismo ipocrita perché, quando c’è da indignarsi, da arrabbiarsi per le cose che non funzionano, lo si fa con tutto il cuore. Abbandona pudori dannosi, conosce e accetta la paura, il panico da prestazione, il sudore, la fatica, la memoria che tradisce. In una parola, vive.
@ director
Il pudore dannoso. La "velatura" che nulla ha di artistico nel quadro della nostra vita ed è lucchetto ad un'espressione vitale, che cultura, trauma ed indifferenza costruiscono.