@ Director
As mind master of the CDIOT, this gives me the opportunity to open a discussion on the fascinating Mind's Creative Processes and the Theatre. So I invite you to join our community, getting it prestigious, because it will be built with your intuitions and questions, meditation and inner answers. This is the place where you can use the freedom to express your doubts and you ideas, sharing with the others the research of your way. The Mind is a living miracle, available better than we could immagine; the theatre is a powerful tool to get deeply its power! But what beyond our discussions?
Prepare for becoming part of a new way to discuss with your right emisphere.
Explore the real power of hypnosis, dramatherapy and cinema-dramatherapy and get away its magic and false misconceptions.
Work nicely with us to create our friendship and the warmth of our curiosity and mind’s exploration.
Learn, enjoy and get excited!
Help yourself adapt to altering life-style changes..if there’s one constant in our life today it’s change; from every direction and faster than ever.
Let’s make the dream a reality...and much much more! Contact and interface with our staff; psychiatrists and psychologists will help you to get your life better!I’m just looking forward to seeing your messages here!

"It does not take much strength to do things, but it requires great strength to decide on what to do" Elbert Hubbard

venerdì 24 luglio 2009

DRammaterapia: Noi e le "...rinocerontiche promesse altrui"

Valentiva vs. Gianni

"La mia.. (anima) sono disposto a farla a pezzi e rimetterla insieme cento volte pur di vederla brillare come un faro", meraviglioso davvero!

Berenger ci ha davvero insegnato le innumerevoli sfumature dell'arte di mettersi in gioco, di rendersi disponibile alle proprie sensazioni e alla vita, alle delusioni, ai piccoli dolori, quelli necessari per assaporare a pieno le altrettanto piccole felicità, le più importanti. Berenger, si , ci ha aperto e mostrato tanti piccoli mondi e concetti dati per scontati, quindi totalmente ignorati. Senza dubbio per mezzo della sua "difettosità" ci ha mostrato quanta profondità e importanza abbiano gli esseri umani, tutti gli esseri umani, ogni singola persona, anche la più superficiale (all'apparenza), la più disordinata, la più diversa e lontana dai nostri/loro canoni di decenza e rigore, come ognuno a suo modo e nel proprio piccolo universo personale possa celare invece straordinaria forza interiore, dignità, amore e rispetto per l'umanità, ognuno a modo suo, con un piccolo contributo invisibile e personale può salvare se stesso, senza aspettare a lungo, passivamente, e spesso invano di essere salvati, senza cercare speranza e ristoro nelle "rinocerontiche promesse altrui". Daisy indiscutibilmente abbandona Berenger (noi), ma questo non causa di fatto cambiamento in Berenger, disperazione, molta, ma piuttosto alimenta una grande fermezza e forza d'animo, la delusione quasi lo rafforza. Berenger totalmente in gioco e compromesso, come tutti i piccoli grandi Berenger, non si lascia travolgere del tutto e non si lascia coinvolgere per nulla, Questo! è ammirevole, rimanere fedeli alla propria coscienza e al proprio giudizio, senza inaridire.
Se esistesse un seguito all'opera di Ionesco, tragico e futuristico, noi potremmo riscriverlo e sarebbe un trionfo di speranza, una meravigliosa rivincita, sarebbe profondo e finalmente introspettivo.
Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, 2009

Drammaterapia e Non: "...piumata spensieratezza, evitando il pensiero"?

@Carmen vs Spartaco


Caro amico, spesso le domande ci portano dentro labirinti oscuri e spinosi che al solo passaggio lasciano ferite così profonde che fanno fatica a cicatrizzare; ma con il tempo ho capito che quelle domande, quei labirinti ci aiutano a crescere. So, per vissuto, che chi arriva da un passato emotivo talmente carico non fa altro che cercare la piumata spensieratezza evitando il pensiero. La vita è qualcosa di incomprensibile caro Spartaco, forse questo lo sai meglio di me. Spesso accadono cose che ci fanno male senza nessun motivo, ma solo perchè devono accadere e ci trovano lì fragili come cristalli. Si perde la forza di pensare, di agire, hai solo voglia di fuggire, di perderti in un'altro infinito. Quell'infinito che sfiora l'anima sperduta. Ma i pensieri e le angoscie ci travolgono e come un battito di ali quell'infinito svanisce. Spartaco...le domande mi fanno paura perchè mi costringono a darmi una risposta, ma ne ho talmente tante dentro di me che la esigono.
Chi sono, dove vado,cos'è il senso della vita per me.

Caro Spartaco...ho intrapreso -penso anche tu come me- questo cammino con il Director e gli amici del Creative Drama per darmi queste risposte. Io non so cos'è il teatro e mi avvicino a esso con curiosità e perplessità e con altre mille domande...sorrido...
Ho capito una cosa: il teatro ti fa avvicinare alle persone e al loro essere. Il teatro ti da l'opportunità di crescere. Aprire i cassetti dell'anima e riempirli. E' come una spugna che assorbe tutto. Dammi la tua mano e lungo questo cammino troveremo le nostre risposte.

Ho una domanda: COSA SI PROVA QUANDO SI CERCA DI CRESCERE?!


Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, 2009

Drtammaterapia, "...il dolore non bussa quasi mai, non prende appuntamenti..."

@ Francesca
su Report Laboratorio CDIOT, 10 luglio 2009


Spero non vi offendiate se scrivo fuori da ogni discussione precedente questo mio scritto….credo però sia prepotente entrare, anche se in punta di piedi, ma sempre per ultima, in un processo che sta lavorando in maniera cosi profonda dentro di voi …
Per me c’è stato l’avvio al processo, lo start, la partenza, ma credo di esser rimasta li a guardare da semplice spettatrice il cambiamento reale di altri… il mio pensiero parte proprio da qui…Provo un umile imbarazzo in certi “nostri “ momenti, questo a causa di tutta la passione e l’autenticità con cui esprimete il vostro dolore cosi puro, reale e sincero, senza vergogna e senza gelosia nel mostrarlo al resto del gruppo…Mi sento disadattata e a disagio, non meritevole del ruolo che in quel momento sono chiamata a ricoprire e cioè quello di un accogliente contenitore consapevole e attento alla preziosità della vostra vita. Questo dono che mi offrite pesa su di me come un macigno difficile da rimuovere ...dunque non riesco a muovermi, spreco tanta energia per riuscirci, mentre per lo sforzo finale -quello che mi permetterebbe finalmente di liberarmi- non ne rimane neanche un po’...Destinata per sempre a rimanere immobile a guardare la vita che passa…

Il problema è che il dolore non bussa quasi mai, non prende appuntamenti, non si fa invitare ma si palesa spesso e volentieri nella solitudine, che gli fa gioco e lo spalleggia.. E' meschino e si nutre del singolo individuo e non del gruppo perché cosi è più facile, perché cosi attecchisce meglio, perché dall’interno è piu semplice corrodere… Come si fa a buttarlo fuori a sfrattarlo ? Ci vorrebbe del calore talmente tanto caldo all’interno che esso sia costretto ad uscire fuori non essendo piu il contenitore cosi tanto accogliente come prima... che nel freddo ci si ibernava.
Spero di riuscire a sciolgliermi con voi come quando poco tempo fà, sentendo per la prima volta un concerto di Ennio Morricone, mi sono sciolta con me stessa perché di quella musica mi fidavo era calda e accogliente, toccante e ipnotica vorrei tanto che voi foste quella melodia che mi fa morire dentro.


@ Director
Cara Francesca, questo è il processo, o meglio... quello che il "processo drammaterapico" può risvegliare. Non vi sono contenitori precostituiti per il dolore -hai ragione-; sembra sempre più grande della nostra capacità di risolverlo, ma non ve ne sono neanche per quanto può accadere, qui tra noi. Ognuno isostituibile nella sua presenza.
Si sta utilizzando un percorso che ci attraversa mentre lo percorriamo, una strada che si inscrive dentro, mentre la calpestiamo.
Tu ti sei espressa, hai dato molto di te, non è questo che ci si chiede? Addirittura meno "travestito" di piece...Se Berenger e Daisy, se Jean e Dudard, se le voci e le espressioni dei tuoi compagni di viaggio possono questo, io ti dico...tu sei nel processo. A modo tuo. Ed anche questo entrerà nella drammaturgia...sii sicura.

Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, 2009

giovedì 23 luglio 2009

Drammaterapia e Non: far finta di vivere nel personaggio!

@ Spartaco su Drammaterapia, la Bambina-Bruco



Ed eccomi quà col caro amico Daniele a leggere del Director, quello che egli scrive di Berenger nei confronti di Deasy; è tutto vero, egli vive nel sogno di Deasy. I sogni ci illudono sulla realtà. Non sono piu la realtà, ma proprio perchè si tratta di sogni noi li coloriamo, spostiamo, li aggiustiamo alle nostre paure e ci costruiamo una realtà che non è vera. E proprio per questo non vivamo la realtà, ma viviamo un sogno, che è ben distante da quello che noi in fondo vogliamo. I sogni come le paure vengono alimentate da noi stessi; riusciamo anche a farli diventare falsa realtà; è come non donare noi stessi allo spettatore e far finta di vivere nel personaggio.

Molte volte questo ci succede in maniera non consapevole, dentro di noi però,c' è una vocina che ci può aiutare,dobbiamo avere il coraggio di farla urlare dentro di noi, per far si che si faccia sentire forte e convincente, e ci dia quella gioia che cambia le nostre giornate. E che ci faccia vedere ciò che ci circonda per quello che è, non filtrato da quei limiti che l'essere umano s'impone e si fa imporre.

LIBERTA', grazie Director per tutti i dubbi che mi fai venire.


Foto: Rhinoceros: Consciousness in the Ruins, Laboratorio CDIOT, 2009

Drammaterapia; Laboratorio su Daisy, da Il Rinoceronte


Venerdì 24, h. 20,30-22-30

Laboratorio del Creative Drama & In-Out Theatre

(aperto al pubblico)

"Daisy del Rinoceronte, III Atto"

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Info: 335-8381627

mercoledì 22 luglio 2009

DRAMATHERAPY, Berenger and Daisy in the Rhinoceros: Correspondence between the Shores of Sorrow


Diversi mesi dopo il grande Processo, mentre le storie degli uomini sono diventate diverse strade che come formiche essi si affannano a rivedere eguali -e qui si smarriscono, quasi alla ricerca del dolore che le ha spazzate via...-, Berenger scrive a Daisy. Non risiedono più negli stessi luoghi, non sappiamo chiessi ora siano veramente.

"Cara Daisy,
questa mia ti arriva dopo un tempo infinito ed in fondo non sono nemmeno tanto sicuro che possa raggiungerti… Sarò lieto di ricevere da te, se lo vorrai.

Mi trovo a Belfort, nella Franca Contea, oramai da quindici mesi dall’epilogo di quel processo che della storia ha scritto pagine di riscatto; ma brutte e piene di angoscia per noi che l’abbiamo vissute. Seppi dal buon Dudard che anche tu ti riprendesti dalla “malattia”… e senza postumi. Fortunatamente. Tutti noi siamo cambiati, in un tempo diverso che difficilmente può accoglierci. Egli, invece, purtoppo, ancora ha la cicatrice di zoccoli difficili da far sparire ed il cui rumore risveglia quello avvilito di un’anima oramai molto trasformata, troppo... Suona l’organetto e regala fogliettini con buoni auspici ai viandanti, così numerosi in quest’epoca di rifacimento.
Io ho smesso di bere, ma non so se fosse più spensierato quel tempo in cui tutto doveva ancora accadere. Mi è giunta voce che tu ti sia sposata. E’ vero? Sarei contento della tua felicità. Essa è una e siamo noi con le nostre paure a dargli costanti nomi ed indirizzi o a scapparne.
Ti invio due foto, sono del tempo prima, spero tu accetti che le abbia conservate. La tua terrazza, nella stagione migliore per essa, per te, per noi. Attendo un tuo cenno.
Un abbraccio, il tuo Berenger "



Foto: Rhinoceros, Daisy Terrace

Drammaterapia, il miraggio dell'Egalitè ed il mistero della Volontè

@ Gianni
su Nina: Il non-senso dell’Io.

Nina cara, mi trovi concorde per la maggior parte del tuo scritto, profonda analisi ricca di cultura e magistralmente scritta, anche se alcune cose possono avere chiavi di lettura diverse, perché diversi sono gli occhi del lettore.

E’ vero! Ionesco è soprattutto autore del suo tempo, della vita da lui vissuta, e le opere da lui scritte, in particolare il rinoceronte, hanno evidenti riferimenti con il periodo. Ma chi ci dice chi era costui? Credeva profondamente in quello che scriveva?
Certo lo scrittore, il drammaturgo, il critico d’arte, l’artista in genere è una persona dalla particolare sensibilità, che vede, e sa toccare corde sconosciute ai più, quindi prende per mano il lettore e gli fa provare le stesse sensazioni. Quanto di ciò che scrive è presente dentro di lui, è però difficile dirlo. Parlo di quella condizione in cui l’autore e il personaggio sono la stessa cosa, come nei racconti autobiografici, in cui un personaggio inventato compie in realtà le azioni vissute dallo scrittore.
Anche a me piace pensare che Ionesco vedesse in Berenger se stesso, armato di letteratura e umanesimo a combattere pigrizie mentali e carenze d’impegno soggettivo. Ma siamo certi che di fronte alla forza devastante e soprattutto terrorizzante di un regime autoritario e sistematicamente “logico” sarebbe riuscito a ribellarsi? (Saremmo noi oggi in grado di ribellarci? Con la nostra evoluzione, la diversa cultura, crescita, consapevolezza che abbiamo?)

Con questo, carissima amica, non intendo criticare ciò che affermi; desidero solo fare l’avvocato del diavolo, volutamente critico, per farti toccare quanto può essere diversa la visione delle cose tra persone, e quanto a volte l’artista, meravigliosamente “oltre”, si dimentica che la storia è l’esatta conseguenza di fatti e situazioni così lontani dal gesto del singolo individuo, che probabilmente nulla potrebbe al fatto che avvengano. E la sua opera è e rimane -ahimè- una flebile voce sovrastata dai barriti di milioni di rinoceronti!
L’artista, mi dirai tu, ha la sua etica ed è essenziale che non vi rinunci, che operi secondo i suoi principi e persegua delle nobili finalità; ma anche gli artisti che appoggiavano il regime nazista pensavano fosse giusto...

Dirò una castroneria... La rivoluzione francese è stata conseguenza della fame e delle angherie dei nobili sui sudditi, e le teste tagliate hanno lasciato il segno su quel popolo, estremamente critico con se stessi e con gli altri, campanilisti come nessuno. Eppure all’invasione tedesca non si sono ribellati. Noi, abituati ad adattarci (l’italica terra è stata preda d’invasori di ogni sorta, Chiesa in testa), abbiamo imparato ad adattarci e siamo diventati voltagabbana per eccellenza, elastici ed indulgenti come pochi, estremamente pratici, capaci di gesti eroici e tradimenti eclatanti, ma abbiamo accettato le leggi razziali con estrema noncuranza. In pratica tutti rinoceronti.
Ed a posteriori, con un quadro vasto e una visione non più offuscata da necessità di ordine pratico e reali paure è facile parlare e analizzare.

Facciamo bene noi a disquisire, lavorare, analizzare, perché il ritorno drammaterapico è indubbio, a patto che non perdiamo di vista la realtà di noi stessi, nel nostro quotidiano, con le nostre difficoltà e paure, rabbie e frustrazioni, bisogni veri e presunti, odii e passioni e quanti sostantivi, aggettivi, vocaboli potremmo usare per definire questa nostra vita...

Non riesco a vedere le cose diversamente cara Nina, non solo la letteratura, la poesia, la cultura impone sacrifici e spirito di abnegazione, non solo l’artista ha il compito di diffondere semi e germogli “sani”, ognuno di noi ha il dovere di farlo, attingendo ai propri valori.
Certo una mente aperta è più facile che scopra quanto è importante diffondere parole e gesti positivi, a patto sempre che non usi la cultura stessa come strumento per sottomettere i meno fortunati che di cultura non ne hanno -vedi periodi storici passati.
Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, 2009

martedì 21 luglio 2009

Drammaterapia, il SENSO-VERO dell'ARTE è sempre DRAMA

Edith Piaf, Mon Dieu






Lyrics Edith Piaf lyrics - Mon Dieu lyrics

Edith Piaf - Mon Dieu lyrics

Mon Dieu! Mon Dieu! Mon Dieu!
Laissez-le-moi
Encore un peu
Mon amoureux!
Un jour, deux jours, huit jours...
Laissez-le-moi
Encore un peu
A moi...

Le temps de s`adorer
De se le dire
Le temps de se fabriquer
Des souvenirs.
Mon Dieu! Oh oui... mon Dieu!
Laissez-le-moi
Remplir un peu
Ma vie...

Mon Dieu! Mon Dieu! Mon Dieu!
Laissez-le-moi
Encore un peu
Mon amoureux
Six mois, trois mois, deux mois...
Laissez-le-moi
Pour seulement
Un mois...

Le temps de commencer
Ou de finir
Le temps d`illuminer
Ou de souffrir
Mon Dieu! Mon Dieu! Mon Dieu!
Même si j`ai tort
Laissez-le-moi
Un peu...
Même si j`ai tort
Laissez-le-moi

Encore...


Lyrics Edith Piaf lyrics - Mon Dieu lyrics

Drammaterapia: Il NON-SENSO dell'IO

@ Nina
su Dramatherapy: In-Out War, No Sales in the "Rhinoceros" by Ionesco

I
IONESCO E PSICOLOGIA
La psicologia all’interno del Rinoceronte non è pervasiva.
È calibrata magistralmente da Ionesco, regista, artista visivo, diciamolo, egli stesso personaggio ioneschiano oltre che scrittore, drammaturgo, biografo del suo sé e della realtà di cui fa parte.
È una visione del tutto personale: mi piace pensare Ionesco [dentro] Ionesco.

II
IL PROBLEMA DELL’IO
Nessun scrittore è mai riuscito a procacciarsi un’alternativa valida finché esiste un Io, nonostante abbia tentato di proclamarne l’assenza. Le parole che egli plasma, gestisce, sono conduttori d’elettricità: tra esse fluisce un’energia espressiva propria –ed un’altra proveniente dal profilarsi dei personaggi. Perfino quando linguaggio rincorre linguaggio con approdi inverosimili, insieme a trame intime d’intimi eventi che sembrerebbero risultare –contrariamente– al servizio della Logica.
Una sorta di schiavismo, d’asservimento formale.
Ma siamo sicuri che la forma della logica, o logica della forma, o una logicità fine a se stessa, possa divenire così totale? Siamo sicuri che i Fascismi d’ogni epoca, ad esempio, e soprattutto quelli del Novecento, non siano frutto di responsabilità negate, pigrizie mentali, scarso sviluppo d’un criticismo soggettivo ed evoluzionistico dell’Umanità che li ha subìti?
Perché 6milioni di ebrei non hanno mai osato ribellarsi? Perché l’unico tentativo risale al 1943, nel ghetto di Varsavia? Unico disperato, nudo momento di Resistenza… E come fa piangere pensare a quel gruppo che è riuscito a tener testa ai blindati tedeschi per un mese! Ecco, forse c’era un Bérenger fra loro, o lo erano tutti: folli, perché sapevano comunque di morire; audaci, perché essi sono morti lottando; coraggiosi nel loro timore, poiché sostenuti da un idealismo fortemente realista.
Non vollero, infatti, né lo lasciarono intendere –secondo volontà– spacciarsi per eroi.
Chi va a morire dovrebbe conoscere il proprio destino: dovrebbe morire facendo molto rumore ¹. La polvere non è concessa.

III
IL NONSENSE
SCRITTURA E PROCESSO DRAMMATERAPICO
“Nonsense”: escamotage letterario di cui Ionesco non ha paternità. Egli cerca nuove valenze, soluzioni formali, adattamenti moderni. Soprattutto, lo scrittore rumeno vive quel tempo novecentesco rapportandosi alle ragioni storico-sociali del momento –com’è giusto che sia!– e al progresso naturale all’interno della sua esplorazione letteraria (che significa, anche: analisi del profondo, inconscio, inabissamento).
Sono sempre più convinta che la scrittura è la disciplina artistica che mette in pratica più d’ogni altra, senza virtù di statuto, il percorso drammaterapico. Niente di più simile, a livello processuale, tra la verità del Drama, trance compresa, e quella strettamente letteraria.
Tutto ciò fa parte dell’intimo pesante tributo, in termini emotivo-psicologici, di chi scrive.
E l’opera ne è specchio fedelissimo.

Sì, non ci vuol molto a smascherare la sincerità di un poeta o di un prosatore. Molto diffusi sono gli scribacchini vanagloriosi: ma non mettono in gioco se stessi, non conoscono sacrificio, né coraggio. Sono creativi “predestinati alla rinocerontite”.
Non sono proprio niente. Anzi, sono i primi a genuflettersi al sistema, al potere, alla politica.
Siamo ben lontani dall’Arte.

IV
ETICA E RESPONSABILITÀ NELL’ARTE
Esiste, anche qui, l’umana resistenza. Quella che ti rende libero [dentro] senza passaggi fagocitati da un’intenzione egoica. Libertà è termine connesso ad Etica e Responsabilità.
Vi sarà da proclamare altra Guerra, per arrivare a tanto?
Laddove ci si oppone, non sempre è necessaria la carabina di Bérenger.
Occorre la volontà del Risveglio, che nel misticismo indio-asiatico viene denominato “Bodhi” (in sanscrito: Illuminazione). Ma incontreremo comunque il dappoco quale …
̏stimolo per profitti e profittatori, finanziatori pubblici e privati, banche e business. Creativi al servizio dell’arte finanziaria, con la sua crisi in ogni piano dell’esistenza umana. Opporvisi significa stimolo, reazione & relazione [dentro] la sintesi creativo-sorgiva del Nuovo. Crocevia dei separatismi, allontanamento da qualunque forma d’impaludata impotenza, dentro i nostri Tempi & Sistemi coercitivi.
Mercanteggiare la creatività, così come la NOSTRA vita, è decidere un incontro privato –tutto ormai è privatizzazione– con il Potere, o con la Dittatura, o con i Fascismi d’attualità storica”…
(Ne avevo infatti già parlato nel saggio “Saziare l’Insaziato”).

V
MINIMA MAGNITUDO e NEO-UMANESIMO
“Il fine essenziale per un vero artista non è di fare esperienze col suo tafanesco io, ma di dare la gioia esprimendo la pena di tutti” sostiene Guido Ceronetti.
Tempo fa dirigevo una rubrica di poesia, “Minima Magnitudo”, su un blog collettivo. Delineavo così le mie “pubbliche” intenzioni:

L’informazione è patto di velocità. Ma in poesia, come in tutta la letteratura, anche la lentezza è energia, grido propulsore.
La presentazione di questa nuova rubrica sembra all’insegna della contraddizione. Prendiamo però per elementi positivi questi termini: “contraddizione” e “dubbio”. Sono elementi essenziali per chi voglia intraprendere un viaggio intorno alla parola, e non solo.
Minima Magnitudo si pone obiettivi scomodi.
La letteratura è materiale scomodo.

Non si può immaginare un approccio, né una dedizione effimera o fortuita quando la meta è l’opera. Ma nessun timore: questa rubrica sorge nel segno dell’interazione, cerca un contatto diretto col lettore che privilegi una sana dialettica dell’espressività, l’aspetto ludico e insieme serissimo di qualunque scrittura nemica degli sterili accademismi.
Molto, ma molto meglio distillare valenze, districare problemi, contaminare estetiche.
Non c’è confine tra le arti. Ogni parola contiene il gesto che l’ha fatta nascere; la musica che la pronuncia; il colore che la contiene; il pensiero che può abbracciarla.
Aneliamo NeoUmanisti a tutto tondo.
L’accelerazione preme sul simbolo denutrito.

Cerchiamo insieme il valore intrinseco della simbologia, dei linguaggi antichi, le partiture musical-scrittorie, la polifonia e i contrappunti più assortiti. Se non ci fosse energia non esisterebbe moto, dinamica, urlo o fraseggio.
L’indagine del profondo irrisolto, che unitariamente ci accomuna, sarebbe dispersione. Io propongo il coraggio come alternativa. Baciare la nudità della Madre, arresi all’umile fiore, impegna l’acqua alla terra. E allora portiamo le nostre allisciate mani dentro la melma, erudendo la polvere dall’uggiosa lanugine domenicale, dichiarandoci prigione senza chiavistelli. Solo e soltanto per quel raggio di luce emanato dalla tenebra.
Toccare il fondo, mai abbastanza abissale, per risalire entità Luce –è passaggio obbligato.

Per questo concordo ampiamente con la tesi del Director: riscoperta dell’Umanesimo, le ragioni del Bene, diffusione di una cultura elevata ad Arte, misticismo, rinascenza… Contro ogni forma di omologazione, senza risultare incoerenti e restando fedeli ai propositi che motivano il fare arte –così come affermava Aldo Carotenuto:
“Arte e teatro, poesia e scrittura, cinema e musica, sono modalità intermedie attraverso le quali il mondo viene ricreato, ma con una finalità, con una motivazione, con un "alibi", che allontani lo spettro dell'incoerenza[…]”.

In questo post ho dispiegato varie tematiche. I riferimenti a me stessa non sono, spero, effimere concessioni narcisistiche, ma passaggi cruciali, snodi indispensabili per spiegare-spiegarvi- spiegarmi l’operato intorno alla letteratura, e le scelte profonde che essa impone, a volte anche infligge. Ionesco lo sapeva bene, oggetto e soggetto drammaterapico quant’altri mai.

sabato 18 luglio 2009

Drammaterapia: Frammenti di Cometa, Ionesco



@ Carmen vs Romeo

Berenger è come una cometa che esplode nell'universo. Frantumandosi entra nell'atmosfera terrestre, il nostro inconscio, con una velocità tale che una volta toccato il suolo terrestre, il nostro essere lascia un enorme voragine. Un vuoto venuto dallo spazio -assurdo dove tutto è leggero. Quante domande intorno a quella cometa.

Ma chi sono i frammenti di quella cometa!?
"...abbiamo fatto a pezzi l'opera ioneschiana l'abbiamo rivoltata, scandagliata,smembrata. Ci siamo fatti piccoli per entrare nelle pieghe di quegli animali. Abbiamo cercato di guardare dentro i personaggi e capire il loro dolore,il loro sentimento la loro voglia di sognare..."
NOOO... caro Romeo. Sono del parere che non siamo noi che abbiamo guardato dentro il loro essere, ma loro che ci hanno scrutato, analizzato, rivoltato e come piccoli frammenti di cometa sono entrati nelle nostre pieghe.Tirandoci fuori ricordi, abbandoni, dolori. Quante volte, lungo il percorso della nosta vita noi siamo stati dei Berenger, Jean, Daisy, Dudard. Senza rendercene conto abbiamo agito parlato e tradito come loro. Sono loro che ci fanno chiedere a cosa si è disposti a rinunciare per restare se stessi! Altrimenti saremmo andati avanti per il nostro cammino con poche domande per evitare il dolore. Loro, proprio loro che hanno avuto la forza di rinunciare a tutto e a niente pur di rimanere se stessi fino in fondo anche nel loro cambiamento. Quanti frammenti di cometa racchiusi dentro di noi. Ma...quanti noi racchiusi in quei frammenti di cometa!?

venerdì 17 luglio 2009

Drammaterapia: La Corazza del Rinoceronte, Ionesco

@Romeo Vs Carmen


TERAPEUTA (a Berenger) Comoda la corazza del rinoceronte? Eh!? Una bella armatura risplendente al sole ma non al tuo cuore. Come puoi pensare che il mondo possa chiederti in modo assoluto di cambiare il tuo modo di essere? L’originalità è alla base di tutto, un bene supremo che devi mantenere. Ma si può partire in battaglia anche ad armi nude. Nessuna corazza, nessuna pelle rugosa possono difenderti meglio del tuo Io. E se questo ti dice di non andare allora ascoltalo.
BERENGER Grazie Dottore. Farò prezioso tesoro dei suoi suggerimenti o forse no? Presto i miei interrogativi si ripresenteranno ed io sarò lì ad aspettarli. Non so cosa succederà.


@Romeo vs Valentina


Che crogiolo di emozioni il terzo atto! Qualcuno forse avrebbe voluto che non fosse mai stato scritto, altri avrebbero preferito assistere alla trasformazione che lo stesso Berenger forse non desiderava ma acclamava soltanto. Ma la forza dell’essere sé stessi fino in fondo ha portato ad altro epilogo: impugnare la carabina per difendere a tutti i costi l’umanità. L’amicizia, l’amore, l’uomo… a cosa si è disposti a rinunciare per restare se stessi? Non a torto Valentina lo hai definito come il capitolo finale delle delusioni. Deludere significa non essere all’altezza delle attese altrui. Ma è proprio questo il punto: perché pensare sempre alle aspettative degli altri prima di pensare a cosa si desidera per se stessi?

Drammaterapia: Rinascita sullo stesso Pianeta

@ Grazia

Ciao Director, ciao amici del gruppo, sono Grazia (l'ospite del vostro ultimo gruppo di incontro del venerdì), e vorrei esprimervi i miei pensieri riguardo questo lavoro fantastico che state (o stiamo) svolgendo. Trovo molto interessanti le considerazioni del vostro capo (!) e mi piace molto il fatto che si possa spaziare in una materia così vasta e così ricca di realtà e sentimento. Mi chiedo se l'uomo poi, alla fine di tutto, non è solo quando nasce e quando muore? Ciò mi fa riflettere sul fatto che i sentimenti di ognuno di noi devono fare i conti con ciò che ci circonda e con il momento storico e con il momento personale in cui essi sono vissuti, e ciò non sempre coincide perfettamente con quello che ognuno di noi desidera. Forse, alle volte, nella vita come in questo dramma di Ionesco, i disastri, gli avvenimenti che in qualche modo ci distruggono, hanno il senso, importantissimo ed imprescindibile, della rinascita, della ricostruzione che vuol dire tornare a vivere, e come dice il "capo", non sensi di colpa, ma ripetere, rinnovare, metterci qualcosa di diverso!

Inoltre, mi è venuta un'idea per quanto riguarda la rappresentazione teatrale: sarebbe bello mettere in scena due personaggi di Berenger, proprio per valutare in la contrapposizione la scelta di "esserlo" e "non esserlo", per valutare gli stati d'animo che ciò comporterebbe.

Drammaterapia e le Fantasie di Paura

@Daniele

Ciao pino, ho letto il tuo commento...anche per me davanti al monitor non viene in mente nulla. Poi si comincia ed i pensieri iniziano a muoversi, e qualcosa scorre. La paura è sempre dietro l' angolo che ci fa compagnia. Il mostro è tale, fino a quando non lo conosciamo, dopo si dissolve. Le nostre paure sono alimentate dalle nostre "fantasie di paura", non dalla realtà vera. La paura è soltanto una nostra fantasia che abbiamo materializzato e che noi alimentiamo attraverso il nostro "non coraggio". Non c'è niente da vincere c' è soltanto da vivere questa strordinaria avventura e riscrivere il libro della nostra vita, a questo punto "chi sono?" "che faccio? "dove vado?" Non lo so esattamente, ma voglio scoprirlo insieme a tutti voi, anche attraverso il teatro. Un abbraccio a tutti, un grazie a Daniele che mi accompagna in questo.

Dramatherapy: In-Out War, No Sales in the "Rhinoceros" by Ionesco


L’Ordine Scomposto del Tempo di Guerra, quello degli affetti e quello delle cose. Strade che diventano pericolose nel Rinoceronte di Ionesco.
Relazioni che si scuciono con la velocità di un ago che vada al contrario ed oggetti che cadono o vengono lanciati.
La scarsa “visibilità” di quanto realmente sta avvenendo diventa quella della povere sollevata fuori e dentro, negli uffici, nelle case, sempre più dentro nelle anime.
Porte devastate, usci moltiplicati in virtù di cornate feroci ed improvvise; luoghi in fondo cambiati, oltre le persone.
La guerra che si gioca in questa drammaturgia ha una sola baionetta finale, tutta da giocare, quella di Berenger, imbracciata alla fine, ma si svolge tra polvere e frastuono fuori e dubbio e paura della follia dentro.
Guerra-Polvere-Fracasso, Guerra dentro la Psicologia dell’Uomo.

C’è chi ha detto che Ionesco nel suo Rinoceronte rifugga un approccio psicologico. In effetti, vi sono solo due accenni alla psicologia e qualcuno in più alla follia. Ma dissento da questa impostazione critica, che guarda al letterale. Il parossismo della logica che si morde la coda in cerca di un approdo confortante, almeno un appiglio contro la deriva dall’accadimento, la sterilità finale di tante relazioni spazzate via, tutto questo si offre ad essere "rivestito" di sentimento, da noi che l’osserviamo, destinatari di questa intensa lettura, che scorre sotto i nostri occhi con la leggerezza del non-sens. Voglio dire, troverei allo stesso modo “romantico” un appendiabito che morbido fosse lì piegato nell’attesa di una morbida veste di donna o sciarpa di uomo, anche se si dovesse attendere cent’anni. Loro, i personaggi, si aggirano come zobie in cerca di anima. Tutti i loro moti d’animo, collerico, apprensivo, tragico, curioso, rabbioso si spengono sempre quando nella “relazione” l’altro non percepisce, non “sente” e comunica formalmente, risponde appunto “logicamente”. L’empatia è bandita in questa opera, mentre a Berenger, invece, è dato -unico esemplare umano- il privilegio di accorgersi dei propri ed altrui sentimenti e di rifletterli, di poterli scegliere, nella tragedia –quella sì vera- di non poter “fare anima” con alcuno, di perdere progressivamente tutti gli interlocutori possibili del “dialogo”. Infatti, i dialoghi sembrano declamare la separazione delle anime, il reticolato intorno al recinto delle proprie idee, infrazionando il senso di un autentico-individuale che non può non validarsi all’interno di un collettivo.

Mentre tutti cercano di “ragionare”, non si ragiona più! Per questo il ripetuto accenno alla follia ed alla sua paura da parte di Berenger, di Daisy, o di psicopatologie come le allucinazioni…a giustificare la morte della convivenza libera. Qualcosa sovra-determina il destino individuale; un “comunismo”, un “fascismo”, un totalitarismo, un assolutismo linguistico si fa interprete del benessere di tutti e di ognuno, vuole affermare Ionesco. Un'intensa –apparentemente descrittiva, scarna ed “apatica”- solitudine pervade i personagg. Essa è collettiva. il dialogo è perso, il logos impriginato avviluppato se stesso. In modo differente, ma la stessa disintegrazione del relazionale che pervade tutta l’opera Beckett. Ecco perché trovo questa pieces intensamente psicologica, -anche se denudata di ogni didascalia introspettiva- perchè lamenta costantemente l’assenza dell’altro da Sé.


Torniamo alla Guerra. Quella che si opera nella testa dell’uomo qualunque, cosi’ qualunque che può essere dotato sia di poco buon senso e perfino dedito all’alcool, povero il nostro Berenger! E’ lo scandaglio che suona a vuoto nelle psicologie sterili di “contatto” di questi umani quasi “predestinati” alla rinocerontite, fascismo o comunismo che sia, totalitarismo certamente, lo abbiamo detto! Per questo dobbiamo concedergli –prezzo esatto dalla strutturazione dell’opera- che anch’egli debba sentirsi quasi “predestinato” alla fine. Lì si gioca il drama –passaggio già discusso- di quel chiedersi angoscioso o gioioso “possibile che stia capitando…proprio a me?!”. Lo individuo quale "drama" perché è un interrogativo tutto "agito" in assurdo in questa’opera che definisco al servizio dell’umanesimo; la possibilità di recupero dell’individuo e della sua originalità, a costo che debba essere mortificata e persa; tuttavia era!

Afferma Ionesco: “ …oser ne pas penser comme les autres “ ( E. Ionesco, Antidotes, Paris, Gallimard, 1977, p.11)

Guerra alle silenziose prigionie dell’uomo –le sue paure e, di converso, ambizioni- che lo inducono a crearne di visibili e sciagurate nel consesso civile. Ed insieme Guerra alla convenzione sociale e familiare che spoglia di autenticità il vivere potenzialmente libero. Eppoi ’autoreferenzialità della cultura che si ciba di se stessa, nutrimento come raison d’etre, che finisce per appagare senza far interrogare l’Uomo, molte volte, con le stesse domande -lo vogliamo!-. Lo vogliamo vero, Plinio, confortami amico?
Non verità scolastica, né ermeneutica della Vita o –peggior crimine non esiste- del diritto ad essa!! Essa pre-esiste alla discussio sul suo diritto. "Eine Ausdrucht hat nur im Strome des Lebens Bedeutung" … “Un'espressione ha significato solo nel flusso della vita” afferma Wittgestein (1949 - citata da Malcom 1958) e ciò che paradossalmente fluisce nel Rinoceronte è solo la tragedia dell’evento trasformativo, senza la quale tutto sarebbe pericolosamente immoto! Terribile ad essere considerato! Senza lo spettacolare ed inatteso, la piccola cittadina rimarrebbe incartata tra tradizione, consuetudine, abitudine, apparato burocratico e piccoli vizi di provincia! La provincia segregata dei nostri desideri e speranze, risorse e limiti. Questo, a mio parere, è il profondo assurdo della piece: che la Vita abbia un’occasione di rispecchio e risveglio attraverso la tragedia, l’omologazione e poi la ribellione. La resistenza -non ideologica- alla trasformazione passiva, verso il cambiamento attivo.

Quanto desolatamente si deve essere grati alla forza del perturbante per farci interrogare… Quanto differentemente, questo stesso, il Perturbante, nell’arte –arte drammatica in questo caso-, avviene senza spargimento di sangue… In un saggio ancora ad oggi non pubblicato di Aldo Carotenuto, si ribadisce la delega della cultura all’Arte come difesa dell’Uomo, ma direi ancor prima la delega da parte del suo bisogno più profondo di trascendenza. L’autore mi dette il saggio tre anni prima di venire meno, in occasione di uno storico convegno su “Arte & Follia” che organizzai a Roma. Egli scrive così, acutamente…-ancora lo ringrazio-:

Arte e teatro, poesia e scrittura, cinema e musica, sono modalità intermedie attraverso le quali il mondo viene ricreato, ma con una finalità, con una motivazione, con un "alibi", che allontani lo spettro dell'incoerenza. Assistere ad un monologo in teatro è cosa altra dall'assecondare il soliloquio di uno psicotico. Ma è cosa altra solo nella misura in cui è il fondale ad essere differente, è lo sguardo dell'altro a conferivi un significato dissimile a seconda della propria aspettativa. E ogni aspettativa si fonda su una serie di esperienze pregresse, che fanno si che un palcoscenico sia il luogo più appropriato per fingere di essere re (Aldo Carotenuto, 2003).

Lo”spettro dell’incoerenza”, l’ombra delle nostre paure, quella della “fine”, fondamentalmente.
Non vi sono suggerimenti di Terapia in Ionesco del Rinoceronte, né possiamo credere che l’individualismo apparentemente eroico del Berenger sia la lezione che I'autore vuole darci. Ma “ricerca” e questa comporta rischio, dedizione, passione a monte. Il nostro "processo drammaterapico" si sta facendo vettore di questi elementi per approdare ad una rivisitazione formalizzata del “Rinoceronte”; la licenza poetica è propria di questo processo che fa attraversare le tematiche attraverso voi attori, in un laboratorio più silenzioso che di prove di scena. Quelle verranno, dopo la formalizzazione della piece ed il suo studio. Allora, la vostra re-interpretazione attingerà a quanto il processo ha misteriosamente e consapevolmente già scritto dentro il lavoro collettivo/individuale –i vostri post lo hanno mostrato. Lo sottolineava bene il nostro caro ospite del DAMS, lo scorso venerdì, questa passa anche per uno stato di coscienza diverso, appunto modificato.

Questo io intendo per “processo creativo” e per “drama”, questo io ho chiamato Creative Drama & In-Out Theatre. Buon lavoro, Director

giovedì 16 luglio 2009

DRAMMATERAPIA, Berenger in Terapia: Cosa stop dicendo? Io sono Berenger..

@ Gianni
Report Laboratorio CDIOT del 10 luglio

E’ bello pensare che Berenger, nel mondo sconvolto dai rinoceronti, possa ricorrere ad un terapeuta per risolvere i suoi problemi esistenziali, è bello pensare che...
Cosa sto dicendo? Io sono Berenger, ed ho vissuto, attraverso la seduta dal terapeuta, i sentimenti di Gianni mescolati alle sensazioni che può provare un uomo nelle sue condizioni.
Penso di somigliare a Berenger più di quanto io voglia, è l’esatto contrario del mio essere e del mio credo, eppure mi ha ispirato simpatia sin dall’inizio, con le sue difficoltà e la sua “difettosità”, anche quando non si era delineata la devastazione intorno a lui e non era diventato l’antieroe che conosciamo.
Penso che ognuno di noi abbia bisogno di sentirsi un po’ Berenger, vivere i suoi drammi e le sue paure; rabbia, disperazione frustrazione, ecc.. Ciascuno di noi ha bisogno di sentire, vivere, assaporare, tuffarsi dentro di esse, e lasciarsi trasportare e permeare da queste emozioni, in una sorta di circolazione osmotica, facendole fluire e defluire a seconda della pressione del momento. Si può uscirne lavato e sconvolto, distrutto e coccolato, sacrificato e salvato allo stesso tempo, espressione singola e di gruppo di sentimenti che sono la fonte della vita.

Vi ho sentiti vicini, ho letto i vostri report, ho sentito i vostri cuori battere all’unisono con il mio, ho avuto il piacere di toccare con mano i macigni della mia vita, senza paura, vergogna, dubbio o remora alcuna, perché la strada è proprio questa; soffrire un momento per star bene una vita.
Immedesimarmi in Berenger, sentire la sua solitudine, la frustrazione, il senso di impotenza di fronte a tanta devastazione è stato facile, perché sono sensazioni che io ho provato e, credo, tutti noi abbiamo provato, ma abbiamo imparato a cacciarle indietro, pensando in questo modo di risolvere. Nulla di più sbagliato. Mettiamoci l’anima, come dice il Director, viviamole queste emozioni e non saranno più macigni, ma semplici frammenti di vita, dolorosi, ma frammenti.

La cosa straordinaria è , secondo me, che come in un cerchio che ad un certo punto si chiude, io mi sono servito di Berenger per provare le emozioni negate da bambino e lui si è servito di me per mostrarsi in tutta la sua difficoltà e farvi provare a vostra volta le stesse sensazioni, il tutto sapientemente orchestrato dal Director per farci vivere questi momenti.

Director, mi/ci hai dato la tua anima..
La mia.. sono disposto a farla a pezzi e rimetterla insieme cento volte pur di vederla brillare come un faro.
Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, luglio 2009

mercoledì 15 luglio 2009

AURORALIA, (second) READING, giovedì 16 luglio 2009







(second) READING

INVITO
giovedì 16 luglio 2009, via degli Zingari
h. 21.00

Silvia Ancordi, Non sperava di Paola Pioppi
Isabella Borghese, Angelo di Cristiana Danila Formetta
Gaja Cenciarelli, La forma delle cose di Eva Carriego
Enzo Ciampi, L'angelo esploso di Anna Mallamo/Mangino Brioches
Fabio Ciriachi, il suo racconto Il primo sbaglio
Laura Costantini, Torre di guardia di Giuseppe Selo
Pasquale Esposito, Punto di sospensione di Cristina Bove
Enrico Gregori Crepa-cuore di Elisabetta Bucciarelli;
Luigi Lalli, All'imbrunire di Mario Borghi
Andreina Lombardi Bom, La cassiera di Gemma Gaetani;
Nina Maroccolo, Cerchi sull'acqua di Carmine Mangone e Sogno d'essere nuda di Rossana Massa
Monica Mazzitelli, Volo radente di Franz Krauspenhaar;
Cordula De Prey, Su una foto di Jerry Uelsmann di Marco Simonelli


Cosa distingue il primo reading auroralico, in cui quindici fra cinquanta scrittori, poeti e giornalisti di tutta Italia hanno partecipato con letture e performances, senza ausilio di attori professionisti – e qui va un plauso particolare, poiché la voce di un poeta non è riproducibile, il canto e l’incanto delle sue parole non può essere sostituito da un mestierante che riduce il testo a una riproduzione spesso falsata; senza considerare l’originale timbrica, l’autentica voce di colui che vita ha dato a parole già viventi in lui – portando a battesimo un evento unico nel panorama letterario italiano; cosa lo distingue dunque dal secondo auroralico andare?
I cantori romani, o del circondario capitolino, presteranno la loro voce per leggere gli scritti degli autori che non potranno essere presenti al secondo appuntamento. Eppure nessuno di noi è un attore che ha studiato secondo lo standard dei percorsi teatrali. Variamente cercheremo di interpretare... Conosciamo l’anima – il fare anima – degli amici che andremo a leggere e, nella maggioranza dei casi, “conoscenza” significa aver condiviso direttamente amicizia, esperienze, progetti, vita.
Non è casuale, infatti, la scelta degli autori operata da ciascuno di noi.
Mi spiego: conosco Carmine Mangone da dieci anni. Lo riconosco e lo vivo nella sua poesia: io sarò così un filtro attraverso il quale, in trasparenza, emergerà la sua voce.
Mi diranno, gli auroralici e il Creative Drama, che per me sarà più semplice.
Non lo sarà. Il senso d’intrusione resta, ma va superato da un gesto più grande: la responsabilità nel mantenere, nel tentativo di mantenere integra la voce.
Il proprio Io scomparirà. Dovrà farsi assenza per dare presenza ai nostri prescelti.
Mentre il caso di Rossana Maria Massa è assolutamente diverso. Giacché non la conosco se non virtualmente: per cui dovrò affidarmi all’istinto, all’empatia che lei stessa mi ha instillato inviandomi le foto di sua madre e della sua famiglia.
Due facce di una stessa moneta, che vale se saprò rispettarle e farle risuonare entrambe.
Spero di cuore che il Progetto Auroralia, ideato da Gaja Cenciarelli, riceva nuove energie da questi incontri, commistioni, riconoscimenti, anche, perché no?, deflagrazioni…

Nina Maroccolo

martedì 14 luglio 2009

DRAMMATERAPIA, Berenger in Terapia: La Chaise-Longue di Bérenger…

@ Plinio
Report Laboratorio CDIOT del 10 luglio

Quella chaise-longue accuratamente predisposta al centro della stanza/palcoscenico (o grande mente collettiva, o superproiezione dell’Io), era insieme l’unica, ininterrotta scenografia ma anche la perfetta protagonista della serata… E non è un caso che Ermanno Gioacchini, con ironia insieme affettata e casuale, provvedesse ogni tanto ad alzarla, inclinarla maggiormente, oppure attutirne la pendenza –come dire?– sminuirne il potenziale straniante, o viceversa accentrante, vertiginosamente efficace…
Intorno, lievitava, a tratti friggeva una seduta singola perfettamente amplificata per tutti, a sommo e terapeutico rispecchiamento… Cosa strana, io stavo pensando a Freud, al novecentesco Regno della Psicoanalisi: nei “Nuovi consigli sulla tecnica psicoanalitica”, egli si dilunga proprio nel rapportarsi a “un certo cerimoniale" –così scrive in quel saggio del 1913– riguardante la posizione in cui si esegue la cura. "Io mi attengo al sistema di far stendere il malato su un divano, sedendomi dietro di lui, fuori della sua vista. Questa disposizione ha un suo fondamento storico: è un residuo del metodo ipnotico, dal quale si è sviluppata la psicoanalisi”…
E allora: chi era, cosa era questo Bérenger/Gianni docilmente sdraiato sul divano nero di pelle lucida, suprema cavia ma anche ambasciatore di un gruppo che affidava in fondo proprio a lui le risposte (o le controdomande) esenziali per poter rispondere all’unico, decisivo quesito della serata:
Esserlo o non esserlo? (Rinoceronte)…

In duttile, agilissimo raccordo dialogico –e dunque teatrale– con tutti noi, Ermanno divagava, quasi danzava qua e là a calamitare battute, smistare i dialoghi, mimare sensazioni e dinieghi, disamori logici e selvatiche speranze…
Lo era ancora, non lo era più?…
Le battute del monologo finale di Bérenger in verità prima gli depongono contro (“Non riesco a barrire! Urlo soltanto! Aah! Aah! Brr!… ma gli urli non sono barriti! Come mi sento in colpa!”), ma poi via via lo salvano, la catechizzano all’umano…
“Contro tutti quanti mi difenderò, contro tutti quanti! Sono l’ultimo uomo, e lo resterò fino alla fine!”…
Difficile ora ripensare alle interpretazioni sociologiche, antropologico-culturali, e non invece sposare fino in fondo la causa di Bérenger, di salvare l’umanità e insieme salvarsi (e salvare il proprio amore per Daisy)… Poi salvarsi assieme a Daisy… Infine senza –ma salvando, impennata eroica, l’umanità residua, che gli fa scegliere contemporaneamente un esserlo (Uomo!), e un non esserlo (Rinoceronte!): entrambi fin troppo ridefiniti e riconsiderati, rispetto all’ottica semplicizzata, un po’ radicale, di prima…
E ancora Ermanno abbassava o riequilibrava la chaise-longue: “Così ti fa troppo sangue alla testa…” ha detto a un tratto a Gianni, con la leggerezza della boutade intellettuale, ma l’inesorabile efficacia terapica di quel rito quasi collettivo, comunque moltiplicato, assorbito e quasi incarnato da tutto o quasi il gruppo…

Ecco, quello che più mi colpiva erano gli occhi di tutti… Perché le voci, sì, si potevano pure aggiustare, mimare, recuperare, variare… Ma gli occhi –quegli sguardi persi, o estatici, o dubbiosi, o autoironici– vagavano lì per la sala come anime in pena da purgatorio, dannate provvisorie e insieme nostalgiche…
Anche lo sguardo di Ermanno contava –non meno delle lacrime che Gianni ci ridonava commuovendosi all’idea teatralmente mimata di una forte presenza familiare (la madre), surrogata, “recitata” da Nina…
Ed è a quel punto che lo squartamento lì inscenato -che all’inizio sembrava perfettamente delegato a Gianni- tornava prepotentemente indietro, rimbalzandoci quasi in faccia, nel cuore, come enigma e travaglio di tutti…
Personalmente –con la figura del Terapeuta affidata a Dedalo, e poco dopo addirittura sdoppiata nella contemporanea presenza di Dedalo e del nuovo acquisto Grazia, una bella Signora con un figlio universitario e tanta voglia di ricostruirsi, di cambiare–… personalmente ho cominciato a immaginare quelle due figure terapiche, sì, ma anche investite d’autorità, paternal-matriarcale… Pensavo insomma ai miei genitori! Nel bene e nel male, e anche nel loro operare a volte in collaborazione – o quasi…
Ed è stato un momento fortemente astratto, ma anche lievitato, orchestrato, orecchiato di accadimenti… Poco importa che siano grandi, eroicomiche imprese o banali e struggenti paludamenti: Leopardi è supremamente scettico, in questo, ma anche rasserenante, vorrei dire: drammaterapico… Specie quando ci rifila le sue consuete tirate contro gli uomini e inneggiando alle bestie: “È vergognoso che il calcolo ci renda meno magnanimi, meno coraggiosi delle bestie”… “Anche loro sono capaci di corruzione, sebbene meno degli uomini”…
Ora la mimica si elevava a positura, a gesto caratteriale, e addirittura intravedevo e proiettavo nelle figure di Dedalo e Grazia un preciso dittico genitoriale, asfissiante ma pure affettuoso…

Quante cose si ottengono con successive regolazioni di una chaise-longue! Ed è a questo punto che il lapsus iniziale di Ermanno (“Shakespeare era un personaggio…”), è diventato il più affettuoso bilancio teatral-esistenziale: Sì, Shakespeare era un personaggio salvatosi diventando suo autore…
Anche Bérenger fa qualcosa di molto simile… Evolve, ragiona –tra un cognac e l’altro– fa la corte a Daisy, la riperde…
Come una scrittura che sappia e voglia riscriversi, rimettersi in gioco, squartarsi, cancellarsi, riproporsi… Bérenger, il Bérenger, lo fa anche per noi...

Che strano essere, però! Chissà mai a che cosa assomiglio”…

Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT del 10 luglio

DRAMMATERAPIA, Berenger in Terapia: Emozioni in Punta di Piedi...

@Carmen
Report Laboratorio CDIOT del 10 luglio

Giovedi ore 12:00.
BERENGER "Salve dottore".
TERAPEUTA "Salve. Si accomodi sul lettino. Allora mi racconti un pò com'è andata la settimana!" Berenger raccoglie le sue idee, dentro di sè c'è un immenso maremoto e vorrebbe che uscisse fuori, si chiede: "come faccio a spiegare tutto questo. Dove sono le parole di un maremoto io li sento, mi parlano urlano..."
(Fa un lungo respiro, come se si stesse preparando per un intensa apnea, pronto ad immergersi in un immenso mare blu... la Vita. Poi...)

BERENGER Da venerdi non faccio altro che guardarmi allo specchio mi avvicino fino a guardami negli occhi, andando oltre giù fino a guardare il mio cuore le mie emozioni il mio essere. ESSERE O NON ESSERE questo è il problema. Il mio non essere mi fa paura. A volte, mi trovo a difendere il mio "non essere" accorgendomi di difendere cio che è il mio essere. Dottore, forse questo pensiero non è molto chiaro!? Ciò che sono va bene a me, ma al mondo? Il mondo sempre di più mi chiede di essere ciò che non sono... Il mio dilemma? Come posso essere cio che sono davanti alla vita al mondo. I miei amici, loro hanno scelto di essere cio che il mondo gli ha chiesto e ora sono rinoceronti, mi hanno abbandonato, facendomi sentire piccolo e sbagliato nella mia umanità.
TERAPEUTA Capisco...
BERENGER Daisy... più di tutti è lei che mi fa sentire sbagliato, lei che ha detto di amarmi, di proteggermi , lei che ha deciso di aprire le sue ali e andar via... forse dovevo seguirla. Voglio cambiare pelle. Voglio anch io la pelle spessa e rugosa del rinoceronte. Ma lei lo ha guardato bene, sembra che indossi un armatura pronto a partire per la sua crociata. Anch'io la voglio, cosi le lame affilate della vita non potranno ferirmi. Secondo lei è possibile avere la corazza di un rinoceronte e non essere un rinoceronte!?


Ma...un Gianni, una Nina, una Carmen..., uno di noi, nudo con il nostro essere. Quanti Berenger quella sera! Quanti amici che si guardano allo specchio come me. Quanti dilemmi attraversano anche il loro cuore e non solo il mio. Ecco...SI...non sono sola. Quelle carezze date a Gianni-Berenger, quelle carezze sono le nostre. Quelle carezze materne che cerchiamo in ogni forma in ogni dove... stanno dentro di noi. Le diamo, le riceviamo, ci compensano, ci giustificano, ci sconvolgono, ci fanno sentire materni, ma allo stesso tempo anche figli.

Vorrei tanto dire a Nina che quella sera, nell' accarezzare Gianni-Bererger, non c'era solo la mia parte materna di madre pronta ad accogliere a proteggere, ma anche la mia parte di figlia che ha perso quelle carezze e che ancora le cerca. Si Nina. tenere per mano la persona che fa arrivare fin giù al cuore quell immensa carezza è la cosa più grande.
Quante emozioni director! Le mie non sono emozioni forti...di quelle che fanno il botto, esplodendo fuori con tuoni spettacolari, ma emozioni in punta di piedi, fatte di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore. Ecco director, io allo specchio ho visto questo. Non ho visto i miei occhi, il mio viso, ma l'immensa fragilità che ricopre il mio essere.

Il terapeuta prende per le mani Berenger. Uscendo dallo studio un lungo corridoio di bagnoasciuga ricoperto di tanti frammenti di conchiglie, le nostre, portate dal mare per essere raccolte.


TERAPEUTA Ecco il tuo rinoceronte!
BERENGER Grazie dottore a giovedì.

Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, luglio 2009

DRAMMATERAPIA, Berenger in Terapia: Sognatori e Felici della propria Diversità ed Incomprensione...

@ Valentina
Report Laboratorio CDIOT del 10 luglio 2009


Venerdì, stimolante e introspettivo, per tutti, pubblico e non, ho apprezzato davvero tutto, non solo l'affascinante seduta psichiatrica di Gianni/noi. Del discorso del Director, mi hanno particolarmente colpito alcune frasi "...dobbiamo renderci zoppi, facciamo di noi stessi qualcosa di diverso e di storpio... esaltiamo la nostra diversità, allontaniamoci più che possiamo dalla perfezione e dall'essere ordinario, smettiamo di piacere agli altri..". Forse le parole non erano esattamente queste, ma mi ha toccato molto il discorso, mi ha fatto riflettere.
Tornando a Berenger, chi può dire dov'era il limite preciso tra le sensazioni di Gianni e le nostre riflessioni? Il terzo atto del Rinoceronte è il capitolo finale delle delusioni, leggendolo, ogni personaggio e ogni pagina hanno mortficato il mio animo... prima le riflessioni di Berenger e il suo grande sconforto per via di Jean, dopo Dudard e Daisy. Per un momento ho davvero pensato: Berenger non sei solo, hai il tuo erudito collega di lavoro, la tua dolce Daisy. Ma dopo poche pagine ecco Berenger di nuovo incompreso ed abbandonato, in successione, prima dal suo presunto nuovo confidente e infine anche dalla sua desideratissima Daisy.

Quel tormentato e disordinato monologo finale di Berenger ci rappresenta tutti, ogni qual volta sentiamo il nostro equilibrio vacillare, le nostre certezze frantumarsi, le nostre riflessioni interiori che prendono il sopravvento, quell'esatta sensazione, quell'esatto momento in cui stiamo davvero prendendo una decisione. Il tormento nello stomaco e in gola, ne poco prima ne poco dopo, è uno stato d'animo preciso, vero e reale, tutti ne abbiamo esperienza -ne sono certa- in biliico tra l'abbandonarsi ad un realtà fredda e comoda, alla rinocerontite per intenderci, e ricorrere, invece, a quella straordinaria forza interiore che ci rende tutti vivi, umani, tanti piccoli "Berenger" sognatori e felici della propria diversità e incomprensione, in qualche modo soddisfatti di noi stessi e della nostra timida fragilità. Timida perchè spesso ben nascosta, come un tesoro da proteggere e da preservare nel tempo e nei dolori!


Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT del 10 luglio 2009

DRAMMATERAPIA, Berenger in Terapia: Cerco di Ascoltarmi e Camminare...

@ Spartaco
Laboratorio CDIOT del venerdi 10 luglio


Venerdi come al solito grande serata insieme ai miei compagni di viaggio ed il grande director. Fisicamente non ho partecipato a nulla, ma questo mi ha permesso di vivermi tutte le vostre e mie emozioni, straordinario il bambino di gianni, straordinario il calore intorno a lui.

Come al solito non riesco a farmi domande, e non cercare risposte. Cerco di ascoltarmi e camminare, in assenza di pensiero e quando sento la pace dentro di me sono sicuro di essere sulla sana strada della mia vita, senza giusto e sbagliato, piu o meno avanti e dietro tutte etichette di questo c.....di mente...che ci condiziona la vita e ce la limita. Un abbraccio a tutti, grazie...

Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT, 2009

lunedì 13 luglio 2009

Drammaterapia, la bambina-bruco

@ Beatrice
su Dramatherapy, Rhinoceros III Act, Where's the love?

Ho cominciato a leggere il tuo ultimo blog ed ho iniziato a piangere. Le lacrime scivolano senza sosta, attraverso di esse i ricordi, il dolore, l’amore. Il mio andare è trovare una bambina innamorata della luna che le regala la sua luce, illuminando i giorni bui, facendo splendere ogni cosa, argentando il suo piccolo mondo. E poi fa compagnia alla ragazza grande che soffre per una scelta dolorosa e lei e lì a lenirla e coccolarla ricordandole di essere tenace. Il calore della sua luce penetra nel suo cuore dandole la forza e il coraggio di vivere il suo tormento (l’amore). Spesso ci si nasconde dietro quella maschera che è la nostra vita, quella maschera invisibile che indossiamo per nascondere la nostra paura, la solitudine, la rabbia, l’amore per chi uccidiamo o per chi ha voluto esistere in un tempo. La bambina-bruco che nasce, vive e poi non accetta quello che la vita a volte le dà o le nega e il suo vivere è intrecciato dalla presenza di un mondo fiabesco che la trasporta in una dimensione dove è più facile accettare il male, le frustrazioni, gli abissi e cosi la principessa allevia molto con la presenza dell’amore, del bello e del sublime. Se è vero che l’amore è l’energia più grande che fa girare il mondo è anche vero che può essere forte e devastante. Vorrei aggiungere questa splendida poesia di Tagore per tutti voi con affetto.

SOLE
Il raggio del tuo sole viene su questa mia terra
con le braccia tese
e si ferma alla mia porta per tutto il giorno
per portarsi via le nuvole delle mie lacrime dei sospiri e dei canti.
Con tenero piacere nascondi nel tuo petto stellato quel mantello di nubi e nebbia
lo trasformi in fogge e pieghe infinite
E lo colori di sfumature sempre nuove.
E’ così leggero e fugace tenero, piangente e triste.
Per questo lo ami tu che sei candore e serenità.
Per questo può coprire con le sue ombre pietose la luce bianca
che pure incute riverente timore.

DRAMMATERAPIA, Berenger in Terapia: I Rimpianti hanno la Forza di un’Attrazione Incomparabile



@ Romeo
Report Laboratorio 10 luglio 2009

Non riesco a scrivere. Sto fermo davanti allo schermo, leggo distrattamente i post e fisso il monitor.E sempre più mi convinco di non poter ottenere nulla. I miei compagni di viaggio sono stati contagiati ed hanno fatto scorrere fiumi di lettere. O è piuttosto una constatazione eccessiva? Sono forse diventati loro stessi dei rinoceronti? Eppure appena venerdì abbiamo passato ore insieme a scrutare oltre l’orizzonte della razionalità, confortati dalle maschere dei personaggi Ioneschiani dalle sembianze sempre più assurde.



L’amicizia, l’amore, l’uomo… a cosa si è disposti a rinunciare per restare se stessi? Per non farsi travolgere da quest’onda tzunamica che è la rinocerontite? Lo sforzo estremo è l’autoconvincimento che ciò che temiamo possa non esistere. I rimpianti hanno la forza di un’attrazione incomparabile e l’alternativa, il come sarebbe stato se.. sono sirene il cui canto adesca i navigatori più abili. E’ questo che leggo prima che cali il sipario sull’ultima scena. Ora ho preso coraggio e forza da queste mie poche parole. Immagino Berenger un pò patetico, irriconoscibile perché ha usurpato il ruolo ad altri deputati a salvare l’umanità, ma è bello vederlo e sentirlo tenere duro fino alla fine. Lui, proprio Berenger che nel primo atto fa ben poco per salvare se stesso e non riesce a ottenere attenzione da nessuno se non quella del suo amico Jean. Non sembra vero ma a volte la vita ci mette nelle condizioni di combattere battaglie estreme per preservare l’ originalità del nostro aspetto interiore.

Foto: Berenger in Terapia, Laboratorio CDIOT del 10 luglio 2009

DRAMMATERAPIA, Berenger in Terapia: Non è lieve il passaggio dal Collettivo all'Individuale



@ Nina
Report Laboratorio CDIOT del 10 luglio 2009

Sarò me stessa [credevo di essere me stessa ogni giorno].
Quesito: debbo affermarlo solennemente per farlo credere agli altri?
Si è veri o sinceri – rinoceronti creativi? Il dittico esserlo/o non esserlo [autentici] rinoceronti, ha importanza vitale in voi?
Conclamati fatti. Conclamati fatti ed eventi sembrano inasprirsi, aciduli: pallide ciliegie immature intrecciano equanime similitudini con bambine-bruco in sala d’attesa psico-anagrafica. Nella sala è riportata la suddetta dicitura: PASSAPORTO ADULTI. Temibili avversari i test d’autenticità!
Sarò me stessa [eppure credevo di esserlo]. L’autenticità non avrebbe bisogno d’esser comprovata. Tuttavia qualcosa o qualcuno imporrà un inequivocabile dubbio –reale, surreale, assurdo, non importa– da indagare nel profondo, giusto per dirsi scampato, sopravvissuto da malattia; completamente irraggiunto da epidemie perissodattile.

Sto male. Sto male da venerdì. Il laboratorio è stato bellissimo, ricco di elementi da elaborare drammaterapicamente. Credo di aver assistito e partecipato ad una seduta dove l’Inconscio collettivo fosse il vero protagonista. Non è lieve il passaggio dal Collettivo all’Individuale. È labile il confine tra un inespugnabile branco e l’indennità soggettiva.
E noi… noi non ci vivevamo sogno: avevamo disperatamente bisogno di abbarbicarci alla materia. E per me, venerdì scorso, non c’è stato sogno, non c’è stato ideale; non esisteva statuto o protocollo –o essenza creativa. Solo un disagio inverosimile.
Noi tutti stavamo nel lettino del psicoterapeuta insieme a Gianni. Non con Bérenger, attenzione, ma con Gianni. Il suo drama infilato nel nostro? Nella nostra apparente calma fatta di lacrime trattenute –ma il volto, il volto con le sue espressioni, comunica!– , a parte quelle versate dal nostro amico arreso d’autenticità?
Il sapere –acquisito, sudato, voluto– nel tritacarne della gioia, solo per un concordato trivellamento dell’essere? Ciò che avviene, ciò che è avvenuto, non è passato attraverso la via della Conoscenza, comprendente anche la sfera istintuale?

Venerdì non ho colto verità. L’unica designava un’amara verità gruppale rinocerontica.
Tornare la madre che non sono mai stata, è stato bello: ha consentito a Gianni di sciogliersi, sincero. Quante madri, inconsapevoli della prescrizione a me data dal Director, c’erano venerdì! Quante potenziali, non essendolo ancora!

Madri, avete sentito d’esser Madri mentre accarezzavo dolcemente Gianni?
Padri, cosa sentivate? Filosofeggiavate, per caso?

Non so che aggiungere… Meglio.
Ho pregato di non essere un Dudard, una Daisy, un Papillon, persino Bérenger. Li ho visti in ognuno di noi travestiti da Nina, Spartaco, Dedalo, Plinio, Francesca, Federico… e non ho capito più niente.

Eppure, al contempo, si è manifestato un sentimento estenuato: il terrore di perdere l’amore, il mio amore. E quando guardavo Plinio mi appellavo a lui con lo sguardo e il cuore. Ero disperata. Seduto accanto a me ho catturato la sua mano. Volevo un semplice contatto, la fisicità di un atto amorevole, intimo: una stretta, un abbraccio, un gesto al sapore di miele. Il miele del primo mattino, nelle tazze colme d’acqua profumate di tè al gelsomino. I fiori, sì… i fiori, il miele, le fette biscottate. E prati verdi, passeggiate, natura, piedi nudi stravolti d’amore.
Sì: la vita è un’altra cosa. Noi siamo altro, se torneremo umanati.

Foto: Berenger In Terapia, Laboratorio del CDIOT, 2009
Farfalle di N. Maroccolo, Tecnica Mista, 1986

Drammaterapia, l'imprevedibile "leggerezza dell'essere"...

@ Gianni

L'analisi fatta da Andrea è, secondo me, ineccepibile, il post del Director è fantastico e focalizza ulteriormente altri aspetti del problema a cui ci andiamo ad approcciare ed aggiungerei alcune riflessioni che possono ulteriormente ampliare il fronte del discorso.
Intanto è fondamentale partire dal presupposto che in assenza di un sistema di controllo politico-organizzativo, l'uomo, nella sua essenza primordiale non si discosterebbe molto da un animale. Ma non sarebbe un rinoceronte, sciocco e violento anche senza volerlo, potrebbe somigliare di più a un lupo vive in branchi ed ha una scala gerarchica definita.
L’evoluzione della specie ha spinto l’uomo ad organizzarsi per vivere in maggior sicurezza, maggiore comodità, con il minimo sforzo, alla rincorsa dell’istintivo edonismo che lo contraddistingue, creando un sistema di controllo-governo che lo permettesse.
Senza considerare l’aspetto politico, il "sistema" ha bisogno innanzitutto di paletti che limitano la libertà personale a vantaggio dell’organizzazione collettiva; un'omologazione tra gli individui per renderli facilmente “gestibili”; un certo quantitativo di risorse da distribuire alla popolazione per la sopravvivenza. Ecco affacciarsi la possibilità di un regime autoritario, che più facilmente sembra rispondere a queste esigenze con conseguente rischio di contagio da "rinocerontite".
E la diffusione del contagio avviene (come diceva il Director) lasciando intravedere tre distinte categorie di individui. Tralasciando la categoria di “centro”, gli increduli, tolleranti ed indifferenti come il Sig. Dudard, guarderei con più attenzione gli “estremi”. I rinoceronti da un lato, gli immuni dall’altro.
I primi si trasformano immediatamente perché sono abituati a vivere in ranghi quasi militareschi, rispettando regole e canoni e muovendosi adattandosi all’evolvere delle situazioni senza molto rischiare in termini emotivi, impegnandosi a vivere una vita decorosa o, peggio, traendo profitto da posizioni di prestigio. Ciò non toglie che a volte lo sforzo che essi promuovono in questo senso ha dell’incredibile.
E la seconda categoria, i "Berenger"?

Il fatto che alcuni individui, (pochi) non siano contagiati non dipende da particolari anticorpi ìnsiti nel proprio DNA, ma da comportamenti che si sono acquisiti nell'arco dell'esistenza, dalla nascita in poi.
Dal primordiale contatto con il padre e, soprattutto, la madre, l’educazione ricevuta, il clima respirato nella famiglia e via via lo scorrere degli eventi, in quella particolare e fantastica alchimia che si chiama “vita”.
E’ chiaro che l'immunizzato è essenzialmente un incosciente, uno che vive fuori dagli schemi imposti dai ranghi del potere, un individuo che vive alla ricerca perenne di qualcosa che non si può comprare o barattare, e non si è mai omologato agli aspetti esteriori dell'esistenza, quindi niente luoghi comuni, poche regole comportamentali, il minimo indispensabile per vivere, spesso accompagnato da disordine nelle cose quotidiane e atteggiamento lassista e rinunciatario verso gli impegni che si presentano.
Ma restringendo tutto a queste due tipologie di individui, assurdo paradosso proposto da Ionesco, quali dei due è preferibile? Chi vive nella logica e matematica certezza di ciò che può toccare, prendere, comprare, ecc.. O chi invece scopre la sua vita ogni giorno, infilandosi in situazioni più o meno discutibili e nell’incertezza di non sapere cosa mangerà domani?
Ardua la risposta, beato chi crede di averla trovata ma beato soprattutto chi lascia, secondo me, aperta la porta del dubbio. Il dubbio di non avere la soluzione, di non dare per scontato niente, non giudicare il diverso, non prendere tutto ciò che ha a portata di mano nell’atavica sensazione che gli manchi qualcosa.
E il coraggio? Il coraggio è uno.. Quello di vivere.
Andando incontro alle proprie paure e non fingendo che non esistono, non fabbricando paraventi e coperte che le coprono o ne sbiadiscono i contorni.. Il rischio è che vengano fuori quando non ce lo aspettiamo.

venerdì 10 luglio 2009

DRAMATHERAPY, Rhinoceros III Act, Where's the love?

PARTE QUINTA

Daisy era stata ed ancora era una Bambina-bruco. Così chiamo quelle fanciulle dove ancora dorme la principessa, che, tra uno sbadiglio e l'altro, fatica a svegliarsi. Spesso in questi esseri, fragili quanto potenti, è solo una lunga scia di bava argentata a tracciare il percorso che, a ritroso, porta sulle tracce del primo arresto al fisiologico risveglio della grazia, della passione e della vita. In alcuni casi, la scia di bava -a cui si è accennato- diventa con il tempo la coda di una stella e loro la risalgono a caccia di sogni, imperniando tutta la loro vita in una chimerico viaggio verso l'altro ideale. La nostra Daisy, più o meno imprigionata nella vita della piccola provincia francese, appartiene a quel gruppo che fa ancora scelte diverse. Il corteggiamento per loro è cibo, alimentazione quotidiana, balla di foraggio da "brucare" ogni giorno; lette negli occhi degli altri, più che nei propri, inseguite nei sogni degli altri, piuttosto che impegnate a conquistarne di reali, i propri.

Non nascondiamoci anche noi nel gioco delle apparenze dentro il sofismo garbato dei dialoghi; Daisy in ufficio ci va per lavorare, ma certo costituisce anche una insuperabile palestra dove ricevere attenzioni da un esteso campione di maschi, che presto diventeranno -ahimè!- rinoceronti. Non ci è dato di sapere se vi siano relazioni "consumate", insomma profferte d'amore accettate e ricambiate dalla nostra, ma è certo che più di un esemplare di uomo le presta attenzione, a partire dal "povero Dudard". Berenger: "In ogni modo , credo che lei abbia già qualcuno che...(...) Dudard. Un altro collega d'ufficio: laureato in legge, giurista, grande carriera in ditta e nel cuore di Daisy: capisce? Come posso competere con lui" (Atto Primo).

Bambina-Bruco... Del sogno della farfalla quel poco di civetteria che serve a condire una vita di provincia, il gioco borghese delle attenzioni, pudiche o sfacciate, che non chiedono mai denaro in cambio, come invece avviene in altri luoghi più prestigiosi e metropolitani. Della atmosfera del bruco, quella sorta di maternage pronto ad accogliere e mediare, come una madre supplente, alle difficoltà intorno.

Osserviamola -nel primo tempo- confortare la signora proprietaria del "micio schiacciato" dal primo rinoceronte, condividerne la pena ed offrirle, solerte, da bere (cognac); mitigare il tono rabbioso di Berenger che discute con il signor Jean; bacchettare entrambi per l'avvenuta sterile discussione sui rinoceronti ad uno o due corna e sugli Asiatici; ad incalzare Berenger d fare presto...il foglio delle presenze in ufficio sta per essere ritirato ed egli è in evidente ritardo. Nel secondo atto si prodiga -questa volta porgendo acqua in soccorso-, all'improvviso malessere della signora Boef. Diventa empatica, appunto materna verso i rinoceronti, per gli allarmanti girotondi e barriti in strada: "...micio, micio, micio...". Ma quale micio? Quello di prima era stato travolto da un rinoceronte, ora è il rinoceronte ad avere le attenzioni di un micio! Davvero l'abitudine è sovrana ed addormenta lo scandolo e capovolge le posizioni. Proprio così...la big lie! Preoccupata perfino per l'Assicurazione che dovrà risarcire la spesa della scala distrutta, puntuale nel chiamare i Pompieri, nell'indicare loro la strada, ineccepibile in tutto, purchè non si diffidi della sua sanità mentale, perchè lei, le allucinazioni, non le ha avute! Poi, ancora, Il registro dei suoi movimenti di Bambina-bruco ha nel terzo atto rapidi viraggi. Sarà attenta al bere di Berenger, a premiarlo con lo stesso dove se lo merita (se n'è astenuto!!), esattamente come una buona madre; elargirà promesse d'amore eterno ed eterna vicinanza al suo amato, crederà sino in fondo, ad onta delle circostanze che il proprio, il loro amore sarà assoluta difesa dall'oscuro che fuori si sta svolgendo. Poi...poi travolta nel borgese fascino della massa irretita. Non si sveglierà mai più.


Il Sogno ha molti occhi, quelli di oggi e quelli di ieri. A volte, prende in prestito quelli degli altri e ci racconta storie che non saranno mai sue. Diventerà un sogno scuro, un sogno luce, un sogno da sognare nel momento meno adatto! E' facile dare intelligenza ai nostri scrupoli trascorsi od usarla per osservare quelli ancora intorno e dentro noi, è uno specchio però ingrato, che non prometterà mai abbastanza di portare via le cose brutte con una passata di cancellino, come alla lavagna, dove possiamo fare il compito nuovo. Un gesto così facile che nasconde il dolore, come qualche fotogramma scomparso, sul più brutto, con le mani piccole sugli occhi, ed il film che va avanti. Quella è la magia che ci insegnarono gli adulti, quella e la carezza, dov'è stata, delle mani accorte e degli sguardi buoni che ci ha portato avanti e consolato quando le cose non venivano, non avvenivano, non c'era cose belle da ricordare.

Le ali di una farfalla, le tue Daisy, per un attimo si stiracchiano alla luce polverosa di una stanza già piena di barriti e ti ricordano che hai un corpo. Lo vediamo nella scena, ti immaginiamo stringerti a lui, al tuo Berenger, a sostenerlo, lui, rosso nel volto, accecato da rabbia ed impotenza. Ti osserviamo ancora sciogliere la tua mente ed i tuoi sogni insieme, nel bagno di una epidemia che parte dall'alto, lo abbiamo visto, dalla fronte, anzi da dentro-in-alto, dai pensieri e si diffonde sino a far scappare, dalla realtà, ma anche dai sogni. Vi siete rincorsi, con il tuo amato, in un tempo disgiunto che ha sciolto ora anche le vostre mani.

giovedì 9 luglio 2009

DRAMATHERAPY, Rhinoceros III Act, Where's the truth?

PARTE QUARTA

BERENGER Dudard! Si fermi! Torni indietro! Le vogliamo bene, non ci vada! ...Troppo tardi! (Rientra in casa) Troppo tardi!
(...)
DAISY Chiudi la finestra, caro. Fanno troppo fracasso. E poi la polvere arriva fin qui. Ci sporcherà tutta la casa.

La Percentuale del Giusto scivola lentamente verso quella del Possibile e si rompe sulla riva dell'Amore. Berenger e Daisy rmangono soli. La vicenda sembra per qualche tempo avere la meglio su quella pubblica. Daisy si complimenta con Berenger, contenta della sua professata -ma insincera- astensione dall'alcol. L'affettuosa premura per la sua salute sciolgie le tentazioni, le bende, i dubbi e le angosce di quest'uomo. Il cerchio magico dell'amore si alza improvviso a frontiera quasi invalicabile per il male, per quesi bestioni che senza ritegno più umano imperversano sulla strada; come un solvente improvviso del senso di colpa di resistere o di non sapere resistere, capace di restituire l'innocenza. Che sia stato proprio questo il germe di tanto male, il senso di colpa che frantuma l'identità dell'individuo, sempre, se potente e nascosto; capace di legare particole del nostro puzzle indiscriminatamente alla vita degli altri; alle loro disgrazie, il nostro egosmo alla rovina del mondo?

Poi, altrettanto improvvisamente il cerchio si rompe..., l'amore non protegge più, Daisy vacilla e la mano del conforto passa a Berenger. Ora è lui a prometterle protezione

DAISY Ma andiamo di male in peggio!, Non mi va questa storia, non riesco a capire!
BERENGER Calma! Calma!
(...)
BERENGER Non aver paura, amore. Siamo insieme...non stai bene qui con me? Non ti basto io? Terrò lontani da te tutti gli incubi.
DAISY Forse la colpa è nostra.
BERENGER No, tesoro non pensarci più. Non devi avere rimorsi. IL complesso di colpa è pericoloso...

Ma non può funzionare una seconda volta. Berenger non ha saputo essere empatico con le ragioni e le follie del mondo, di questo lo rimprovera Daisy, e non può promettere una forza che ancora non ha. Dal sacrificio del proprio amore -ovvero la dolorosa rinuncia, dato che Daisy è oramai dei loro- nascerà paradossalmente l'energia del cambiamento. Le finte solitudini non servono a molto, aiutano a lamentarsi, a gemere sul palcoscenico finto della nostra vita. Berenger sin dal primo atto è lamentoso, pericolosamente rinunciatario nei fatti e velletario nelle speranze e -chissà?- forse se la rinocerontite non avesse colpito anche Dudard...persino questi avrebbe avuto qualche chance nei confronti di Daisy. Nell'epilogo, la storia amorosa restituisce a Berenger tutta l'impotenza di confessioni e promesse, anche se autentiche, purtoppo tardive, troppo sepolte da fatti che sembrano sovrastare tutto. Lo raccontano a volte le nostre terapie. La Vita, poi, ineluttabilmente ci smaschera ed è terribile confessare -come dice ne Il Profeta Gilbran- che indosso, tuttavia, non avevamo alcuna maschera...da poter togliere. Potrà fare altri sogni e rubarne la potenza per constrastare la sorte.

BERENGER Dio mio! In pochi minuti abbiamo vissuto venticique anni di matrimonio.

No, alcuna predestinazione, Dedalo; Berenger non destinato ad essere l'ultimo, nè il solo, se non per licenza drammaturgica dell'autore. E' sempre il dramma o la fortuna a metterci magicamente al centro di questo universo. E' il luogo "individuale" della potenza, che si può dispiegare nel hic et nuc del nostro drama, ad essere posto privilegiato, sempre, comunque.

Foto: Abbasso la Ragione, di E. Gioacchini, 2009

Dramatherapy, Rhinoceros III Act, Where's the Truth?

PARTE TERZA

"... la rinocerontite è insieme un retaggio e uno stato d’animo, una congiura e un’ignominia, una recita a corte e un’eroica guerra all’estero, un notturno dialogo con fantasmi paterni e uno struggente, ben diurno monologo d’amore"

Esattamente -così io penso Plinio, Dedalo e compagnia- la rinocerontite è questo e tutto il contrario di questo. Non predestinazione, non merito, ma -evviva!- un individuale che si riscopre capace di questa esaltazione perchè in un gruppo più allargato, in costante osmosi di pensieri e costruzioni, difese ma mai recinti e, soprattutto, senza il solo comando di qualcuno!
Chiarito che Nostradamus non avrebbe mai potuto dare il lustro di "verità" alle ignominie di Adolf -eppure quanto si servì di questa idea la propaganda nazista...- aborriamo la predestinazione, di cui si parlava, Dedalo. Certo è che vi sono destini ingrati, incistati in condizioni culturali, sociali che scarso margine danno al "libero arbitrio". Eppure, anche qui Berenger sta a segnalarci qualcosa: deterrente alla perdita della "qualita umana", non può essere nulla, d'accordo; si può scivolare nell'orda del gruppo e spingersi ai più ignobili linciaggi. Però egli ci dice anche che dal nulla -se vogliamo-, dall'uomo capace più di sognare e credere che di "giustificare", può nascere il risveglio.

BERENGER: Chissà mai a cosa assomiglio...

Ed apprezziamo il merito, a patto che in esso si dia soddisfazione al sistema, all'organizzazione, al gruppo che ne ha permesso l'esistenza, perchè a volte è scellerato il passaggio dal merito all'autoproclamazione di superiore, di '"eletto". Non desideriamo eroi, ma uomini capaci di essere "storia" nella misura in cui sanno di stare a costruirla; di sostenere il progetto che fino a qualche tempo prima è stato nelle mani di altri ed in un dialogo intenso con il presente ed uno più silenzioso con il passato e l'idea del futuro; di tracciare latitudini e logitudini che poco hanno a che fare con la separatezza. Essa è insidiosa. Come accennavo in qualche intervento precedente, vive sostenuta dalla paura, perchè ci parla del confine mortifero tra finito ed infinito, del vallo profondo che separa la mia esistenza dalla tua. Si cela nella pigrizia, separandomi da me stesso.

DAISY: Li senti? Cantano!

Non lasciarti convincere! Non vi è la placida, furiosa e tuttavia persino gentile rincorsa dei rinoceronti nelle strade di una cittadina della provincia francese a rassicurare ogni singolo esemplare che "si corre insieme" grazie all'istinto animale; si deve accettare di dover pagare il prezzo della coscienza. E' terribile e davvero non risolvibile semplicisticamente il paradosso che per pagare tutta l'energia che consumiamo, dobbiamo consumare sempre di più! Quali le "logiche" che sto servendo? E se non vedo "nemici" od ideologie, è possibile che non siano quelle a dovermi allertare, mentre comunque partecipo la comune affannosa corsa sulle strade di una provincia chiamata Terra. "Rigenerare" l'umanità non è forse questo risveglio della coscienza, non più finalmente capace di creare validi spartiacque tra buoni e cattivi?!

BERENGER: Come sono brutto.! Guai a colui che vuole conservare la sua originalità!

Se rinoceronte mi svegliassi tra i miei fratelli con essa -la coscienza-, il mio stesso sguardo li allontanerebbe; poi li orienterebbe contro di me, insomma la natura si ribellerebbe a difesa del gruppo e di un codice già scritto nel genoma, che scarse variazioni sul tema permette all'organizzazione sociale, se non in termini di selezione ed adattamento animale. Ed allora quanto credere vitale per questo umano che si vuole salvare che si addestrino uomini a diventare rinoceronti, perchè da rinoceronti-uomo diano intelligenza ad istinti che giacciono dentro di loro -di noi- da sempre, risvegliabili appena vi sia il ricatto della paura, della solitudine; asservendoli come androidi in falsa ricerca dell'anima? L'incertezza a domande che non hanno risposta, nè possono averla, ricordiamoci, evoca una straordinaria propensione ad aderire e condividere, a perseguire. I gruppi, le società umane si agglomerano intorno a dei, vati e profeti, ad uomini predestinati alla subdola amalgama della vita di provincia di questo pianeta, dove a volte sembra che l'intelligenza e la coscienza abbiano il limitato vantaggio di sapere che ogni giorno finisce e va consumato ai tavolini di discussioni importanti, logiche o meno, tattiche o meno, rappresentate o meno...

BERENGER: Sono l'ultimo uomo, e lo resterò sino alla fine!

Berenger è solo e verrebbe da chiedersi se prima fosse più in compagnia, visto il risultato di questa spaventosa moria di "umano" intorno a lui. No, non credo fosse solo, nè ho nulla in contrario per l'evasione borghese nel bicchiere di vino al tavolo di un bar o lo shopping eccitante tra neuroni artificiali che s'illuminano su strade e targhe. Non tutti i luoghi sono quelli della responsabilità. Ma nessun luogo non ne ha almeno un pezzetto. E, soprattutto, nessun luogo è quello del totale assoluto "comando". "Esserlo", esserlo...Amleto, caro Plinio, con la richezza di poter ripensare alle cose e potervi piangere, se accade.

BERENGER: Non riesco a barrire! Urlo soltanto!

DRAMATHERAPY WORKSHOPS (2004-2009)

Ciclo di Conferenze-Dibattito 2010, aperte al pubblico

organizzate dall' Atelier di Drammaterapia Liberamente -h. 20,00,in sede-

-09 aprile, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio
-07 maggio, La lezione di Grotowsky + Laboratorio
-04 giugno, la Cinematerapia e la Cinema-dramaterapia + Laboratorio
-02 luglio, l'Hypnodrama + Laboratorio: il Ritorno del Padre
(nuova programmazione a settembre)

Gli incontri, aperti su prenotazione, condurranno i partecipanti lungo un percorso informativo, spesso provocatorio e divertente, tra le possibilità e le risorse della mente. I seminari e le conferenze -a carattere educativo e divulgativo - sono indirizzati ad pubblico non professionale, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Drammaterapia, quindi educatori, operatori sociali, insegnanti, medici e psicologi La partecipazione agli incontri è gratuita, su prenotazione alle pagine del sito o telefonando alla segreteria scientifica, tel. 340-3448785 o segnalandosi a info.atelier@dramatherapy.it

COMUNICATI STAMPA